Il Furto delle Spiagge Italiane

Si discute di manovra finanziaria 2020 ed è di queste ore l’annuncio di Lega e Forza Italia di modificare l’art. 35 del codice della navigazione per fare in modo che si possano s-vendere le spiagge italiane. Un proposta ancora più azzardata di quella portata in porto l’anno scorso, sempra in testa la Lega di Salvini al governo, con la quale si sono prorogate di 15 anni le concessioni balneari agli stessi ridicoli canoni (clikka). Il meccanismo è sempre lo stesso centinaia di emendamenti che hanno poco a che vedere con la finanziaria, ma che sono veri e propri “favori” elettorali di questa o quella lobby se non, come pure e capitato nella storia della repubblica, prebende in favore di singole associazioni o anche persone. L’anno scorso l’iter ha visto la partecipazione trasversale di molti parlamentari segno che la lobby della spiaggia è molto forte e convincente. Per chi non l’avesse capito questa vicenda è l’ennesima dimostrazione di come la Lega non è affatto un partito che persegue l’interesse ed il bene pubblico! Non è questo l’unico caso in cui la Lega ha dimostarto di avere a cuore gli interessi di alcuni ceti produttivi a danno dei cittadini! L’appello è alla resistenza! Non è possibile che ci vengano sottratte le spiagge! Ai miei conterranei del sud dico di non farsi ammaliare dalle sirene della Lega che resta un partito del NORD separatista che grida all’immigrazione per distrarre i cittadini dai veri problemi e dai latrocinii che essa stessa ha commesso e commette, tra rubli russi ed i 49 milioni di euro da resituire allo Stato.  In queste ore, in questi giorni, potrebbe essere che la forza venga dal mare, con una onda di pacifiche sardine per sconfiggere la politica dell’odio e promuovere quella del bene pubblico e della pace sociale. Siamo stanchi del conflitto occorre riflettere sui temi dello sviluppo ecosostenibile delle città e del Paese. Ci vediamo sabato 30 novembre 2019, in Piazza Dante alle h. 19,00!

 

 

La Crisi della Giustizia

Il terremoto giudiziario in corso al CSM non accenna a ridursi nella sua dimensione, giungendo a colpire la massima espressione del suo vertice, nella persona del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, componente di diritto del CSM, titolare (ironia della sorte) del potere disciplinare sui magistrati ed egli stesso coinvolto nelle vicende che colpiscono al cuore il sistema giudiziario, costretto al prepensionamento e, purtroppo, anch’egli oggetto di indagine. Lo spaccato di questi giorni, rivela una innaturale osmosi tra politici ed alti Magistrati, in cerca di protezione i primi, di incarichi i secondi, il tutto condito, sembrerebbe, da un “prosaico” scambio di danaro e favori di vario genere e natura. Allo scandalo Nazionale si accompagna, per una sorta di congiunzione astrale, quello Napoletano, con un magistrato, in buona compagnia (si fa per dire), di un consigliere della decima municipalità, un avvocato ed un personaggio vicino ad un clan camorristico, intenti, sembrerebbe, a comprare sentenze di assoluzione e ad influenzare l’esito di concorsi pubblici fino a quello in Magistratura. Come dire, a Napoli non ci facciamo mancare niente! Cala, purtroppo, il sentimento di fiducia nella Magistratura, poco compresa dai Cittadini, primi utenti del sistema e, nella stragrande maggioranza dei casi, poco avvezzi a codici e codicilli. Sfiducia che registriamo noi avvocati, che per il ruolo sociale che svolgiamo, abbiamo un osservatorio privilegiato sulla cittadinanza. Alla naturale sfiducia in una giustizia che arriva fuori tempo massimo, o avvolta in cavillose questioni processuali non comprensibili ai normali utenti, si aggiunge il sospetto, già strisciante tra i cittadini, di una magistratura permeabile alle “pressioni”. Una sorta di credenza popolare, rafforzata dagli ultimi eventi, che si manifesta, purtroppo, fin dal primo approccio con il mondo della giustizia e con la quale, noi avvocati, dobbiamo fare i conti, tentando di rassicurare cittadini circa la tenuta del sistema. Una Magistratura non indipendente e non imparziale, infatti, mina alla base il lavoro dell’avvocato che verrebbe relegato a ruolo di “faccendiere”. Il Guardasigilli per correre ai ripari annuncia, in modo avventato e forse poco credibile, per la dimensione dell’impegno che richiederebbe, riforme da varare in dieci giorni del processo civile, del processo penale e del sistema di elezione del CSM. A mio sommesso avviso e per esperienza maturata tra “legulei”, il problema non è tanto di regole (fatta la legge scoperto l’inganno), ma di donne ed uomini. Occorre un cambiamento culturale che innalzi il livello di moralità, che può avvenire rapidamente solo se coloro che, essendo (si spera) la stragrande maggioranza, si decidano a scendere in campo, rifiutando di delegare la loro rappresentanza a scatola chiusa e senza alcuna verifica o, peggio ancora, dietro promessa di protezione o di qualsivoglia altra forma di ricompensa. Ne va del bene del Paese!

Gennaro Esposito

Avvocato del Foro di Napoli

Blocchiamo il furto delle Spiagge nella Finanziaria!

Il tema delle concessioni balneari è di queste ore e sono decenni che rappresenta un vero e proprio furto ai danni dei cittadini italiani. Difatti, le concessioni balneari per fare un piacere elettorale alla lobby delle spiagge a pagamento non vanno a bando da decenni e di proroga, in proroga nel 2020 verranno a scadenza di modo che si è messo in moto un meccanismo di “persuasione” nei confronti dei parlamentari che devono fare l’ennesimo regalo. Gli Emendamenti alla Finanziaria per le Concessioni Balneari (clikka) li ho recuperati, vi consiglio di leggerli per rendervi conto di quanto sono benevoli, una benevoleza che nei confronti di noi cittadini normali non si è mai vista. In sostanza si va dalla proroga senza gara da 15 a 20 anni a proposte oscene di sconti e snatorie fiscali. Il problema è serio perché si stanno sperticando le mani anche i parlamentari di maggioranza, M5S e Lega. A dirigere la maggioranza infatti è Sergio Battelli che rilascia anche interviste (clikka), che con il suo brillante intuito politico pensa di poter mettere bocca su un tema tanto delicato che involge i diritti dei cittadini per accaparrarsi qualche consenso. Per dirne una a Bagnoli (Napoli) le cronache giudiziarie ci hanno svelato che un concessionario, in questo caso era il Club Partenopeo, che ha trasformato la concessione balneare in discoteca, incassava 130.000/140.000 € ogni tre giorni pagando un canone concessorio mensile di 171,61 €. Per far comprendere il furto Vi offriamo lo schema riassuntivo delle concessioni balneari del litorale flegreo (clikka). Ora il Governo Giallo/Verde vuole prorogare le concessioni balneari di 15 o 20 anni, concessioni, che sono state già prorogate con legge fino al 31.12.2020, in violazione della costituzione e delle direttive europee, dai precedenti governi/ladri. Questa cosa è oscena! Occorre che si formi una mobilitazione cittadina contro questo scippo! Non un passo indietro. Sono ore decisive perchè il tutto lo si vuole fare con gli emendamenti alla manovra finanziaria! Scrivete a tutti, simpatizzanti, attivisti, parlamentari del M5S e della Lega che conoscete! Smascherateli fategli sapere che voi sapete, devono vergognarsi di votare un tale furto. Questa cosa deve essere un punto irrinunciabile su cui devono capire che devono far cadere anche il governo.

Ai parlamentari e ad ogni eletto del M5S in qualsivoglia amministrazione dico che questo è il momento di ribellarsi e minacciare di dimettersi dal gruppo questa cosa tradisce lo spirito dei cittadini che vi hanno votato: MINACCIATE DI DIMETTERVI TUTTI DAI RISPETTIVI GRUPPI POLITICI!

Quanto alla legittimità della scelta l’Europa si è già espressa molte volte ed i queste ore filtrano notizie dalla Corte di Giustizia Europea che sottolinea come una proroga sarebbe in contrasto con il trattato: leggi Repubblica.it (clikka)

Per rendervi la cosa semplice non solo Vi ho selezionato i Parlamentari resposnabili di questo scempio (clikka) con tanto di foto e di appartenenza ai partiti ma vi ho anche già selezionato i loro indirizzi email cosicché voi possiate inondarli di mail di protesta con un semplice copia ed incolla:

battelli_s@camera.it;antonio.saccone@senato.it;  massimo.ferro@senato.it;raffaele.fantetti@senato.it;

donatella.conzatti@senato.it;fiammetta.modena@senato.it;
gilberto.pichettofratin@senato.it;cristiano.zuliani@senato.it;

christian.solinas@senato.it;roberta.ferrero@senato.it;erica.rivolta@senato.it;
alberto.bagnai@senato.it;roberto.marti@senato.it;paolo.ripamonti@senato.it;

marco.marsilio@senato.it;antonio.depoli@senato.it;

emilio.floris@senato.it; licia.ronzulli@senato.it;roberta.toffanin@senato.it;

antonio.barboni@senato.it;massimo.mallegni@senato.it;

dario.damiani@senato.it;caterina.biti@senato.it
massimiliano.romeo@senato.it;maurizio.gasparri@senato.it;

antonio.iannone@senato.it

Il Problema dei Rifiuti a Napoli è Colpa dei Napoletani Zozzoni

IacotucciQualche giorno fa Raffaele DelGiudice sulle pagine di Repubblica (clikka) diceva che la colpa della città sporca è dei Napoletani “ZOZZONI”e devo dire che tutte le volte che ho avuto modo di parlare con Raffaele De Giudice me ne sono andato sempre convinto delle sue buone ragioni salvo poi a verificare un minuto dopo che mi aveva “fatto fesso” ed anche a leggere questa intervista ho la stessa sensazione. Occorrerebbe chiedergli che scoperta è che i napoletani sono zozzoni e pertanto vanno puniti? In 5 anni di consiliatura al monento della discussione del bilancio consuntivo ho sempre sollevato la questione nel mio intervento segnalando come 2/3 mila euro di multe per illegittimo conferimento dei rifiuti, riportate in bilancio, erano il segnale evidente che l’amministrazione non ha mai funzionato sotto il profilo del controllo e della repressione. Oggi Del Giudice, ci riprova e facendo il verginello scarica la resposnabilità sui napoletani zozzoni che anche per me andrebbero castrati per evitare la loro riproduzione, salvo poi a dire che ci sarà una “chiusura a tenaglia” su questi argomenti. Sorge spontanea la domanda: “Ne Del Giudice ma che hai fatto in questi 5 anni?” non lo sapevi che i napoletani sono zozzoni e vanno puniti?”. Ebbene sono ormai cinque anni che in consiglio comunale ho sempre segnalato questa carenza di controllo dell’Amministrazione (clikka) sennonché oggi su Repubblica anche il Presidente dell’ASIA Francesco Iacotucci (clikka), dandomi ragione dopo 5 anni, manifesta tutto il suo disappunto perché a Milano si fanno 43 mila multe all’anno per illegittimo conferimento dei rifiuti ed a Napoli se ne fanno 700. Bravo Iacotucci se non ci fossi stato Tu l’amministrazione nonostante in cinque anni l’abbia denunciato in consiglio comunale non se ne sarebbe mai accorta!

Sulla gestione del servizio in questi giorni un’ampia rassegna stampa:

Rifiuti Differenziata al Palo

Rifiuti Il Porta a Porta al Vomero

La Bufala della Partecipazione ed il Bilancio Previsionale 2016

dissestoAl momento delle elezioni tutti si riempiono la bocca di democrazia, partecipazione e trasparenza. Il m5s giunge addirittura a qualificare i propri eletti “dipendenti dei cittadini”, proprio per sottolineare che chi ricopre una carica pubblica, amministrata in vece, nome e conto degli elettori e deve puntualmente informarli e condividere le scelte prima che si voti non dopo altrimenti che partecipazione è. Mi chiedo, allora, se qualcuno di Voi è stato contattato dal Sindaco, assessore o qualche consigliere oppure se ha avuto per lo meno le carte. Ebbene, oggi i giornali sono pieni di articoli sulla seduta del Consiglio Comunale che ha all’ODG il bilancio previsionale 2016/2018 di cui ho dato ampio conto in un precedente articolo su questo Blog (clikka) mettendo a disposizione tutti gli atti del bilancio, sennonché quest’ultimo bilancio è stato integralmente riscritto con un MAXIEMENDAMENTO che ho cercato in tutti i modi sollecitando anche i consiglieri pubblicamente su FB.

Niente da fare il MAXIEMENDAMENTO è un mostro di oltre 300 pagine, di cui si può parlare solo senza leggerlo e senza neppure avere la possibilità di leggerlo.

Tutti i consiglieri e l’amministrazione non hanno avuto neppure il tempo di leggerlo, lo si deve discutere ed approvare a scapito della trasparenza, partecipazione e della democrazia anzi potrei dire che della partecipazione, della trasparenza e della democrazia “non ce ne può fregare di meno!”. Anche i movimenti che sono così presenti con il cd. controllo popolare non hanno detto nulla al riguardo eppure dovrebbero essere i primi a lamentarsi visto che si riuniscono per discutere “laqualunque”.

Solo ieri con fatica, sono riuscito a procurarmi il MAXIEMENDAMENTO (clikka) oggi in discussione in Consiglio. Effettivamente è un mostro, tra l’altro, pieno di numeri, e tabelle che potrebbero essere spiegate con la lettura critica della relazione illustrativa (clikka) allegata. Cosa dire i giornali riportano la notizia ma a nessun giornalista è venuto in mente di fare la domanda: Scusa Comune, scusate consiglieri ed assessori, ma non avevate detto che avreste dovuto fare trasparenza, democrazia e partecipazione?

Certo il bilancio è un atto complicato ma per lo meno ci sono delle scelte su cui i cittadini  potrebbero essere facilmente interpellati. Mi chiedo, infatti, se gli elettori della Valente con tutte le sue liste, quelli del Sindaco con tutte le sue liste, quelli di Lettieri con tutte le sue liste e quelli del M5S, siano stati interpellati e se siano d’accordo ad esempio a stipulare un mutuo di 25 milioni di €. per ristrutturare lo Stadio, ovvero, non sarebbero più contenti di farlo ristrutturare a chi ci guadagna sullo stadio, impegnando semmai la somma in altre azioni amministrative ben più importanti. Tra l’altro il mutuo sullo stadio si fa per dire che è un mutuo poiché si prevede di restituirlo in due tranches, una di 5 milioni nel 2016 ed un’altra di 20 milioni nel 2017 “arcibbaccolina!!!”.

La finisco qui anche se la chicca, leggendo tra le sudate pagine c’è: il reddito di cittadinanza è un annuncio e non è nulla di certo checché ne dicano i giornali. Andate a leggere le prime pagine della relazione e ve ne accorgerete voi stessi.

Una cosa è certa la trasparenza, la Partecipazione e la Democrazia si praticano non si dichiarano e poi a cosa serve condividere un atto dopo il voto? I consiglieri ed i partiti per riallacciare il rapporto con i cittadini, specialmente dopo l’astensionismo delle ultime elezioni, farebbero bene ad interpellarli più spesso sulle cose importanti della città e non solo per il voto.

Buona lettura

P.S. Forse il motivo di tanta riservatezza è questo: se condivido un documento così complicato è capace che qualcuno mi fa pure qualche domanda ed io faccio la figura di aver discusso e votato un atto senza neppure averlo letto!!

Stadio San Paolo: I Cittadini pagano ed il Calcio Napoli no!

delaurentiisdemagistrisA beneficio dei cittadini napoletani e delle Casse Comunali, sono dovuto ricorrere alla Corte Dei Conti (clikka) per ottenere il pagamento dei canoni  dovuti dal 2006 al 2014 dal Calcio Napoli (ben 6.230.000.000,00 €.) per l’uso dello stadio San Paolo, da cui, è il caso di osservare, il patron del napoli, ricava circa 120 milioni di euro all’anno! Ebbene, proprio perché, posso dire di “conoscere i miei polli” ho chiesto se per caso non si fosse di nuovo verificata una situazione del genere, avendo la conferma (non la sorpresa) di scoprire che è così! Dall’ultimo pagamento, infatti, il Calcio Napoli si è guardato bene dal pagare accumulando un debito di altri 644.593,83 €. come certificato dal Servizio Comunale (clikka) oltre alle altre somme dovute per la mancata sottoscrizione della convenzione. E’ singolare la risposta dal Calcio Napoli secondo cui non avrebbero ricevuto la diffida a pagare, come se fosse necessaria la diffida per sapere che i debiti vanno onorati alla scadenza!
Possibile che la politica è tanto debole verso i forti e tanto forte verso i deboli? Penso alle tante imprese e cittadini strozzati dall’Equitalia per qualche migliaio di euro e qui, invece, abbiamo crediti per milioni di euro che vengono lasciati inadempiuti per paura di “disturbare” e crearsi dissenso anziché consenso. Come dire in servizio fino agli ultimi giorni di cosiliatura! spero che nel nuovo consiglio comunale ci sia qualcuno che porti avanti questa battaglia di giustizia sostanziale!!!
Giusto per: Nel 2011 ho fatto una campagna elettorale con il megafono al grido: “Contro i Poteri Forti di questa Città Votate e fate Votare ….” con amarezza devo dire che mi sono ricreduto…
Repubblica Napoli (clikka) del 08.06.2016, Alessio Gemma:
Il Calcio Napoli non paga, il Comune lo diffida. Palazzo San Giacomo ha “messo in mora” la società di De Laurentiis. Il motivo? Il club non ha ancora versato i canoni di concessione dello stadio San Paolo per l’anno scorso. Si riapre lo scontro sull’impianto di Fuorigrotta.
Il Napoli non onora parte del fitto per il campo di proprietà del Comune: una somma di 644 mila euro. E gli uffici di piazza Municipio ricorrono alle carte bollate. “Si precisa – si legge in una nota interna del 6 giugno – che il servizio gestione grandi impianti sportivi ha notificato alla Società Sportiva Calcio Napoli diffida al pagamento e contestuale messa in mora per un importo complessivo pari a 644.593,83 (Iva inclusa) per i canoni concessori per il periodo 1 settembre 2014 a tutto il 30 settembre 2015, comprensivo di relativo canone pubblicità stesso periodo”.Dalla società sportiva fanno sapere di non aver ricevuto tale comunicazione dal Comune. Nella stessa nota si dà conto che il Napoli ha “regolarmente pagato i canoni relativi al periodo marzo-agosto 2014”, ma si apprende che il periodo successivo, cioè settembre 2014-settembre 2015, non è l’unico ancora scoperto. Perché si legge – “si resta in attesa della nuova convenzione approvata dal consiglio comunale”, per cui restano anche da pagare i canoni dall’1 ottobre 2015 al giugno 2016. Per quest’ultimo periodo è entrata in vigore il nuovo accordo tra Comune e club, che prevede un aumento del 20 per cento con altre spese a carico del Napoli. Per la nuova convenzione, approvata dal consiglio comunale, ci vuole un ultimo passaggio in giunta comunale.

Ma De Laurentiis la firmerà? Pare che il Napoli si sia fatto avanti in Comune per eseguire parte dei lavori allo stadio: bagni e area accoglienza per la Champions. Somme che la società potrebbe voler “compensare” con i canoni ora arretrati. Intanto il Comune ha già chiesto il mutuo da 25 milioni per ristrutturare lo stadio. Attacca Gennaro Esposito, ex presidente della commissione Sport: “Solo con l’intervento della Corte dei conti, il Comune ha incassato i 6 milioni di canoni antecedenti al 2014. Adesso ci risiamo poiché l’ente non è in grado di far rispettare gli obblighi contrattuali alla società. Spero che nel rinnovato consiglio comunale ci sarà qualcuno che svolga questa importante funzione di controllo e indirizzo”.

Il Tribunale di Roma Boccia Grillo

grilloDopo la lettura della Ordinanza di oggi del Tribunale di Roma sulle espulsioni (clikka) trovo ancora più fondati i dubbi che ho sulla democrazia nel Movimento 5 stelle. La cosa che però mi ha colpito di più è il comportamento difensivo di Grillo che in modo politicamente scorretto ha fatto il gioco delle tre carte. E’ chiaro che ciò che accade in una associazione che si candida a governare il Paese ed è già presente in articolazioni territoriali dello Stato ci riguarda da vicino. Nella specie Grillo da quello che si deduce dall’ordinanza romana avrebbe ritenuto valida la sola associazione costituita il 14.12.2012 e di cui ho già scritto su questo blog (clikka) e non quella costituita il 04.10.2009 denominata MoVimento 5 Stelle, con la V maiuscola, la quale è retta da un “non statuto” ed è definita una “non associazione”. Come dire sembrerebbe, da quello che si capisce, che per grillo l’unica associazione vera sarebbe stata quella costituita nel 2012 da 4 persone tra cui Grillo ed il compianto Casaleggio, mentre quella risultante dal web a cui hanno aderito circa 30 mila cittadini speranzosi di cambiare il mondo sarebbe semplicemente virtuale e senza alcun valore. Un modo, a mio avviso, assolutamente scorretto in quanto lede innanzitutto le speranze e mortifica gli stessi iscritti al m5s. Spero non sia così e che grillo spieghi effettivamente come stanno le cose.

Ad ogni buon conto credo che termini e concetti quali quelli di “Non Statuto” e “Non associazione” o sono una burla del comico o sono ad arte utilizzati per “fregare” i cittadini ai quali si chiede la partecipazione sulla falsa rappresentazione dell’Uno Vale Uno …. e grillo vale più di tutti …

per altri articoli sul m5s clikka

La Corte dei Conti Bacchetta il Comune di Napoli

corte dei contiDiciamo che il titolo è riduttivo rispetto al contenuto della delibera n. 13 del 01.03 u.s. della Corte dei Conti Sez.ne Controllo (clikka)  sul rendiconto Consuntivo del Comune di Napoli del 2013 (clikka) che mi è stata notificata stamane. Ovviamente già all’epoca della discussione del rendiconto in parola ebbi modo di spiegare alcuni aspetti che non avevo ben compreso, ovvero che mi sembravano critici, indicandoli nel mio intervento in consiglio comunale (clikka).

A quanti oggi pesano di occupare uno scranno nella prossima consiliatura consiglio la lettura di questi documenti al fine di ben comprendere qual è il peso ed il lavoro che occorre svolgere e quali sono le competenze necessarie per poter affrontare al meglio una sfida così importante.

Tutti pensano che per amministrare una città come Napoli ci vogliano doti “pindariche” ed, invece, io sono fermamente convinto che occorre stare con i piedi per terra avere sempre il beneficio del dubbio ed essere consapevoli che si ha a che fare con una macchina che non la si governa facilmente tutt’altro. Nella lettura del documento della Corte dei Conti mi hanno impressionato i continui richiami alla scarsa collaborazione degli uffici del comune. Come dico sempre anche in consiglio comunale abbiamo una burocrazia che non è all’altezza della Città qualunque sia il colore del governo e chiunque sia il Sindaco. Per farvi comprendere di che parlo basta pensare che la Corte nel documento che Vi ho sottoposto ad un certo punto dice che l’atto presentato dal comune come memoria era privo di numero di protocollo (e passi), privo di logo (e passi) ma addirittura era privo di firma e pertanto giuridicamente inesistente!!! Ebbene, credo che una cosa del genere dovrebbe costare il posto di qualcuno, come accadrebbe in ogni parte del modo occidentale! Vorrei, infatti, passare su una dimenticanza ma la Corte nelle sue 120 pagine ha richiamato decine di volte il comune per le risposte non appaganti, parziali, ovvero tal volta assolutamente assenti. Mi fermo qua altrimenti poi non mi leggete la importante delibera. Anzi a quelli che si vogliono candidare li prego di condurre un test: Se arrivate a leggere fino all’ultima pagina allora potete anche candidarvi altrimenti astenetevi Napoli non ha bisogno né di improvvisati ne di improvvisazioni … In bocca al lupo …

Una lezione di democrazia: Grecia al Referendum sull’austerity

tsiprasIl testo in italiano del proclama di Tsipras per il referendum. Venerdì notte 26 giugno 2015:
“Greche e greci,
                  da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.
In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.
Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.
La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia. Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.
Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.
Greche e greci,
in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.
Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.
Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.
Greche e greci,
a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.
La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.
E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.
E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.
In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.
Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.”
Alexis Tsipras
(Grazie ad Aldo Piroso)

141 Bambini pakistani uccisi a scuola

bambiniQuesta volta scrivo per me! Non so in che altro modo possa sfogare il senso di impotenza e frustrazione: Ieri 141 Bambini ammazzati in Pakistan. Mi fa schifo ed ho un senso di vomito!! Non riesco ad essere insensibile ed a farmi distrarre da ciò che mi circonda, non c’è cosa più importante! L’attacco è stato fatto in una scuola non per sbaglio ma come obiettivo: “Secondo quanto raccontato da una fonte dell’esercito alla tv americana Nbc, i terroristi avrebbero dato fuco ad un insegnante e costretto i bambini a guardarlo mentre moriva. “Sono entrati in classe e gli hanno gettato della benzina su tutto il corpo e gli hanno dato fuoco”, avrebbe raccontato un testimone”.

Una notizia che dovrebbe essere spiegata ai nostri studenti che corrono il rischio di crescere  privi del senso di solidarietà umana essendo induriti da principi fasulli che trovano addirittura spazio in televisione perché propagandati per scopi elettorali.

Una volta ho incontrato una scolaresca di una scuola media superiore della nostra periferia e mi sono meravigliato di come i nostri figli stiano crescendo con il senso del “prima io”, con l’illusione che il fenomeno dell’immigrazione possa essere combattuto con il solo respingimento, oppure come anche è accaduto nel nostro paese, con gli schifosi accordi sporchi di sangue che prima si facevano con gheddafi (clikka), che aveva il compito di disperdere e far morire i migranti nel deserto per impedire che venissero in Italia!

A quelli che non “vogliono capire” perché questi popoli si spostano dalle loro terre chiederei se loro non farebbero la stessa cosa. Io non avrei dubbi! Scapperei con i miei figli e la mia famiglia se intorno a me ci fosse solo morte e disperazione, consapevole del rischio di morire affogato in mezzo al mare con mio figlio in braccio, perché lo scambio è tra una morte certa ed una incerta!

Lo sforzo comune dei popoli non c’è! Si predilige la politica della instabilità e del saccheggio nei paesi arabi ed africani che gioco forza genera l’immigrazione. Il loro sviluppo non è voluto! Thomas Sankara (clikka) ci provò e fu barbaramente ucciso il 15.10.1987, grazie ad un complotto, perché faceva una politica contro il debito dei paesi africani!

Se l’Italia è il primo esportatore di armi e di morte al mondo (cosa che non dice nessuno clikka), poiché ha venduto dal 2008 al 20012 armi per oltre 3 miliardi e 175 milioni di dollari (clikka), poi come facciamo a lamentarci se gli uomini, le donne ed i bambini africani scappano dalle guerre venendo in Italia?

Il leader della lega salvini dovrebbe dirlo agli italiani che il suo Nord produttivo lucra (clikka) dalla morte degli uomini, delle donne e dei bambini africani ed arabi, perché la produzione di armi è tutta nella provincia di Brescia. Una provincia di poco più di 1 milione di abitanti con oltre tre miliardi di produzione di armi!

Per contribuire ad impedire che i migranti vengano in italia mi chiedo perché salvini non propone la riconversione delle fabbriche di armi bresciane?

beppe grillo: la pelle dei migranti per un pugno di voti (clikka)

Il Comune ed i migranti (clikka)

La chiusura dello Stadio Collana tra Regione e Comune

campianati italianiesordientiDevo preliminarmente dire che allo stadio Collana sono molto legato perché, in quest’impianto ho partecipato alla mia prima gara, conquistando il titolo di Campione d’Italia esordienti, di Lotta Stile Libero. Era il 1981 (quello più in alto sono io a 13 anni che nostalgia :).

Che lo Stadio Collana, dopo oltre 70 anni di gestione da parte del Comune di Napoli, fosse diventato oggetto di contesa tra Regione e Comune, ormai l’avevo capito. La cosa che mi ha fatto saltare dalla sedia è la assoluta mancanza di cortesia istituzionale che c’è stata tra Regione e Comune, assolutamente inconcepibile, poiché chi resta a pagarne le conseguenze, è solo ed esclusivamente il Cittadino che, in questo caso, sono gli oltre cinquemila atleti, piccoli o grandi, che si recano ogni giorno nell’impianto per allenarsi. La regione, infatti, prima di chiudere tutto l’impianto, avrebbe fatto meglio a convocare un tavolo urgente concordando con il Comune il da farsi ed, invece, ha preferito agire con le maniere forti!

Per chiarire ai tanti che mi hanno chiesto: La struttura è stata chiusa con Determina del 02.12.2014 (clikka) della Regione Campania, a cui è seguita immediata risposta del 02.12.2014 (clikka) del Comune di Napoli, con la quale si dava piena disponibilità ad eseguire i lavori, evitando l’intera chiusura dell’impianto.

Per tutta risposta la Regione Campania con nota del 03.12.2014 (clikka) ha respinto ogni disponibilità riservandosi addirittura di richiedere il risarcimento dei danni al Comune! Il che è assolutamente assurdo perché qui i danni l’hanno subiti le associazioni ed i cittadini a cui evidentemente la regione non ha pensato.

Ovviamente che lo stadio Collana versi in una condizione di cattiva manutenzione, è sotto gli occhi di tutti ma, che la Regione sia assolutamente latitante, è altrettanto sotto gli occhi di tutti, perché non ha mai provveduto ad eseguire le opere di manutenzione straordinaria cui per contratto (clikka) era obbligata ad eseguire. La fattispecie infatti si inquadra nell’ambito del Comodato d’uso per cui a mente dell’art. 1808 c.c. le spese per la manutenzione straordinaria sono a carico della Regione Campania.

Ancora ritengo assurdo che la Regione Campania, titolare di miliardi di fondi europei, non si sia mai fatta carico di un progetto di ristrutturazione dell’impianto ma, ovviamente, questa cosa si inquadra nella più ampia responsabilità (clikka) che l’amministrazione caldoro si porta addosso (e della quale si parla poco) per non essere riuscita, per incapacità, a spendere la ragguardevole somma di 2 miliardi ed ottocentomilioni di euro di fondi europei!

Ad ogni buon conto i lavori al Collana stanno continuando e continueranno anche in questi prossimi giorni ma, è tutta della Regione Campania, la inconcepibile decisione di interdire l’intera struttura, violando il medesimo art. 8 della convenzione a mente del quale: “Qualora il complesso immobiliare fosse bisognevole di interventi di manutenzione straordinaria si procederà all’inibizione all’uso di quella parte interessata da tali interventi”.

Ad ogni buon conto le questioni sullo Stadio Collana non sono destinate a finire, poiché la Regione, dopo oltre 60 anni, ha deciso di sottrarre l’impianto alla gestione pubblica del Comune, per affidarlo alle associazioni sportive (si spera), ma da quello che so il bando, che scadeva il 20.10.2014, è stato sospeso e poi il Consiglio Regionale ha deciso di farlo proseguire ma, finora, non mi pare che ci sia stata la riapertura dei termini e le domande già inoltrare pare siano oltre venti. Mi chiedo, in mancanza di una ferrea regolamentazione che assicuri a tutte le associazioni ed ai cittadini di poter godere di un bene pubblico, se questa sia la scelta migliore. Molte persone che si sono proposte a gestire lo Stadio le conosco e sono convinto che hanno a cuore lo sport e l’interesse pubblico, ma con tutti coloro che si sono fatti avanti e si faranno avanti,  la tutela dell’interesse pubblico credo possa essere a rischio. Senza considerare che i costi di gestione sono altissimi e solo un intervento pubblico, con risorse europee, sarebbe in grado di garantire un trattamento uguale di tutti i cittadini per l’accesso allo sport.

Il tutto senza considerare che il Comune, seppure con gravissimo ritardo, con  delibera di Giunta dell’11.06.2014 (clikka)  ha stanziato 5 milioni di euro per opere di ristrutturazione dell’impianto che, ovviamente, andranno destinati ad altro, in caso di affidamento a terzi da parte della Regione. Non c’è che dire una vera disdetta!!

E’ interessante una piccola nota storica: Lo Stadio Collana era dell’Ente Gioventù Italiana del Littorio fondato il 29.10.1937 e sorto dalle ceneri dei fasci giovanili di combattimento. Sciolta dopo il 25.07.1943, con decreto del Capo del governo del 6 maggio 1944 venne istituito il “Commissariato per la gioventù italiana”, il cui fine era provvedere alla conservazione e temporanea amministrazione del patrimonio dell’ex GIL. Nel 1972 la “Gioventù italiana” fu individuata come persona giuridica e riconosciuta come ente pubblico. Venne soppressa con L. 18 novembre 1975 n. 764. Formalmente la GIL fu soppressa nel febbraio 1996 dal Parlamento. Una storia che forse ha esaltato il consigliere con delega allo sport Luciano Schifone e lo stesso Caldoro.

Altra piccola curiosità: il palazzetto del Basket, dove io ho partecipato a molte gare, è stato abbattuto e trasformato in un campetto di calcetto all’aperto e devo dire con rammarico che non ho rinvenuto alcuna autorizzazione o altro tipo di documento amministrativo che riguardasse questo scempio! Consiglio la lettura della relazione che feci quando ero presidente della Commissione Sport del 22.05.2013 (clikka).

Sullo Stadio Collana vedi anche:

Il mio intervento al TG3 Campania 03.12.2014 al 12:16 (clikka)

la contesa dello stadio collana (clikka)

La regione mette a bando lo stadio collana (clikka)

La regione caccia il comune dallo stadio collana (clikka)

Il destino dello stadio collana (clikka)

Continua il fallimento di Caldoro sui fondi europei

caldoroPiù passa il tempo più si avvicina la scadenza della Giunta Regionale più gli atti di Caldoro rappresentano una confessione della incapacità a fare l’unica cosa che una regione avrebbe dovuto fare: Programmazione e sviluppo mediante la spesa dei Fondi Europei!

Come già ho segnalato in qualche altro post, Caldoro in questi ultimi mesi è come se si fosse svegliato da un sonno, un sonno mortale non per lui ma per i cittadini campani ed ha preso a produrre atti con due obiettivi il primo quello di dimostrare di spendere oggi ciò che avrebbe dovuto spendere ieri, il secondo “sollecitare” il suo elettorato ed il mondo delle imprese attraverso la riproposizione di progetti da realizzare in quest’ultimo anno di mandato; come se ciò che si doveva fare in cinque anni lo si potesse fare in meno di 12 mesi! Qualche mese fa, infatti, ha adottato addirittura una delibera di accelerazione della spesa dei fondi europei su cui ho già scritto (clikka).

Oggi, invece, da quello che leggo da Repubblica Napoli (in calce l’articolo) mi sembra che caldoro da un lato fa outing, dimostrando di aver sbagliato a revocare le delibere adottate negli ultimi sei mesi del mandato della Giunta Bassolino, dall’altro fa peggio e per spendere i soldi dei progetti europei già assegnati, abolisce i vincoli e le verifiche, cosicché i soggetti beneficiari dei fondi europei non dovranno dimostrare di aver conseguito gli obiettivi che, invece, dovevano conseguire.

In sostanza Caldoro fa l’unica cosa che non avrebbe dovuto fare: Stende una mano alle imprese che in un certo qual modo sono venute meno al “patto”. Sarebbe stato meglio insistere con i controlli per non dare i soldi ai cd. furbetti dei fondi europei.

Sono, infatti, convinto che l’unica cosa seria che si debba fare con i fondi europei, ed in generale con la spesa pubblica, sia il controllo del raggiungimento degli obiettivi perché la nostra regione, ma anche il Comune, è piena di progetti e programmi finanziati con milioni di euro di fondi erogati solo per spenderli e basta, dove non c’è nessuno che controlla se sono stati spesi bene.

La prova è che parlando con un mio vecchio amico questi mi racconta un fatto che mi ha confermato i miei dubbi. Qualche tempo fa, infatti, la regione commissionò uno studio ad un gruppo di giovani professionisti (tra cui il mio amico) per verificare la ricaduta concreta dei finanziamenti europei, ebbene, il risultato fu duplice: 1) nel team fu arruolata una quota di amici degli amici pagati per non fare nulla; 2) quelli che lavorarono scoprirono che con la spesa di milioni di euro nessun posto di lavoro era stato creato. Nei corsi di formazione, infatti, c’erano più docenti che discenti. Chi non ricorda, infatti, i cd. progetto ISOLA o BROS, milioni di euro spesi solo per fare consenso elettorale. La cosa bella è che questo mio amico mi ha detto che lo studio fu archiviato e non diffuso ed a coloro che lo condussero fu fatta firmare una clausola di segretezza. NOn c’è che dire dei veri signori del bene e dell’interesse pubblico!

La riprova di ciò che dico è il caso delle guide turistiche di cui ho parlato in un altro post (clikka) e che è uno scandalo presente solo nella regione campania!

Proposta:

Caro Caldoro, non si affanni tanto a dimostrare ciò che ormai non può più dimostrare, la spesa dei fondi europei nella regione da Lei amministrata è al 33 % e questo è un dato che non può recuperare in pochi mesi. Se volesse veramente il bene della Regione non continui a proporre atti amministrativamente e politicamente indecenti, organizzi un buon team di dirigenti e funzionari della regione in grado di portare avanti i programmi ed i progetti europei. Non si può costruire un edificio senza le fondamenta! Se non ha le professionalità interne, allora, provveda a recuperarle all’esterno saranno soldi spesi bene!

Vedi anche:

Progetto UNESCO ed incapacità un binomio assoluto e perfetto (clikka)

il grande progetto unesco una corsa persa contro il tempo (clikka)

Da Repubblica Napoli del 10.08.2014

FONDI EUROPEI 2000-2006

Pagamenti alle imprese, caldoro cancella i vincoli

Caldoro segue le tracce della giunta Bassolino

ALESSIO GEMMA

NIENTE più “indicatori” da rispettare per meritare i fondi europei. Niente graduatorie da scalare. Il presidente della Regione Stefano Caldoro spiana alle imprese la strada per ottenere i contributi di almeno 8 anni fa: quelli programmati tra il 2000 e il 2006 dalla prima amministrazione di Antonio Bassolino.

UNA mossa per recuperare il ritardo nella spesa degli attuali finanziamenti 2007-2013 ed evitare di perdere risorse per il prossimo ciclo di investimenti 2014-2020.

E’ scritto in una norma, passata sotto silenzio, del maxi emendamento approvato con la legge finanziaria. Così recita l’articolo 11: “in considerazione della particolare gravità della crisi economica internazionale e nazionale, che ha colpito anche il sistema produttivo regionale campano, le imprese beneficiarie delle agevolazioni del Por Campania 2000-2006 non sono più tenute al rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo degli indicatori utilizzati per la formazione delle graduatorie. Sono fatti salvi i provvedimenti amministrativi già adottati”. Cosa significa? Che per i progetti europei, dei quali sono stati impegnati i fondi di due consiliature fa, saltano le “regole” pattuite. Le imprese beneficiarie dei finanziamenti residui non dovranno più eguagliare quegli obiettivi stabiliti all’inizio della programmazione con la Regione, necessari per intascare i contributi. Numero di posti di lavoro generati, rapporto tra il totale di investimenti attivati e il totale della spesa pubblica: questi i principali “indicatori”. Vuol dire, ad esempio, che per vedersi assegnare i fondi, una particolare azienda doveva dimostrare che il progetto portato avanti era in grado di creare un certo numero di occupati. Non ce ne sarà più bisogno. Via libera, quindi, a 10 vecchi capitoli di spesa per ridare ossigeno all’economia campana in recessione come quella italiana. Rifiuti, turismo, beni culturali, innovazione tecnologica, artigianato: c’è di tutto nelle misure privilegiate da Caldoro. Ecco il dettaglio: sostegno alle imprese per la costruzione di impianti di compostaggio e di energie rinnovabili; contributi a piccole imprese che operano nella ristorazione, nella ricettività turistica, nei parchi; aiuti a “imprese commerciali inserite in contesti urbani da recuperare” e a “imprese di artigianato coinvolte in scambi con l’estero”.

Quello che può sembrare un assist da parte di Caldoro all’ex governatore Bassolino, si rivela in realtà una strategia per ridurre lo svantaggio della Campania sui fondi 2014-2020. Logico il ragionamento seguito ai piani alti di Palazzo Santa Lucia: se i finanziamenti europei 2007-2013 sono stati spesi solo per il 33 per cento, c’è il rischio di avere meno soldi sul programma 2014-2020, anche alla luce del fatto che la Regione ha riproposto all’Europa i “Grandi progetti” rimasti al palo negli ultimi 6 anni. Come porto di Napoli e Regi Lagni. Nel 2010 infatti la giunta Caldoro aveva “congelato” gli atti approvati dalla vecchia amministrazione per sottoporli a verifica e sbloccarli solo nell’ultimo anno. Ora la soluzione escogitata è di fare “sponda” con la programmazione precedente 2000-2006 per aumentare i fondi già spesi. E convincere anche il premier Renzi a non tagliare la quota di cofinanziamento da parte dello Stato sui progetti che partiranno dal 2014.

Per la “ministressa” gli avvocati sono un ostacolo da eliminare

cancellieriNAPOLI  «Vado a incontrarli, così ce li togliamo dai piedi». È la frase pronunciata dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri durante la protesta degli avvocati napoletani sabato scorso (29.06.2013), nell’ex palazzo di giustizia a Castel Capuano. Le parole della Cancellieri sono finite al centro di una dura polemica da parte degli avvocati napoletani. Questa la ricostruzione di quei momenti di agitazione: appena partono i cori e le urla degli avvocati, il Guardasigilli si avvicina al magistrato Cafiero de Raho e gli sussura la frase finita al centro della bufera. Tutte le parole, però, sono “catturate” da una telecamera di SkyTg24 che stava riprendendo il dibattito in diretta. Poco dopo la Cancellieri ha incontrato i legali, ascoltando le loro richieste.

Il governo delle lobby è chiaro che non è interessato ai cittadini né al bene ed all’interesse pubblico se una sua “ministressa” giunge a dire agli avvocati che si devono togliere dai piedi. Credo che una Ministra della Giustizia non possa ritenere l’avvocatura un ostacolo e nella frase pronunciata dalla rappresentante della giustizia c’è tutto il disprezzo di quella che è la classe politica di questo governo verso gli interessi generali dei cittadini. La prova è nell’odioso ricorso alla mediazione obbligatoria nel processo civile che meriterebbe le dimissioni di questo governo che non ha alcuna legittimazione né politica né morale né culturale né sociale. Questo è un governo che serve solo ed esclusivamente alla cannibalizzazione del bene e dell’interesse pubblico per salvare quelli che sono i cd. poteri economici forti. Da un governo di emergenza nazionale si richiederebbero ben altri provvedimenti spero che accada qualcosa che ci tolga dall’imbarazzo di avere un pastrocchio alla guida del paese. Si comprende ancora di più l’atteggiamento di questo governicchio verso gli avvocati da ciò che la stessa “ministressa” ha dichiarato al Presidente del Consiglio dell’Ordine di Napoli, Francesco Caia, che ci ha inviato una nota clikka che riporta affermazioni ancora più gravi pronunciate della “ministressa”.

Per approfondire l’insipienza di questo governo vedi anche:

mediazione obbligatoria l’europa non ci obbliga clikka

mediazione obbligatoria il governo letta non molla clikka

 il parlamento e la lobby della mediazione obbligatoria clikka

mediazione obbligatoria ricordiamoci di questi politici clikka

https://www.youtube.com/watch?v=t6dIiwI3MBQ

Politiche sociali: Prima le donne ed i bambini

1013086_3140497127415_508386769_nPrima le donne ed i bambini, così si dice se la nave sta affondando ed è così che ho iniziato il mio intervento stamane in commissione congiunta politiche sociali e bilancio con oggetto il pagamento delle prestazioni rese dalle case famiglia e per il sostegno alla cosiddette ragazze madri in difficoltà. Il dato che tutti noi cittadini dobbiamo conoscere è che presso le strutture napoletane ci sono oltre 500 bambini, tra cui, Neonati affetti da ADS, Bambini abusati, Bambini torturati, Bambini maltrattati, Bambini deprivati, Bambini repressi e Bambini depressi … Ebbene, per questi bambini il Comune è tenuto a pagare le rette alle Case Famiglie che non paga dal 2009 con la conseguenza che le case famiglia sono tutte indebitate con le banche e gli operatori non percepiscono lo stipendio da 15 a 20 mesi. In sostanza queste persone che stanno assistendo gli ultimi della nostra maledetta società (mi scuso ma non riesco a trattenermi) stanno facendo da bancomat al comune e quindi a noi cittadini ma ovviamente ora non ce la fanno più! Al Comune sono pervenuti i fondi del  D.L. 174/2012 e 58 milioni di euro sono stati stanziati per i servizi indispensabili. Ebbene, tra questi servizi solo 6 milioni sono stati destinati alle case famiglia e per i servizi in favore delle ragazze madri (che dal 2009 hanno un credito di circa 30 milioni) e che ovviamente con uno stanziamento del genere non riusciranno neppure a pagare i debiti in banca, figuriamoci gli stipendi! Ho chiesto con forza di conoscere che destinazione hanno avuto gli altri 52 milioni. Mi è stato riferito che sono andati agli altri servizi indispensabili come illuminazione, munnezza, buche etc. (non so cosa sono gli altri etc.). Come avreste reagito voi a questa risposta? Ho detto che quando la barca affonda si salvano prima le donne ed i bambini e, provocatoriamente, si spengano pure tutte le luci della città purché si assistano i bambini in difficoltà! Occorre che tutti coloro che si ritengono cittadini sappiano perché quando in TV si parla di tagli poi abbiano coscienza del fatto che si stanno tagliando le gambe anche ai nostri bambini maltrattati! Il neo assessore Roberta Gaeta ha dichiarato che provvederà a farsi carico del problema, noi di Ricostruzione Democratica abbiamo chiesto che si blocchino tutti gli altri pagamenti al fine di poter capire cosa si sta pagando e cosa no e per poter in scienza e coscienza fare quella comparazione di interessi che la nostra carta costituzionale impone e dove i valori della solidarietà, dell’uguaglianza, della assistenza sanitaria e sociale costituiscono il nucleo duro dei principi sempre più violati e deprivati da una politica economica che schiaccia i deboli ed arricchisce i padroni della finanza virtuale. Io non ci sto! e voi?

Ecco il documento che molti consiglieri comunali fanno firmato  clikka

 

Masullo e Guarino: Due Saggi Napoletani

aldomasulloDopo il nostro no alla giunta de Magistris (clikka) di ieri sul bilancio consuntivo 2012, mi piace riportare l’opinione di Aldo Masullo ed Antonio Guarino, dei quali ho avuto modo di cogliere l’aurea in alcune occasioni della mia vita. Sembra una coincidenza ma i nostri vecchi saggi napoletani sono apparsi in contemporanea sul Corriere e su la Repubblica. Come non condividere le loro opinioni.

Dal Corriere del Mezzogiorno di oggi 16.05.2013

Masullo e il linguaggio politico «Guitti a destra, tristi a sinistra»

NAPOLI — Guarda pochissimo la tv, s’informa in rete. A Ballarò ha strappato applausi e a fine puntata ringraziamenti dai ragazzi in studio. Ha novant’anni il filosofo Aldo Masullo e una modernità ed efficacia di linguaggio davvero rare. «Sono tornato da Roma alle due di notte, ma non potevo rinunciare ad un bellissimo incontro con gli studenti del Genovesi proprio sull’informazione».

Come è stato l’impatto con uno dei talk show più noti della tv italiana?

«Una novità per me. Mi è parso condotto con grande serietà anche se nell’insieme secondo me è risultato molto noioso. Gli interlocutori si sono arrotolati nel dibattito su Berlusconi da una parte, sulla Boccassini dall’altra. Tant’è che ho detto subito: a me non importa nulla, ci interessa capire come impostare una politica di risposta ai problemi gravissimi. La cosa è stata apprezzata perché alla fine s’è radunata intorno a me una folla di giovani. Oggi l’unica forza di cui disponiamo è quella delle ultimissime generazioni, hanno preso consapevolezza delle difficoltà, si sono risvegliati dal sonno consumistico. Sentono il morso delle difficoltà sulla propria carne, sul proprio destino».

Pensa che queste generazioni siano le più vicine a quella del dopoguerra?

«Nel dopoguerra eravamo in condizioni disastrate come oggi ma per ragioni diverse. Uscivamo dalla guerra con grande speranza. Ricordo la sete di libri per rifarci del tempo perduto. Avevamo uno stato d’animo allegro, quindi. Oggi siamo sotto il peso non di una sconfitta subita e lasciata alle nostre spalle, ma che incombe su di noi. Il nostro stato d’animo è quello di cui parlava uno scrittore del ‘600, Burton, in Anatomia della malinconia, cioé uno stato di depressione collettiva».

Quanto è importante in questo contesto il linguaggio?

«È fondamentale, è come la pelle per l’organismo vivente. Quella di un essere umano rivela con le sue imperfezioni lo stato di salute malandato. E così è la lingua per una società».

E come è cambiato allora?

«Dilaga il vaffa di Grillo e di tanti altri che dimostrano impotenza e mancanza di pazienza. Ad aggravare la situazione ci sono i nuovi strumenti, i social network. Tutti vogliono comunicare, poi si sentono impotenti e dicono vaffa e dirlo esime dallo spiegare il perché. Con un tweet affermi mi hai scocciato, ma poi escludi qualsiasi ragionamento».

Ma lei utilizza la rete?

«Certo per informarmi e il pc per scrivere. E non utilizzo a caso la parola informarmi. Napoli è la patria di Vico che distingueva il certo, cioé ciò che si dà, dal vero. Comunicare è quando passo dall’accettazione del dato allo sforzo di capire cosa c’è dietro quel dato e questa è politica, quella dei cittadini non di Montecitorio. Informarsi vuol dire sapere cosa è accaduto o cosa mi si vuol far credere sia accaduto. In questo quadro confuso quella che un tempo era l’opinione pubblica s’è trasformata in una massa di improperi, ingiurie e insoddisfazioni. Un gallinaio. Giordano Bruno parlava del suo secolo come confusissimo. Bene, la confusione del nostro secolo è l’opposto dell’opinione pubblica».

Tra destra e sinistra come cambia il linguaggio?

«Abbiamo una destra ridotta allo strepito del guitto e una sinistra che è una congrega di trappisti ossessionati dalla propria tristezza. Da una parte i buffoni, dall’altra i tristi, è la negazione della nostra società».

Il sindaco de Magistris fa parte dei tristi?

«De Magistris è una persona seria, fa un’impressione, se mi si consente e se mi si comprende, patetica. Perché crede in quello che immagina di fare, ma s’innamora di questo suo stesso credere e non avverte la distanza tra il sogno e la realtà. Tende in fondo alla supremazia sui suoi stessi collaboratori, è un uomo solo. Un sindaco, e vale per tutti, dovrebbe stare sulla strada, parlare, aprirsi, lasciarsi contestare. Solo così riuscirebbe ad avere il polso della situazione e la fiducia dei cittadini».

E Vendola?

«Il linguaggio di Vendola è immaginifico, molto declamato ma ancora una volta secondo me è il sintomo di una solitudine, un’incapacità di superare la separatezza di sè dalla realtà. Anche lui ha sentito fortemente il dolore di quelli che stando a sinistra dovrebbero essere portatori del cambiamento e non lo sono».

E Caldoro?

«Non sono in grado di dirlo. I miei non sono mai giudizi, è un rispetto dato da una responsabilità intellettuale che avverto sempre. Noi non abbiamo più la pazienza di andare al fondo delle cose. I partiti una volta rappresentavano luoghi dove un gruppo di persone cercavano una verità. La coesione sociale nasce dal costruirsi una verità. Ciò che manca oggi».

Simona Brandolini

guarino

Repubblica Napoli di oggi 16.05.2013

Da Berlusconi a de Magistris, l’ironia del professore 99enne

DARIO DEL PORTO

Antonio Guarino 99 anni portati con ironia

Sulla scrivania del professore non ci sono solo testi giuridici. Anche una pila di quotidiani e un racconto di Roberto Saviano, intitolato “Super Santos”, come il pallone più amato da intere generazioni di giovanissimi.

Perché non le piace come continua il racconto di Saviano?

«Perché quella comitiva di ragazzini si trasforma in un gruppo di malviventi. Saviano scrive diverse cose esatte, ma vede il brutto dovunque. Ma è anche vero che è la vita, troppo spesso, a essere così. Mi sembra scritto in maniera deliziosa, soprattutto la descrizione di un gruppo di ragazzini che giocava in piazza del Plebiscito e uno di loro era specializzato nel colpire il dito della statua di Carlo V. Peccato solo per la seconda parte», commenta l’insigne giurista Antonio Guarino, seduto nello studio affacciato sul mare. Oggi il professore compie 99 anni. E con l’ironia che affascinava i suoi studenti, stempera il disincanto per il momento della città e del Paese. «Devo riconoscerlo, non sono per niente fiducioso. Oggi siamo come ai tempi di Nerone».

Ha conosciuto il sindaco de Magistris, professore?

«No. E a dire il vero non desidero conoscerlo. Ma trovo che stia commettendo molti errori. Non si è accorto che quella gara di catamarani che chiamano Coppa America era come il club di Buffalo Bill, che andava in giro con i cavalieri a fare spettacoli».

Non sarà un giudizio troppo severo?

«Di questi tempi ho la fortuna di uscire poco. Ma tutti quelli che mi vengono a trovare hanno l’aspetto smunto. Uno arriva dalla Riviera di Chiaia, l’altro dalla Villa Comunale. Hanno rovinato anche via Caracciolo. Non ho mai incontrato il nostro sindaco, però l’ho sentito parlare tante volte: ha ancora il tono insofferente del pubblico ministero».

Qual è la sua opinione del governatore Caldoro?

«Mi sembra un tipo deboluccio. Ma anche una persona abbastanza perbene. Non ha la fronte bassa come Cosentino, ma insomma, può capitare».

Perché tanto pessimismo, professore?

«Ho l’impressione che questo governo non potrà reggere troppo a lungo. Il Pdl ha perso la testa appresso a Berlusconi. Ecco, Nerone era come lui. Non era cattivo, attenzione. Era una brava persona, amava la musica, gli piacevano le donne, non faceva uccidere gli schiavi. Era più cattivo Tigellino, che mi ricorda Alfano».

Da giurista, come valuta le polemiche sulla requisitoria del pm di Milano Ilda Boccassini al processo Ruby?

«Berlusconi può essermi antipatico, ma si è comportato come nove uomini su dieci, anche tra i più illibati. Si indigna e pensa di non dover essere imputato. Poi si convince o rassegna e si rivolge al Ghedini di turno. Anche Sant’Agostino ne fece di cotte e di crude in gioventù, poi è invecchiato. Berlusconi, questo è il punto, non è ancora abbastanza invecchiato. Ma diamogli tempo, e niente viagra, invecchierà anche lui».

Molti hanno criticato il pm Boccassini.

«È una luminosa figura di magistrato, ha fatto solo il suo dovere. L’interdizione dai pubblici uffici non è “l’ergastolo per Silvio”, come ha sostenuto la Santanchè, ma una sanzione accessoria che poteva essere legittimamente invocata. Detto questo, effettivamente i magistrati se la sono presa un po’ con Berlusconi».

Che cosa pensa della rielezione di Napolitano?

«È come l’ultima tavola cui ci si aggrappa mentre il Titanic affonda. Invece mi ha deluso Supermario Monti, l’ha presa in maniera troppo semplicistica».

e di Aldo Masullo consiglio di vedere il breve intervento a Ballarò

Gli stranieri e la bufala dello ius “sola”

Kyenge

Sul tema mi sono espresso già in passato ed ovviamente sono favorevole ad una società multietnica (i nuovi italiani clikka) ma non posso non dire che la questione dello jus soli mi sa di bufala tanto che lo chiamerei “jus sola”, sfruttato in questo momento forse come arma di distrazione di massa, visto che nessuno mai si degna di farsi una ricerca o di “leggersi le carte”, tanto che si è giunti a porre una questione che, secondo me, va posta in modo diverso ed eventualmente come dice grillo in chiave europea. La cosa che mi preoccupa è che in questi termini si è pronunciato anche in qualche occasione il Presidente della Repubblica ed oggi leggo della polemica tra Vendola, Grillo e La Russa. Devo subito dire che dalle mie ricerche che pubblico in calce a quest’articolo, la nostra legislazione è in linea con quella europea e prevede per il riconoscimento della cittadinanza italiana un periodo di residenza significativo in Italia. Lo “ius soli puro” implicherebbe il paradosso che qualunque puerpera che, per varie ragioni si trovasse a partorire in Italia si vedrebbe attribuita di prepotenza al figlio la cittadinanza italiana. Immaginiamo per un momento il caso probabile di una puerpera di passaggio per l’Italia americana, norvegese o finlandese che si trovasse a partorire in Italia per caso. Ebbene, penso che la malcapitata (vista l’efficienza della sanità di quei paesi), potrebbe, addirittura, essere infastidita da tale invadenza normativa. Devo dire che Grillo c’è arrivato vicino richiamando la legge vigente e dicendo che la questione diventa, ovviamente, europea. Se vogliamo affrontare il problema in modo serio, invece, dobbiamo dire che la questione è la bossi/fini e non la legge sulla cittadinanza! Difatti tale normativa finisce per incidere sulla residenza e potrebbe (uso il condizionale non a caso per quello che dirò tra poco) inficiare il procedimento di riconoscimento della cittadinanza poiché la legge italiana, come quella francese e quella tedesca, prevede un tempo minimo di residenza per ottenere la cittadinanza, tempo che va dai tre anni ai dieci anni di residenza permanente in italia. Dico dovrebbe perché la Giurisprudenza (in particolare quella della Corte di Appello di Napoli) ha ovviamente fatto riferimento, per il riconoscimento della cittadinanza, non al concetto di residenza della bossi/fini, ma a quello civilistico dove la residenza è il luogo abituale dove una persona dimora divenendo il centro dei propri interessi e, quindi, i Giudici Italiani in questi contenziosi sono giunti a riconoscere la cittadinanza semplicemente verificando ad esempio le certificazioni di frequenza scolastica dei bambini stranieri che al 18° anno di età possono essere italiani. Questo, per dire che dalla lettura delle “carte” la questione mi sembra una grande bufala messa in campo solo a scopo propagandistico e come arma di distrazione di massa, forse per sviare l’attenzione dalla attuale ignobile legge elettorale che piace tanto ai partiti!

Dopo l’articolo del La Repubblica la normativa Italiana, Francese e Tedesca a confronto.

Da La Repubblica Nazionale di oggi (11.05.2013)

LE SCELTE DEI PARTITI

La polemica

IlROMA — Un referendum sullo ius soli. Beppe Grillo esce allo scoperto su un tema “scottante” e propone di fare scegliere i cittadini sulla concessione della cittadinanza ai figli di immigrati che nascono in Italia. «Una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente», scrive il leader. Secondo Grillo, «lo ius soli se si è nati in Italia da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni è già un fatto acquisito» e comunque ogni innovazione «dovrebbe essere materia di discussione e di concertazione con gli Stati della Ue».

La posizione del leader Cinque Stelle riceve subito un plauso da Ignazio La Russa, L’ex ministro, ora deputato di Fratelli d’italia dice: «Finalmente una posizione chiara e condivisibile da Grillo». Certo, continua La Russa, in Italia non esiste il referendum propositivo, ma Fratelli d’Italia è pronto ad lottare insieme a Grillo in un referendum abrogativo nel caso in cui venisse approvata una legge sullo ius soli.

Un’ipotesi contro cui è partita la mobilitazione della Lega. E che si scontra con il no del Pdl. «Con lo ius soli non si mangia», dice la deputata Elvira Savino. E Maurizio Gasparri spiega: «Su questo tema non si scherza. La concessione della cittadinanza ha implicazioni di carattere sociale e culturale tali da non poter essere ridotte ad un quesito referendario ».

Almeno in un primo momento sembra prendere le distanze dal leader il grillino Alessandro Di Battista. Il deputato, dice infatti: «Grillo non è un parlamentare. Io sono favorevole allo ius soli». Una posizione poi rettificata con l’adesione alla posizione del leader, la spiegazione che «bisogna ragionarci su» e l’accusa alla stampa di avere travisato il suo pensiero.

Critiche arrivano da Livia Turco: «Grillo getta la maschera e dimostra di non conoscere la legge italiana e gli effetti paradossali che produce sulla vita di tanti giovani», dice l’ex ministro del Pd. Durissimo l’attacco di NichiVendola: «Oggi Grillo condivide le opinioni di La Russa. In un paese che ha conosciuto l’oltraggio e la vergogna delle leggi razziali e della Bossi-Fini, Grillo non pensa che i diritti universali dei cittadini siano una bandiera dasventolare». «Sullo Ius soli ha preso un posizione chiara, senza ambiguità, di destra e razzista». attacca il deputato socialista Marco Di Lello.

Prende posizione anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei: «È in gioco il diritto fondamentale della persona che in quanto tale deve essere salvaguardato. Il problema esiste perché bisogna fare in modo che chi approda in Europa trovi una doverosa integrazione».

Concreta, intanto, arriva la richiesta di un referendum sulla Bossi-Fini. Ieri, infatti, laGazzetta ufficialeha pubblicato il deposito in Cassazione di un quesito abrogativo proposto dai radicali. Noi spiega il segretario di Radicali italiani Mario Staderini, mettiamo al centro della richiesta «l’abrogazione del reato di clandestinità, la disumanità dei Cie e le norme che costringono centinaia di migliaia di migranti al ricatto continuo dei datori di lavoro o li spingono al lavoro nero o al servizio della microcriminalità«.

In ITALIA

PER RESIDENZA IN ITALIA

La cittadinanza, ai sensi dell’ articolo dell’art. 9, della Legge 91 del 5 febbraio 1992 e successive modifiche e integrazioni, può essere concessa:

  • Allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni (art.9,c.1 lett.a)
  • Allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio italiano da almeno cinque anni successivamente all’adozione (art.9, c.1, lett. b)
  • Allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato italiano (art.9 c.1, lett.c)
  • Al cittadino di uno Stato U.E. se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio italiano (art.9 c.1, lett.d)
  • All’apolide e al rifugiato che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio italiano (art.9 c.1, lett.e) combinato disposto art.16 c.2) (*)
  • Allo straniero che risiede legalmente da almeno 10 anni nel territorio italiano (art.9 c.1, lett.f)

(*) Ai sensi dell’articolo 16, lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano è equiparato all’apolide ai fini della concessione della cittadinanza

ACQUISTO AUTOMATICO

I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza (art 14 L.91/92).

ELEZIONE DI CITTADINANZA

Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, può dichiarare di voler eleggere la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data (art.4, c.2). Tale dichiarazione di volontà deve essere resa dall’interessato, all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza.

PER MATRIMONIO CON CITTADINO ITALIANO (ARTICOLO 5 DELLA LEGGE 91/92 E SUCCESSIVE MODIFICHE E INTEGRAZIONI)

La cittadinanza, ai sensi dell’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 e successive modifiche e integrazioni, può essere concessa per matrimonio, in presenza dei seguenti requisiti:

  • Il richiedente, straniero o apolide, deve essere coniugato con cittadino italiano e risiedere legalmente in Italia da almeno 2 anni dalla celebrazione del matrimonio
  • Se i coniugi risiedono all’estero, la domanda può essere presentata dopo tre anni dalla data di matrimonio

Tali termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. 
Al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza non deve essere intervenuto scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e non deve sussistere la separazione personale dei coniugi.

La Giurisprudenza sul concetto di residenza:

Gli spazi aperti dalla giurisprudenza

E’ la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1486 del 26 aprile 2012 a restituire per la prima volta un’ interpretazione della norma e delle circolari stesse conforme alla ratio della legge ed agli stessi obiettivi enunciati nella circolare del 2007, rifiutando le restrizioni del decreto attuativo.
In primo luogo i Giudici della Corte d’Appello chiariscono infatti quale sia il riferimento alla luce del quale interpretale il concetto di residenza legale. Secondo la Corte d’Appello “l’unico concetto di residenza legale richiamato dalla legge 91/92 non può essere che quello di cui all’art. 43 c.c.” che non prevede, ai fini del suo riconoscimento della, l’adempimento dell’iscrizione anagrafica. La residenza – recita l’art 43 del c.c. – è le nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale, senza alcun riferimento alla necessità di compiere l’ulteriore adempimento dell’iscrizione nei registri dell’anagrafe.
Proprio alla luce delle considerazioni espresse in premessa dalla circolare del Ministero, i Giudici della Corte d’Appello di Napoli affermano successivamente che “non possono imputarsi al minore nato in Italia e figlio di genitori stranieri, gli inadempimenti di quest’ultimi circa i permessi di soggiorno e/o le formalità anagrafiche, sicché deve venire in rilievo la situazione di effettiva (e quindi legale) residenza del minore …”

La Corte d’Appello dunque apre uno spazio intepretativo che va ben oltre le fattispecie prese in considerazione dalla circolare del Ministero dell’Interno del novembre 2007, ritenendo che non solo nei casi di tardiva iscrizione anagrafica o di temporanea interruzione nella titolarità del permesso di soggiorno del minore, ma anche in tutti gli altri casi riguardanti la mancata iscrizione anagrafica o la titolarità di un permesso di soggiorno, eventuali inadempienze dei genitori non possano ricadere sulla possibilità del minore di esercitare il diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana.

La pronuncia è di particolare importanza proprio perché prende in considerazione le tante situazioni in cui proprio i genitori dei minori, al momento della nascita, si trovavano in posizione di soggiorno irregolare.
Il caso più frequente è quello che riguarda i tantissimi cittadini albanesi (e non solo) entrati in Italia tra il 1992 ed il 1994 che hanno potuto ottenenre un permesso di soggiorno solo grazie alle sanatorie emanate negli anni seguenti e quindi hanno potuto iscrivere all’anagrafe e nel titolo di soggiorno i loro figli solo dopo il rilascio del permesso.

Ed è proprio su un caso simile che si è pronunciato il Tribunale di Imperia con la sentenza dell’11 settembre 2012. Nel caso in specie il ricorrente si era visto negare il riconoscimento della cittadinanza italiana nonostante la sua domanda fosse stata presentata nei tempi previsti. In particolare il Comune di Imperia aveva rigettato l’istanza perché che al momento della nascita del minore entrambi i genitori non risultavano legalmente residenti, considerando il requisito formale della residenza legale in Italia non riferibile a quello dell’effettiva residenza.
Il giudice di Imperia si è pronunciato in senso favorevole al minore considerando ininfluente, alla luce della ratio della norma, la posizione di soggiorno dei genitori, dovendosi invece considerare appunto l’effettiva residenza in Italia del minore.
Dello stesso avviso il Tribunale di Reggio Emilia, pronunciatosi su un caso analogo con il decreto del 31 gennaio 2013.

In buona sostanza è possibile ricostruire un quadro interpretativo (da far valere sia nei confronti degli uffici preposti, sia in sede di giudizio) secondo cui né la tardiva iscrizione anagrafica, né la presenza irregolare dei genitori al momento della nascita, possano essere motivo di rigetto dell’istanza di riconoscimento della cittadinanza del minore nato in Italia che abbia compiuto il diciottesimo anno di età.

Conclusioni

Alla luce delle pronuncie citate ed in attesa che una nuova legge sulla cittadinanza prenda forma, è possibile dunque affermare una linea interpretativa in grado di cancellare le tante insipegabili prassi restrittive che ancora oggi rischiano di impedire l’esercizio del diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana ai giovani nati in Italia al compimento del diciottesimo anno di età.
E’ evidente che per ogni controversia su cui i giudici sono stati chiamati a decidere, migliaia di altre domande sono state negate senza che la giurisprudenza sia intervenuta. 
Ma lo spazio intepretativo aperto, quello secondo cui la posizione di soggiorno dei genitori, o le loro eventuali inadempienze, non debbano e non possano ricadere sui figli nati in Italia, offre la possibilità di affrontare senza indugi i troppi rigetti degli Uffici di Stato Civile che ancora oggi costringono molti ragazzi, anche dopo il compimento della maggiore età, a vivere da stranieri nel Paese in cui sono nati e cresciuti.

In FRANCIA

La semplice nascita nel territorio nazionale non rileva ai fini dell’attribuzione della cittadinanza se non per i minori figli di apolidi o di genitori sconosciuti o che non trasmettono la loro nazionalità.

Inoltre, per effetto della legge di modifica del c.c., del 16 marzo 1998, che ha soppresso il regime della manifestazione di volontà, ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al momento della maggiore età se, a quella data, ha la propria residenza in Francia o vi ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o discontinuo, di almeno 5 anni, dall’età di 11 anni in poi. Le autorità pubbliche e gli istituti di insegnamento sono tenuti ad informare le persone interessate sulle disposizioni normative in materia (art. 21-7 c.c.).

L’acquisizione automatica può essere anticipata a 16 anni dallo stesso interessato, con dichiarazione sottoscritta dinanzi all’autorità competente, o può essere reclamata per lui dai suoi genitori a partire dai 13 anni e con il suo consenso, nel qual caso il requisito della residenza abituale per 5 anni decorre dall’età di 8 anni.

Matrimonio

La cittadinanza francese è aperta, con dichiarazione da sottoscrivere dinanzi all’autorità competente, a qualunque straniero o apolide che contragga matrimonio con un cittadino o una cittadina francese, dopo il termine di 4 anni dal matrimonio (l’innalzamento del termine, da 2 a 4 anni, è stato introdotto dalla legge 2006-911, del 24 luglio 2006 relativa all’immigrazione, allo scopo di contrastare il fenomeno dei matrimoni a scopo di naturalizzazione), a condizione che alla data della dichiarazione la comunione di vita non sia cessata fra gli sposi, che il coniuge francese abbia conservato la propria nazionalità e che lo straniero dimostri una residenza effettiva e non interrotta in Francia per tre anni consecutivi (art. 21-2 c.c.). Il coniuge straniero deve inoltre dimostrare una conoscenza sufficiente della lingua francese.

La dichiarazione viene registrata, dopo un controllo di ammissibilità, presso il Ministero competente in materia di naturalizzazioni.

Il Governo può tuttavia opporsi all’acquisizione della nazionalità da parte del coniuge straniero, per indegnità o difetto di assimilazione, nel termine di due anni dalla dichiarazione di attribuzione. In caso di opposizione del Governo si considera l’acquisizione della cittadinanza come mai avvenuta, tuttavia la validità degli atti intervenuti tra la dichiarazione e il decreto di opposizione non può essere contestata sulla base della mancata attribuzione della cittadinanza (art. 21-4 c.c.).

Naturalizzazione

La naturalizzazione per decisione dell’autorità pubblica può essere concessa solo allo straniero maggiorenne che dimostri la propria residenza abituale in Francia nei 5 anni precedenti la sua domanda, salvo che egli non abbia compiuto e ultimato due anni di studi in un istituto di istruzione universitaria francese o non abbia reso importanti servizi allo Stato, nel qual caso il criterio della residenza viene ridotto a 2 anni. Inoltre, per essere naturalizzato occorre avere la residenza in Francia al momento della firma del decreto.

Con residenza si intende una residenza fissa, che presenti cioè un carattere stabile e permanente e che coincida con il centro degli interessi materiali e dei legami familiari del richiedente.

Possono essere naturalizzati, prescindendo dal criterio della residenza, gli stranieri incorporati nelle forze armate francesi; chi abbia reso dei servizi eccezionali allo Stato o lo straniero la cui naturalizzazione presenti per la Francia un interesse eccezionale, nel qual caso viene richiesto il parere del Consiglio di Stato su rapporto motivato del Ministro competente. La naturalizzazione può inoltre essere concessa a chi abbia lo status di rifugiato concessogli dall’Ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA). In ogni caso è richiesta la maggiore età dell’interessato.

La cittadinanza per naturalizzazione non può tuttavia essere concessa a chi sia stato condannato ad una pena detentiva superiore o uguale a 6 mesi senza condizionale, o sia stato oggetto di un decreto di espulsione o di una interdizione dal territorio, o si trovi in una situazione irregolare, o sia stato condannato per atti di terrorismo.

Infine, sia l’acquisizione mediante dichiarazione (matrimonio) che quella mediante decreto (naturalizzazione) richiedono, in forme diverse, una conoscenza sufficiente della lingua francese da parte dell’interessato. Tale condizione non è richiesta per i rifugiati o apolidi che risiedono sul territorio nazionale da almeno 15 anni ed abbiano un’età superiore ai 60 anni.

La recente legge sull’immigrazione del 24 luglio 2006, ha inserito nel codice civile (articoli 21-28 e 21-29) alcune disposizioni che istituiscono la cerimonia di accoglienza nella cittadinanza francese, che viene organizzata, dal rappresentante dello Stato in ogni dipartimento, ogni sei mesi, cui sono invitate naturalmente le persone che abbiano acquisito la nazionalità francese di pieno diritto nei sei mesi precedenti la cerimonia ed i deputati e i senatori eletti nel dipartimento.

In GERMANIA

Ai sensi del paragrafo 10 della Legge sulla cittadinanza, uno straniero che desideri ottenere la naturalizzazione deve possedere i seguenti requisiti:

        otto anni di residenza stabile e legale sul territorio federale tedesco [il termine non si applica al coniuge straniero e ai figli minori, che possono essere naturalizzati contemporaneamente al richiedente anche se risiedono legalmente in Germania da un periodo di tempo inferiore (§ 1o, comma 2), e non si interrompe per soggiorni all’estero fino a sei mesi (§ 12b, comma 1)];

        il possesso della capacità di agire (minimo 16 anni), in conformità con le disposizioni contenute nell’articolo 80, comma 1, della Legge sul soggiorno, o una rappresentanza legale;

        il rispetto e l’osservanza dell’ordinamento libero e democratico stabilito nella Legge fondamentale tedesca;

        il diritto di soggiorno a tempo indeterminato o un permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del paragrafo 4, comma 3, della Legge sulla cittadinanza o un regolare permesso di soggiorno rilasciato per uno degli scopi previsti agli articoli 16, 17, 20, 22, 23, comma 1, 23a, 24 e 25, comma da 3 a 5 della Legge sul soggiorno …

La conoscenza della lingua tedesca rappresenta una delle condizioni fondamentali per ottenere la cittadinanza e per integrarsi nel tessuto sociale e politico del paese. La riforma del 2007 ha stabilito che, per ottenere la naturalizzazione, il candidato deve superare un esame scritto ed orale di lingua tedesca e conseguire il Zertifikat Deutsch, equivalente al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle Lingue (per i minori fino a 16 anni è sufficiente una conoscenza della lingua adeguata alla loro età). Sono escluse da tale obbligo le persone impedite da malattie fisiche o mentali.

L’articolo 10, comma 3 della Legge sulla cittadinanza prevede la possibilità, per gli stranieri che abbiano frequentato e superato con successo un corso di integrazione (Integrationskurs), di ridurre di un anno (da otto a sette) il periodo minimo di soggiorno richiesto per ottenere la naturalizzazione.

Infine, a partire dal 1 settembre 2008 è obbligatorio dimostrare di conoscere l’ordinamento sociale e giuridico tedesco nonché le condizioni di vita in Germania attraverso il superamento di un test di naturalizzazione (Einbürgerungstest), dal quale sono comunque esonerate le persone impedite da malattie fisiche o mentali. Per la preparazione dell’esame sono messi a disposizione corsi di naturalizzazione (Einbürgerungskurse) la cui partecipazione, tuttavia, non è obbligatoria (§ 10, comma 5).

Le disposizioni relative alla naturalizzazione degli stranieri si applicano anche nel caso di matrimonio o di convivenza registrata (Lebenspartnerschaft) con cittadini tedeschi, fattispecie detta della “naturalizzazione dovuta” (Soll-Einbürgerung o In-der-Regel Einbürgerung)regolata dal § 9. La naturalizzazione è concessa, nel rispetto delle condizioni previste al § 8, qualora si sia persa o si rinunci alla cittadinanza d’origine e si dimostri la conoscenza delle condizioni di vita in Germania nonché della lingua tedesca. Anche i figli minori dei coniugi o dei conviventi registrati stranieri possono essere naturalizzati. In questo caso, il periodo di soggiorno richiesto per presentare la relativa richiesta è ridotto da otto a tre anni, mentre la durata del matrimonio o della convivenza registrata deve essere di almeno due anni.

La Giustizia al PDL un affare di stomaco

nitto
Nitto Palma senatore del PDL impallinato dal PD e meno male! Questo governo è peggio di quello Monti perché in questo c’è un diretto coinvolgimento degli eletti del PD, di una forza che dovrebbe essere di sinistra e si sarebbe, sulla carta, proposta come contrapposta al PDL. Mi chiedo come si fa a spiegare al popolo di sinistra ed agli elettori del pd che la presidenza della commissione giustizia debba andare al PDL che ha nel suo corpo malato la questione ruby, le leggi ad berlusconam, i processi a papimediaset, dell’utri, cosentino, cesaro e tanto altro. Devo dire che mi viene il vomito!
La cronaca raccontata da Repubblica di oggi (08.05.2013) dellimpallinamento del nitto.
Commissioni, Palma bocciato due volte Pdl furioso con il Pd: ha violato i patti Letta-Napolitano, allarme sul governo
E Sel attacca il M5S: a loro 28 posti di vice, a noi nessuno
Lo scontro
FRANCESCO BEI LIANA MILELLA
— Colpito e affondato. Francesco Nitto Palma, candidato alla presidenza della commissione Giustizia del Senato, nonostante l’accordo politico tra Pd-Pdl e Scelta Civica, non ce la fa. Per due volte il Pdl ci prova, per due volte si va a schiantare contro un muro di schede bianche alzato dal Pd con l’aiuto di Sel e grillini. Alle tre del pomeriggio, al piano ammezzato che ospita la commissione, la tensione è alle stelle. L’ex Guardasigilli di Berlusconi è bianco come un cencio. Più tardi confiderà ai compagni di partito di non essere rimasto sorpreso della bocciatura: «Quando ho visto che il Pd non aveva provveduto a sostituire i membri della commissione, come gli avevamo suggerito, ho capito che mi volevano fregare. Per poi scaricare la colpa sul Pdl che insisteva sul candidato brutto, sporco e cattivo». In effetti fin dal mattino, all’assemblea del gruppo del Pd, è chiaro che su Nitto Palma sta montando una vera ribellione.
Intervengono quasi tutti i componenti della Commissione e ciascuno porta il suo legno alla pira che si va innalzando per bruciare la candidatura di quel pm folgorato da Previti sulla via della politica. Felice Casson è il più determinato. Si capisce che abbia ancora il dente avvelenato. Quando era a Venezia scoprì la Gladio e mandò per competenza i fascicoli a Roma. Il sostituto incaricato di proseguire l’indagine era proprio Nitto Palma e i segreti di finirono con l’archiviazione. Rosaria Capacchione, la giornalista anticamorra, alza la voce: «Io se voto l’amico di Cosentino non mi posso più presentare a Napoli. Comunque decidete voi: non devo per forza stare qui in Senato». Anche Nadia Ginetti, ex poliziotta penitenziaria, chiede la parola e spara i suoi dubbi: «Perché insistono tanto su questo Palma? Cosa c’è dietro?». Insomma, l’aria che tira è brutta. Così quando si apre la votazione segreta Palma va sotto una prima volta: 12 voti contro i 14 richiesti per essere eletto. I senatori Pd, Sel e 5Stelle restano seduti sui banchi a parlare tra di loro. Intanto si precipitano come furie in commissione Renato Schifani, capogruppo Pdl, e Maurizio Gasparri. Facce livide, parole di fuoco rivolte agli avversari-alleati. «Ognuno si assumerà le sue responsabilità », sibila Schifani. Zanda è stretto fra il Pd in rivolta e la necessità di salvare l’intesa con ilPdl. Tra il quartier generale Pdl e quello del Pd partono le prime, tese, telefonate. Denis Verdini si mette in contatto con il ministro Dario Franceschini. Poi riferisce a Berlusconi, arrivato nel frattempo a palazzo Grazioli. I minuti scorrono invano. Seconda votazione, altro bagno: i voti per Palma crescono a 13, sempre uno di meno di quelli necessari. A questo punto si è ormai capito che non si tratta di casi di coscienza, c’è una strategia. I senatori di Scelta Civica temono che il punto di rottura sia vicino. Andrea Olivero, il coordinatore dei montiani, scende le scale di palazzo Madama scuotendo la testa: «Questi del Pd hanno combinato un vero capolavoro. Prima fanno gli accordi sottobanco con il Pdl escludendoci e poi non riescono nemmeno a rispettarli!».
Nel Pdl si parla di ritorsione, qualcuno vorrebbe persino vendicarsi sul governo Letta. Minacce al vento, per ora, visto che il Cavaliere impone atutti il silenzio. Ma i sismografi indicano che il terremoto è in arrivo. Gianni Letta, nel pomeriggio, attende il capo dello Stato nell’androne di casa Andreotti, dopo aver reso omaggio alla salma, per condividere la sua preoccupazione con Napolitano. In serata al Quirinale sale anche il premier per un colloquio che, ufficialmente, è dedicato solo all’esame del dossier europeo (Enrico Letta è reduce da un tour delle Cancellerie), ma Napolitano vuole sapere come il capo del governo intenda affrontare la prima, vera, crisi politica scoppiata dentro la maggioranza.
Berlusconi, spinto da Verdini e Ghedini, ha deciso infatti di non mollare. «Non possiamo accettare questo veto, hanno tradito la parola». In serata è Schifani a ribadire che la linea non cambia: «Abbiamo votato i candidati del Pd. Altrettanto non è successo nel caso del nostro senatore Nitto Palma. Ci attendiamo che domani il Pd abbia lostesso senso di responsabilità. Nitto Palma rimane il nostro candidato». Ma il problema è che Scelta Civica, che in commissione ha due voti (Olivero e Susta) annuncia che non voterà più per Palma «se il Pd non garantisce che non farà mancare i suoi voti». È una guerra di nervi. Il Pd insiste affinché il Pdl si convinca a cambiare candidato. «Per noi – riferiscono fonti del gruppo – vanno tutti bene, a parte Ghedini ovviamente». Si fa il nome dell’ex sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo come candidatura accettabile. Il Pd Felice Casson manda tutti in testacoda quando le agenzie rilanciano una sua frase: «Dalla terza votazione noi voteremo un nostro candidato». Sembra quasi il preannuncio di un’autocandidatura, ma il senatore smentisce: «Ho chiesto solo un candidato che sia condiviso». Un altro nome che circola è quello di Luigi Manconi, garantista a 24 carati, ma si tratta di un altro
«Non vogliamo scippare la commissione al Pdl ribadiscono dal quartier generale del Pd – solo che per noi Nitto Palma è inaccettabile». E si ricorda di quando propose una commissione d’inchiesta su Mani Pulite o della sua ipotesi di un lodo blocca- processi per tutti i parlamentari. Oggi pomeriggio terza votazione con la maggioranza semplice (ovvero dei presenti). Poi dal quarto scrutinio si andrà al ballottaggio tra i primi due arrivati.
Il caso Palma ha fatto ombra ieri all’altra polemica scoppiata tra Sel e 5Stelle sulle presidenze. Dopo due giorni di tensione, è Gennaro Migliore a ratificare la fine dell’idillio con un tweet: «Il M5S ha fatto cappotto nelle commissioni tra vicepresidenze e segretari: 28 M5S 0 Sel». L’accordo salta perché Sel insisteva su Fava alla presidenza del Copasir, rivendicata dai grillini.
Giuseppe D’Ambrosio è il presidente della Giunta delle elezioni della Camera La prima presidenza dei grillini

L’incenerimento dei rifiuti è ancora attuale?

foto_1624
Quest’articolo dimostra come gli inceneritori a fronte di una buona raccolta differenziata non servono e sono un inutile spreco di risorse oltre a creare il problema di rifiuti speciali relativi alle ceneri ed al rischio di vedere tra qualche anno ciò che è accaduto per l’amianto se pensiamo alle nanoparticelle che comunque escono dai camini. Io in questo caso sarei per l’applicazione delle regole di protezione della salute.
Da La Repubblica di oggi (05.05.2013)
“Vendeteci i rifiuti o restiamo al buio” l’emergenza al contrario dei paesi nordici
Riciclo al top e discariche a secco: l’appello di Svezia e Norvegia
ROMA — La Norvegia ha un problema. Ha finito la spazzatura  e non sa più come riscaldarsi  e produrre energia. Tutta colpa dei suoi abitanti, che riciclano  quasi la metà di ciò che buttano  e lasciano un misero 2 per cento alla discarica. Oslo non può nemmeno chiedere aiuto ai vicini.  La Svezia, che ha un problema analogo, lo scorso novembre ha dovuto lanciare una campagna extra di importazioni per arrivare alla fine dell’inverno. Con la loro capacità di inghiottire 700 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, i paesi del Nord Europa non riescono  a sfamarsi con una produzione  di materia prima che si ferma a meno di un quinto del necessario.  Per fortuna ci siamo noi. A compensare il deficit di spazzatura  dell’Europa del Nord (Norvegia,  Svezia, Danimarca, Germania,  Olanda e Belgio le nazioni che si affidano di più gli inceneritori) ci pensano Italia, Gran Bretagna, Spagna e Francia: paesi ancora molto affezionati alle discariche. Per le capitali virtuose, l’affare è vantaggioso due volte. La prima perché sono gli stessi esportatori a pagare le balle di rifiuti spediti via treno o via nave. La seconda perché il calore e l’elettricità generati  dalle centrali a spazzatura riscaldano e illuminano le città, permettendo di risparmiare petrolio.  La Norvegia, grazie all’energia  dei rifiuti e a quella idroe-lettrica,  può permettersi di vendere  gli idrocarburi che estrae. Oslo, una città di quasi un milione e mezzo di abitanti, riscalda le sue scuole e metà delle abitazioni con gli scarti domestici. La Svezia, che con la spazzatura dà elettricità a 13 milioni di abitanti e calore a 12 milioni (riscaldando 810mila case,  il 20% del totale), può permettersi  di risparmiare ogni anno 1,1 milioni di metri cubi di petrolio, secondo i dati dell’agenzia nazionale  Swedish Waste Management.  Tra i paesi che trattano i rifiuti come una risorsa e quelli per cui la spazzatura è un problema si sta sviluppando così una nuova autostrada  commerciale. A un prezzo  di 100-150 euro a tonnellata (a seconda di quanto la spazzatura sia umida o secca, quindi capace di generare energia) il mercato è ancora limitato a una manciata di milioni di tonnellate, ma è in continuo  aumento in un mondo alla disperata ricerca di fonti di energia  compatibili con l’ambiente.  E che gli inceneritori moderni siano compatibili con l’ambiente è un dato che non viene messo in discussione dagli abitanti dell’Europa  del Nord. Dal 1985 al 2007 i livelli di piombo, mercurio, cadmio e acido cloridrico emessi dai comignoli sono stati ridotti del 99%, secondo uno studio dello  Swedish Waste Management. Bruciando 4,4 milioni di tonnellate  di rifiuti negli inceneritori del paese, ogni anno la Svezia immette  nell’ambiente solo un grammo di diossina. Tra la fornace in cui la spazzatura brucia a mille gradi e ilcamino esterno che rilascia i fumi nell’atmosfera corrono diverse decine di chilometri di tubi. Al loro  interno i prodotti della combustione  vengono trattati e filtrati, catturando quasi tutte le sostanze tossiche e rilasciando alla fine vapore  acqueo e anidride carbonica.  Profu, un’agenzia di consulenza  specializzata in commercio  internazionale dei rifiuti, calcola  che dalle discariche viene rilasciato nell’atmosfera un gas  serra molto più potente dell’anidride  carbonica: il metano. E  traducendo il potere inquinante  del metano in CO2, risulta che bruciare una tonnellata di spazzatura  anziché gettarla in discarica  fa risparmiare l’equivalente di 500 chili di anidride carbonica. L’impianto di Oslo, con le sue curve e le luci dei comignoli, è tra l’altro diventato un punto di riferimento  della città. A Roskild, in Danimarca, la costruzione dell’“Energy Tower” che brucia rifiuti e genera calore ed elettricità è stata affidata a una gara internazionale  di architetti. Il vincitore, l’archistar olandese Erick van Egeraat, si è ispirato alle “cattedrali  nordiche” e a “un faro nella notte”. Ma l’impianto più caratteristico  è quello di Spittelau a Vienna.  Situato in pieno centro cittadino,  oltre a riscaldare l’ospedale vicino, con le sue piastrelle colorate  e il globo in cima alla ciminiera  viene citato nelle guide turistiche  della città.©

Fine vita la lucida analisi di Vito Mancuso

imagesLeggo l’articolo scritto da Vito Mancuso (teologo vicino alla chiesa) sul tema del fine vita e del quale ci siamo occupati noi in consiglio comunale (clikka) approvando l’istituzione del registro delle dichiarazioni di ultima volontà a cui ho lavorato. Leggendo l’articolo di Mancuso penso alla destra in parlamento ed in consiglio comunale che è ancora legata a visioni religiose vecchie e sclerotizzate che non tengono conto della profondità dell’argomento per l’essere umano.

La Repubblica di oggi (05.05.2013)Vito Mancuso, grazie.

Fine vita, perché dico sì alla libertà di scegliere

ALLEVIARE la sofferenza  sempre, in ogni caso laddove  sia possibile. Rispettare la libera autodeterminazione della coscienza sempre, con senso di solidarietà  e di vicinanza umana. È questo il duplice punto di vista a partire dal quale a mio avviso occorre  disporre la mente di fronte al grave e urgente problema dell’eutanasia  o suicidio assistito.Alleviare la sofferenza è la  forma più misericordiosa  di rispetto per la vita. Io  non ho dubbi (e penso che in nessuna persona responsabile ve ne siano) sul fatto che la vita vada rispettata  sempre e che la vita sia qualcosa  di sacro. È la stessa conoscenza scientifica ad attestarci mediante i suoi dati che la vita è un fenomeno stupefacente, emerso lungo i miliardi  di anni percorsi da questo Universo  a partire dai gas primordiali scaturiti  dalla Grande Esplosione iniziale, e tutto ciò non può non generare in chi ne prende coscienza un sentimento  di sacralità. Basta applicare la mente al lunghissimo viaggio della vita apparsa sul nostro pianeta per sentire che ogni forma di vita merita di essere considerata sacra, anche la vita delle piante e degli animali, anche  la vita dei mari e delle montagne, tutto ciò che vive è sacro e va trattato con rispetto dal concepimento fino alla fine. La vita umana non fa eccezione:  anch’essa è sacra e va trattata con rispetto dal concepimento fino alla fine.  Ancora più stupefacente però è il fatto che il fenomeno vita emerso dalla  materia (se per caso o per spinta intrinseca  della materia nessuno lo sa, anche gli scienziati si dividono al riguardo)  si evolva secondo diverse forme vitali, già individuate dal pensiero  filosofico greco mediante i seguenti  termini: vita-bios, cioè vita biologica; vita-zoé, cioè vita zoologica  o animale; vita-psyché, cioè vita psichica; vita-logos, cioè logica, calcolo,  ragione; vita-nous, cioè vita spirituale  o della libertà. Quando diciamo  “vita” esprimiamo con una parola  sola tutto questo complesso processo  evolutivo, filogenetico e ontogenetico  al contempo, in cui ciascuno  di noi consiste. E quando diciamo “rispetto per la vita” dobbiamo estendere  tale rispetto in modo da abbracciaretutte le forme vitali, dalla vitabiologica alla vita della mente.  Normalmente si dà armonia tra le diverse forme vitali. Normalmente rispettare  la vita di un essere umano significa  rispettarne la vita biologica che si esprime nel corpo e rispettarne la vita spirituale che si esprime nella libertà. Si danno però situazioni nelle  quali l’armonia tra le diverse forme vitali viene interrotta e il processo virtuoso  in cui fino a poco prima consisteva  la vita si trasforma in un lacerante  conflitto, fisico, psichico e spirituale.  Sto parlando ovviamente della  malattia e della disarmonia che essa  introduce tra le varie fasi del processo  vitale, tra la vita fisica (bios + zoé), la vita psichica (psyché) e la vita spirituale (logos + nous). La malattia cronica e inguaribile segna il conflitto  irreversibile tra le diverse forme vitali  nel cui intreccio ciascuno di noi consiste: a partire da essa la vita fisica, la vita psichica e la vita spirituale non sono più in armonia. Che cosa significa  in questo caso rispettare la vita?  Io penso che il rispetto della vita di un essere umano debba consistere alla fine nel rispetto della sua vita spirituale,  della sua coscienza o libertà. Di fronte ai casi estremi di malattia, quando la disarmonia tra le forme vitali  diviene lacerante, vi sono esseri umani che intendono mantenere l’armonia tra corpo, psiche e spirito e quindi scelgono di piegare la psiche e lo spirito alle condizioni del corpo, accettandone la sofferenza. Per loro, tale sofferenza è una forma di partecipazione  responsabile alle sofferenze  del mondo e di tutto ciò che vive, emblematicamente compendiato per i cristiani nella passione di Cristo. Questi esseri umani intendono mantenere  fino in fondo l’armonia tra corpo,  psiche e spirito, sentono di avere le risorse interiori per farlo, e io ritengo  che vadano rispettati nel loro prezioso  proposito. Personalmente mi piacerebbe, quando toccherà a me, esserne parte, anche se non so se neavrò la forza e il coraggio, penso che molto dipenderà dalla malattia con la quale avrò a che fare.  Ci sono però altri esseri umani che non riescono, o non vogliono, mantenere  l’armonia tra la loro vita biologica,  la loro vita psichica e la loro vita spirituale.  Per loro la vita-bios diviene un tale carico di ansia, paure e sofferenze da risultare devastante per la salute psichica e spirituale. Che cosa significa  in questo caso rispettare la loro vita?  In che senso qui si deve applicare l’etica del rispetto della sacralità della vita? E che cosa è più sacro: la vita biologica  oppure la vita spirituale?  A mio avviso rispettare la vita di un essere umano significa in ultima analisi  rispettare la sua libera coscienza che si esprime nella libera autodeterminazione.  E se un essere umano ha liberamente scelto di mettere fine alla  sua vita-bios perché per lui o per lei l’esistenza è diventata una prigione e una tortura, chi veramente vuole il “suo” bene, chi veramente si dispone con vicinanza solidale alla sua situazione,  lo deve rispettare.  Questo sentimento di rispetto, se è veramente tale, deve tradursi in concreta  azione politica, nell’impegno a far sì che lo Stato dia a ciascuno la possibilità  di “vivere” la propria morte nel modo più conforme a come ha vissuto la propria vita, in modo tale che si possa scrivere l’ultima pagina del libro della propria vita con responsabilità  e dignità. Il diritto alla vita  è inalienabile, ma non si può tramutare  in un dovere. Nessun essere umano può essere costretto a continuare  a vivere.  Un’ultima parola a livello teologico.  Ha dichiarato Jorge Mario Bergoglio  dialogando con il rabbino di Buenos  Aires: “Occorre assicurare la qualità  della vita”. Io penso che non vi sia al riguardo assicurazione migliore della consapevolezza che le nostre volontà siano rispettate da tutti, Stato  e Chiesa compresi.

Se la cultura della legalità manca al governo

del rioBeppe Grillo nel suo blog ha segnalato che i due neoministri del PD, Del Rio e Zanonato, non possono ricoprire la carica di ministro in quanto sono sindaci rispettivamente di Reggio Emilia e di Padova (cittadine con popolazione superiore a 5.000 abitanti) e pertanto in virtù dell’art. 13 del D.L. 138/2011 sono incompatibili e devono dimettersi dalla carica di primo cittadino. Entrambi, pare abbiano dichiarato che sono disponibili a rinunciare allo stipendio da sindaco ma credo che ciò non basti né sia corretta! La cosa, infatti, non è di poco conto in quanto o Enrico Letta ed il suo staff non conoscevano la norma, oppure, pur conoscendola, hanno pensato bene di non ritenerla valida per loro, del che non so quale cosa sia peggio! Credo che in ogni altra parte del mondo cd. civilizzato questa cosa farebbe scattare dimissioni a raffica ed indignazioni senza neppure che vi fosse una norma di legge, in quanto, non si può ritenere che un ministro possa contemporaneamente continuare ad occupare due poltrone. In Italia, invece, abbiamo fatto una legge e ci prendiamo il gusto di violarla, solo che, in questo caso, a violarla è il governo stesso che dovrebbe essere il primo organo a rispettare le leggi. Credo che il significato di questa cosa sia più profondo ed abbia radici nella “incultura della legalità” nella quale siamo precipitati perché i principi costituzionali li abbiamo visti calpestare platealmente senza che nel paese si formasse alcun senso di indignazione. E’ inutile ricordare il Cavaliere che ha preteso che un parlamento intero ritenesse ruby  la nipote di mubarak, oppure le leggi personali ed oggi la violazione di leggi per interessi di governo. La cosa potrà sembrare non grave ma io credo che ogni popolo debba, per lo meno, pretendere che coloro che sono alle massime cariche dello Stato rispettino sempre e comunque le leggi a tutela dei cittadini. L’incompatibilità, prevista, infatti non è un capriccio ma è una garanzia per i cittadini che non possono tenere un sindaco di una città di 800.000 abitanti a mezzo servizio né gli altri cittadini, non residenti nella città del ministro, possano avere, anche il sia pur minimo sospetto, che nell’amministrazione di un ministero un ministro privilegi gli interessi della amministrazione cittadina di cui è il sindaco. L’unica spiegazione è che manca la cultura della legalità nel nostro paese e coloro che si sentono “potenti” hanno l’arroganza di calpestare le leggi che essi stessi hanno approvato e che valgono per tutti ma non per loro!
Incollo la norma che ho studiato verificando che i rinvii non prevedano deroghe al principio della incompatibilità sancito.
D.L. del 13.08.2011 n. 138
Art. 13
…..
3. Fermo restando quanto previsto dalla legge 20 luglio 2004, n.215, e successive modificazioni, le cariche di deputato e di senatore, nonche’ le cariche di governo di cui all’articolo 1, comma 2, della citata legge n. 215 del 2004, sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti, fermo restando quanto previsto dall’articolo 62 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le incompatibilita’ di cui al primo periodo si applicano a decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto. A decorrere dalla data di indizione delle relative elezioni successive alla data di entrata in vigore del presente decreto, le incompatibilita’ di cui al primo periodo si applicano, altresi’, alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, fermo restando quanto previsto dall’articolo 6, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni. Resta fermo in ogni caso il divieto di cumulo con ogni altro emolumento; fino al momento dell’esercizio dell’opzione, non spetta alcun trattamento per la carica sopraggiunta (3).

La politica dell’occupazione e del saccheggio

napolitano_giorgioPremetto che ho profondo rispetto per l’istituzione del Presidente della Repubblica ed ho ascoltato con attenzione il discorso di ieri (22.03.2013) all’atto del suo rinnovato insediamento. Come a tutti, mi ha colpito il forte richiamo e la critica pesante alle manchevolezze dei partiti presenti sulla scena politica nazionale che hanno svolto in sostanza un ruolo fine a loro stessi. Le parole del presidente sono state molto forti e più erano forti e più i parlamentari applaudivano quasi ad autoassolversi! Queste parole mi sono sembrate ancora più forti quando ho appreso la contemporanea notizia di altri due consiglieri regionali della Regione Campania, che hanno subito misure restrittive personali perché avrebbero usato, a scopi personali, i fondi economali messi a disposizione, in virtù della legge, per lo svolgimento delle attività politico/istituzionali. Il problema è che il politico si sente in diritto di poter fare qual che vuole e di dare una sua personale interpretazione del bene e dell’interesse pubblico, che spesso coincide con il suo bene ed interesse personale o di gruppi di persone. Spesso, infatti, chi si trova nelle istituzioni usa beni e denaro come se fossero propri, non percependo nel modo più assoluto che quei beni e quel denaro hanno una valore sacro e non possono essere distolti dalla loro funzione ed, invece, nei palazzi assistiamo a gente che, siccome eletta, va al saccheggio di stanze stampanti, computer ed attrezzatura di varia natura non avendo la percezione di cui dicevo. Con questo voglio dire che è nelle piccole cose che si manifesta l’animo distorto del politicante. Noi di Ricostruzione Democratica come gruppo conciliare del Comune di Napoli abbiamo cercato di percorrere la “pura via amministrativa”, facendo regolari richieste all’ufficio competente, rimaste senza esito, perché non seguite da nostri atti di materiale occupazione da legittimare successivamente così come hanno fatto gli altri (sic!). Siamo, quindi, rimasti, senza stanze né attrezzature occupando temporaneamente un piccolo ambiente con un computer e senza stampanti,  tanto che una volta ho detto al Presidente ed al Direttore Amministrativo deputato al servizio: “ma se il palazzo non è in grado di amministrare se stesso come potrà mai amministrare una città intera?” E’ avvilente e per questo, sempre per voler percorrere una via amministrativa, ho scritto al Direttore Generale ed al servizio ispettivo affinché si adottino anche i provvedimenti disciplinari del caso! Ritornando sul Presidente della Repubblica che lancia strali mi dispiace sentire da una persona parole così pesanti che però hanno alle spalle una esperienza credo distorta. Mi fa male, infatti, vedere il servizio della TV tedesca proprio su Napolitano, parlamentare europeo, che avrebbe intascato rimborsi per viaggi superiori a quelli effettivamente sostenuti, oppure apprendere che il figlio del Presidente, giulio napolitano, oltre ad essere professore ordinario ha anche un incarico (oppure l’ha avuto) presso la presidenza del consiglio dei ministri (giulio napolitano clikka). Come dicevo l’animo del “politico comune” è corrotto ed occorreranno anni di fatti per legittimare le parole.

Su Giorgio Napolitano interessante prospettiva di Giuseppe Aragno (clikka)

sullo stesso argomento:

uno schiaffo in faccia alla dignità dei cittadini (clikka)

maiali al pascolo (clikka)

trasparenza i fondi economali di napoli è tua (clikka)

Cesare Lombroso e la politica (clikka)

l’utopia della politica ed i costi dei politicanti (clikka)

la sacralità dell’interesse pubblico (clikka)

scandalo alla regione lazio una buona occasione per fare pulizia (clikka)

Dal Corriere del Mazzogiorno di oggi 23.04.2013

Ditte fantasma e un rapinatore fatturavano a due consiglieri

Due misure cautelari ad altrettanti esponenti del centrodestra, Sergio Nappi (arresti domiciliari) e Raffaele Sentiero (obbligo di dimora in Campania); entrambi sono accusati di truffa aggravata nell’ambito del filone sui fondi per la comunicazione. Tramite fatture false, ipotizza l’accusa, avevano indotto il Consiglio regionale a concedere rimborsi ai quali non avevano diritto, per un ammontare di circa 60.000 euro. Il caso dei due consiglieri di «Noi Sud» rilancia le polemiche sulla sopravvivenza del gruppo consiliare. Sergio Nappi avrebbe già aderito al gruppo federato Caldoro Presidente, mentre non è chiara la collocazione precisa di Raffaele Sentiero. E’ il coordinatore regionale di «Noi Sud», il senatore Antonio Milo a ribadire che entrambi non fanno più parte del partito.

Si estende l’inchiesta della Procura sulle erogazioni illegali di denaro ai consiglieri regionali. Ieri mattina gli uomini del Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno notificato due misure cautelari ad altrettanti esponenti del centrodestra, Sergio Nappi (arresti domiciliari) e Raffaele Sentiero (obbligo di dimora in Campania); entrambi sono accusati di truffa aggravata nell’ambito del filone sui fondi per la comunicazione. Tramite fatture false, ipotizza l’accusa, avevano indotto il Consiglio regionale a concedere rimborsi ai quali non avevano diritto, per un ammontare complessivo di circa 60.000 euro. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Roberto D’Auria su richiesta del pm Giancarlo Novelli, della sezione reati contro la pubblica amministrazione coordinata dall’aggiunto Francesco Greco. Il meccanismo della truffa è simile a quello attuato da altri consiglieri indagati nella stessa inchiesta: ai funzionari regionali incaricati di erogare i rimborsi venivano consegnate fatture emesse da ditte inesistenti o compiacenti, convinte a rilasciare i documenti in cambio di futuri appalti. Il caso più eclatante è quello di un pregiudicato per rapina e furto, tossicodipendente, che ha rilasciato a Sentiero una fattura da 7.800 euro. In cambio del favore, ha spiegato, ha ricevuto 50 o 100 euro, non ricorda bene. «Ho precedenti penali — ha dichiarato l’uomo, Salvatore B., agli uomini del colonnello Nicola Altiero — per rapina e furto. Sono stato tossicodipendente da eroina fino al 2006 ed ora sono in cura presso il Sert. Non sono mai stato un imprenditore e non ho mai avuto una ditta in quanto non ne ho le capacità nè la disponibilità economica». L’uomo sulla carta risultava amministratore unico della società Gi.Sca. che nel 2010 ha rilasciato la fattura al consigliere Raffaele Sentiero. I verbali sono contenuti nell’ordinanza cautelare. L’uomo ha anche spiegato di essere stato contattato da un ex poliziotto il quale, in cambio di 50 o 100 euro, gli chiese un documento d’identità e il codice fiscale. Lo scorso anno sia Salvatore B. sia il poliziotto furono arrestati su disposizione del gip di Padova: «Solo in quella occasione — ha chiarito il pregiudicato — ho appreso di essere il titolare di diverse società tra le quali ricordo Gi. Sca. Non ho mai svolto alcuna tipologia di attività per le società di cui risulto essere proprietario o amministratore. Ho la licenza della scuola elementare e non ho mai usato nè sono in grado di usare un computer, anche per le più semplici operazioni». Un altro caso singolare è quello della Lns Immobiliare, società che ha rilasciato diverse fatture ai consiglieri. Fino al 2010 era attiva nei settori della somministrazione di alimenti e bevande e dell’edilizia; pochi mesi dopo le elezioni regionali, però, ha modificato il proprio oggetto sociale, inserendo tra le attività anche quella della comunicazione istituzionale. La circostanza è sottolineata dal gip: «Troppo stringente il contesto temporale e la connessione con la vicenda delle fatture false in favore di Nappi e di Sentiero per non trarne un inequivocabile spunto in ordine alla spregiudicata personalità dei protagonisti della vicenda». Sentiero nei mesi scorsi ha chiesto al pm di essere interrogato e ha ammesso sì di avere esibito fatture false, ma ha sostenuto di avere impiegato il denaro così ricevuto dal Consiglio regionale per «spese di natura politica»: «Trovandomi alla prima esperienza in Consiglio regionale ho certamente sbagliato, nel senso che non ho ben applicato la procedura prevista per la destinazione e l’erogazione di questi fondi. Il denaro che mi è stato poi erogato, e forse anche di più, è stato da me effettivamente destinato a spese di natura politica». Nappi ha invece fatto pervenire ai giornalisti una nota a firma del suo avvocato, Annibale Schettino: «Nell’esprimere fiducia nell’azione della magistratura, Nappi è sereno nell’attesa del previsto interrogatorio di garanzia sicuro di chiarire la vicenda che lo vuole impegnato». Titti Beneduce

Lettera di Rodotà a Scalfari: “Sono e resto un uomo di Sinistra”

rodotàDa Repubblica Nazionale di oggi (22.04.2013) di STEFANO RODOTA’ lettera  a Scalfari da leggere


CARO direttore, non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l’articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all’interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice “non c’è problema “, non gira la testa dall’altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata concretamente a finire.

La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l’esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all’assassinio di Giovanni Falcone, l’esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l’immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d’uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato “imposto da Pannella”. Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l’infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.

Incostituzionale il Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l’esame del sangue di costituzionalità, dobbiamo partire dai partiti che saranno nell’imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha documentato Repubblica
nel corso di tanti anni sull’intrinseca e istituzionale incostituzionalità dell’agire dei diversi partiti berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con una legge elettorale viziata di incostituzionalità, come ci ha appena ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il confronto e la dialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e istituzionale che stiamo vivendo.

Peraltro, una analisi seria del modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione dell’iter che l’ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere come mai persone storicamente appartenenti all’area della sinistra italiana siano state snobbate dall’ultima sua incarnazione e abbiano, invece, sollecitato l’attenzione del Movimento 5Stelle. L’analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o anatemi.

Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito l’immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo rispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato, perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza, forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua distrazione con l’alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della Rete.

Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.

la rielezione di napolitano (clikka)

Facciamolo questo governo: Nuovo appello a Grillo

grilloRoberto Saviano, Michele Serra, Jovanotti, Roberto Benigni, don Luigi Ciotti, don Andrea Gallo, Oscar Farinetti, Carlo Petrini, Salvatore Settis e Barbara Spinelli hanno sottoscritto affinchè le forze politiche che nelle dalle ultime elezioni politiche hanno raccolto più voti si impegnino per dare al nostro Paese un “Governo di alto profilo“.

Ecco il testo:

Mai, dal dopoguerra a oggi, il Parlamento italiano è stato così profondamente rinnovato dal voto popolare. Per la prima volta i giovani e le donne sono parte cospicua delle due Camere. Per la prima volta ci sono i numeri per dare corpo a un cambiamento sempre invocato, mai realizzato. Sarebbe grave e triste che questa occasione venisse tradita, soprattutto in presenza di una crisi economica e sociale gravissima.
Noi chiediamo, nel nome della volontà popolare sortita dal voto del 24-25 Febbraio, che questa speranza di cambiamento non venga travolta da interessi di partito, calcoli di vertice, chiusure settarie, diffidenze, personalismi. Lo chiediamo gentilmente, ma ad alta voce, senza avere alcun titolo istituzionale o politico per farlo, ma nella coscienza di interpretare il pensiero e le aspettative di una maggioranza vera, reale di italiani. Questa maggioranza, fatta di cittadine e cittadini elettori che vogliono voltare pagina dopo vent’anni di scandali, di malapolitica, di sperperi, di prepotenze, di illegalità, di discredito dell’Italia nel mondo, chiede ai suoi rappresentanti eletti in Parlamento, ai loro leader e ai loro portavoce, di impegnarsi fino allo stremo per riuscire a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento.

Ecco cosa aggiunge Jovanotti sul suo profilo FB: “Capisco che in molti non ne possano più di firmare appelli che poi finiscono nel vuoto di una politica lontana dalla realtà. Lo capisco bene e sono il primo ad avvertire quella sensazione di nausea ma quella sensazione va combattuta, perchè fa solo male.
Io non mi riconosco in nessuna definizione che mi voglia stringere in un angolo. Sono un uomo libero, non faccio parte di nessuna “corporazione” o chiamatela come vi pare, vorrei che il mio paese ritrovasse energia e slancio e i segnali perchè questo possa accadere sono nel fermento che c’è a tutti i livelli. La differenza delle idee e delle proposte è una ricchezza, non un problema. Ho firmato questa lettera perchè mi piacerebbe vedere che questo ribollire di idee, di parole, di proposte, di rabbia, di passioni, fosse la base per qualcosa di veramente nuovo e serio. E’ un tentativo da fare. E’ una strada lunga, immagino, ma bisogna partire, e questa lettera è un modo per dire “ok, facciamo qualcosa, decidete qualcosa, voi che siete stati eletti, voi tutti che siete stati eletti a rappresentarci”.
Almeno provarci. 

http://temi.repubblica.it/repubblica-appelli/?action=vediappello&idappello=391294&ref=HRER1-1

La rabbia in politica. La speranza nei Giovani

gDLa vittoria di Grillo ha portato per la prima volta tutta la rabbia ed il rancore dei cittadini direttamente in parlamento. Grillo continua a chiamare i partiti esistenti morti, cadaveri, fantasmi etc…. I partiti che hanno maciullato ogni sensibilità politica e la sinistra non se n’è neppure accorta. Prima delle primarie aleggiava un senso di   paura tra i partiti, poi, visto il risultato delle primarie ed in attesa delle parlamentarie si è fatto largo un altro pensiero: é venuto il momento di piazzare gli amici, i parenti ed i dirigenti di partito, altro che società civile, qua contano le tessere annacquate con qualche nome famoso, qualche magistrato, qualche giornalista … vai che vince la coalizione del centrosx ed entriamo tutti in parlamento col premio di maggioranza! Oggi mi fa ridere la condizione di quei consiglieri regionali o provinciali che dovranno scegliere se farsi sei mesi di parlamento o rimanere nei loro consigli. Ovviamente la scelta non sarà politica ma un calcolo sulla somma delle indennità! Eppure la previsione l’avevamo fatta ed è strano che non l’avessero fatta anche loro. Bastava vedere i gazebo per strada occupati da persone che avrebbero dovuto fare propaganda che quasi si vergognavano di proporre le idee dei loro partiti. Il guaio è che la rabbia non si è ancora calmata non ha trovato uno sfogo conclusivo nel voto, perché Grillo tiene alta la tensione continua a sfidare tutti compreso il capo dello stato. Come se ne esce ? Spero che si trovi una soluzione che possa essere una vera mazzata ai partiti una vera soluzione finale che arrivi dai giovani e da quelli che non hanno mai contato nel partito perché troppo indipendenti! Occorre che si inneschi nella coalizione di centrosinistra un processo di rinnovamento radicale. Nel PD si sta facendo strada un nuovo percorso, qualcuno sta dicendo rinunciamo anche noi ai rimborsi elettorali. Bene, se il PD vuole, oggi è il momento di dare la prova.  Mi piacerebbe, infatti, vedere i Giovani Democratici che non hanno mai visto un soldo di questi rimborsi pretendere dai vertici che il Partito vi rinuncino, che pretendano un nuovo assetto dei vertici occupandoli loro, che dicano chiaramente carissimi Da Lema, Veltroni, Bindi, Finocchiaro etc etc.. ANDATE A CASA senza il rischio di essere commissariati! Ormai il muro è caduto e non è il caso di essere teneri, il cadavere si potrebbe rianimare e questi hanno dato prova di non volere alcun ricambio, di non volere nessuno dietro di loro, hanno sempre avuto paura della formazione di una nuova classe dirigente per mantenere il monopolio! L’unica strada è il ricambio forzato … lo capiranno i giovani democratici o sono tutti vecchi?

Assunzione a tempo indeterminato di due medici al senato con bando nascosto!

UnknownUnknown1Qualche giorno fa e prima che scadesse il concorso sollecitavo la partecipazione al bando del Senato per l’assunzione di medici ed infermieri (Bando assunzione clikka) oggi  (20.01.2013) leggo su “la repubblica” che oltre al bando di cui sopra ce n’era un altro (tenuto nascosto e pubblicato solo sulla bacheca del senato) per due medici a tempo indeterminato che lascia molto perplessi in quanto sarebbe cucito su due medici “amici” del Presidente Schifani e del Vicepresidente Calderoli (che spero non verranno rieletti). Ora sarebbe necessario, essendo il bando scaduto, sapere quanti hanno partecipato al concorso. Ecco i particolari:

“Si tratta, come si legge nel bando, dell’assunzione a tempo indeterminato di due medici «per la struttura dei Presidi sanitari del Senato» il cui organico, attualmente, è composto da un solo dipendente, il “medico anziano” Federico Marini. Il bando per triplicare la pianta organica dei dipendenti sanitari è rimasto stranamente “segreto”, affisso solamente in una bacheca interna. E non si sa perché non è stato pubblicato sul sito online. Dove, invece, è stato pubblicizzato un concorso per l’ampliamento degli elenchi dei medici esterni. Quelli, in sostanza, che collaborano come consulenti dei presidi sanitari, ma costano solo se vengono chiamati. Se non sono chiamati, non c’è alcun costo per il Senato.

Ma a rendere davvero singolare la questione è la particolarità di due “requisiti”, il “d” e l’“e”, che vengono richiesti per accedere all’assunzione a tempo indeterminato:

Nel primo caso, bisogna avere la specialità in cardiologia o medicina interna, guarda caso proprio quelle in possesso dei due specialisti che curano presidente e vicepresidente (leghista) del Senato. Nel secondo, si legge testuale, occorre «avere effettuato turni presso l’Ambulatorio della Struttura dei Presidi sanitari del Senato dal primo giugno 2010». Guarda caso proprio da quando lavorano quei due specialisti. Il bando che andrà a triplicare in modo definitivo la pianta organica della struttura sanitaria del Senato è scaduto nei giorni scorsi, a circa un mese dalle prossime elezioni”.

Liste e listarelle: La fragilità del nostro sistema politico

elezioni-voto_650x447

219 loghi di altrettanti partiti, liste e listarelle di persone che si candidano alla guida del paese con nomi strampalati: “basta tasse”, “potere ai cittadini”, “liberi da equitalia” etc …. tra l’altro una fila per il deposito dei loghi al Viminale che ha del ridicolo ed è indegna per un paese civile. Oggi (14.01.2013), inoltre, leggo su La Repubblica che ci sarebbe una manovra di berlusconi che avrebbe incentivato la proliferazione delle liste a lui collegate (circa 13) in ragione di uno studio fatto dai suoi “esperti” in materia elettorale. Il disgusto è veramente tanto, non riesco a capire come sia possibile che si consenta un tale oltraggio alla intelligenza dei Cittadini Italiani che si vedono una sfilza di 219 simboli che non contribuiranno certo a fare chiarezza. Liste che non hanno alle spalle nessun ragionamento politico! Una vera e propria presa per i fondelli con un  sistema maggioritario che avrebbe dovuto contribuire a creare due/tre blocchi o filoni di pensiero politico. Queste elezioni dovrebbero dare una stoccata al vecchio ed invece vedo che sarà difficile evitare la restaurazione della monarchia partitica dei soliti noti tranne qualche eccezione forse. I candidati, inoltre, salvo rare eccezioni sono esentati da qualsivoglia campagna elettorale e pur volendomi documentare neppure riuscirei a capire quali saranno i meriti di coloro che aspirano a sedere nel cd. tempio della democrazia. Questi, non li vedevi prima per strada né li vedi oggi che dovrebbero forse venirti a chieder il voto!! Politica dagli effetti speciali dove a bella mostra si espongono campioni dello sport o giornalisti, le soubrette pare non vadano più tanto di moda dopo la minetti e le olgettine. Ma saranno in grado queste persone di leggere un disegno di legge o di redigerlo, o di discutere di temi importanti per il nostro paese? Saranno in grado di capire dove stiamo andando? Sapranno capire che la crisi economica che stiamo vivendo oggi ci pone il problema delle esternalizzazioni sfrenate negli enti locali che saranno ridotti a fare i soli certificati di residenza? Sapranno queste persone discutere della necessità che il pubblico sia efficiente e che la eliminazione degli sprechi potrebbe farci pensare che lo sfruttamento delle risorse pubbliche fatto dal pubblico è una maggiore garanzia di redistribuzione? Io in tutte le cd. privatizzazioni ci ho visto solo ed esclusivamente un ottimo affare per gli amici degli amici e non per i cittadini. Mi farebbe piacere conoscere i campioni messi in lista per capire se con questi forse non sia più indicato farci una partita di calcetto piuttosto che un ragionamento politico. Venti anni di politica/spettacolo sono difficile da estirpare e gli effetti speciali sono diventati una specialità dei partiti che dismettendo il loro principale compito di formazione ed informazione sono diventati veri e propri centri di produzione cinematografica dove la fantasia di Cetto la qualunque diventa realtà

Bagnoli Restituiamo l’Area NATO alla Città

imagesQualche settimana fa mi è capitato di trattare la questione dell’area NATO e della Fondazione Banco Napoli per l’Assistenza all’infanzia (clikka) e di alcune cose da chiarire nella gestione affidata ad un commissario nominato dalla Regione Campania nel 2004, per gravi fatti che colpirono il consiglio di amministrazione, rinnovato nel 2007 per un anno (clikka per leggere la delibera) ad oggi, per le stranezze del nostro modi assurdo di pensare,  ancora in carica. Lo statuto a dire il vero prevede che la gestione sia affidata ad un consiglio di amministrazione nominato composto da nove membri di cui due dalla Regione, uno dal Comune, uno dal Presidente della Conferenza episcopale della Campania, uno dal Presidente del Tribunale dei Minori di Napoli, uno dal Presidente del Banco di Napoli e tre dal consiglio dai amministrazione uscente tra i suoi componenti. Ebbene dal 2004 a fronte di nove consiglieri di amministrazione c’è un unico commissario straordinario (direi dai poteri straordinari) la Dott.ssa Lidia Genovese che a suo tempo fu nominata da Bassolino. Non discuto sulle capacità del commissario straordinario e dico subito che sono molto perplesso per il meccanismo di nomina del Consiglio di Amministrazione, ma sono fermamente convinto che oggi con il trasferimento della NATO e la “liberazione” del Collegio Ciano occorra fare molta attenzione per l’importanza strategica dell’intera area. Il Commissario dai poteri straordinario ha, infatti, emesso in data 03.01.2013 una delibera con la quale sollecita una manifestazione di interesse (per leggerla e capire di cosa si sta parlando clikka)  da parte di privati o soggetti pubblici in mancanza di destinazione ad uffici regionali da parte della Regione. Ora è chiaro che l’area è molto appetibili e consta di aree scoperte, di edifici, di strutture sportive ed una piscina olimpionica che credo vadano destinate alla Città senza mezzi termini. Non credo che ci possiamo, infatti, permettere di perdere il controllo su quell’area che potrebbe essere un ulteriore tassello che si inserisce nella più ampia area di sviluppo di Fuorigrotta e Bagnoli e non credo, infine, che in questo momento di passaggio così importante a dirigere le operazioni sia una persona sola al comando nominata al tempo di Bassolino!

Derivati: per costruire il futuro occorre memoria

bassolino

Oggi (20.12.2012) leggo l’articolo su corsera di una grossa truffa, accertata in primo grado dal Tribunale di Milano, fatta ai danni del Comune di Milano da un gruppo di banche che hanno rifilato “derivati” all’amministrazione provocando un danno enorme alle casse comunali. Tra i manager della UBS coinvolti figura anche Gaetano Bassolino (figlio di Antonio) di cui si occupò qualche anno fa (sembra un secolo) anche una puntata di REPORT (CLIKKA CLIKKA clikka report2007), per un caso simile al Comune di Napoli, nella quale fu intervistato l’assessore al bilancio dell’epoca Cardillo che tra sorrisi e risatine (vado a memoria) dichiarò quasi che ne sapeva poco dello strumento finanziario. La riflessione che faccio oggi è che non dobbiamo dimenticare il passato. Sento palpabile intorno a me che la critica all’attuale amministrazione cittadina spesso è subdolamente fatta per riabilitare il “vecchio” di cui in Napoletani hanno voluto disfarsi con le elezioni del 2011. Sento, pertanto, il dovere di fare appello alla memoria affinché i cittadini riflettano su ciò che è accaduto e non cadano negli stessi errori. Peraltro spesso al Comune abbiamo all’ordine del giorno da ratificare decisioni prese dalla passata amministrazione che sento ancora incombente sul comune, che che ne dicano gli altri (vedi  il caso: Piazza Garibaldi, quello di Bagnoli Futura, quello del CAAN etc). Credo che la crisi che stiamo vivendo e che sento palpabile intorno a me ci deve spingere ad essere più attenti verso la politica poiché (come ha ben rappresentato Benigni l’altra sera) se noi non ci interessiamo della politica possiamo ben essere certi che la politica si interessa di noi quando decide di fare ZTL, IMU, TARSU, BUCHE PER STRADA, MOBILITA’, ASILI, SCUOLE ELEMENTARI, SICUREZZA, GIUSTIZIA, LAVORO, SVILUPPO, AGRICOLTURA, INDUSTRIA …..

MILANO — Un anno senza poter fare affari con la Pubblica Amministrazione, 89 milioni di confisca del profitto lucrato nel 2005 ai danni del Comune di Milano, 1 milione a testa di sanzione pecuniaria, 50.000 euro di risarcimento ai consumatori dell’Adusbef, e 9 banchieri condannati per truffa a pene fra i 6 e gli 8 mesi: a 7 anni dal bond trentennale da 1,6 miliardi di euro emesso dall’allora giunta del sindaco pdl Gabriele Albertini per «ristrutturare» al 2035 i debiti con 4 banche estere, è il saldo che la sentenza di primo grado del giudice Oscar Magi accolla alle tedesche Deutsche e Depfa Bank, all’americana Jp Morgan e alla svizzera Ubs.
«L’Italia è stata terra di scorribande, è una sentenza storica», commenta il pm Alfredo Robledo, preceduto in novembre solo da una class action in Australia di 13 Comuni contro la banca olandese Abn Amro e l’agenzia Standard and Poor’s. Se le banche sono le truffatrici, per la sentenza il truffato è il Comune del 2005 (Albertini) e del 2007 (Letizia Moratti) che, certo senza fare una gran figura politica in termini di competenza, vede quindi assolvere dalla truffa, «per carenza dell’elemento soggettivo», l’ex direttore generale Giorgio Porta, ex assessore al Bilancio nella prima giunta Albertini, e Mario Mauri, compagno di liceo di Albertini e suo consulente economico. «Una sentenza che rimette a fuoco i ruoli, quasi un risarcimento morale per Porta», commenta il difensore Nadia Alecci, mentre le banche, «deluse dalla sentenza», annunciano tutte appello contro un verdetto che condanna anche i manager di Ubs Gaetano Bassolino (7 mesi al figlio dell’ex presidente della Campania), Matteo Stassano e Alessandro Foti (6 mesi); Tommaso Zibordi (7 mesi e 15 giorni) e Carlo Arosio (6 mesi e 15 giorni) di Deutsche Bank; Antonia Creanza (8 mesi e 15 giorni) e Fulvio Molvetti (6 mesi e 15 giorni) di JP Morgan (dove sono invece assolti Simone Rondelli e Francesco Rossi Ferrini); Marco Santarcangelo (8 mesi e 15 giorni) e William Francis Marrone (6 mesi e 15) di Depfa. Di rilievo, perché a sorpresa, il fatto che per una teste dell’accusa, Angela Casiraghi, ex direttore finanziario del Comune e ora alla Cassa Depositi e Prestiti, il giudice abbia trasmesso gli atti al pm per l’ipotesi di falsa testimonianza.
Sulla doppia casacca delle banche, un po’ consulenti e un po’ controparti del Comune, le difese avevano sfoderato un parere del professore Guido Rossi, possibilista a patto che il conflitto di interessi venga dichiarato: «Leggo — ha ribattuto il pm in requisitoria — un parere a firma Guido Rossi, dove si dice che non c’è nessuna difficoltà ad essere controparti e advisor. Dico “a firma di Guido Rossi” perché non credo che sia lo stesso Guido Rossi che scrive di etica poi sui giornali… quantomeno lì bisognava aggiungere che il conflitto di interessi delle banche andava esplicitato».
Le banche avrebbero violato la legge 448 del 2001 che ammette il ricorso a queste rischiose operazioni (vietate agli enti locali dal 2008) solo se riducono il valore finanziario delle passività totali a carico dell’ente. Inoltre il rapporto banche-Comune («smontato» dai consulenti Fusai, Tasca e Corielli anche con l’indicazione di un errore nel quale sarebbe invece caduto un esperto di Banca d’Italia) avrebbe incorporato in partenza uno squilibrio implicito tra i due contraenti, e cioè decine di milioni di perdita finanziaria per il Comune e di corrispondente profitto per le banche, che lo inserirono nel conto patrimoniale. In violazione della legge inglese «Fsa» che avevano voluto regolasse i contratti con il Comune, le banche avrebbero anche manovrato «per spingerlo a suicidarsi», secondo la colorita espressione del pm, cioè a rinunciare (senza avvedersene) a preziose protezioni contrattuali di cui avrebbe dovuto godere quale ente pubblico territoriale «cliente intermedio».
Quest’anno la giunta Pisapia (rinunciando a costituirsi in giudizio) e le banche (pur senza ammissione di responsabilità) hanno raggiunto un accordo extragiudiziale che ha fatto contabilizzare al Comune entrate per 450 milioni, più 250 di flussi di interessi attivi nei prossimi 23 anni. E il verdetto ora si allunga su tante banche per i contratti di finanza «derivata» dal valore di 9,5 miliardi di euro che, dopo il caso-pilota di Milano, sono finiti nel mirino in 7 Regioni, 2 Province e 38 Comuni.
Luigi Ferrarella

Primarie del PD all’insegna del rinnovamento? Non se ne parla proprio!

iervolino

Per come si sta profilando lo scenario delle politiche non si capisce nulla, ma una cosa è certa queste prossime politiche se non vogliamo regalare il paese a Grillo (che pure è una scelta) bisogna guardare con attenzione alla composizione delle liste. Il PD dalle primarie è uscito rafforzato ed adesso vanno tutti all’attacco. Si ricompongono i BIG stantii ed ammuffiti. I candidati spero abbiano caratteristiche assolutamente indipendenti da ciò che hanno rappresentato le amministrazioni di sinistra passate e crollate innanzi alle note primarie scandalo a sindaco di napoli ed al commissariamento del partito. Mi rifiuto però di pensare che il cambiamento possa passare per la nomenclatura che nella sua spina dorsale ha un cancro da estirpare. Il nuovo che, sono consapevole, non è sempre meglio del vecchio non si vede neppure all’orizzonte. I corazzieri del PD si stanno assestando nelle prime file. Cercare di condizionare questo scenario è un impresa da titani ed occorre una forza popolare consistente per poter convincere i vertici a cambiare rotta perché quella intrapresa è quella della costaconcordia e di questo passo non mi meraviglierei se tra i candidati del PD fosse incluso anche il comandante Schettino.

Da Il Mattono di oggi 16.12.2012

Adolfo Pappalardo
Il regolamento per le primarie dovrebbe ufficializzarlo solo domani sera a Roma, dopo la riunione, in mattinata, con i segretari regionali. Ma la corsa è già iniziata. Come? Con la raccolta delle firme necessarie a scendere in campo. Il 29 e 30 dicembre quasi sicuramente. Firme e incompatibilità per evitare un eccessivo affollamento di chi vuole cimentarsi: perché sarebbe impensabile che gli elettori di centrosinistra (quelli già iscritti alle primarie nazionali) si trovino a dover scegliere tra una rosa di oltre un centinaio di nomi. Troppi. E, quindi, sono allo studio due paletti: le firme e le incandidabilità. Allo studio infatti è prevista una soglia abbastanza alta per poter scendere in campo: il 3 o anche il 5 per cento degli iscritti democrat della circoscrizione di Camera o Senato. Cinquecento firme all’incirca per gli aspiranti onorevoli napoletani. E alcuni stanno già iniziando a raccoglierle. Ma chi può scendere in campo? In teoria tutti ma per circoscrivere ancora di più il campo dovrebbe essere prevista una sorta di incandidabilità alla selezione per chi attualmente ricopre la carica di sindaco, consigliere regionale o europarlamentare. Deroghe sì ma a deciderle sarà direttamente la direzione nazionale del partito. Norme ancora da limare e mettere nero su bianco ma necessarie per evitare di dover stampare schede con un centinaio di nomi per collegio (Senato, Campania 1 e Campania 2). L’obiettivo è quello di arrivare a non più di 70 nomi su cui l’elettore democrat della circoscrizione esprimerà una preferenza (ancora allo studio se potrà metterne due ma per forza uomo-donna).
Da qui la composizione della scheda per le politiche che, escluso un cappello che sarà prerogativa del segretario nazionale, sarà composta, a scalare, da chi sarà riuscito a guadagnare più preferenze. Che poi non sarà certo una passeggiata: nel napoletano gli aspiranti onorevoli potranno contare sui poco più di 90mila elettori delle primarie del 2 dicembre. Gara aperta tra uscenti che scalpitano e aspiranti nuovi parlamentari. Partendo da quest’ultimi sono diversi. Oltre agli ex sindaci Cuomo e Iervolino (dimissionari proprio per scendere in campo) c’è una pattuglia di ben 4 consiglieri regionali: il capogruppo Del Basso De Caro (appena passato dall’area dem a quella di Letta), l’ex Russo, D’Amelio, Amato e Caputo. Per un posto in lista ci sono anche Ciro Cacciola, presidente del comitato Bersani, e Massimo Paolucci, l’ex sub commissario per i rifiuti, dato nelle ultime ore come attivissimo per guadagnarsi un posto al sole. Mentre i renziani si vedranno domani sera per discutere il o i nomi da mettere in campo. Si ragiona su un volto nuovo (magari una donna) e non usurato o altrimenti il passo potrebbe farlo Alfredo Mazzei, capo del comitato del sindaco di Firenze ed ex tesoriere pd.
Intanto, come annunciato da tempo, i democratici campani guadagnano altri due consiglieri regionali. Sono gli ex dipietristi Nicola Marrazzo ed Eduardo Giordano approdati per ora con i moderati-pd di Giacomo Portas.

Il regalo di natale della Regione Campania al Cardinale

sepe_blog-150x150Oggi (11.12.2012) il mattino riporta la notizia che è stata varata una legge dalla Regione Campania con la quale si finanziano le attività oratoriali del nostro Cardinale stanziando ben 2.500.000 euro mediante un aumento del bollo auto del 10%. Non dico che ciò sia sbagliato ma credo che le necessità se le volessimo cercare ce ne sarebbero (e come!) nella stessa casa dei cattolici. Abbiamo, infatti, di recente affrontato in consiglio comunale il nodo tragico dei semiconvitti che svolgono sul territorio una funzione anche importante di sostegno al disagio ed all’istruzione giovanile. Qualche settimana fa, infatti, per la grave crisi del comune ho assistito alla mortificante scena di due suore che si sono incatenate ad un palo davanti Palazzo San Giacomo, perché i semiconvitti dalle stesse gestite vantano crediti nei confronti del comune che non sono stati onorati gettandoli nella condizione di essere a rischio di chiusura buttando in mezzo alla strada i minori che sono presso di loro alloggiati. In Consiglio Comunale abbiamo anche approvato un ordine del giorno che tiene conto della particolare attività svolta da queste strutture per cercare di verificare la possibilità di erogare i pagamenti in anticipo e non secondo l’ordine cronologico che ha tempi di oltre quattro anni. Ebbene mi sarebbe piaciuto se la Regione avesse meglio meditato questo suo atto di liberalità che, peraltro, ricorre ogni anno più o meno nello stesso periodo. Riporto, infatti, in calce all’articolo  de Il mattino, che vale la pena leggere (non fosse altro per la gara che c’è stata tra i consiglieri regionali), due mie considerazioni fatte su analogo finanziamento (2.700.000 €) e sul quale ci fu anche un interessante dibattito. Ciò perché credo sia utile non perdere la memoria delle cose che ci accadono e per capire dove i nostri rappresentanti ci portano visto che tra poco si andrà a rivotare!

Da il Mattino di oggi 11.12.2012 Paolo Mainiero
Era dicembre del 2008 quando al cardinale Sepe, in visita in consiglio regionale, fu promessa una legge per gli oratori. Ieri, dopo ben quattro anni, l’aula ha tenuto fede a quell’impegno approvando all’unanimità il testo che riconosce la funzione sociale degli oratori. La legge stanzia 2 milioni e 500mila euro recuperati dall’aumento del 10 per cento del bollo auto stabilito dalla scorsa finanziaria. Dal prossimo anno la legge sarà invece finanziata con i risparmi ricavati dal taglio dei costi della politica.
Sei gli articoli di una legge sollecitata da Sepe e attesa dalle parrocchie. «È il più bel regalo di Natale per il cardinale», commenta Pasquale Sommese che promosse la legge nella scorsa legislatura da consigliere e l’ha riproposta oggi da assessore. I finanziamenti potranno essere utilizzati per l’acquisto di attrezzature didattiche e di arredamento pari al 50 per cento del valore dell’investimento complessivo che non deve superare i 25mila euro. Sarà sostenuta finanziariamente anche la formazione degli operatori che lavorano negli oratori e nei laboratori formativi delle parrocchie e delle diocesi, anche in questo caso nel limite del 50 per cento della spesa. Le risorse inoltre saranno destinate, sempre nella misura del 50 per cento della spesa, a iniziative sperimentali e di ricerca di nuove metodiche di intervento anche attraverso progetti tra le diocesi. Infine verranno finanziate, fino al limite di 30mila euro, iniziative per le attività ricreative, educative e formative. Un 50 per cento dei fondi sarà erogato in base alla popolazione minorile del territorio; l’altro 50 sul numero di parrocchie e oratori. I progetti saranno valutati da un Comitato tecnico-scientifico formato da sette componenti e presieduto dall’assessore regionale alle Politiche sociali. Per la presentazione di domande e progetti sarà pubblicato un apposito bando annuale.
Da destra a sinistra, i partiti trasudano soddisfazione e c’è da chiedersi il perchè, se tutti erano d’accordo, ci siano voluti quattro anni per approvare la legge. «Era una legge attesa – dice il governatore Caldoro – che dà possibilità di risposta alle attività delle parrocchie che svolgono funzioni di carattere sociale». Il presidente del consiglio Paolo Romano aveva assicurato che la legge sarebbe stata approvata entro il 31 dicembre. «Abbiamo mantenuto la promessa e ringraziamo Sepe – dice – per la potente azione di stimolo». Per Carmine Mocerino (Udc) «il consiglio regionale ha scritto una pagina di buona politica» mentre Rosetta D’Amelio (Pd) chiede che si vada oltre e «si rifinanzi il Fondo per l’assistenza sociale perchè la situazione in Campania è drammatica». Luciano Schifone (Pdl) sottolinea «il grande valore educativo che da sempre esercitano gli oratori». 
Nella stessa seduta di ieri il consiglio ha approvato anche la legge per la cooperazione, pure molto attesa perchè se ne riconosce, per la prima volta, il ruolo nell’economia regionale. La legge introduce norme in tema di occupazione dei giovani, delle donne e delle categorie svantaggiate, istituisce la Consulta regionale a sostegno della cooperazione, prevede la concertazione in settori che, ad esempio l’agricoltura, non hanno potuto partecipare ai tavoli e concorrere alla definizione delle politiche agricole. «Il voto di oggi – dice il consigliere del Pd Antonio Marciano – è importante perchè colma un vuoto legislativo ed è significativo che venga approvato in questo periodo di forte crisi economica». «La legge – interviene Pietro Foglia, presidente della commissione Agricoltura – potrà dare un contributo reale all’emergenza occupazionale».

Queste due riflessioni su quanto scrivevo sull’argomento l’anno scorso:

Inviato: venerdì 16 settembre 2011 16:14 A: neapolisagoghe@googlegroups.com Oggetto: dove vanno i nostri soldi

Il leitmotiv al Comune di Napoli, così come negli altri Comuni d’Italia, è che non ci sono soldi. Il 15 settembre scorso a Napoli si è tenuto un consiglio comunale sulla manovra finanziaria ed è stato uno stillicidio di numeri e percentuali, assolutamente avvilente. Questa estate si è parlato molto dei sacrifici che gli italiani devono fare e sulle cronache hanno avuto risalto sia i privilegi della casta politica sia i privilegi di cui gode la chiesa cattolica. Sono profondamente convinto che fare un regalo alla chiesa non significa accontentare i milioni di credenti, ma semplicemente ingraziarsi la benevolenza della casta del clero, in ossequio ad un vecchio modo di fare politica che non tiene conto del fatto che oggi le informazioni passano rapidamente e, quindi, giungono anche alle orecchie di quelli che dovrebbero essere i soggetti su cui la casta beneficiata, dovrebbe avere un ascendente. Per le politiche giovanili, lo sport e le politiche sociali, il Comune di Napoli, senza tema di smentita, è in enorme sofferenza per i tagli ricevuti, mentre la Regione Campania, in questi giorni di lacrime e sangue, stipula con l’Arcidiocesi di Napoli, il 5 settembre scorso, un protocollo di intesa in virtù del quale, assegna al nostro cardinale, per le attività oratoriali (sportive, culturali, sociali ecc..), la somma di €. 2.730.000,00 con determina dirigenziale n. 58 del medesimo giorno. La cosa mi lascia assolutamente perplesso, in quanto, la Regione evidentemente ha scelto quale sua amministrazione di riferimento nell’azione sul territorio un soggetto privato anziché il Comune, che per la sua funzione e per le sue precipue caratteristiche di ente locale, garantisce una maggiore affidabilità ed una migliore distribuzione dei servizi, tenuto conto del fatto che molto probabilmente alle attività che sicuramente saranno svolte dall’Arcidiocesi di Napoli non parteciperanno coloro che hanno un diverso credo religioso o semplicemente, pur essendo cattolici, non partecipano alle attività ricreative degli oratori In un momento di crisi come questo credo che i cittadini, ai quali si chiede uno sforzo economico/sociale intenso, abbiano il diritto di sapere verso quale direzione si muove l’amministrazione regionale che taglia servizi pubblici essenziali, come i trasporti, destinando importanti somme verso altre direzioni.
cari saluti
gennaro

Data: 28/10/2011 23.57
Ogg: presepe

Si approssima il natale e qualche giorno fa ho incontrato un’amica che fa parte della associazione presepistica napoletana, per intenderci l’associazione che ogni anno a natale nella sala valeriana, androne scuola media ugo foscolo di piazza del gesù, espone una collezione di presepi napoletani molto belli e che attirano ogni anno molti turisti e cittadini. Bene quest’anno mi è stato spiegato che la sala valeriana, gestita dalla parrocchia del Gesù Nuovo, non sarà disponibile per l’esposizione dei presepi poiché occupata. Se si passa da piazza del gesù si nota che è stato apposto un telo con su scritto associazione culturale gestita, credo, dalla stessa chiesa del Gesù. Ebbene, qualche settimana fa già ebbi a denunciare che la nostra regione in virtù di un protocollo di intesa, tanto per iniziare, ha dato al Cardinale Sepe per attività oratoriali, la somma di €. 2.700.000,00. All’epoca commentai che la Regione, per le politiche sociali, preferisce come interlocutore la Curia anzicché il Comune di Napoli. Oggi mi sento ancora più deluso poiché mi sembrerebbe che la chiesa del gesù di fatto ha sfrattato decine di rappresentazioni della natività. E’ come se avessimo fatto un salto nel passato di duemila anni fa solo che questa volta a cercare rifugio non è solo la sacra familia ma tutta la rappresentazione compresi i re magi, la stella cometa il bue e l’asinello.
cari saluti e prepariamoci per il natale se le premesse sono queste.
Gennaro

Spiagge libere: la lobby degli “spiaggisti”

spiagge

Questa cosa delle concessioni delle spiagge pubbliche è una delle cose che mi ha sempre reso nervoso. Fin da ragazzo mi sono sempre preso delle questioni con i vari titolari dei cd. lidi. Oggi leggo che anche il Governo dei tecnici, quello che taglia tutto con la sciabola, ha chinato la testa nonostante sia in vigore una direttiva europea la bolkestein che impone agli stati membri di mettere a bando le concessioni delle spiagge. La lobby degli “spiaggisti” sfruttatori del bene pubblico ha vinto ancora una volta! Qualche tempo fa seguii un servizio di Report dal quale emergeva la assoluta esiguità dei canoni pagati a fronte di strutture da spiaggia che finivano per fare concorrenza anche ai migliori ristoranti. Il cd. chioschetto trasformato in megaristorane o comunque in una attività di ristorazione che finisce per lavorare anche tutto l’anno. Dalle parti nostre basta andare a Posillipo o nella zona di Baia/Bacoli. Se non riusciamo a  spazzare questi privilegi assolutamente ingiustificati non ne usciremo. La foto di questo post invece dimostra come in Grecia convive sulla stessa spiaggia il concessionario ed il libero cittadino che liberamente conficca il suo ombrellone anche davanti a quelli del lido senza dover chiedere nulla a nessuno. Per inciso due lettini ed un ombrellone l’estate scorsa ad agosto in Grecia costavano 6 euro.

da il mattino di oggi 05.12.2012

Luca Cifoni

Roma. Cinque anni in più per le concessioni degli stabilimenti balneari: sono molti meno di trenta, ma comunque rappresentano una proroga, che il governo non avrebbe voluto e invece la commissione Industria del Senato ha approvato. Con questo piccolo smacco per l’esecutivo il decreto sviluppo ha incassato il primo via libera dopo una maratona notturna e ora passerà all’aula di Palazzo Madama, dove verrà posta la questione di fiducia con il relativo maxi-emendamento interamente sostitutivo. Per il governo, se vorrà sfidare la prassi modificando quanto deciso in commissione, sarà quella l’ultima occasione di correggere la normativa in materia di spiagge e quindi di cancellare la proroga per venire incontro alle richieste dell’Unione europea. Bruxelles chiede, infatti, che le concessioni siano assegnate con gara, in nome della tutela della concorrenza: atteggiamento che viene contestato dagli operatori del settore che lamentano un trattamento meno favorevole per il nostro Paese rispetto a quello accordato alla Spagna, dove si ragiona su un prolungamento delle concessioni addirittura di settantacinque anni.
Le associazioni di settore hanno comunque commentato per lo più sfavorevolmente il compromesso raggiunto ieri, sostenendo che al massimo si può trovare una soluzione provvisoria e che cinque anni non sono un tempo sufficiente a garantire gli investimenti fatti.
Sono ormai anni che si tenta di dare regolamentazione a questa materia e nel frattempo è intervenuta anche una procedura di infrazione europea, che poi è stata chiusa.
Per il resto il testo votato in commissione non ha portato particolari sorprese.
Anzi, va notato che ieri non sono passate novità che nei giorni scorsi erano invece date per scontate. È il caso, ad esempio, del credito d’imposta per le infrastrutture: la soglia dell’agevolazione, relativamente all’importo dell’opera, è rimasta a 500 milioni. I relatori, d’accordo con il ministero dello Sviluppo, avrebbero voluto farla scendere a 100 milioni per destinare il beneficio a più progetti ma il ministero dell’Economia ha dato parere negativo, per motivi di copertura finanziaria. Obiettivo di questa misura è favorire la realizzazione di infrastrutture che in assenza di un sostegno pubblico non troverebbero adeguati finanziamenti. La soglia minima dei 500 milioni non vale però per la banda ultralarga: le reti Ngn potranno ottenere il beneficio fiscale, ma il progetto dovrà essere realizzato da una società di capitali ad hoc insieme alla Cassa Depositi e Prestiti.

La commissione Industria ieri ha poi previsto che il governo rimetta mano alla cessione degli immobili di proprietà degli enti previdenziali pubblici e privati (Inps, Inail, Inpdap, Enasarco, Enpam, Enpaia e le altre casse professionali). L’obiettivo è vendere le unità immobiliari agli inquilini a prezzi «sostenibili».

Questa decisione ha soddisfatto il Sunia, il sindacato degli inquilini. Mentre gli enti privati, come l’Enasarco, parlano di vendita forzosa che potrebbe avere conseguenze «disastrose».

Mediazione obbligatoria: Ricordiamoci di questi parlamentari e di questi partiti

Questi gli onorevoli parlamentari che, infischiandosene di una pronuncia della Corte Costituzionale, che non è stata ancora depositata con la motivazione, hanno presentato emendamenti per la reintroduzione della obbligatorietà della mediazione come presupposto legale per proporre un’azione civile in giudizio:

Come cittadino ed avvocato senza tema di smentita posso dire che la mediazione obbligatoria è un inutile aggravio di costi per i cittadini. Il paradosso è che nelle cause di lavoro l’esperienza è stata fatta e si è potuto verificare che è stata assolutamente fallimentare tanto che con le riforme è stata eliminata. Non si comprende quindi come possa funzionare nelle altre materie civilistiche. Ricordiamoci di queste facce e dei partiti che essi rappresentano perché questi sono il male della società e spero che verranno estirpati dal parlamento con le prossime elezioni. Non si è ancora compreso che chi siede negli scranni delle istituzioni deve fare l’interesse pubblico e deve servire lo stato non è possibile accontentare gruppi di potere a scapito dell’interesse generale. Ricordiamoci di queste facce e di questi partiti!

Ecco le e-mail di alcuni senatori inviate un messaggio o anche il link di quest’articolo facciamoci sentire:

‘on.filippo.berselli@studioberselli.com’; ‘berselli_f@posta.senato.it’; ‘centaro_r@posta.senato.it’; ‘maritati_a@posta.senato.it’; ‘chiurazzi_c@posta.senato.it’; ‘alberticasellati_m@posta.senato.it’; ‘allegrini_l@posta.senato.it’; ‘lauraallegrini@gmail.com’; ‘balboni_a@posta.senato.it’; ‘bricolo_f@posta.senato.it’; ‘bruno_f@posta.senato.it’; ‘caliendo_g@posta.senato.it’; ‘cardiello_f@posta.senato.it’; ‘carofiglio_g@posta.senato.it’; ‘casson_f@posta.senato.it’; ‘dalia_g@posta.senato.it’; ‘dambrosio_g@posta.senato.it’; ‘dellamonica_s@posta.senato.it’; ‘delpennino_a@posta.senato.it’; ‘divina_s@posta.senato.it’; ‘info@studioeccher.it’; ‘galperti_g@posta.senato.it’; ‘giovanardi_c@posta.senato.it’; ‘ligotti_l@posta.senato.it’; ‘mugnai_f@posta.senato.it’; ‘info@francomugnai.it’; ‘perduca_m@posta.senato.it’; ‘serra_a@posta.senato.it’; ‘valentino_g@posta.senato.it’; ‘cursi_c@posta.senato.it’; ‘garraffa_c@posta.senato.it’; ‘ciarrapico_g@posta.senato.it’; ‘bugnano_p@posta.senato.it’; ‘a.paravia@antonioparavia.it’; ‘paravia_a@posta.senato.it’; ‘armato_t@posta.senato.it’; ‘bubbico_f@posta.senato.it’; ‘cagnin_l@posta.senato.it’; ‘caselli_e@posta.senato.it’; ‘casoli_f@posta.senato.it’; ‘f.casoli@elica.com’; ‘desena_l@posta.senato.it’; ‘fioroni_a@posta.senato.it’; ‘info@annaritafioroni.it’; ‘izzo_c@posta.senato.it’; ‘latorre_n@posta.senato.it’; ‘messina_a@posta.senato.it’; ‘musso_e@posta.senato.it’; ‘piccone_f@posta.senato.it’; ‘piscitelli_s@posta.senato.it’; ‘rossi_n@posta.senato.it’; ‘sangalli_g@posta.senato.it’; ‘strano_a@posta.senato.it’; ‘tomaselli_s@posta.senato.it’; ‘vicari_s@posta.senato.it’

Siti di interesse: L’altra pagineAltalexdiritto.itpronti a conciliare: i favorevoli

L’antipolitica dei politici

L’articolo di Rizzo sul corsera di oggi (07.11.2012) riapre una discussione che per me non è mai finita: le nomine dei politici che spesso sono dettate da ragioni di partito o con l’attuale sistema elettorale maggioritario, da simpatie del “vincitore”, senza che vi sia la preoccupazione di nominare la donna o l’uomo giusto al posto giusto. Io al Comune di Napoli nella mia qualità di consigliere ho proposto un regolamento sulle nomine il 3 giugno 2012 che giace nei cassetti e pare che non sia di interesse per nessuno (per visualizzarlo clikka).

Sono poi tornato sul punto con altri miei interventi che è facile rinvenire anche su questo blog ed oggi che ci avviamo ad un cambio epocale della politica non so se positivo o negativo (più la seconda che ho detto) nessuno ci pensa. Tutti dicono che Grillo è l’antipolitica ma forse sarebbe il caso di dire che noi in parlamento e nelle istituzioni amministrate nel modo “classico”, in barba ad ogni forma di partecipazione e di condivisione del potere abbiamo l’antipolitica della antipolitica di Grillo. Se da un lato infatti c’è Grillo accusato di antipolitica perché il suo obiettivo è demolire il sistema politico, dall’altro ci sono i politici che siedono sulle grasse sedie delle istituzioni che amministrano che sono anch’essi rappresentanti dell’antipolitica perché hanno una concezione assolutamente individualistica del potere e che merge immediatamente nel momento in cui si deve fare una nomina: non il più bravo ma quello che sta dalla mia parte ed accresce il mio potere personale, alla faccia della condivisione del potere!!!

dal corsera del 7 novembre 2012 Sergio Rizzo:

Nel nostro magnifico Paese dei Paradossi accade che una legge fatta per punire gli amministratori responsabili di aver causato un dissesto finisca per caricare sulle spalle di tutti i cittadini italiani, indifferentemente, il peso di quei dissesti.
Siamo certi che qualcuno, purtroppo, si dovrà far carico di mettere rimedio a situazioni come quelle di Napoli o Alessandria. Toccherà ai napoletani e agli alessandrini, direte. Ma non sappiamo nemmeno se sia giusto che debbano pagare tutti i napoletani o tutti gli alessandrini. Così come non sarebbe probabilmente corretto addossare esclusivamente agli abitanti delle Regioni nei guai con la sanità il costo del risanamento: costretti a pagare molto più cari servizi molto più scadenti. Ma se sia ragionevole mettere sul conto di ogni contribuente gli effetti di clamorosi errori (nella migliore delle ipotesi) di sciagurate scelte politiche, è una domanda assolutamente fondata. E non è l’unico interrogativo, questo, che ci tormenta da un bel pezzo.
Quanto si potrà andare avanti ancora nell’affidare compiti gestionali delicati in amministrazioni locali o aziende pubbliche a persone incapaci (quando non disoneste) soltanto per ragioni di equilibri politici o di partito, se non addirittura di interessi personali? Salvo poi lasciare in eredità ai successori, e soprattutto ai cittadini, immani disastri?
Questo è il punto: gestire i conti di una città, piccola o grande che sia, è difficile. È necessario che chi ha questo compito venga scelto sulla base delle capacità e della rettitudine morale. Ricorrendo magari per determinati incarichi a selezioni pubbliche e trasparenti. Si assiste invece alla nomina di assessori incompetenti ma potentissimi nel loro partito o nella loro corrente, di direttori delle aziende sanitarie impreparati ma fedelissimi al boss politico locale, di amministratori delegati privi di alcuna esperienza ma affidabilissimi quando si tratta di piazzare amici e parenti di sindaci e sindacalisti. Né risulta che un solo amministratore abbia subito una sanzione commisurata al grave dissesto causato. Il contrario: il responsabile è stato quasi sempre premiato politicamente. Magari spedito in Senato, dopo aver lasciato al municipio un buco da centinaia di milioni che tutti gli italiani hanno poi dovuto pagare. Anche questo è successo.

Monti: Il decreto sugli enti locali e la malapolitica

Questo è il decreto che qualche giorno fa ho pubblicato in bozza e che occorre studiare per capire quali dovranno essere le scelte migliori: 1) adesione alla procedura di predissesto; 2) non adesione e ripianamento in tre anni; 3) dissesto. Le conseguenze non sono da poco e la scelta oltre ad essere tecnica è anche politica. Allo stato una partita grossa la giocano i crediti inesigibili che ammontano a 420 milioni di euro ma che secondo l’assessora al bilancio (Palma) potrebbero arrivare anche ad 800 milioni di euro. Da una prima analisi credo che il cd. fondo rotativo, secondo cui sono disponibili 100 €. ad abitante per i comuni che aderiscono non credo sia la parte più interessante (a Napoli arriverebbero 100 milioni di euro che sul buco sono assolutamente insignificanti) quella più interessante, invece, è la possibilità di spalmare il debito in dieci anni ma con grossi vincoli che potrete scoprire solo leggendo …

DECRETO-LEGGE 10 ottobre 2012 , n. 174

Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti

territoriali, nonche’ ulteriori disposizioni in favore delle zone
terremotate nel maggio 2012. (12G0196)
Titolo I
REGIONI
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di emanare
disposizioni in materia di gestione finanziaria e di funzionamento
degli enti territoriali e locali, nonche’ ulteriori disposizioni in
favore delle aree colpite dal sisma del maggio 2012;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle
riunioni del 4 e del 9 ottobre 2012;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del
Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto-legge:
Art. 1

Rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo
sulla gestione finanziaria degli enti territoriali

1. Al fine di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica,
in particolare tra i livelli di governo statale e regionale, le
disposizioni del presente articolo sono volte ad adeguare, ai sensi
del secondo comma dell’articolo 100 della Costituzione, le forme di
partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione
finanziaria delle regioni
2. Sono sottoposti al controllo preventivo di legittimita’ delle
sezioni regionali di controllo della Corte dei conti secondo le
procedure previste per il controllo preventivo sugli atti dello Stato
di cui all’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, con
riduzione alla meta’ dei termini, gli atti normativi a rilevanza
esterna, aventi riflessi finanziari, emanati dal governo regionale,
gli atti amministrativi, a carattere generale e particolare, adottati
dal governo regionale e dall’amministrazione regionale, in
adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia
all’Unione europea, nonche’ gli atti di programmazione e
pianificazione regionali, ivi compreso il piano di riparto delle
risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario regionale.
Il controllo ha ad oggetto la verifica del rispetto dei vincoli
finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea, del patto di stabilita’ interno, nonche’ del diritto
dell’Unione europea e di quello costituzionale.
3. Il rendiconto generale della Regione e’ sottoposto al giudizio
di parifica da parte della Corte dei conti in conformita’ degli
articoli 40 e 41 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti di
cui al Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4. Ogni sei mesi le sezioni regionali di controllo della Corte dei
conti trasmettono ai Consigli regionali una relazione, nelle forme di
cui al comma 3, sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate
nelle leggi regionali approvate nel periodo considerato e sulle
tecniche di quantificazione degli oneri.
5. Le Regioni a statuto speciale e le Provincie autonome di Trento
e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni
del presente articolo mediante modifica delle norme di attuazione dei
relativi statuti.
6. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti
verificano, con le modalita’ disciplinate dall’articolo 1, commi 166
e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, l’attendibilita’
dei bilanci di previsione proposti dalle giunte regionali in
relazione alla salvaguardia degli equilibri di bilancio, al rispetto
del patto di stabilita’ interno e alla sostenibilita’
dell’indebitamento. A tale fine, entro il termine di venti giorni
dalla trasmissione della proposta della giunta regionale alla sezione
competente, la sezione regionale esprime le proprie valutazioni con
pronuncia specifica nelle forme di cui all’articolo 1, comma 168,
della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
7. Le sezioni regionali della Corte dei conti verificano, con
cadenza semestrale, la legittimita’ e la regolarita’ delle gestioni,
nonche’ il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto
delle regole contabili e del pareggio di bilancio di ciascuna
Regione. A tale fine, il Presidente della Regione trasmette
trimestralmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei
conti un referto sulla regolarita’ della gestione e sull’efficacia e
sull’adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato, sulla
base delle Linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della
Corte dei conti; il referto e’, altresi’, inviato al Presidente del
consiglio regionale. Per i medesimi controlli, la Corte dei conti
puo’ avvalersi, sulla base di intese con il Ministro dell’economia e
delle finanze, del Corpo della Guardia di finanza, che esegue le
verifiche e gli accertamenti richiesti, necessari ai fini delle
verifiche trimestrali di cui al primo periodo, agendo con i poteri ad
esso attribuiti ai fini degli accertamenti relativi all’imposta sul
valore aggiunto e alle imposte sui redditi. Per le stesse finalita’ e
cadenze, sulla base di analoghe intese, sono disposte verifiche dei
Servizi Ispettivi di finanza pubblica. In caso di rilevata assenza o
inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di cui al secondo
periodo del presente comma, le sezioni giurisdizionali regionali
della Corte dei conti irrogano agli amministratori responsabili la
condanna ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e
fino ad un massimo di venti volte la retribuzione dovuta al momento
di commissione della violazione.
8. In sede di controllo di legittimita’ e regolarita’ sui bilanci
preventivi e consuntivi delle autonomie territoriali e degli enti che
compongono il Servizio sanitario nazionale ai sensi dell’articolo 1,
commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le
sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertano la
salvaguardia degli equilibri di bilancio, il rispetto del patto di
stabilita’ interno la sostenibilita’ dell’indebitamento e l’assenza
di irregolarita’, suscettibili di pregiudicare, anche con riguardo ai
futuri assetti economici dei conti, la sana gestione finanziaria
degli enti.
9. L’accertamento, da parte delle competenti sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti, di squilibri economico-finanziari,
di mancata copertura di spese, di violazione di norme finalizzate a
garantire la sana gestione finanziaria comporta l’obbligo delle
amministrazioni interessate di adottare, entro 60 giorni dalla
comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i
provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarita’ e a ripristinare
gli equilibri di bilancio. Nelle more della adozione dei
provvedimenti ripristinatori e del successivo controllo delle sezioni
regionali della Corte dei conti e’ preclusa l’attuazione dei
programmi di spesa, per i quali e’ stata accertata la mancata
copertura o la insussistenza della relativa sostenibilita’
finanziaria.
10. Ciascun Gruppo consiliare delle Assemblee regionali approva un
rendiconto di esercizio annuale che disciplina la corretta
rilevazione dei fatti di gestione, la documentazione da porre a
corredo del rendiconto stesso, nonche’ le modalita’ per la regolare
tenuta della contabilita’.
11. Il rendiconto di cui al comma 10 e’ strutturato secondo linee
guida deliberate dalle Sezioni riunite della Corte dei conti ed
evidenzia, in apposite voci, le risorse trasferite al Gruppo
dall’Assemblea, con indicazione del titolo del trasferimento, delle
spese esclusivamente riferibili alle funzioni politico istituzionali,
con esclusione di indennita’, benefici o simili emolumenti e di
quelle comunque estranee a tali funzioni, nonche’ le misure adottate
per consentire la tracciabilita’ dei pagamenti effettuati.
12. Il rendiconto e’ trasmesso, entro venti giorni dalla chiusura
dell’esercizio, alla competente Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti perche’ si pronunci, nel termine di venti giorni,
sulla regolarita’ dello stesso con apposita delibera che viene
trasmessa al Presidente dell’Assemblea regionale che ne cura la
pubblicazione. Il rendiconto e’, altresi’, pubblicato come allegato
al conto consuntivo dell’Assemblea.
13. Qualora la competente Sezione riscontri che il rendiconto o la
documentazione trasmessa a corredo dello stesso non sia conforme alle
prescrizioni stabilite a norma del presente articolo invita, entro
dieci giorni dal ricevimento del rendiconto, il presidente del Gruppo
a provvedere alla relativa regolarizzazione, fissandone il termine.
L’invito sospende la decorrenza del termine per la pronuncia della
Sezione. Nel caso in cui il Gruppo non provveda alla regolarizzazione
entro il termine fissato, decade dal diritto all’erogazione, per
l’anno in corso, di risorse da parte dell’Assemblea. La decadenza di
cui al presente comma comporta l’obbligo di restituire le somme
ricevute a carico del bilancio dell’Assemblea e non rendicontate.
14. La decadenza e l’obbligo di restituzione di cui al comma 12
conseguono alla mancata trasmissione del rendiconto entro il termine
individuato ai sensi del comma 3, ovvero alla delibera di non
regolarita’ del conto da parte della Sezione regionale di controllo.
15. Le medesime disposizioni si applicano al rendiconto generale
dell’Assemblea regionale.

Titolo I

REGIONI

Art. 2

Riduzione dei costi della politica nelle regioni

1. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il
contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota
pari all’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle
regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del servizio
sanitario nazionale ed al trasporto pubblico locale, nonche’ al 5 per
cento dei trasferimenti erariali destinati al finanziamento del
servizio sanitario nazionale, e’ erogata a condizione che la regione,
con le modalita’ previste dal proprio ordinamento, entro il 30
novembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto qualora occorra procedere a modifiche
statutarie:
a) abbia dato applicazione a quanto previsto dall’articolo 14,
comma 1, lettere a), b), d), e), f), del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre
2011, n. 148;
b) abbia definito l’importo dell’indennita’ di funzione e
dell’indennita’ di carica dei consiglieri e degli assessori
regionali, spettanti in virtu’ del loro mandato, in modo tale che non
ecceda complessivamente l’importo riconosciuto dalla regione piu’
virtuosa. La regione piu’ virtuosa e’ individuata dalla Conferenza
Stato-regioni entro il 30 ottobre 2012. Decorso inutilmente tale
termine, la regione piu’ virtuosa e’ individuata con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri adottato nei successivi
quindici giorni, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto
con i Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e
dell’economia e delle finanze;
c) abbia introdotto il divieto di cumulo di indennita’ o
emolumenti, ivi comprese le indennita’ di funzione o di presenza, in
commissioni o organi collegiali derivanti dalle cariche di presidente
della Regione, di presidente del consiglio regionale, di assessore o
di consigliere regionale, prevedendo inoltre che il titolare di piu’
cariche sia tenuto ad optare, fin che dura la situazione di cumulo
potenziale, per uno solo degli emolumenti o indennita’;
d) abbia previsto, per i consiglieri, la gratuita’ della
partecipazione alle commissioni permanenti, con l’esclusione anche di
diarie, indennita’ di presenza e rimborsi spese comunque denominati;
e) abbia disciplinato le modalita’ di pubblicita’ e trasparenza
dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e
di governo di competenza, prevedendo che la dichiarazione, da
pubblicare annualmente, all’inizio e alla fine del mandato, sul sito
internet dell’ente riguardi: i dati di reddito e di patrimonio con
particolare riferimento ai redditi annualmente dichiarati; i beni
immobili e mobili registrati posseduti; le partecipazioni in societa’
quotate e non quotate; la consistenza degli investimenti in titoli
obbligazionari, titoli di Stato, o in altre utilita’ finanziarie
detenute anche tramite fondi di investimento, sicav o intestazioni
fiduciarie, stabilendo altresi’ sanzioni amministrative per la
mancata o parziale ottemperanza;
f) fatti salvi i rimborsi delle spese elettorali previsti dalla
normativa nazionale, abbia definito l’importo dei contributi in
favore di gruppi consiliari, esclusa in ogni caso la contribuzione
per gruppi composti da un solo consigliere, salvo quelli che
risultino cosi’ composti gia’ all’esito delle elezioni, ovvero
partiti o movimenti politici, in modo tale che non eccedano
complessivamente l’importo riconosciuto dalla regione piu’ virtuosa,
secondo criteri omogenei, ridotto della meta’. La regione piu’
virtuosa e’ individuata dalla Conferenza Stato-regioni entro il 30
ottobre 2012. Decorso inutilmente tale termine, la regione piu’
virtuosa e’ individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri adottato nei successivi quindici giorni, su proposta del
Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per la pubblica
amministrazione e la semplificazione e dell’economia e delle finanze;
g) abbia dato applicazione alle regole previste dall’articolo 6 e
dall’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010,
dall’articolo 22, commi da 2 a 4, dall’articolo 23-bis, commi 5-bis e
5-ter, e dall’articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011,
dall’articolo 3, commi 4, 5, 6 e 9, dall’articolo 4, dall’articolo 5,
comma 6, e dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 95 del
2012;
h) abbia istituito, altresi’, un sistema informativo al quale
affluiscono i dati relativi al finanziamento dell’attivita’ dei
gruppi politici curandone, altresi’, la pubblicita’ sul proprio sito
istituzionale. I dati sono resi disponibili, per via telematica, al
sistema informativo della Corte dei conti, al Ministero dell’economia
e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,
nonche’ alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei
rendiconti dei partiti e dei movimenti politici di cui all’articolo 9
della legge 6 luglio 2012, n. 96, e successive modificazioni.
2. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 14, comma 1, lettera
f), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e fino
all’adeguamento da parte delle Regioni a quanto ivi previsto, ferma
restando, in ogni caso, l’abolizione dei vitalizi gia’ disposta dalle
Regioni, le stesse, a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto e fatti salvi i relativi trattamenti gia’ in
erogazione a tale data, possono prevedere o corrispondere trattamenti
pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la
carica di presidente della Regione, di consigliere regionale o di
assessore regionale solo se, a quella data, i beneficiari:
a) hanno compiuto sessantasei anni di eta’;
b) hanno ricoperto tali cariche, anche non continuativamente, per
un periodo non inferiore a dieci anni.
3. Gli enti interessati comunicano il documentato rispetto delle
condizioni di cui al comma 1 mediante comunicazione da inviare alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero dell’economia e
delle finanze entro quindici giorni successivi alla scadenza dei
termini di cui al comma 1. Le disposizioni del comma 1 si applicano
anche alle Regioni nelle quali, alla data di entrata in vigore del
presente decreto, il Presidente della regione abbia presentato le
dimissioni ovvero si debbano svolgere le consultazioni elettorali
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto. In tali casi, il termine di sei mesi di cui all’alinea del
comma 1 decorre dalla data della prima riunione del nuovo consiglio
regionale. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica, se,
all’atto dell’indizione delle elezioni per il rinnovo del consiglio
regionale, la Regione non ha provveduto all’adeguamento statutario
nei termini di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,
dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le elezioni sono indette per
il numero massimo dei consiglieri regionali previsto, in rapporto
alla popolazione, dal medesimo articolo 14, comma 1, lettera a), del
decreto-legge n. 138 del 2011.
4. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e
di Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti a quanto
previsto dal comma 1 compatibilmente con i propri statuti di
autonomia e con le relative norme di attuazione.
5. Qualora le regioni non adeguino i loro ordinamenti entro i
termini di cui al comma 1 ovvero entro quelli di cui al comma 3, alla
regione inadempiente e’ assegnato, ai sensi dell’articolo 8 della
legge 5 giugno 2003, n. 131, il termine di novanta giorni per
provvedervi. Il mancato rispetto di tale ulteriore termine e’
considerato grave violazione di legge ai sensi dell’articolo 126,
comma 1, della Costituzione.
6. All’articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 83, secondo periodo, le parole: “il presidente della
regione commissario ad acta”, sono sostituite dalla seguenti: “un
commissario ad acta”;
b) al comma 84, le parole: “ai sensi dei commi 79 o 83” sono
sostituite dalle seguenti: “ai sensi del comma 79”;
c) dopo il comma 84, e’ inserito il seguente: “84-bis. In caso di
dimissioni o di impedimento del presidente della regione il Consiglio
dei Ministri nomina un commissario ad acta, al quale spettano i
poteri indicati nel terzo e quarto periodo del comma 83 fino
all’insediamento del nuovo presidente della regione o alla cessazione
della causa di impedimento. Il presente comma si applica anche ai
commissariamenti disposti ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.”.
7. Al terzo periodo del comma 6 dell’articolo 1 della legge 3
giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni, dopo le parole:
“Camera dei deputati” sono inserite le seguenti: “o di un Consiglio
regionale”.
Titolo II

PROVINCE E COMUNI

Art. 3

Rafforzamento dei controlli in materia di enti locali

1. Nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive
modificazioni, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l’articolo 41 e’ inserito il seguente:
«Art. 41-bis. – (Obblighi di trasparenza dei titolari di cariche
elettive e di governo). – 1. Gli enti locali con popolazione
superiore a 10.000 abitanti sono tenuti a disciplinare, nell’ambito
della propria autonomia regolamentare, le modalita’ di pubblicita’ e
trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche
pubbliche elettive e di governo di loro competenza. La dichiarazione,
da pubblicare annualmente, all’inizio e alla fine del mandato, sul
sito internet dell’ente riguarda: i dati di reddito e di patrimonio
con particolare riferimento ai redditi annualmente dichiarati; i beni
immobili e mobili registrati posseduti; le partecipazioni in societa’
quotate e non quotate; la consistenza degli investimenti in titoli
obbligazionari, titoli di Stato, o in altre utilita’ finanziarie
detenute anche tramite fondi di investimento, sicav o intestazioni
fiduciarie.
2. Gli enti locali sono altresi’ tenuti a prevedere sanzioni
amministrative per la mancata o parziale ottemperanza all’onere di
cui al comma 1, da un minimo di euro duemila a un massimo di euro
ventimila. L’organo competente a irrogare la sanzione amministrativa
e’ individuato ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre
1981, n. 689.»;
b) l’articolo 49 e’ sostituito dal seguente:
«Art. 49. – (Pareri dei responsabili dei servizi). – 1. Su ogni
proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che
non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere, in
ordine alla sola regolarita’ tecnica, del responsabile del servizio
interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla
situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente, del
responsabile di ragioneria in ordine alla regolarita’ contabile. I
pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi, il
parere e’ espresso dal segretario dell’ente, in relazione alle sue
competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e
contabile dei pareri espressi.
4. Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri
di cui al presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel
testo della deliberazione.»;
c) all’articolo 109, dopo il comma 2 e’ aggiunto il seguente:
“2-bis. L’incarico di responsabile del servizio finanziario di cui
all’articolo 153, comma 4, puo’ essere revocato esclusivamente in
caso di gravi irregolarita’ riscontrate nell’esercizio delle funzioni
assegnate. La revoca e’ disposta con Ordinanza del legale
rappresentante dell’Ente, previo parere obbligatorio del Ministero
dell’interno e del Ministero dell’economia e delle finanze –
Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato;
d) l’articolo 147 e’ sostituito dai seguenti:
«Art. 147. – (Tipologia dei controlli interni).
1. Gli enti locali, nell’ambito della loro autonomia normativa e
organizzativa, individuano strumenti e metodologie per garantire,
attraverso il controllo di regolarita’ amministrativa e contabile, la
legittimita’, la regolarita’ e la correttezza dell’azione
amministrativa.
2. Il sistema di controllo interno e’ diretto a:
a) verificare, attraverso il controllo di gestione, l’efficacia,
l’efficienza e l’economicita’ dell’azione amministrativa, al fine di
ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi correttivi, il
rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonche’ tra risorse
impiegate e risultati;
b) valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di
attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di
determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra
i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti;
c) garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della
gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione
di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di
finanza pubblica determinati dal patto di stabilita’ interno,
mediante l’attivita’ di coordinamento e di vigilanza da parte del
responsabile del servizio finanziario, nonche’ l’attivita’ di
controllo da parte dei responsabili dei servizi;
d) verificare, attraverso l’affidamento e il controllo dello stato
di attuazione di indirizzi e obiettivi gestionali, anche in
riferimento all’articolo 170, comma 6, la redazione del bilancio
consolidato, l’efficacia, l’efficienza e l’economicita’ degli
organismi gestionali esterni dell’ente;
e) garantire il controllo della qualita’ dei servizi erogati, sia
direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con
l’impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli
utenti esterni e interni dell’ente.
3. Le lettere d) ed e) del comma 2 si applicano solo agli enti
locali con popolazione superiore a 10.000 abitanti.
4. Nell’ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, gli
enti locali disciplinano il sistema dei controlli interni secondo il
principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di
gestione, anche in deroga agli altri principi di cui all’articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, e successive
modificazioni. Partecipano all’organizzazione del sistema dei
controlli interni il segretario dell’ente, il direttore generale,
laddove previsto, i responsabili dei servizi e le unita’ di
controllo, laddove istituite.
5. Per l’effettuazione dei controlli di cui al comma 1, piu’ enti
locali possono istituire uffici unici, mediante una convenzione che
ne regoli le modalita’ di costituzione e di funzionamento.
Art. 147-bis. – (Controllo di regolarita’ amministrativa e
contabile). – 1. Il controllo di regolarita’ amministrativa e
contabile e’ assicurato, nella fase preventiva della formazione
dell’atto, da ogni responsabile di servizio ed e’ esercitato
attraverso il rilascio del parere di regolarita’ tecnica attestante
la regolarita’ e la correttezza dell’azione amministrativa. E’
inoltre effettuato dal responsabile del servizio finanziario ed e’
esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarita’ contabile
e del visto attestante la copertura finanziaria.
2. Il controllo di regolarita’ amministrativa e contabile e’
inoltre assicurato, nella fase successiva, secondo principi generali
di revisione aziendale e modalita’ definite nell’ambito
dell’autonomia organizzativa dell’ente, sotto la direzione del
segretario, in base alla normativa vigente. Sono soggette al
controllo le determinazioni di impegno di spesa, gli atti di
accertamento di entrata, gli atti di liquidazione della spesa, i
contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una
selezione casuale effettuata con motivate tecniche di campionamento.
3. Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse
periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili dei servizi,
ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei
dipendenti, come documenti utili per la valutazione, e al consiglio
comunale.
Art. 147-ter. – (Controllo strategico). – 1. Per verificare lo
stato di attuazione dei programmi secondo le linee approvate dal
Consiglio, l’ente locale con popolazione superiore a 10.000 abitanti
definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, metodologie di
controllo strategico finalizzate alla rilevazione dei risultati
conseguiti rispetto agli obiettivi predefiniti, degli aspetti
economico-finanziari connessi ai risultati ottenuti, dei tempi di
realizzazione rispetto alle previsioni, delle procedure operative
attuate confrontate con i progetti elaborati, della qualita’ dei
servizi erogati e del grado di soddisfazione della domanda espressa,
degli aspetti socio-economici. L’ente locale con popolazione
superiore a 10.000 abitanti puo’ esercitare in forma associata la
funzione di controllo strategico.
2. L’unita’ preposta al controllo strategico elabora rapporti
periodici, da sottoporre all’organo esecutivo e al consiglio per la
successiva predisposizione di deliberazioni consiliari di
ricognizione dei programmi, secondo modalita’ da definire con il
regolamento di contabilita’ dell’ente in base a quanto previsto dallo
statuto.
Art. 147-quater. – (Controlli sulle societa’ partecipate).
1. L’ente locale definisce, secondo la propria autonomia
organizzativa, un sistema di controlli sulle societa’ partecipate
dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle
strutture proprie dell’ente locale, che ne sono responsabili.
2. Per l’attuazione di quanto previsto al comma 1,
l’amministrazione definisce preventivamente, in riferimento
all’articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali a cui deve
tendere la societa’ partecipata, secondo standard qualitativi e
quantitativi, e organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a
rilevare i rapporti finanziari tra l’ente proprietario e la societa’,
la situazione contabile, gestionale e organizzativa delle societa’, i
contratti di servizio, la qualita’ dei servizi, il rispetto delle
norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.
3. Sulla base delle informazioni di cui al comma 2, l’ente locale
effettua il monitoraggio periodico sull’andamento delle societa’
partecipate, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi
assegnati e individua le opportune azioni correttive, anche in
riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per
il bilancio dell’ente.
4. I risultati complessivi della gestione dell’ente locale e delle
aziende partecipate sono rilevati mediante bilancio consolidato,
secondo la competenza economica.
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli enti
locali con popolazione superiore a 10.000 abitanti.
Art. 147-quinquies. – (Controllo sugli equilibri finanziari). – 1.
Il controllo sugli equilibri finanziari e’ svolto sotto la direzione
e il coordinamento del responsabile del servizio finanziario e
mediante la vigilanza dell’organo di revisione, prevedendo il
coinvolgimento attivo degli organi di governo, del direttore
generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei
servizi, secondo le rispettive responsabilita’.
2. Il controllo sugli equilibri finanziari e’ disciplinato nel
regolamento di contabilita’ dell’ente ed e’ svolto nel rispetto delle
disposizioni dell’ordinamento finanziario e contabile degli enti
locali, e delle norme che regolano il concorso degli enti locali alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, nonche’ delle
norme di attuazione dell’articolo 81 della Costituzione.
3. Il controllo sugli equilibri finanziari implica anche la
valutazione degli effetti che si determinano per il bilancio
finanziario dell’ente in relazione all’andamento
economico-finanziario degli organismi gestionali esterni.”;
e) l’articolo 148 e’ sostituito dal seguente:
“Art. 148
(Controllo della Corte dei conti)
1. Le sezioni regionali della Corte dei conti verificano, con
cadenza semestrale, la legittimita’ e la regolarita’ delle gestioni,
il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle
regole contabili e del pareggio di bilancio di ciascun ente locale,
nonche’ il piano esecutivo di gestione, i regolamenti e gli atti di
programmazione e pianificazione degli enti locali. A tale fine, il
sindaco, relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 10.000
abitanti, o il Presidente della provincia, avvalendosi del direttore
generale, quando presente, o del segretario negli enti in cui non e’
prevista la figura del direttore generale, trasmette semestralmente
alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto
sulla regolarita’ della gestione e sull’efficacia e sull’adeguatezza
del sistema dei controlli interni adottato, sulla base delle Linee
guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti;
il referto e’, altresi’, inviato al Presidente del consiglio comunale
o provinciale. Per i medesimi controlli, la Corte dei conti puo’
avvalersi, sulla base di intese con il Ministro dell’economia e delle
finanze, del Corpo della Guardia di finanza, che esegue le verifiche
e gli accertamenti richiesti, necessari ai fini delle verifiche
semestrali di cui al primo periodo, agendo con i poteri ad esso
attribuiti ai fini degli accertamenti relativi all’imposta sul valore
aggiunto e alle imposte sui redditi. Per le stesse finalita’ e
cadenze, sulla base di analoghe intese, sono disposte verifiche dei
Servizi Ispettivi di finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 14,
comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196. In caso di
rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie
di cui al secondo periodo del presente comma, fermo restando quanto
previsto dall’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dai
commi 5 e 5-bis dell’articolo 248, le sezioni giurisdizionali
regionali della Corte dei conti irrogano agli amministratori
responsabili la condanna ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo
di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile
lorda dovuta al momento di commissione della violazione.”;
f) all’articolo 153, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 4, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e piu’
in generale alla salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi
della gestione e dei vincoli di finanza pubblica. Nell’esercizio di
tali funzioni il responsabile del servizio finanziario agisce in
autonomia nei limiti di quanto disposto dai principi finanziari e
contabili, dalle norme ordinamentali e dai vincoli di finanza
pubblica e tenuto conto degli indirizzi della Ragioneria Generale
dello Stato applicabili agli enti locali in materia di programmazione
e gestione delle risorse pubbliche.“;
2) al comma 6, dopo le parole: “organo di revisione” sono inserite
le seguenti: “, nonche’ alla competente sezione regionale di
controllo della Corte dei conti”;
g) all’articolo 166, dopo il comma 2, sono aggiunti i seguenti:
“2-bis. La meta’ della quota minima prevista dai commi 1 e 2-ter e’
riservata alla copertura di eventuali spese non prevedibili, la cui
mancata effettuazione comporta danni certi all’amministrazione.
2-ter. Nel caso in cui l’ente si trovi in una delle situazioni
previste dagli articoli 195 e 222, il limite minimo previsto dal
comma 1 e’ stabilito nella misura dello 0,45 per cento del totale
delle spese correnti inizialmente previste in bilancio.”;
h) all’articolo 187, dopo il comma 3, e’ aggiunto, in fine, il
seguente:
“3-bis. L’avanzo di amministrazione non puo’ essere utilizzato nel
caso in cui l’ente si trovi in una delle situazioni previste dagli
articoli 195 e 222.“;
i) all’articolo 191 il comma 3 e’ sostituito dal seguente:
“3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal
verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta,
entro dieci giorni dall’ordinazione fatta a terzi, su proposta del
responsabile del procedimento, sottopone all’Organo Consiliare il
provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalita’ previste
dall’articolo 194, prevedendo la relativa copertura finanziaria nei
limiti delle accertate necessita’ per la rimozione dello stato di
pregiudizio alla pubblica incolumita’. Il provvedimento di
riconoscimento e’ adottato entro 30 giorni dalla data di
deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque entro
il 31 dicembre dell’anno in corso se a tale data non sia scaduto il
predetto termine. La comunicazione al terzo interessato e’ data
contestualmente all’adozione della deliberazione consiliare.”;
l) dopo il comma 2 dell’articolo 227 e’ inserito il seguente:
“2-bis. In caso di mancata approvazione del rendiconto di gestione
entro il termine del 30 aprile dell’anno successivo, si applica la
procedura prevista dal comma 2 dell’articolo 141.“;
m) all’articolo 234 dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:
“2-bis. Al fine di potenziare l’attivita’ di controllo e
monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica, presso le province,
le citta’ metropolitane, i comuni con popolazione superiore a 60.000
abitanti e quelli capoluogo di provincia, un componente del collegio
dei revisori, con funzioni di Presidente, e’ designato dal Prefetto
ed e’ scelto, di concerto, dai Ministri dell’interno e dell’economia
e delle finanze tra i dipendenti dei rispettivi Ministeri.”;
n) al comma 2 dell’articolo 236, le parole: «dai membri dell’organo
regionale di controllo,» sono soppresse;
o) all’articolo 239 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) la lettera b) del comma 1 e’ sostituita dalla seguente:
«b) pareri, con le modalita’ stabilite dal regolamento, in materia
di:
1) strumenti di programmazione economico-finanziaria;
2) proposta di bilancio di previsione verifica degli equilibri e
variazioni di bilancio;
3) modalita’ di gestione dei servizi e proposte di costituzione o
di partecipazione ad organismi esterni;
4) proposte di ricorso all’indebitamento;
5) proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel
rispetto della disciplina statale vigente in materia;
6) proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e
transazioni;
7) proposte di regolamento di contabilita’,
economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi
locali»;
2) dopo il comma 1 e’ inserito il seguente:
«1-bis. Nei pareri di cui alla lettera b) del comma 1 e’ espresso
un motivato giudizio di congruita’, di coerenza e di attendibilita’
contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti,
anche tenuto conto dell’attestazione del responsabile del servizio
finanziario ai sensi dell’articolo 153, delle variazioni rispetto
all’anno precedente, dell’applicazione dei parametri di
deficitarieta’ strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri
sono suggerite all’organo consiliare le misure atte ad assicurare
l’attendibilita’ delle impostazioni. I pareri sono obbligatori.
L’organo consiliare e’ tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti
o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte
dall’organo di revisione.»;
3) la lettera a) del comma 2 e’ sostituita dalla seguente:
«a) da parte della Corte dei conti i rilievi e le decisioni assunti
a tutela della sana gestione finanziaria dell’ente»;
p) all’articolo 242, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
1. Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie
gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni
di squilibrio, rilevabili da un apposita tabella, da allegare al
rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali
almeno la meta’ presentino valori deficitari. Il rendiconto della
gestione e’ quello relativo al penultimo esercizio precedente quello
di riferimento.
2. Con decreto del Ministro dell’interno di natura non
regolamentare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, sono fissati i parametri obiettivi, nonche’ le modalita’ per
la compilazione della tabella di cui al comma 1. Fino alla fissazione
di nuovi parametri si applicano quelli vigenti nell’anno
precedente.”;
q) all’articolo 243, dopo il comma 3, e’ inserito il seguente:
“3-bis. “I contratti di servizio, stipulati dagli enti locali con le
societa’ partecipate , devono contenere apposite clausole volte a
prevedere, ove si verifichino condizioni di deficitarieta’
strutturale, la riduzione delle spese di personale delle societa’
medesime, anche in applicazione di quanto previsto dall’articolo 18,
comma 2-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
r) dopo l’articolo 243 sono inseriti i seguenti:
“243-bis. (Procedura di riequilibrio finanziario pluriennale)
1. I comuni e le province per i quali, anche in considerazione
delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei
conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del
bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in
cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 non siano sufficienti a
superare le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con
deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario
pluriennale prevista dal presente articolo. La predetta procedura non
puo’ essere iniziata qualora la sezione regionale della Corte dei
Conti abbia gia’ provveduto, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, ad assegnare un termine
per l’adozione delle misure correttive previste dall’articolo 1,
comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
2. La deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio
finanziario pluriennale e’ trasmessa, entro 5 giorni dalla data di
esecutivita’, alla competente sezione regionale della Corte dei conti
e al Ministero dell’interno.
3. Il ricorso alla procedura di cui al presente articolo sospende
temporaneamente la possibilita’ per la Corte dei Conti di assegnare,
ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 149, il termine per l’adozione delle misure
correttive previste dall’articolo 1, comma 168, della legge n. 266
del 2005.
4. Le procedure esecutive intraprese nei confronti dell’ente sono
sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di
riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o
di diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale di
cui all’articolo 243-quater, commi 1 e 3.
5. Il consiglio dell’ente locale, entro il termine perentorio di 60
giorni dalla data di esecutivita’ della delibera di cui al comma 1,
delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della
durata massima di 5 anni, compreso quello in corso, corredato del
parere dell’organo di revisione economico-finanziario.
6. Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale deve tenere
conto di tutte le misure necessarie a superare le condizioni di
squilibrio rilevate e deve, comunque, contenere:
a) le eventuali misure correttive adottate dall’ente locale ai
sensi dell’articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n.
266, in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione
finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto
di stabilita’ interno accertati dalla competente sezione regionale
della Corte dei conti;
b) la puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei
fattori di squilibrio rilevati, dell’eventuale disavanzo di
amministrazione risultante dall’ultimo rendiconto approvato e di
eventuali debiti fuori bilancio;
c) l’individuazione, con relative quantificazione e previsione
dell’anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie per
ripristinare l’equilibrio strutturale del bilancio, per l’integrale
ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il
finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il periodo massimo di 5
anni, a partire da quello in corso;
d) l’indicazione, per ciascuno degli anni del piano di
riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo di
amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere
nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti
fuori bilancio.
7. Ai fini della predisposizione del piano, l’ente e’ tenuto ad
effettuare una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio
riconoscibili ai sensi dell’articolo 194. Per il finanziamento dei
debiti fuori bilancio l’ente puo’ provvedere anche mediante un piano
di rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano di
riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
8. Al fine di assicurare il prefissato graduale riequilibrio
finanziario, per tutto il periodo di durata del piano, l’ente:
a) puo’ deliberare le aliquote o tariffe dei tributi locali nella
misura massima consentita, anche in deroga ad eventuali limitazioni
disposte dalla legislazione vigente;
b) e’ soggetto ai controlli centrali in materia di copertura di
costo di alcuni servizi, di cui all’articolo 243, comma 2, ed e’
tenuto ad assicurare la copertura dei costi della gestione dei
servizi a domanda individuale prevista dalla lettera a) del medesimo
articolo 243, comma 2;
c) e’ tenuto ad assicurare, con i proventi della relativa tariffa,
la copertura integrale dei costi della gestione del servizio di
smaltimento dei rifiuti solidi urbani e del servizio acquedotto;
d) e’ soggetto al controllo sulle dotazioni organiche e sulle
assunzioni di personale previsto dall’articolo 243, comma 1;
e) e’ tenuto ad effettuare una revisione straordinaria di tutti i
residui attivi e passivi conservati in bilancio, stralciando i
residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilita’ da inserire nel
conto del patrimonio fino al compimento dei termini di prescrizione,
nonche’ una sistematica attivita’ di accertamento delle posizioni
debitorie aperte con il sistema creditizio e dei procedimenti di
realizzazione delle opere pubbliche ad esse sottostanti ed una
verifica della consistenza ed integrale ripristino dei fondi delle
entrate con vincolo di destinazione;
f) e’ tenuto ad effettuare una rigorosa revisione della spesa con
indicazione di precisi obiettivi di riduzione della stessa, nonche’
una verifica e relativa valutazione dei costi di tutti i servizi
erogati dall’ente e della situazione di tutti gli organismi e delle
societa’ partecipati e dei relativi costi e oneri comunque a carico
del bilancio dell’ente;
g) puo’ procedere all’assunzione di mutui per la copertura di
debiti fuori bilancio riferiti a spese di investimento in deroga ai
limiti di cui all’articolo 204, comma 1, previsti dalla legislazione
vigente, nonche’ accedere al Fondo di rotazione per assicurare la
stabilita’ finanziaria degli enti locali di cui all’articolo 243-ter,
a condizione che si sia avvalso della facolta’ di deliberare le
aliquote o tariffe nella misura massima prevista dalla lettera a) e
che provveda alla alienazione dei beni patrimoniali disponibili non
indispensabili per i fini istituzionali dell’ente alla
rideterminazione della dotazione organica ai sensi dell’articolo 259,
comma 6, fermo restando che la stessa non puo’ essere variata in
aumento per la durata del piano di riequilibrio.
9. In caso di accesso al Fondo di rotazione di cui all’articolo
243-ter, l’Ente deve adottare entro il termine dell’esercizio
finanziario le seguenti misure di riequilibrio della parte corrente
del bilancio:
a) a decorrere dall’esercizio finanziario successivo, riduzione
delle spese di personale, da realizzare in particolare attraverso
l’eliminazione dai fondi per il finanziamento della retribuzione
accessoria del personale dirigente e di quello del comparto, delle
risorse di cui agli articoli 15, comma 5, e 26, comma 3, dei
Contratti collettivi nazionali di lavoro del 1° aprile 1999
(comparto) e del 23 dicembre 1999 (dirigenza), per la quota non
connessa all’effettivo incremento delle dotazioni organiche;
b) entro il termine di un triennio, riduzione almeno del dieci per
cento delle spese per prestazioni di servizi, di cui all’intervento
03 della spesa corrente;
c) entro il termine di un triennio, riduzione almeno del
venticinque per cento delle spese per trasferimenti, di cui
all’intervento 05 della spesa corrente, finanziate attraverso risorse
proprie;
d) blocco dell’indebitamento, fatto salvo quanto previsto dal primo
periodo del comma 8, lettera g), per i soli mutui connessi alla
copertura di debiti fuori bilancio pregressi.
243-ter. (Fondo di rotazione per assicurare la stabilita’
finanziaria degli enti locali)
1. Per il risanamento finanziario degli enti locali che hanno
deliberato la procedura di riequilibrio finanziario di cui
all’articolo 243-bis lo Stato prevede un’anticipazione a valere sul
Fondo di rotazione, denominato: “Fondo di rotazione per assicurare la
stabilita’ finanziaria degli enti locali”.
2. Con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il
Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza
Stato-citta’ ed autonomie locali, da emanare entro il 30 novembre
2012, sono stabiliti i criteri per la determinazione dell’importo
massimo dell’anticipazione di cui al comma 1 attribuibile a ciascun
ente locale, nonche’ le modalita’ per la concessione e per la
restituzione della stessa in un periodo massimo di 10 anni decorrente
dall’anno successivo a quello in cui viene erogata l’anticipazione di
cui al comma 1.
3. I criteri per la determinazione dell’anticipazione attribuibile
a ciascun ente locale, nei limiti dell’importo massimo fissato in
euro 100 per abitante e della disponibilita’ annua del Fondo, devono
tenere anche conto:
a) dell’incremento percentuale delle entrate tributarie ed
extratributarie previsto nell’ambito del piano di riequilibrio
pluriennale;
b) della riduzione percentuale delle spese correnti previste
nell’ambito del piano di riequilibrio pluriennale.
243-quater. (Esame del piano di riequilibrio finanziario
pluriennale e controllo sulla relativa attuazione)
1. Entro 10 giorni dalla data della delibera di cui all’articolo
243-bis, comma 5, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale e’
trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte
dei Conti, nonche’ alla Commissione di cui all’articolo 155, che
assume la denominazione di Commissione per la stabilita’ finanziaria
degli enti locali. Entro il termine di 30 giorni dalla data di
presentazione del piano, un’apposita sottocommissione della predetta
Commissione, composta esclusivamente da rappresentanti scelti, in
egual numero, dai Ministri dell’interno e dell’economia e delle
finanze tra i dipendenti dei rispettivi Ministeri, svolge la
necessaria istruttoria anche sulla base delle Linee guida deliberate
dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti e delle
indicazioni fornite dalla competente Sezione regionale di controllo
della Corte dei Conti. All’esito dell’istruttoria, la
sottocommissione redige una relazione finale, con gli eventuali
allegati, che e’ trasmessa alla Sezione regionale di controllo della
Corte dei Conti dal competente Capo Dipartimento del Ministero
dell’interno e dal Ragioniere generale dello Stato, di concerto fra
loro.
2. In fase istruttoria, la sottocommissione di cui al comma 1 puo’
formulare rilievi o richieste istruttorie, cui l’ente e’ tenuto a
fornire risposta entro trenta giorni. Ai fini dell’espletamento delle
funzioni assegnate, la Commissione di cui al comma 1 si avvale, senza
diritto a compensi aggiuntivi, gettoni di presenza o rimborsi di
spese, di cinque segretari comunali e provinciali in disponibilita’,
nonche’ di cinque unita’ di personale, particolarmente esperte in
tematiche finanziarie degli enti locali, in posizione di comando o
distacco e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
3. La sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, entro
il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della documentazione
di cui al comma 1, delibera sull’approvazione o sul diniego del
piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio. In caso di
approvazione del piano, la Corte dei Conti vigila sull’esecuzione
dello stesso, adottando in sede di controllo, effettuato ai sensi
dell’articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266,
apposita pronuncia.
4. La delibera di accoglimento o di diniego di approvazione del
piano di riequilibrio finanziario pluriennale e’ comunicata al
Ministero dell’interno.
5. La delibera di approvazione o di diniego del piano puo’ essere
impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di
parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale
composizione che si pronunciano, nell’esercizio della propria
giurisdizione esclusiva in tema di contabilita’ pubblica, ai sensi
dell’articolo 103, secondo comma, della Costituzione, entro 30 giorni
dal deposito del ricorso. Le medesime Sezioni riunite si pronunciano
in unico grado, nell’esercizio della medesima giurisdizione
esclusiva, sui ricorsi avverso i provvedimenti di ammissione al Fondo
di rotazione di cui all’articolo 243-quater.
6. Ai fini del controllo dell’attuazione del piano di riequilibrio
finanziario pluriennale approvato, l’organo di revisione
economico-finanziaria dell’ente trasmette al Ministero dell’interno,
al Ministero dell’economia e delle finanze e alla competente Sezione
regionale della Corte dei Conti, entro quindici giorni successivi
alla scadenza di ciascun semestre, una relazione sullo stato di
attuazione del piano e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi
fissati dal piano stesso, nonche’, entro il 31 gennaio dell’anno
successivo all’ultimo di durata del piano, una relazione finale sulla
completa attuazione dello stesso e sugli obiettivi di riequilibrio
raggiunti.
7. La mancata presentazione del piano entro il termine di cui
all’articolo 243-bis, comma 5, il diniego dell’approvazione del
piano, l’accertamento da parte della competente Sezione regionale
della Corte dei conti di grave e reiterato mancato rispetto degli
obiettivi intermedi fissati dal piano, ovvero il mancato
raggiungimento del riequilibrio finanziario dell’ente al termine del
periodo di durata del piano stesso, comportano l’applicazione
dell”articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011,
con l’assegnazione al Consiglio dell’ente, da parte del Prefetto, del
termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del
dissesto.”;
s) all’articolo 248 il comma 5 e’ sostituito dai seguenti:
“5. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1 della legge 14
gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha
riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito
con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che
commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non possono
ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di
revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali
presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I
sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi
del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo
di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia,
di presidente di Giunta regionale, nonche’ di membro dei consigli
comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli
regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono
altresi’ ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di
assessore comunale, provinciale o regionale ne’ alcuna carica in enti
vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti, ove
riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della
Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di
cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile
lorda dovuta al momento di commissione della violazione.
5-bis. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1 della legge
14 gennaio 1994, n. 20, qualora, a seguito della dichiarazione di
dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilita’ nello
svolgimento dell’attivita’ del collegio dei revisori, o ritardata o
mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle
informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in
sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel
collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi
agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della
gravita’ accertata. La Corte dei conti trasmette l’esito
dell’accertamento anche all’ordine professionale di appartenenza dei
revisori per valutazioni inerenti all’eventuale avvio di procedimenti
disciplinari, nonche’ al Ministero dell’interno per la conseguente
sospensione dall’elenco di cui all’articolo 16, comma 25, del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,
dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Ai medesimi soggetti, ove
ritenuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della
Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di
cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile
lorda dovuta al momento di commissione della violazione.”.
2. Gli strumenti e le modalita’ di controllo interno di cui al
comma 1, lettera d), sono definiti con regolamento adottato dal
Consiglio e resi operativi dall’ente locale entro tre mesi dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, dandone comunicazione al
Prefetto ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei
conti. Decorso infruttuosamente il termine di cui al periodo
precedente, il Prefetto invita gli enti che non abbiano provveduto ad
adempiere all’obbligo nel termine di sessanta giorni. Decorso
inutilmente il termine di cui al periodo precedente il Prefetto
inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio ai sensi
dell’articolo 141 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli
enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e
successive modificazioni.
3. I rappresentanti del Ministero dell’interno e del Ministero
dell’economia e delle finanze nei collegi di revisione
economico-finanziaria degli enti locali, previsti dall’articolo 234,
comma 2-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono
scelti tra i soggetti in possesso di requisiti professionali adeguati
per l’espletamento dell’incarico. Con decreto di natura non
regolamentare del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, da adottare entro 120 giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti i
requisiti professionali di cui al precedente periodo e i criteri per
la designazione dei componenti di cui al comma 1, lettera m).
4. La disposizione di cui al comma 1, lettera m), si applica a
decorrere dal primo rinnovo dell’organo di revisione successivo alla
data di emanazione del decreto di cui al comma 3.
5. La condizione di deficitarieta’ strutturale di cui all’articolo
242, del citato Testo unico n. 267 del 2000, come modificato dal
comma 1, lettera p), continua ad essere rilevata, per l’anno 2013,
dalla tabella allegata al certificato sul rendiconto dell’esercizio
2011.
6. All’articolo 6 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149,
dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:
«2-bis. Il decreto di scioglimento del consiglio, disposto per le
inadempienze di cui al comma 2, conserva i suoi effetti per un
periodo di almeno dodici mesi, fino ad una massimo di quindici
mesi.».
7. La Commissione di cui all’articolo 155 del predetto Testo unico
n. 267 del 2000, ovunque citata, assume la denominazione di
Commissione per la stabilita’ finanziaria degli enti locali.
Titolo II

PROVINCE E COMUNI
Art. 4

Fondo di rotazione
1. Il Fondo di rotazione, denominato: “Fondo di rotazione per la
concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave
squilibrio finanziario” di cui all’articolo 243-ter del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dall’articolo 3 del
presente decreto, e’ istituito nello stato di previsione del
Ministero dell’interno con una dotazione di 30 milioni di euro per
l’anno 2012, 100 milioni per l’anno 2013 e 200 milioni per ciascuno
degli anni dal 2014 al 2020. Il predetto Fondo e’, altresi’,
alimentato dalle somme del Fondo rimborsate dagli enti locali
beneficiari.
2. Le somme di cui al comma 1 sono versate su apposita contabilita’
speciale intestata al Ministero dell’interno. I rientri delle
anticipazioni erogate sono versati dagli enti locali alla predetta
contabilita’ speciale.
3. Alla copertura degli oneri di cui al comma 1, pari a 30 milioni
di euro per l’anno 2012, a 100 milioni per l’anno 2013 e a 200
milioni per ciascuno degli anni dal 2014 al 2020, si provvede
mediante corrispondente riduzione, dello stanziamento del Fondo
speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale
2012-2014, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali»
della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del
Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2012, allo scopo
parzialmente utilizzando, quanto a 30 milioni di euro
l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali per gli anni 2012 e 2013, quanto a 70 milioni di euro
l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare per l’anno 2013 e, quanto a 200 milioni di
euro l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle
finanze per ciascuno degli anni dal 2014 al 2020. Al finanziamento
del Fondo si puo’ provvedere altresi’ ai sensi dell’articolo 11,
comma 3, lettera e), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
4. I commi 59 e 60 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n.
220, sono abrogati. Le somme, pari a 60 milioni di euro, iscritte nel
conto dei residui del capitolo n. 1349 dello stato di previsione del
Ministero dell’interno per l’anno 2012, sono destinate al Fondo di
rotazione di cui al comma 1.
5. Per l’anno 2012 la dotazione del Fondo di rotazione di cui al
comma 1 e’ incrementata della somma di 500 milioni di euro. Tale
importo e’ destinato esclusivamente al pagamento delle spese di parte
corrente relative a spese di personale, alla produzione di servizi in
economia e all’acquisizione di servizi e forniture, gia’ impegnate e
comunque non derivanti da riconoscimento di debiti fuori bilancio ai
sensi dell’articolo 194 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267. L’erogazione delle predette somme in favore degli enti locali
interessati e’ subordinata all’invio al Ministero dell’interno da
parte degli stessi di specifica attestazione sull’utilizzo delle
risorse. Alla copertura dell’onere di cui al primo periodo si
provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle
risorse di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), del
decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 27 del 24 marzo 2012, relativamente
alle spese correnti.
6. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Titolo II

PROVINCE E COMUNI
Art. 5

Anticipazione risorse dal Fondo di rotazione in favore degli enti
locali per i quali sussistono eccezionali squilibri strutturali di
bilancio
1. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui
all’articolo 243-bis e seguenti del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, come introdotti dal presente decreto, per gli enti che
chiedono di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario, in
presenza di eccezionali motivi di urgenza, puo’ essere concessa con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, un’anticipazione a valere sul Fondo di rotazione di
cui all’articolo 4 da riassorbire in sede di predisposizione e
attuazione del piano di riequilibrio finanziario. In caso di diniego
del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione
regionale di controllo della Corte dei Conti, ovvero di mancata
previsione nel predetto piano delle prescrizioni per l’accesso al
Fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter. del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le somme anticipate sono
recuperate secondo tempi e modalita’ disciplinati dal decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al primo periodo.

Titolo II

PROVINCE E COMUNI

Art. 6
Sviluppo degli strumenti di controllo della gestione finalizzati
all’applicazione della revisione della spesa presso gli enti locali
e ruolo della Corte dei Conti
1. Per lo svolgimento di analisi sulla spesa pubblica effettuata
dagli enti locali, il Commissario per la revisione della spesa
previsto dall’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, si
avvale dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica della Ragioneria
generale dello Stato ai quali sono affidate analisi su campione
relative alla razionalizzazione, efficienza ed economicita’
dell’organizzazione e sulla sostenibilita’ dei bilanci.
2. Le analisi di cui al comma 1 sono svolte ai sensi dell’articolo
14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sulla
base di modelli di accertamento concordati dalla Ragioneria generale
dello Stato con il Commissario di cui al comma 1 e deliberati dalla
Sezione delle autonomie della Corte dei conti. Gli esiti
dell’attivita’ ispettiva sono comunicati al predetto Commissario di
cui al comma precedente, alle Sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti e alla Sezione delle autonomie.
3. La Sezione delle autonomie della Corte dei conti definisce,
sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, le
metodologie necessarie per lo svolgimento dei controlli per la
verifica dell’attuazione delle misure dirette alla razionalizzazione
della spesa pubblica degli enti territoriali. Le Sezioni regionali
effettuano i controlli in base alle metodologie suddette anche
tenendo conto degli esiti dell’attivita’ ispettiva e, in presenza di
criticita’ della gestione, assegnano alle amministrazioni interessate
un termine, non superiore a trenta giorni, per l’adozione delle
necessarie misure correttive dirette a rimuovere le criticita’
gestionali evidenziate e vigilano sull’attuazione delle misure
correttive adottate. La Sezione delle autonomie riferisce al
Parlamento in base agli esiti dei controlli effettuati.
4. In presenza di interpretazioni discordanti delle norme rilevanti
per l’attivita’ di controllo o consultiva o per la risoluzione di
questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle
autonomie emana delibera di orientamento alla quale le Sezioni
regionali di controllo si conformano. Resta salva l’applicazione
dell’articolo 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nei
casi riconosciuti dal Presidente della Corte dei conti di eccezionale
rilevanza ai fini del coordinamento della finanza pubblica ovvero
qualora si tratti di applicazione di norme che coinvolgono
l’attivita’ delle Sezioni centrali di controllo.
Titolo II
PROVINCE E COMUNI
Art. 7

Ulteriori disposizioni in materia di Corte dei conti

1. Al fine di una piu’ efficiente attuazione delle disposizioni di
settore di cui al presente decreto:
a) il Presidente della sezione regionale di controllo della Corte
dei conti coordina le attivita’ amministrative della Corte stessa
presso la medesima Regione e puo’ avvalersi, per lo svolgimento della
funzione di controllo, anche di magistrati assegnati alla sezione
regionale giurisdizionale, nell’ambito delle risorse umane e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, sentito il Presidente
della sezione stessa. Le medesime disposizioni si applicano alle
sezioni istituite presso le province autonome di Trento e di
Bolzano.”;
b) con decreto del Presidente della Corte dei conti e’
individuato un magistrato assegnato alla sezione regionale di
controllo responsabile dell’attuazione, sulla base delle direttive
impartite dal Presidente della medesima sezione, dei compiti
attribuiti alla Corte dei conti dal presente decreto.

Titolo II

PROVINCE E COMUNI

Art. 8

Disposizioni in tema di patto di stabilita’ interno

1. Al comma 2, lettera a), dell’articolo 7 del decreto legislativo
6 settembre 2011, n. 149, nella formulazione anteriore alla modifica
apportata dall’articolo 4, comma 12-bis, del decreto-legge 2 marzo
2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile
2012, n. 44, il riferimento al 3 per cento delle entrate correnti
registrate nell’ultimo consuntivo si intende riferito all’ultima
annualita’ delle certificazioni al rendiconto di bilancio acquisita
dal Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 161 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle scadenze previste dal
decreto di cui al comma 2 del predetto articolo 161. Nel caso in cui
l’ente locale soggetto alla sanzione, alla data in cui viene
comunicata l’inadempienza da parte del Ministero dell’economia e
delle finanze, non abbia trasmesso la predetta certificazione al
rendiconto di bilancio, il riferimento e’ all’ultima certificazione
acquisita alla banca dati del Ministero dell’interno.
2. All’articolo 16, commi 6 e 7, del decreto-legge 6 luglio 2012,
n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.
135, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo periodo le parole: “entro il 30 settembre 2012.”
sono sostituite dalle seguenti: “entro il 15 ottobre 2012,
relativamente alle riduzioni da operare nell’anno 2012, ed entro il
31 gennaio 2013 relativamente alle riduzioni da operare per gli anni
2013 e successivi.”;
b) al terzo periodo le parole: “il 15 ottobre 2012” sono
sostituite dalle seguenti: “i 15 giorni successivi”.
3. All’articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,
dopo il comma 6, sono inseriti i seguenti:
“6-bis. Per l’anno 2012, ai comuni assoggettati nel 2012 alle
regole del patto di stabilita’ interno, non si applica la riduzione
di cui al comma 6. Gli importi delle riduzioni da imputare a ciascun
comune, definiti mediante i meccanismi di cui al secondo e terzo
periodo del comma 6, non sono validi ai fini del patto di stabilita’
interno e sono utilizzati esclusivamente per l’estinzione anticipata
del debito. Le risorse non utilizzate nel 2012 per l’estinzione
anticipata del debito sono recuperate nel 2013 con le modalita’ di
cui al comma 6. A tale fine i comuni comunicano al Ministero
dell’interno, entro il termine perentorio del 31 marzo 2013 e secondo
le modalita’ definite con decreto del Ministero dell’interno da
adottare entro il 31 gennaio 2013, l’importo non utilizzato per
l’estinzione anticipata del debito. In caso di mancata comunicazione
da parte dei comuni entro il predetto termine perentorio il recupero
nel 2013 e’ effettuato per un importo pari al totale del valore della
riduzione non operata nel 2012. Nel 2013 l’obiettivo del patto di
stabilita’ interno di ciascun ente e’ migliorato di un importo pari
al recupero effettuato dal Ministero dell’interno nel medesimo anno.
6-ter. Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma
6-bis, nel limite massimo di 500 milioni di euro per l’anno 2012, si
provvede mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato di
una corrispondente quota delle risorse disponibili sulla contabilita’
speciale 1778 “Agenzia delle entrate-Fondi di bilancio.”.
Titolo II

PROVINCE E COMUNI

Art. 9

Disposizioni in materia di verifica degli equilibri di bilancio degli
enti locali, di modifiche della disciplina IPT, di IMU, di
riscossione delle entrate, di cinque per mille
1. Per l’anno 2012 il termine del 30 settembre previsto
dall’articolo 193, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267, e’ differito al 30 novembre 2012, contestualmente
all’eventuale deliberazione di assestamento del bilancio di
previsione.
2. All’articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 1, e’ inserito il seguente: “1-bis. Le
formalita’ di cui al comma 1 possono essere eseguite su tutto il
territorio nazionale con ogni strumento consentito dall’ordinamento e
con destinazione del gettito dell’imposta alla Provincia ove ha sede
legale o residenza il soggetto passivo, inteso come avente causa o
intestatario del veicolo.”;
b) al comma 4, le parole: “di ciascuna provincia nel cui
territorio sono state eseguite le relative formalita’” sono
sostituite dalle seguenti: “della provincia titolare del tributo ai
sensi del comma 1-bis”.
3. All’articolo 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 12-bis, ultimo periodo, le parole: “30 settembre”
sono sostitute dalle seguenti: “31 ottobre”;
b) al comma 12-ter, ultimo periodo le parole: “30 settembre” sono
sostitute dalle seguenti: “30 novembre”.
4. In attesa del riordino della disciplina delle attivita’ di
gestione e riscossione delle entrate degli enti appartenenti ai
livelli di governo sub statale, e per favorirne la realizzazione, i
termini di cui all’articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e all’articolo 3, commi 24, 25 e
25-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono stabiliti al
30 giugno 2013. Fino a tale data e’ fatto divieto di procedere a
nuovi affidamenti delle attivita’ di gestione e riscossione delle
entrate e sono prorogati, alle medesime condizioni, anche
patrimoniali, i contratti in corso.
5. Per consentire una efficace gestione della procedura di
erogazione delle devoluzioni del 5 per mille dell’IRPEF disposte dai
contribuenti in favore delle associazioni del volontariato e delle
altre organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale, nonche’ delle
organizzazioni di promozione sociale e delle associazioni e
fondazioni riconosciute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a),
del decreto legislativo n. 460 del 1997, il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali stipula apposite convenzioni a titolo
gratuito ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241,
con l’Agenzia delle entrate, al fine della erogazione dei contributi
del 5 per mille alle medesime organizzazioni. La gratuita’ di cui al
precedente periodo si estende alle convenzioni gia’ in precedenza
stipulate con amministrazioni pubbliche per le attivita’ di cui al
medesimo comma e in relazione agli anni finanziari 2010, 2011 e 2012.
6. Al comma 3 dell’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio
2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012,
n. 27, le parole da: “e gli elementi” fino alla fine, sono sostituite
dalle seguenti: “, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione
del rapporto proporzionale, nonche’ i requisiti, generali e di
settore, per qualificare le attivita’ di cui alla lettera i) del
comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
504, come svolte con modalita’ non commerciali.”.

Titolo II

PROVINCE E COMUNI
Art. 10

Disposizioni in materia di Agenzia Autonoma per la gestione dell’Albo
dei segretari comunali e provinciali

1. Al fine di consentire il definitivo perfezionamento delle
operazioni contabili e organizzative connesse al trasferimento delle
funzioni gia’ facenti capo all’Agenzia Autonoma per la gestione
dell’Albo dei segretari comunali e provinciali, di cui all’articolo
7, commi 31-ter e seguenti, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il
termine di cui all’articolo 23, comma 12-novies, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7
agosto 2012, n. 135, e’ prorogato al 31 luglio 2013. Fino alla
predetta data continua ad applicarsi il sistema di contribuzione
diretta a carico degli enti locali.
2. La Scuola Superiore per la formazione e la specializzazione dei
dirigenti della pubblica amministrazione locale, di seguito
denominata: “Scuola”, e’ soppressa. Il Ministero dell’interno succede
a titolo universale alla predetta Scuola e le risorse strumentali e
finanziarie e di personale ivi in servizio sono trasferite al
Ministero medesimo.
3. I predetti dipendenti con contratto a tempo indeterminato sono
inquadrati nei ruoli del Ministero dell’interno sulla base della
tabella di corrispondenza approvata col decreto del Ministro
dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, di cui all’articolo 7, comma 31-quater, del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 2010, n. 122. I dipendenti trasferiti mantengono il
trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle
voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell’inquadramento.
4. Per garantire la continuita’ delle funzioni svolte dalla Scuola,
fino all’adozione del regolamento di cui al comma 6, l’attivita’
continua ad essere esercitata dalla Scuola stessa presso la sede e
gli uffici a tale fine utilizzati.
5. La disposizione di cui all’articolo 7, comma 31-sexies, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, continua ad applicarsi anche per
gli oneri derivanti dal comma 2 del presente articolo.
6. Al fine di assicurare il perfezionamento del processo di
riorganizzazione delle attivita’ di interesse pubblico gia’ facenti
capo all’Agenzia Autonoma per la gestione dell’Albo dei segretari
comunali e provinciali, previsto dall’articolo 7, commi 31-ter e
seguenti, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonche’ quelle
connesse all’attuazione di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo,
con regolamento, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il termine di cui al comma
1 del presente articolo, su proposta del Ministro dell’interno, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro
per la pubblica amministrazione e la semplificazione, si provvede,
fermo restando il numero delle strutture dirigenziali di livello
generale e non generale, risultante dall’applicazione delle misure di
riduzione degli assetti organizzativi disposti dal decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 135, alla riorganizzazione delle strutture del
Ministero dell’interno per garantire l’esercizio delle funzioni
trasferite. Con il medesimo regolamento, ai fini dell’inquadramento
del personale con contratto a tempo indeterminato, e’ istituita una
apposita sezione nei ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno
corrispondente al numero degli inquadramenti da disporre ai sensi del
decreto di cui all’articolo 7, comma 31-quater, del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 2010, n. 122, e del comma 3 del presente articolo.
7. E’ istituito, a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, presso il Ministero dell’interno, il Consiglio
direttivo per l’Albo Nazionale dei segretari comunali e provinciali,
presieduto dal Ministro dell’interno, o da un Sottosegretario di
Stato appositamente delegato, e composto dal Capo Dipartimento per
gli Affari Interni e territoriali, dal Capo del Dipartimento per le
politiche del personale dell’Amministrazione Civile e per le risorse
strumentali e finanziarie, da due prefetti dei capoluoghi di regione
designati a rotazione ogni tre anni, dai Presidenti di ANCI e UPI o
dai loro delegati, da un rappresentante dell’ANCI e da un
rappresentante dell’UPI. Il Ministro dell’interno, su proposta del
Consiglio Direttivo, sentita la Conferenza Stato Citta’ e Autonomie
locali:
a) definisce le modalita’ procedurali e organizzative per la
gestione dell’albo dei segretari, nonche’ il fabbisogno di segretari
comunali e provinciali;
b) definisce e approva gli indirizzi per la programmazione
dell’attivita’ didattica ed il piano generale annuale delle
iniziative di formazione e di assistenza, verificandone la relativa
attuazione;
c) provvede alla ripartizione dei fondi necessari all’espletamento
delle funzioni relative alla gestione dell’albo e alle attivita’
connesse, nonche’ a quelle relative alle attivita’ di reclutamento,
formazione e aggiornamento dei segretari comunali e provinciali, del
personale degli enti locali, nonche’ degli amministratori locali;
d) definisce le modalita’ di gestione e di destinazione dei beni
strumentali e patrimoniali di cui all’articolo 7, comma 31-ter, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
8. Per la partecipazione alle sedute del Consiglio direttivo non e’
previsto alcun tipo di compenso ne’ rimborso spese a carico del
bilancio dello Stato.
9. L’attuazione delle disposizioni del presente articolo non
determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Titolo III

SISMA DEL MAGGIO 2012

Art. 11
Ulteriori disposizioni per il favorire il superamento delle
conseguenze del sisma del maggio 2012

1. Al fine della migliore individuazione dell’ambito di
applicazione del vigente articolo 3-bis del decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto
2012, n. 135, e per favorire conseguentemente la massima celerita’
applicativa delle relative disposizioni:
a) nel decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122:
1) all’articolo 1, dopo il comma 5 e’ aggiunto il seguente:
“5-bis. I Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e
Veneto, in qualita’ di Commissari Delegati, possono delegare le
funzioni attribuite con il presente decreto ai Sindaci dei Comuni ed
ai Presidenti delle Province nel cui rispettivo territorio sono da
effettuarsi gli interventi oggetto della presente normativa.
Nell’atto di delega devono essere richiamate le specifiche normative
statali e regionali cui, ai sensi delle vigenti norme, e’ possibile
derogare e gli eventuali limiti al potere di deroga.”;
2) all’articolo 3, dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
“1-bis. I contratti stipulati dai privati beneficiari di contributi
per l’esecuzione di lavori e per l’acquisizione di beni e servizi
connessi agli interventi di cui al comma 1, lettera a), non sono
ricompresi tra quelli previsti dall’articolo 32, comma 1, lettere d)
ed e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
resta ferma l’esigenza che siano assicurati criteri di economicita’ e
trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche. Restano fermi i
controlli antimafia previsti dall’articolo 5-bis da effettuarsi
secondo le linee guida del Comitato di coordinamento per l’alta
sorveglianza delle grandi opere”;
3) all’articolo 4, comma 1, lettera a), e’ aggiunto, in fine,
il seguente periodo: “Qualora la programmazione della rete scolastica
preveda la costruzione di edifici in sedi nuove o diverse, le risorse
per il ripristino degli edifici scolastici danneggiati sono comunque
prioritariamente destinate a tale scopo.”;
4) all’articolo 5-bis sono apportate le seguenti modificazioni:
4.1) il comma 1 e’ sostituito dal seguente: “1. Per l’efficacia dei
controlli antimafia concernenti gli interventi previsti nel presente
decreto, presso le prefetture-uffici territoriali del Governo delle
province interessate alla ricostruzioni sono istituiti elenchi di
fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti
a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei settori di cui al
comma 2, cui si rivolgono gli esecutori dei lavori di ricostruzione.
Per l’affidamento e l’esecuzione, anche nell’ambito di subcontratti,
di attivita’ indicate nel comma 2 e’ necessario comprovare quantomeno
l’avvenuta presentazione della domanda di iscrizione negli elenchi
sopracitati presso almeno una delle prefetture -uffici territoriali
del Governo delle province interessate.”;
4.2) al comma 2, dopo la lettera h), e’ aggiunta la seguente:
“h-bis) gli ulteriori settori individuati, per ogni singola Regione,
con ordinanza del Presidente in qualita’ di Commissario delegato,
conseguentemente alle attivita’ di monitoraggio ed analisi delle
attivita’ di ricostruzione”.
5) all’articolo 7, dopo il comma 1, e’ aggiunto il seguente:
“1-bis Ai comuni di cui all’articolo 1, comma 1, non si applicano le
sanzioni per mancato rispetto del patto di stabilita’ interno 2011,
ai sensi dell’articolo 7, comma 2 e seguenti, del decreto legislativo
6 settembre 2011, n. 149”;
b) le disposizioni di attuazione del credito d’imposta e dei
finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione di cui
all’articolo 3-bis, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,
sono quelle di cui al Protocollo d’intesa tra il Ministro
dell’economia e delle finanze e i Presidenti delle regioni Emilia-
Romagna, Lombardia e Veneto, sottoscritto in data 4 ottobre 2012. I
Presidenti delle predette regioni assicurano in sede di attuazione
del Protocollo il rispetto del limite di spesa autorizzato allo scopo
a legislazione vigente.
2. Al comma 6 dell’articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,
dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: “Per gli anni 2012 e
2013 ai Comuni, di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6
giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1°
agosto 2012, n. 122, non si applicano le disposizioni recate dal
presente comma, fermo restando il complessivo importo delle riduzioni
ivi previste di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e di 2.000
milioni di euro per l’anno 2013.”.
3. All’articolo 15 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74,
convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 dopo le parole: “una indennita’,” sono inserite le
seguenti: “definita anche secondo le forme e le modalita’ previste
per la concessione degli ammortizzatori in deroga ai sensi
dell’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 285,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2,”;
b) al comma 2 le parole da:”di cui all’articolo 19″ fino a: “n. 2”
sono sostituite dalle seguenti: “da definire con il decreto di cui al
comma 3,”.
4. Per ragioni attinenti agli eventi sismici che hanno interessato
le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nel maggio 2012, alle
richieste di anticipazione della posizione individuale maturata di
cui all’articolo 11, comma 7, lettere b) e c), del decreto
legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, avanzate da parte degli aderenti
alle forme pensionistiche complementari residenti nelle province di
Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, si applica
in via transitoria quanto previsto dall’articolo 11, comma 7, lettera
a), del citato decreto legislativo n. 252 del 2005, a prescindere dal
requisito degli otto anni di iscrizione ad una forma pensionistica
complementare, secondo le modalita’ stabilite dagli statuti e dai
regolamenti di ciascuna specifica forma pensionistica complementare.
Il periodo transitorio ha durata triennale a decorrere dal 22 maggio
2012.
5. In considerazione della mancata sospensione degli obblighi dei
sostituti di imposta, conseguente al decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze 1° giugno 2012, pubblicato nella
Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 6 giugno 2012, n. 130, i
sostituti di cui al predetto decreto che, a partire dal 20 maggio
2012, non hanno adempiuto agli obblighi di riversamento delle
ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, nonche’ sui
redditi di lavoro autonomo, e relative addizionali gia’ operate
ovvero che non hanno adempiuto alla effettuazione e al riversamento
delle stesse successivamente a tale data, regolarizzano gli
adempimenti e i versamenti omessi entro il 16 dicembre 2012, senza
applicazione di sanzioni e interessi. Effettuato il versamento, i
sostituti operano le ritenute IRPEF sui redditi di lavoro dipendente
e assimilati e relative addizionali nei limiti di cui all’articolo 2
del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180.
6. I pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e
assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, sospesi
ai sensi dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze 1°
giugno 2012 e 24 agosto 2012, pubblicati nella Gazzetta ufficiale
della Repubblica italiana, rispettivamente, del 6 giugno 2012, n.
130, e del 30 agosto 2012, n. 202, nonche’ dell’articolo 8, comma 1,
del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, sono effettuati
entro il 16 dicembre 2012, senza applicazione di sanzioni e
interessi.
7. Fermo restando l’obbligo di versamento nei termini previsti, per
il pagamento dei tributi, contributi e premi di cui al comma 6,
nonche’ per gli altri importi dovuti dal 1° dicembre 2012 al 30
giugno 2013, i titolari di reddito di impresa che, limitatamente ai
danni subiti in relazione alla attivita’ di impresa, hanno i
requisiti per accedere ai contributi di cui all’articolo 3 del
decreto-legge 6 giugno 2012 n. 74, convertito, con modificazioni,
dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, ovvero all’articolo 3-bis del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, in aggiunta ai predetti
contributi, possono chiedere ai soggetti autorizzati all’esercizio
del credito operanti nei territori di cui all’articolo 1, comma 1,
del citato decreto-legge n. 74 del 2012, un finanziamento, assistito
dalla garanzia dello Stato, della durata massima di due anni. A tale
fine, i predetti soggetti finanziatori possono contrarre
finanziamenti, secondo contratti tipo definiti con apposita
convenzione tra la Cassa depositi e prestiti e l’Associazione
bancaria italiana, assistiti dalla garanzia dello Stato, fino ad un
massimo di 6.000 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 5, comma 7,
lettera a), secondo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n.
269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n.
326. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da
adottare entro 7 giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono concesse le garanzie dello Stato di cui al presente
comma e sono definiti i criteri e le modalita’ di operativita’ delle
stesse. Le garanzie dello Stato di cui al presente comma sono
elencate nell’allegato allo stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 31 della legge 31
dicembre 2009, n. 196.
8. I soggetti finanziatori di cui al comma 7 comunicano all’Agenzia
delle entrate i dati identificativi dei soggetti che omettono i
pagamenti previsti nel piano di ammortamento, nonche’ i relativi
importi, per la loro successiva iscrizione, con gli interessi di
mora, a ruolo di riscossione.
9. Per accedere al finanziamento di cui al comma 7, i contribuenti
ivi indicati presentano ai soggetti finanziatori di cui al medesimo
comma:
a) una autodichiarazione, ai sensi dell’articolo 47 del decreto
del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e
successive modificazioni, che attesta:
1) il possesso dei requisiti per accedere ai contributi di cui
all’articolo 3 del predetto decreto-legge n. 74 del 2012, ovvero
dell’articolo 3-bis del predetto decreto-legge n. 95 del 2012;
nonche’
2) la circostanza che i danni subiti in occasione degli eventi
sismici, come comprovati dalle perizie occorrenti per accedere ai
contributi di cui al numero 1), sono stati di entita’ effettivamente
tale da condizionare ancora una ripresa piena della attivita’ di
impresa;
b) copia del modello di cui al comma 11, presentato telematicamente
all’Agenzia delle entrate, nel quale sono indicati i versamenti di
cui al comma 6 sospesi fino al 30 novembre 2012, l’importo da pagare
dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013, nonche’ della ricevuta che ne
attesta la corretta trasmissione;
c) alle rispettive scadenze, per gli altri importi di cui al comma
7, copia dei modelli di pagamento relativi ai versamenti riferiti al
periodo dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013.
10. Gli interessi relativi ai finanziamenti erogati, nonche’ le
spese strettamente necessarie alla loro gestione, sono corrisposti ai
soggetti finanziatori di cui al comma 7 mediante un credito di
imposta di importo pari, per ciascuna scadenza di rimborso,
all’importo relativo agli interessi e alle spese dovuti. Il credito
di imposta e’ utilizzabile ai sensi dell’articolo 17 del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza applicazione del limite di
cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ovvero puo’
essere ceduto secondo quanto previsto dall’articolo 43-ter del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. La
quota capitale e’ restituita dai soggetti di cui al comma 7 a partire
dal 1° luglio 2013 secondo il piano di ammortamento definito nel
contratto di finanziamento.
11. Con provvedimento del Direttore della Agenzia delle entrate da
adottare entro il 31 ottobre 2012, e’ approvato il modello indicato
al comma 9, lettera b), idoneo altresi’ ad esporre distintamente i
diversi importi dei versamenti da effettuare, nonche’ sono stabiliti
i tempi e le modalita’ della relativa presentazione. Con analogo
provvedimento possono essere disciplinati modalita’ e tempi di
trasmissione all’Agenzia delle entrate, da parte dei soggetti
finanziatori, dei dati relativi ai finanziamenti erogati e al loro
utilizzo, nonche’ quelli di attuazione del comma 8.
12. Ai fini del monitoraggio dei limiti di spesa, l’Agenzia delle
entrate comunica al Ministero dell’economia e delle finanze i dati
risultanti dal modello di cui al comma 9, lettera b), i dati delle
compensazioni effettuate dai soggetti finanziatori per la fruizione
del credito d’imposta e i dati trasmessi dai soggetti finanziatori.
13. Agli oneri derivanti dal comma 10, stimati in 145 milioni di
euro per l’anno 2013 e in 70 milioni di euro per l’anno 2014, si
provvede a valere sulle risorse di cui all’articolo 7, comma 21, del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, derivanti dalle riduzioni di spesa
previste dallo stesso decreto. Agli eventuali scostamenti rispetto ai
predetti importi, dovuti a variazioni dei tassi di interesse
monitorati dal Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento
del tesoro, si provvede a valere sulle medesime risorse di cui al
periodo precedente.

Titolo III

SISMA DEL MAGGIO 2012

Art. 12

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione
in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi’ 10 ottobre 2012
NAPOLITANO

Monti, Presidente del Consiglio dei
Ministri

Cancellieri, Ministro dell’interno

Grilli, Ministro dell’economia e
delle finanzeInizio modulo

I ricandidati facciamoli sparire!!!

Io queste persone non le voglio vedere più in parlamento né in ogni altra istituzione della Repubblica Italiana!! Non sono le sole ma insieme a queste devono sparire tutti gli altri figuri che da anni impediscono l’attuazione dei principi democratici elaborati dai nostri padri costituenti. Occorre che la popolazione si mobiliti e si indigni affinché non si ripeta la scena di un brutto film a cui ormai assistiamo da anni. I partiti che faranno lo sbaglio di candidarli non dovranno avere un solo voto e spero saranno seppelliti dalla storia! La loro elezione è la morte politica del nostro paese.

Regioni: Le mani nella marmellata

Possibile che da qualche giorno tutti gli amministratori regionali compresi i Presidenti e Governatori dichiarano di essere in procinto di tagli e sforbiciate di riduzioni di comandi e di personale, come se ciò fosse utile a ricostruirsi una verginità senza considerare che l’unico atto utile e dignitoso sarebbe solo ed esclusivamente quello della restituzione del mal tolto alla pubblica utilità, perché delle due l’una o questi soldi erano necessari ed allora non possono essere tagliati oppure se vengono tagliati allora c’è l’ammissione che erano mal dati ed allora devono essere restituiti! Come del pari devono essere restituiti tutti quei soldi che hanno preso tutti quei partiti estinti, morti e sepolti. Io al Comune di Napoli, come consigliere comunale, come fondo del gruppo consiliare in quest’anno avrei diritto ad avere circa 1.024 €. per attività politica da rendicontare centesimo per centesimo, quelli del 2011 non li ho neppure spesi, mentre da un anno vado dicendo che il contratto di consultazione che abbiamo con l’ANSA di oltre centomila euro all’anno a disposizione di tutti i consiglieri (che però non si possono collegare contemporaneamente) è assolutamente inconcepibile, come lo è la rassegna stampa che abbiamo appaltato all’esterno e che ci costa altrettanto. Non credo che si debba fare a gara a chi taglia di più ma sono convinto che di sprechi ce ne sono ed ogni uno di noi che incappa in uno di questi ha il dovere di mettere al centro della discussione il problema. Ormai l’indignazione è a livelli stratosferici perché a questi li abbiamo colti con il barattolo della marmellata vuota mentre si stavano leccando ancora le dita….

Angelo Agrippa corriere del mezzogiorno del 26.09.2012

NAPOLI — Un emendamento presentato dai capigruppo consiliari sarà approvato oggi in consiglio regionale per tagliare del 50 per cento i fondi pubblici destinati ai gruppi politici; del 50 per cento i fondi per l’assunzione degli assistenti (i cosiddetti portaborse); del 25 per cento gli stanziamenti per le prestazioni giornalistiche e una drastica diminuzione dei ‘‘comandati”, vale a dire dei 94 dipendenti provenienti da altre strutture pubbliche, ma pagati profumatamente, attraverso il salario accessorio, dagli uffici del Centro direzionale. Infine, sarà varata pure una norma di principio per stabilire che d’ora in poi qualunque attribuzione finanziaria destinata al consiglio regionale campano dovrà risultare la meno onerosa tra quelle contemplate dai bilanci di ogni assemblea regionale d’Italia. Paolo Romano, presidente pidiellino del consiglio regionale campano, è di ritorno dalla riunione nella quale il segretario nazionale del partito, Angelino Alfano, ha chiesto misure concrete di contenimento dei costi della politica.
Romano, perché solo ora avete deciso di tagliare della metà i fondi per i gruppi consiliari e per gli assistenti?
«È ingeneroso dire, dopo due anni di lavoro per ridurre le spese eccessive, che soltanto ora ci siamo accorti della necessità di contenere i costi. Continuiamo il percorso intrapreso, consapevoli pure che il clima provocato dalle recenti vicende del Lazio richieda una risposta immediata e responsabile da parte della classe politica. Ma il nostro impegno è dimostrato da tempo: a luglio scorso abbiamo varato la legge Campania zero, cancellando i gruppi costituiti da un solo consigliere; riducendo le indennità del 30 per cento; abolendo tutte le auto blu, tranne quelle del presidente della giunta e del presidente del consiglio; e non abbiamo speso un euro di consulenze».
Ciò che viene fuori oggi, dopo lo scandalo del Lazio, è che si tagliano spese ma poi si tenta di compensare le riduzioni con altre dotazioni, riferite, magari, ad altre voci.
«Le assicuro che non è così. Non ci saranno compensazioni alle riduzioni di spesa, né occulte, né alternative. Anzi, le anticipo che oltre ai tagli contenuti nell’emendamento, procederemo ad altre revisioni di spesa entro l’anno».
Quali?
«Stiamo valutando ogni aspetto del bilancio. Probabilmente, c’è ancora altro da tagliare nei servizi. Pochi giorni fa abbiamo rescisso il contratto di locazione di alcuni locali del Centro direzionale che ci consentiranno un ulteriore risparmio di oltre un milione di euro: risparmieremo sul servizio di guardiania, sulla squadra di pulizie».
Vi sono altri locali in affitto che possono essere tagliati?
«Stiamo verificando nel dettaglio».
Per statuto, nel consiglio regionale campano è possibile costituire un gruppo politico con almeno due consiglieri, sempreché sia collegato a una rappresentanza dello stesso partito in sede nazionale o europea. Ma l’Udeur non ha rappresentanza organizzata nel parlamento nazionale e in Europa: Mastella fu eletto a Bruxelles con il Pdl.
«Sì, ma come indipendente. Poi, mi sembra abbia aderito al Ppe. Comunque, a verificare la congruità della costituzione del gruppo Udeur in consiglio regionale ci ha pensato la struttura di supporto all’ufficio di presidenza».
Tutto regolare?
«Credo proprio di sì».
Lei ha annunciato che saranno drasticamente tagliati i cosiddetti «comandati» che, oggi, sono 94 e pesano sul bilancio del consiglio. Mentre con i distaccati si arriva a 187 unità. Quante posizioni di comando revocherete?
«Credo che ridurremo i ‘‘comandati” fino ad arrivare a sole 20, 25 posizioni. Ma si sappia che non siamo contrari all’istituto della mobilità, bensì siamo costretti a queste sforbiciate perché non riusciamo a sostenere i costi. Già nel 2010 ci ritrovammo con 250 ‘‘comandati” e il primo sfoltimento ci ha consentito di fare un significativo passo in avanti in direzione della riduzione dei costi».
Quale criterio seguirete per revocare gli incarichi?
«Ogni gruppo consiliare esaminerà le proprie esigenze: chi, per esempio, presenta tre comandati, ne rimarrà con uno solo».
Romano, a quanto ammonta la dotazione del suo ufficio per le spese di rappresentanza?
«Quarantanovemila euro l’anno. Tutto certificato».
Mai organizzate cene nel suo sontuoso appartamento di rappresentanza?
«No, mai. Lo utilizzo raramente e esclusivamente per occasioni di rappresentanza. E poi, non c’è nulla di sontuoso: è un ufficio, né più, né meno».

Le facce immobili

Oggi (24.09.2012) leggo la lettera di Susanna Tamaro su il Corriere della Sera che credo rappresenti un sentimento che serpeggia e si rafforza da anni nei cittadini italiani. Condivido gli argomenti ed il senso di frustrazione aggravato dallo scandalo nelle regioni. La Polverini pensa ancora a dimissioni si dimissioni no, ma come è possibile mi chiedo che questa classe politica non comprende ancora che è finita l’epoca delle tre carte. Occorrono gesti esemplari in grado di contagiare gli altri partiti ed uomini politici. Non ci servono più proclami ma fatti concreti in grado di ridare fiducia ai cittadini ed invece abbiamo facce immobili che si presentano sempre allo stesso modo, le stesse facce che affogano il ricambio generazionale, quelle che con arroganza ambiscono a ricoprire solo ed essi stessi sempre gli stessi ruoli scambiandoseli a vicenda senza alcuna considerazione delle capacità e della forze che è insita nei giovani portatori di audacia e cambiamento, se non fossero appositamente annichiliti. Facce immobili che si oppongono alle dimissioni della Poliverini …

Corriere della sera del 24.09.2012

la Platea Vuota della Politica

di SUSANNA TAMARO

Leggo le cronache di questi giorni che coinvolgono i politici della Regione Lazio, ma non solo loro, purtroppo. Sono semplicemente una persona responsabile che non può non farsi alcune domande. Sono stata una grande contribuente dello Stato, senza mai ascoltare le sirene dell’evasione; nessuno mi ha mai smosso dalla convinzione che è giusto e doveroso pagare le tasse. Davanti all’ennesimo «scandalo» che travolge la nostra classe politica, non posso che provare un senso di ribellione e di disgusto.
A PAGINA 39

Q ualche anno fa ho trascorso una rigida giornata invernale nel piazzale antistante il palazzo della Regione Lazio alla Garbatella. Non ero andata per una manifestazione di protesta — in quei giorni brillava sulle cronache la squallida vicenda Marrazzo — ma per piantare degli alberi. Il comitato di quartiere, infatti, stufo del degrado aveva cominciato a sistemare di sua iniziativa l’enorme appezzamento antistante al cupo palazzo concavo, piantando erba e alberi. Io ero andata lì per la seconda parte dell’iniziativa sostenuta da Lega Ambiente. Impiantare un frutteto e degli orti. Credo profondamente, infatti, in queste azioni dal basso che, grazie alla creatività e alla buona volontà dei cittadini, sopperiscono alla trascuratezza e al menefreghismo di una parte della classe politica. Nonostante il freddo, di quella giornata mi è rimasto il ricordo bellissimo dei tanti incontri fatti e di quei fragili alberi piantati di fronte al simbolo dell’arroganza e dello spreco. Già, perché nonostante tutti i soldi che ora sappiamo essere passati per quelle casse a nessuno è mai venuto in mente che quel luogo di degrado di fronte agli uffici del potere potesse venire sistemato a beneficio della bellezza e della qualità della vita dei cittadini. «Ma durante l’estate come farete?» ho chiesto a un gruppo di adorabili pensionati che piantavano insieme a me. «Non vedo rubinetti». «Faremo i turni», mi hanno risposto. «Ognuno di noi, da casa, porterà una o due bottiglie di acqua e con quelle daremo da bere agli alberi». In questi anni spesso ho ripensato al loro frutteto che, spiritualmente, considero un po’ anche mio. Ce l’avranno fatta a sopravvivere le piante con l’acqua dei rubinetti dei pensionati, con l’aria asfittica dello smog? Saranno riusciti a fiorire e a coprirsi di frutta?
Leggendo le cronache di questi giorni che coinvolgono i politici della Regione Lazio — ma non solo loro, purtroppo — quella giornata prende per me un significato particolare. Non sono un politico né un economista né un opinionista di qualsivoglia corrente, ma semplicemente una persona responsabile che osserva le cose e che, quindi, non può non farsi alcune domande. Sono stata, in anni passati, una grande contribuente dello Stato, senza mai ascoltare le sirene dell’evasione; nessuno, infatti, mi ha mai smosso dalla convinzione che è giusto e doveroso pagare le tasse senza alcun sotterfugio, perché i soldi che avrei potuto sottrarre alle isole Comore — come mi era stato allora consigliato da più parti — dovevano servire a finanziare gli ospedali, a costruire strade, a far funzionare meglio la scuola e tutte quelle istituzioni che rendono una società civile e degna di questo nome.
Ma davanti all’ennesimo «scandalo» che travolge la nostra classe politica, vedendo il modo sconsiderato, offensivo e folle in cui vengono usati i nostri soldi, non posso che provare un senso di ribellione e di disgusto. Ho chiesto molte volte che mi venga spiegato per quale ragione la classe politica debba godere di una quantità così vergognosa di privilegi economici. Non ho mai avuto una risposta soddisfacente. «Perché hanno delle grosse responsabilità», si dice. Ma perché, chi conduce un treno o chi insegna in una scuola o un chirurgo che opera non hanno altrettante responsabilità? La società si regge sul senso della responsabilità di tutti. Quali sono le responsabilità di questa pletora di figure indistinte che navigano nel florido universo delle Province, delle Regioni e dell’apparato dello Stato? E perché chi viene eletto considera il suo posto una roccaforte inespugnabile da cui nessuno scandalo e nessuna vergogna sarà mai in grado di muoverlo? Perché dobbiamo subire l’indegnità di queste persone? Quale perverso sistema permette loro di rimanere sempre in sella, senza pagare mai? Perché lo Stato, cioè noi — tanto per fare un semplice esempio — dobbiamo pagare anche i loro pranzi al ristorante della Camera e del Senato pur essendo tutti forniti di stipendi vertiginosi e di una quantità di prebende che fanno vergognare qualsiasi Paese democratico? Non è forse questo uno dei tanti schiaffi lanciati in faccia alle moltissime famiglie che non sono più in grado di pagare la mensa dell’asilo e della scuola elementare dei loro figli?
Perché nessuno di loro ha mai detto: mi vergogno di questo privilegio e spontaneamente vi rinuncio? Perché non hanno dato nessun segno reale e immediato di solidarietà e di compartecipazione alle difficoltà del Paese? Si sono tutti limitati a un generico impegno di cambiamento futuro e, invece di agire, di essere d’esempio, hanno continuato a parlare, indifferenti della reale portata degli avvenimenti. Ogni sera, i telegiornali ci impongono almeno un quarto d’ora di esasperanti dichiarazioni di politici — sempre gli stessi — che annunciano, denunciano, promettono, minacciano, si insultano, sempre con le stesse trite e ritrite parole. Davanti a questo spettacolo che si ripete immutato da anni, provo qualcosa che va al di là dell’irritazione e della rabbia, tanto che ormai, appena vedo le loro facce, abbasso il volume e aspetto che scompaiono.
Tutti questi volti che da anni ci inseguono nelle case, invecchiando sotto i nostri occhi, non sono poi molti diversi da una compagnia di attori filodrammatici che continua a calcare il palcoscenico con l’inerzia della routine, accecata dalla luce della ribalta, senza riuscire a vedere le reazioni del pubblico in platea. Contornati dalla selva dei microfoni perennemente accesi davanti alle loro bocche, non si sono accorti che il pubblico, nel frattempo, se ne è andato, la sala è vuota e lo sarà anche per le prossime repliche in programma. Non hanno capito che, malgrado tutto questo loro muoversi, stringere alleanze, balenare nuovi finti orizzonti in previsione delle prossime elezioni, probabilmente il partito che riscuoterà maggior successo sarà quello delle urne vuote. Tutte le persone che ho incontrato negli ultimi mesi, infatti, persone normali, con vite e professioni normali, mi hanno confessato che, se non cambia qualcosa in modo radicale, non andranno a votare. Esiste un’Italia che non si fa arpionare dagli istrionici populismi di pancia, che non è qualunquista; un’Italia trasversale per età e per condizioni sociali; un’Italia costruttiva, positiva, etica, che non riesce più riconoscersi in nessuno dei protagonisti della politica di questi ultimi vent’anni. Un’Italia capace di affrontare i sacrifici per il bene comune, come abbiamo potuto vedere in questi ultimi mesi, ma che desidera in cambio una classe politica che, da subito, sappia a sua volta fare sacrifici, che sappia rinnovarsi nel segno della serietà, della sobrietà e della responsabilità. È l’Italia dei pensionati e della tante brave persone che nel silenzio, umilmente e con passione, con le loro bottiglie portano l’acqua da casa per far crescere e sopravvivere gli alberi da frutta piantati nel luogo dell’abbandono e del degrado.

L’utopia della politica ed i costi dei politicanti

Ritorno sull’argomento perché è una cosa che mi colpisce particolarmente e mi fa schifo, si è scoperto non il vaso di pandora ma quello da notte! La questione ovviamente dal punto di vista del diritto penale potrebbe anche non avere rilevanza ma dal punto di vista della moralità di questa classe politica si! La legislazione regionale della Campania per quello che ho capito, infatti, non prevede l’obbligo di rendicontazione delle cd. spese politiche e di rappresentanza potendosi con ciò inserire (direbbe qualcuno) laqualunque a giustificazione delle spese, ma la cosa è ovviamente ancora più grave perché alla eventuale violazione ed abuso di uno si sostituisce ed emerge la inadeguatezza di un intero sistema ed un pactum sceleris di un intera classe politica volto unicamente a proteggersi facendo in modo di rientrare delle cd. spese elettorali con un surplus significativo.  Non è possibile stringere la cinghia intorno al collo dei cittadini per poi succhiare le sostanze di uno stato in crisi senza vergognarsi! In questo ci metto anche le prebende dei parlamentari di cui tanto si è (inutilmente e senza significativi risultati) discusso. Per quanto mi riguarda per le cd. spese economali che sono assegnate al gruppo Napoli è Tua del Comune di Napoli di cui faccio parte ho sempre chiesto al mio capogruppo di interpretare con rigore la normativa relativa alla rendicontazione e spero di aver riposto bene la mia fiducia. Il problema serio è che oggi per una competizione elettorale anche al Comune si spendono cifre astronomiche, difatti ho sentito parlare, per le comunali di somme che si aggirano intorno ai 30.000,00 €. con punte che possono arrivare anche a centinaia di migliaia di euro. E’ chiaro che questo ci pone difronte ad un grosso interrogativo: come farà il consigliere a rientrare dell’investimento fatto? e poi sarebbe disposto a votare, secondo quello che egli ritiene il bene e l’interesse pubblico, pur provocando la caduta della giunta perdendo, quindi, azzerando quindi il suo investimento ? Le amministrative che abbiamo vissuto a napoli sono state assolutamente sui generis, io in condizioni normali sarei forse appena appena stato eletto alla municipalità con i miei 589 voti ma oggi posso dire che sono assolutamente libero di scegliere ciò che ritengo utile per la comunità senza mezzi termini, le mie spese elettorali infatti non superano i 1200 €. Questi sono i temi che dobbiamo affrontare con serietà. I partiti devono selezionare la classe dirigente ed i cittadini devono essere liberi di scegliere senza condizionamenti ma questa forse è l’utopia della politica ma io non posso pensarla diversamente.

I giornali ancora sulla questione:

Da Il Mattino del 23.09.2012

Paolo Mainiero
- Regione Campania

C’è un anello debole, debolissimo, nella catena milionaria dei fondi ai gruppi consiliari: i consiglieri regionali non sono tenuti a rendicontare le spese sostenute con le risorse loro assegnate. La legge che disciplina il funzionamento dei gruppi è del 1972, è stata modificata nel 1973, nel 1977, nel 1978 (due volte), nel 1987, nel 1988, nel 1996, ma mai è stata inserita la norma che obbliga a spiegare formalmente come i soldi sono stati spesi. Una lacuna che il consiglio vuole ora colmare attraverso una proposta di legge, presentata da Gennaro Salvatore (Nuovo Psi), Gennaro Oliviero (Pse), Angelo Marino (Città nuove), che punta a regolamentare l’utilizzo dei fondi. In particolare, ogni gruppo avrà l’obbligo di presentare, entro il 31 marzo di ogni anno, un rendiconto analitico della gestione di tutti i fondi assegnati, indicando eventuali avanzi o disavanzi di gestione. L’Ufficio di presidenza provvede poi a verificare la regolarità della rendicontazione ed emette, entro il 30 giugno, certificazione di regolarità contabile. Se dall’esame dovessero risultare irregolarità o il rendiconto non fosse stato trasmesso, l’Ufficio sospende l’erogazione della quota successiva. Il gruppo, dal canto suo, ha la possibilità entro 30 giorni di mettersi in regola. Se, però, trascorsi i termini, il gruppo non dovesse sanare le irregolarità o trasmettere il documento contabile, l’Ufficio di presidenza trattiene i contributi per il funzionamento dei gruppi relativi all’anno successivo, in una somma pari agli importi di cui non è stata trasmessa la documentazione.
Come spesso succede si chiude la stalla dopo che i buoi sono scappati. La legge, quella del 1972, stabilisce che ai gruppi e ai consiglieri è assegnato un contributo fisso mensile. Si partì, quarant’anni fa, da 300.000 lire al gruppo e 100.000 ai consiglieri. Le cifre, modifica per modifica, sono lievitate fino ad arrivare, nel 1996, a 500.000 lire al gruppo e 800.000 al consigliere. Con il passaggio all’euro si è finiti ai numeri attuali: il tetto massimo è di 2.100 al gruppo, 1.100 al consigliere. Per il 2012, il fondo per il funzionamento dei gruppi è di 1.055.000 euro, ripartito in proporzione al numero dei consiglieri. Due milioni considerando anche l’anno precedente. Ogni capogruppo gestisce la propria quota attraverso un conto corrente di cui è titolare (a meno che non abbia nominato un consigliere-tesoriere). Ogni mese (o anche ogni due, dipende da come un gruppo si è autoregolamentato) il capogruppo mediante bonifici trasferisce i soldi ai consiglieri. I quali firmano una dichiarazione per accettazione. Dopo di che, il vuoto: non è previsto alcun tipo di controllo nel senso che il consigliere non è tenuto a rendicontare le spese. L’unico obbligo che i gruppi hanno è di presentare a fine anno un consuntivo limitato ad entrate e uscite. «La normativa è carente e manca una disciplina organica che sia valida per tutti», ammette Salvatore. «Il testo può essere migliorato, l’importante è che si sani un vuoto», dice Marino.
Il milione e 55mila euro è nella diretta disponibilità dei consiglieri per spese legate all’attività politica. Altra cosa sono altri due fondi assegnati ai gruppi ma materialmente gestiti dall’amministrazione. Il primo, di 1.500.000, è per le spese di comunicazione istituzionale; il secondo, di 1.891.000 euro, è per l’assistenza alle attività istituzionali. Fuori dal tecnicismo, questo secondo fondo serve per pagare il portaborse: l’importo è di 2.500 euro). Tra le misure per il contenimento della spesa si sta anche pensando a disciplinare diversamente la figura degli assistenti. 
Intanto, mercoledì in consiglio regionale sarà votato un primo provvedimento che cancella, in attesa del riordino, l’erogazione della quota fissa. Nella stessa seduta si discuterà anche dei comandati (122) che pesano per 4,5 milioni sul bilancio del consiglio. L’intenzione è di rispedirli agli enti di provenienza. I comandati, dal canto loro, sono sul piede di guerra: «Non rubiamo lo stipendio e lavoriamo come tutti gli altri. Si tira in ballo noi per distogliere l’attenzione da altre cose».

Adolfo Pappalardo

«È assurdo mettere sullo stesso piano le spese pazze di qualche consigliere regionale laziale con i colleghi campani. Al Centro direzionale sono al limite della sopravvivenza», spiega, paradossalmente, Salvatore Ronghi. Paradossalmente perché per dieci anni è stato il fustigatore delle giunte di centrosinistra (come capogruppo An e poi vicepresidente regionale) sulle spese folli. Dai monogruppi alle indennità chilometriche passando per i comandati c’era la sua firma. Oggi però è direttore generale della Regione Lazio e qualcuno l’ha additato per aver chiamato alla Pisana la sua compagna Gabriella Peluso con un incarico da 120mila euro l’anno: «Su 12 posizioni fiduciarie nella direzione ne abbiamo ora solo 5. E io di lei, già funzionaria in Regione Campania, ho piena fiducia». 
Dopo anni a combattere a Napoli, arriva a Roma ed er Batman e compagnia la mettono nel sacco.
«Nella regione Lazio io e la presidente ci siamo trovati una situazione consolidata negli anni e con un forte rivendicazione dei consiglieri regionali che manovravano per avere contributi: ma invece di aiutare i comuni aiutavano i comuni amici».
Cioè?
«Accadeva anche in Campania: l’aula chiede alla giunta, in un capitolo di bilancio, tot risorse. Poi con l’autonomia che ha il consiglio, tra destra e sinistra, invece di utilizzare bandi, in pratica si spartiscono questi soldi. E oggi si vuole far pagare il prezzo a un governatore che non ha responsabilità. Anzi in questi due anni e mezzo, solo sulla spese della giunta sono stati tagliati 71 milioni. Solo per la comunicazione Marrazzo godeva di 22 milioni all’anno, Renata appena tre. Pensi solo che la Polverini come spese di rappresentanza ha 150 mila euro l’anno, come il sindaco di una piccola città. Abbiamo anche tagliato le spese del consiglio del Lazio da 98 a 72, in Campania lo riducemmo di 20».
Come faceste?
«Abolimmo i monogruppi, tagliammo i fondi ai partiti del 40 per cento».
E nel Lazio invece i monogruppi ci sono. 
«Una cosa assurda: lunedì prossimo si riunisce la conferenza dei capigruppo per abolire questo spreco». 
E sull’inchiesta campana? Perché ora?
«Per troppi anni, Corte dei conti e la stessa magistratura ordinaria, sono state sempre assenti sulle pese elettive. Adesso, coincidenza, c’è una giusta verifica sulla regioni ma non vorrei che ci fosse qualche disegno politico per riformare questo tipo di istituzione alla luce del taglio delle Province. Anche perché in altri tempi in Campania di spese da verificare ve ne erano eccome, ora non più a quanto mi risulta».
Epperò nel Lazio Fiorito, alias Er Batman….
«Due anni e mezzo fa abbiamo trovato una Regione con 25 miliardi di debiti. Ci siamo messi al lavoro per ridurli, senza tagliare i servizi essenziali, e abbiamo posto poca attenzione a cosa accadeva in consiglio regionale». 
Ne accadevano di cose invece.
«Sì ma anche qui, finiamola. Una cosa è Fiorito che di cose ne ha combinate ma non confondiamo le acque e non accomuniamo tutti i consiglieri. E poi anche le banche: ma possibile che uno effettua 190 bonifici da un conto e non scatta alcun allarme?».
In questo baillamme però qualcuno ha tirato in mezzo anche lei e la sua compagna che ha uno stipendio da 120mila euro lordi l’anno.
«Io ho uno stipendio decurtato del 30 per cento rispetto al mio predecessore: lui 230mila, io 180. Nella segreteria generale poi, c’erano 12 posizioni di dirigente che avremmo potuto coprire: ne abbiamo solo 5. E le persone chiamate sono di fiducia mie e di Renata. Gabriella (Peluso, ndr) ha un curriculum di tutto rispetto ed era già una funzionaria regionale in Campania. Ma soprattutto ha la nostra fiducia».

Laziogate, «sprechi vergognosi», ha detto Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi. Per Agostino Vallini, cardinale vicario di Roma, questi «scandali e abusi di denaro pubblico sono intollerabili». E Luca Giampaolino, presidente della Corte dei Conti: «Sono fatti gravissimi, non pensavamo si potesse giungere a tanto. Se si dimostreranno veri, vorrà dire che la realtà ha superato la fantasia». La magistratura contabile «è preoccupata e oserei dire addolorata», aggiunge, e spiega che la Corte potrà estendere la sua attività su altre istituzioni solo se ci sarà «una denuncia circostanziata». Intanto, il presidente della Regione Lazio Renata Polverini non sveste i panni del giustiziere e invoca «

La sacralità dell’interesse pubblico

Ciò che manca alla politica è il senso di sacralità dell’interesse pubblico. Oggi sulle pagine del Corriere è descritto bene il “sistema” di saccheggio dei soldi pubblici. Una politica che giunge a prevedere la possibilità di acquisto di automobili da intestare a gruppi consiliari credo sia poco credibile. Per fare le pulci in casa mia posso dire che nelle amministrazione comunali ci sono altri sistemi che in piccolo sono stati anche denunciati in una puntata di Servizio Pubblico. Nei comuni, infatti c’è il principio del rimborso della retribuzione del dipendente che si assenta per svolgere le sue funzioni. Solo che può accadere che un cittadino disoccupato dopo che è stato eletto improvvisamente viene assunto da qualche impresa o addirittura un’associazione (era un caso al comune di palermo) con uno stipendio da dirigente, che il comune deve poi versare al datore di lavoro per i giorni (praticamente tutti) per il quali il lavoratore è stato assente per impegni istituzionali, per lo più in commissioni. Qualcuno dice che in un comune grande il consigliere in genere è occupato per circa 8 o 9 ore al giorno per tutti i giorni della settimana e quindi è giusto che abbia un’indennità. Io come consigliere posso testimoniare che di tempo ne dedico molto al Comune ma a fronte di un così gravoso impegno mi farebbe piacere escogitare un meccanismo per verificare la produttività. Ad ogni buon conto vi lascio al raccapricciante racconto del Corriere della Sera:

FIORENZA SARZANINI su Corriere della Sera di oggi 21.09.2012

Il «sistema» Lazio secondo l’ex capogruppo pdl, Franco Fiorito. Le accuse ai colleghi di partito, le bordate contro la governatrice Polverini, i sospetti sulle forze politiche, «che si spartivano i fondi».
L’interrogatorio. Il verbale, che dà conto delle 7 ore di interrogatorio, entra nei dettagli delle ruberie, elencando nomi e fatti. «Er Batman» non si salva dall’accusa di peculato, ma trascina tutti con sé.
Le spese. Nel verbale si indicano i «ladri» che si facevano saldare fatture false, le spese folli, i consulenti pagati a peso d’oro, le vacanze trasformate in «missioni politiche».ROMA — Ci sono i «ladri» che si facevano saldare le fatture false e i vertici che avallavano la distribuzione irregolare dei fondi. Ci sono le spese folli di chi avrebbe invece dovuto controllare la regolarità dei finanziamenti. E poi ci sono i parenti assunti come dirigenti, i consulenti pagati a peso d’oro, le vacanze da sogno trasformate in «missioni» politiche. Ma ci sono anche le cifre che lui stesso è accusato di aver rubato. Le prime verifiche dimostrano che è molto più di quanto si credeva: oltre un milione di euro spostato sui propri conti in Italia e all’estero.
Eccolo il «sistema» Lazio raccontato da Franco Fiorito. Ecco le accuse contro i suoi colleghi di partito, le bordate contro la governatrice Renata Polverini e il presidente del Consiglio Mario Abbruzzese. Ma anche i sospetti lanciati contro gli altri partiti. Il verbale che dà conto delle sette ore di interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Alberto Pioletti entra nei dettagli delle ruberie, elencando nomi e circostanze che hanno segnato questi due anni di governo. Non si salva «er Batman» dall’accusa di peculato, ma prima di cadere trascina tutti con sé. In realtà quando cominciano a filtrare le dichiarazioni su quanto ha raccontato ai magistrati nega di aver parlato del governatore. Ma sono i suoi legali Carlo Taormina ed Enrico Pavia a rilanciare: «Ci saranno sviluppi clamorosi».
Polverini e il patto occulto
Scandisce Fiorito di fronte ai pubblici ministeri: «Mi risulta che anche gli altri gruppi siano nelle condizioni del Pdl e quindi chiedo formalmente l’acquisizione della documentazione che riguarda l’intero consiglio». Già ieri gli investigatori del Nucleo valutario sono tornati negli uffici della Regione per acquisire i documenti che riguardano l’erogazione dei fondi a tutte le formazioni. Altre carte sono state prese nella filiale Unicredit interna al palazzo dove sono aperti i conti correnti dei partiti sui quali vengono addebitate le somme elargite mensilmente. Poi interrogano lo stesso Abbruzzese, dopo che ieri era stato ascoltato — sempre come testimone — il segretario Nazzareno Cicinelli.
È una verifica necessaria visto che l’ex capogruppo afferma: «È stato l’ufficio di presidenza del Consiglio a fissare le regole ma le indicazioni su come erogare i finanziamenti sono arrivati dalla Giunte regionale. E dunque Renata Polverini sapeva perfettamente come funzionava, non poteva ignorare che si fosse deciso di assegnare 100 mila euro ad ogni consigliere che però potevano essere aumentati fino a 300 mila. Anche perché lei stessa è sostenuta da una lista che porta il suo nome, godeva di queste elargizioni e provvedeva poi alla spartizione tra i vari consiglieri. C’era un accordo per consentire una simile procedura e, a seconda dell’incarico ricoperto, si riuscivano ad ottenere somme sempre più alte». Usa toni pesanti quando parla della gestione di Abbruzzese. «Perché — spiega — dopo la delibera della Giunta era lui a verificare tutte le voci di bilancio — dai trasporti, alla scuola — e reperire da quegli accantonamenti i soldi necessari a far sì che ogni consigliere avesse garantiti almeno i 100 mila euro».
La lettera di luglio
Proprio per dimostrare come tutti fossero informati delle «irregolarità», Fiorito consegna ai magistrati la copia di una lettera che ha inviato ai consiglieri del Pdl, alla Polverini, ad Abbruzzese e al suo vice De Romanis il 18 luglio scorso e nella quale affermava: «Sollecitato da alcuni zelanti colleghi ho proceduto ad una serie di controlli sui documenti giustificativi delle spese effettuate. Trovando una situazione assolutamente insostenibile con assenze totali di documentazioni in alcuni casi e con giustificazioni diciamo così “da approfondire” eccessivamente generiche e prive di riscontri effettivi. Ovviamente scrivo sperando nella buona fede di ciascuno e nella immediata capacità di ognuno di fornire risposte rapide ed efficaci».
Ed ecco le comunicazioni personali: «Ho già inviato una serie di missive per i casi più evidenti, per le quali attendo risposta immediata comunicando sin da ora che non potranno essere tollerati equivoci di alcun genere e che ove necessario agirò a mia e nostra tutela». In quei giorni la polemica sull’allegra gestione era già cominciata, dunque si sta verificando se la scelta di Fiorito potesse essere legata alla necessità di ottenere una «copertura».
«Ossessionato da otto “ladri”»
Nelle due casse di documenti consegnate agli investigatori ci sono le «schede» dei sedici consiglieri del Pdl. Ma è su otto che si concentrano i sospetti di Fiorito. Elenca i loro nomi e poi racconta in base a quali circostanze si sia convinto della possibilità che una parte della documentazione contabile che gli consegnavano per avere i soldi «fosse falsa». «Si era perso il senso della misura, ormai non si faceva più politica e ormai i consiglieri erano anche in lotta tra di loro per ottenere il denaro. Chiedevano tutti soldi, erano diventati insopportabili, una persecuzione. Mi telefonavano continuamente o mi aspettavano fuori dall’ufficio per chiedermi soldi per cene, book fotografici, manifestazioni. Mi sono stati chiesti anche 10 mila euro per una cena di 300 persone in locali in cui non so se potessero contenere tutte quelle persone».
Poi l’ex capogruppo cita nomi e circostanze. Di Lidia Nobili che chiama «albero di Natale» per il suo look eccentrico dice: «Ormai era diventata una vicenda umana, mi perseguitava per chiedermi soldi, più di quanti gliene spettassero». Elargizioni pesanti anche per Chiara Colosimo «che prese almeno 50 mila euro per le manifestazioni alle quali partecipavano Giorgia Meloni e Fabio Rampelli». Se Carlo De Romanis «otteneva i finanziamenti per i giovani del Ppe», Giancarlo Miele «si concentrava sui buoni benzina, sulle cravatte e sulle cene», mentre Andrea Bernaudo «credo abbia concesso consulenze fittizie». Nell’elenco dei «cattivi» Fiorito inserisce anche Veronica Cappellaro e Romolo Del Balzo che, aveva già raccontato, «ha sistemato alla Regione i suoi parenti». In realtà non è l’unico. Anche il segretario Salvatore Ronghi è riuscito a piazzare la sua fidanzata Gabriella Peluso facendole ottenere un posto da dirigente con un compenso di 100 mila euro annui. Oltre un milione tra Italia e Spagna.
Accusa gli altri Fiorito, ma poi deve difendersi per le sue ruberie. I conti effettuati dalla Guardia di Finanza raccontano che le cifre sottratte al partito sono ben oltre i 730 mila euro, come aveva già denunciato il suo successore Francesco Battistoni in una memoria preparata dai suoi consulenti legali Enrico e Roberto Valentini. Durante l’interrogatorio gli contestano di aver spostato 747 mila euro sui propri conti correnti italiani e ben 314 mila su quelli spagnoli per un totale di un milione e 61 mila euro. Lui ostenta sicurezza: «Era tutto regolare, se ho commesso degli errori ne risponderò, ma non ho mai preso un centesimo oltre quello che mi spettava».
E così risponde alla contestazione di aver effettuato quei 109 bonifici tutti per identiche cifre nel tentativo di sfuggire ai controlli interni: «Si tratta di operazioni tracciabili, se avessi voluto rubare l’avrei fatto in un altro modo. E anche la scelta di tenere le auto acquistate per il partito è avvenuta in maniera regolare, tanto che sono io a pagarle». Una difesa che non convince. Non a caso il suo avvocato Taormina sta valutando la possibilità di fargli restituire quanto risulta aver preso oltre la cifra fissata dalla normativa.

 

E per la fidanzata di Batman:

ROMA — Non c’erano solo i baci e i furgoni di rose, nella favola ciociara tra Franco Fiorito detto «il federale» o «Batman» e Samantha Reali detta «Sissi». Ma c’era, anche un rapporto di lavoro, andato avanti almeno per sei mesi. Nella segreteria del gruppo Pdl al consiglio regionale, infatti, nella seconda metà del 2011 c’era anche lei, l’ex fidanzata del capogruppo finito al centro dello scandalo. In molti, alla Pisana, se la ricordano: una bella ragazza, bionda, con quel soprannome da principessa che le era stato affibbiato fin da bambina. La donna del mistero, quella che era con Fiorito all’hotel Pitrizza, a Porto Cervo, resort superlusso a picco sul mare: vacanza del 2010, la prima settimana trascorsa da Batman da solo, la seconda in compagnia della ragazza. Costo complessivo, 29 mila euro, saldati con due bonifici partiti dal conto Pdl: «Non funzionava la carta di credito, non volevo fare una figuraccia», ha raccontato Francone. Vanno anche al Circeo, a scegliere la villa comprata dall’ex capogruppo. Lui e la Reali si lasciano, ma i rapporti restano buoni, ottimi. Da amici, per lui. Forse da ancora innamorata, per lei. Nella seconda metà del 2011, Samantha viene chiamata al gruppo Pdl. Contratto a tempo determinato, circa duemila euro al mese. Dura sei mesi, non più. È il periodo nel quale, secondo il rendiconto presentato dallo stesso Fiorito, al gruppo c’è bisogno di prendere maggior personale, perché la dotazione di segreteria è inferiore a quello che ci vorrebbe per 17 consiglieri. Samantha è lì, ancora vicino a «Francone». Dei suoi soldi non aveva bisogno, ma pur di stargli accanto prende quelli dati dalla Regione ai gruppi.

Scusi Francesco Carducci Artenisio, capogruppo Udc: ma su 887 mila euro che il suo gruppo ha percepito nel 2011, 145 mila sono sotto la voce «spese varie»; saprebbe dire come i suoi colleghi consiglieri hanno usato quei soldi pubblici? «Non ne ho la minima idea». Scusi ancora, ma lei da capogruppo non sa come è stato utilizzato quel denaro? «Eh, non faccio mica il ragioniere, ho siglato io tutte le ricevute e ad alcune spese ho anche detto di no, ho usato criteri rigidi, messo un tetto alle singole spese, e siccome non c’era un regolamento mi sono autoregolato». Allora sicuramente non c’è da preoccuparsi, né per l’Udc né per gli altri partiti che, tutti assieme, incassano in un anno — ufficialmente per l’attività politica — dodici milioni di euro. Per fare qualche esempio: quelli della Lista Polverini, tredici consiglieri, dal primo gennaio al 31 dicembre 2011 ottengono fondi per un milione e novecentomila euro; ne spendono quasi novecentomila in manifesti, quasi duecentomila tra «alberghi, bar e ristoranti».
Ma nelle relazioni contabili compilate dai singoli gruppi, spesso, ci sono queste voci generiche nelle quali sembra poter entrare un po’ di tutto: l’unico consigliere del Gruppo Misto, Antonio Paris, incassa in un anno 180 mila euro, 96 mila sono classificati come «spese varie». Così ripartite: una Audi da 28 mila euro e 67 mila di «fondi erogati direttamente» a favore di enti e associazioni. Un’auto? «Ma è intestata al mio gruppo — precisa orgoglioso Paris — cioè patrimonio della Regione». Per i contribuenti, saperlo, sarà un sollievo.
Nelle spese del consiglio regionale del Lazio — là dove i pm parlano di «caos contabile» — c’è un refuso nella nota dell’Idv che pare fatto di proposito per raccontare questo flusso gigantesco di denaro destinato ai politici: dalla voce «indennità e rimborsi ai consiglieri» è sparita una «b», diventando così «indennità e rimorsi». Difficile immaginarli a battersi il petto — 1.217.000 di contributo regionale, 251 mila andati direttamente ai cinque consiglieri — e di certo i politici del Lazio non l’hanno fatto prima che venisse a galla questa storia di cene del Pdl a base di ostriche. La nota del partito dell’allora capogruppo Franco Fiorito è precedente allo scandalo, quasi tre milioni di euro totali: 131 mila in «attrezzature per ufficio», 685 mila per «Riunioni, convegni, progetti, incontri», 411 mila in manifesti. Nell’estratto conto del gruppo, ci sono anche 81 euro spesi in un supermercato Gs di Anagni, più altri in vari market (Pam, Auchan, Panorama). Invece nel bilancio c’è un’altra voce, «Collaboratori e consulenze», con accanto la cifra di 665 mila euro. Troppo? Non per Fiorito, che a febbraio 2012 allega una nota: «Per svolgere al meglio il lavoro dei consiglieri è stato necessario aumentare notevolmente il numero del personale a disposizione». Perché il gruppo era cresciuto di numero. Sempre il Pdl destina 114 mila euro alle «spese di rappresentanza, varie». Come queste «spese varie» siano utilizzate dai partiti non è dato sapere: a quella voce i Radicali nel 2011 hanno dedicato 662 euro, il Psi — contributo di 160 mila euro — 31.518. Di certo, nessuno sa spiegare come la cifra totale venga divisa tra i partiti: difficile che il criterio sia il numero dei consiglieri, perché altrimenti La Destra (due persone, 538 mila) avrebbe gli stessi soldi di Sel, Fds (due consiglieri, 322 mila euro) o dei Radicali (422 mila). Storace ne è sorpreso: «Mai saputo, me ne sto accorgendo adesso…». Bisognerebbe chiedere, dicono tutti, all’ufficio di presidenza di Mario Abbruzzese: ma è inutile cercare un contatto, in Consiglio c’è la Finanza.
Non rimane che leggere le cifre: detto dei partiti maggiori (il Pd, 14 consiglieri, incassa poco più di due milioni, l’Idv ne ha cinque e prende 1.217.000), rimangono i monogruppi. Verdi (183 mila euro), Api (181), Mpa (182), Fli (188), Gruppo Misto (180). Poi ci sono i 154 mila euro dei Responsabili di Olimpia Tarzia: nelle sue note, «indennità e rimborsi per i consiglieri» per quasi trentamila euro. C’è ancora la Lista Civica dei cittadini di Giuseppe Celli (180 mila): nei conti, c’è l’acquisto di una macchina, dodicimila euro di rate, ottomila di manutenzione, poi assicurazione e bollo, in totale 22 mila euro. E lui non sembra in imbarazzo: «È una Audi, rimarrà alla Regione».

Regione Lazio un atto Politico contro l’Antipolitica: Polverino Dimettiti!

Ho usato la carta di credito della Regione Lazio (e speso soldi pubblici) per pagare un resort in Sardegna perché avevo smarrito la carta di credito. Questa la risposta che mi ha colpito di più dell’ex Capogruppo alla Regione Lazio Franco Fiorito soprannominato, per ironia della sorte, Batman. (http://www.youtube.com/watch?v=BAGAYm5BbDE&feature=player_embedded). Insisto su questo punto perché è l’ultimo scandalo che la politica, dopo lusi, penati, fino ad arrivare a poggiolino, di lorenzo, paolo cirino pomicino (giusto per non dimenticare) etc etc… non si può permettere. Oggi (20.09.2012) su la Repubblica di Napoli è uscita una mia dichiarazione su una questione che riguarda l’assessore D’Angelo, le cooperative ed il suo ruolo di presidente della GESCO prima di assumere la carica amministrativa. Il concetto che voglio esprimere e che ho cercato di sintetizzare nelle poche parole riferite al giornalista, è che i partiti, le liste civiche ed i movimenti che si candidano o che hanno una aspirazione elettorale/amministrativa non si possono permettere neppure la minima macchia o sospetto. L’intransigenza di cui a volte mi si accusa nelle scelte politiche ed amministrative oggi credo rappresenti un valore irrinunciabile. Non ci deve essere alcun dubbio sull’assoluta imparzialità dell’azione amministrativa. Nel caso di specie dell’Assessore D’Angelo spero che siano state adottate tutte le procedure di evidenza pubblica che per la particolarità del trascorso imprenditoriale dell’assessore sono sempre consigliabili anche quando non previste come obbligatorie. Per ritornare alla Regione Lazio, ebbene, occorrono solo due parole: Polverini Dimettiti!

Di seguito l’articolo di Valentina Errante da Il Mattino del 20.09.2012

Roma. «Non ho rubato un centesimo. Pensavo fosse tutto regolare. Anzi, mi sono opposto a un sistema, ho stoppato l’abitudine ai rimborsi facili». Quando entra nel bunker del nucleo valutario della Guardia di Finanza, Franco Fiorito, indagato per peculato, ostenta tranquillità. Forse perché con sé ha un memoriale e soprattutto voluminosi e pesanti scatoloni pieni di fatture che raccontano, con cifre a sei zeri, di festini, servizi, fotografici, champagne e cene indimenticabili dei consiglieri del Pdl alla Regione.
Ce n’è per tutti. Al presidente, Renata Polverini, Fiorito contesta la gestione politica. Ma poi presenta carte su otto consiglieri del suo gruppo. Accusa da Franco Battistoni a Giancarlo Miele, da Carlo De Romanis a Veronica Cappellaro, da Andrea Bernaudo a Chiara Colosimo e Lidia Nobili. Tira tutti dentro. Ha così tanto da raccontare che non vede l’ora. C’è ancora luce quando, con l’avvocato Carlo Taormina, si siede di fronte all’aggiunto Alberto Caperna e al pm Alberto Pioletti. Sono le 16: Fiorito ne avrà per sei ore e mezza.
L’ex consigliere in premessa spiega che la regola, stabilita dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale, è quella dei contributi senza controlli reali. Fino a 211mila euro. Accusa diretta per Mario Abbruzzese. Punta il dito contro Letizia Cecinelli, coordinatrice della segreteria. «Se ho fatto degli errori – dice – sono pronto ad assumermi le responsabilità. Ma voglio sottolineare che a metà luglio ho inviato a tutti i consiglieri una lettera per interrompere i rimborsi e stoppare il sistema. Mi sono opposto a un’abitudine, quella dei rimborsi facili. Per questo mi hanno fatto fuori. Ognuno faceva quello che voleva. Il gruppo pagava spese di ogni tipo. Se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede».
Ma i pm vogliono parlare del caso Fiorito. Si parte dai bonifici, 109 dal conto del Pdl ai suoi. Per 419mila euro è sempre la stessa cifra, quella che servirebbe per segretari e portaborse moltiplicata troppe volte. Fiorito sostiene che tanto gli spettasse. Ribadisce: erano soldi previsti dal regolamento per le cariche che svolgevo: capogruppo, presidente di commissione, tesoriere. Indennità alte, lo so. Non l’ho deciso io». Quando è buio si parla ancora di conti, sette italiani e cinque spagnoli. L’ex capogruppo del Pdl spiega che è stato costretto ad aprire i depositi in Spagna dopo avere ereditato la casa a Tenerife dal padre. E che i conti all’estero li aveva insieme al fratello Andrea. I pm gli chiedono di quella pioggia di assegni, delle carte di credito ricaricabili distribuite in giro, costate 180mila euro, dei soldi girati a consulenti, veri o presunti, che hanno incassato. E poi dei 235mila euro di prelievi, 32mila euro di pagamenti bancomat. Lui parla e a ogni risposta punta il dito, va all’attacco per difendersi. Perché quei 32 consulenti non li aveva scelti lui. Non basta. Sul conto di Fiorito ci sono le vacanze in Sardegna, 28 mila euro nel resort a cinque stelle. Conto saldato dal gruppo del Pdl. «Avevo smarrito la carta di credito», ripete.
Dopo i conti si passa alle case: la casa in via Margutta dell’Ipab. Fiorito risponde che ha vinto un’asta e l’ha ottenuta in affitto, ma paga 4mila euro al mese. Poi c’è la villa al Circeo. «Ho fatto un mutuo da 500 mila euro a trent’anni», spiega l’ex capogruppo. E ancora, gli immobili e i terreni ad Anagni «ereditati». Quindi il punto cruciale. Perché le case nella sua disponibilità nella capitale non risultano intestate a lui? E si apre il capitolo dei prestanome. Dopo cinque ore di domande, Fiorito tira fuori l’archivio segreto. La contabilità che gli uomini del nucleo di polizia valutaria della Finanza avevano cercato dappertutto. Forse ci sono stati degli errori, ma il problema era il regolamento», commenta alla fine Taormina.

Bersani o Renzi: chi sceglie il PD Campano?

Umberto Ranieri avrebbe espresso la sua preferenza per Renzi. La vedo proprio male per il PD che in un momento così delicato non riesce a trovare l’unità, basterebbe solo che la nomenclatura facesse proprie le istanze riformiste e rinnovatrici, eppure il PD non trova la quadra.

Da il Mattino del 16 settembre 2012 Pietro Perone

Un sì condizionato a Matteo Renzi arriva da Umberto Ranieri, responsabile Pd del Mezzogiorno, favorevolmente colpito dall’esordio dal sindaco di Firenze nella corsa delle primarie ma «spero – incalza Ranieri – che il sindaco si cimenti anche con i problemi del Sud».

A cui Monti chiede un cambio di mentalità.
«Ce n’è bisogno. Obiettivo imprescindibile nella battaglia per il Sud è la lotta contro ogni forma di assistenzialismo e di clientelismo. Il Mezzogiorno non ha bisogno di trattamenti speciali, né servono rivendicazionismi deteriori spesso branditi dalle classi dirigenti meridionali come alibi per il loro fallimento. Servono più investimenti mirati al sostegno dell’istruzione, del lavoro, della ricerca e dell’innovazione».
Nel centrosinistra però la questione meridionale non sembra da tempo al centro del dibattito: disattenzione, ritardo culturale?
«Occorre tornare a parlare del Sud in una prospettiva nazionale ed europea. Credo che questo stiano facendo Monti e Barca, di qui il mio apprezzamento per il loro lavoro. Io parto da un convincimento: l’Italia non riprenderà la strada della crescita senza una svolta nello sviluppo del Sud: va smontata la tesi ingannevole diffusa a piene mani nel corso degli ultimi 15 anni e che non ha trovato una resistenza convinta da parte dello stesso centrosinistra al Nord, secondo cui lo sviluppo delle regioni settentrionali si sarebbe dispiegato al massimo se solo si fosse liberato dal peso frenante del Sud. Non è così: è il Paese nel suo insieme che ha perso terreno in questi 15 anni. Sud e Nord soffrono degli stessi problemi, particolarmente gravi nelle regioni meridionali. Illegalità, inefficienza dei servizi, stato della Pa, pressione fiscale eccessiva su lavoro e impresa. Insomma è un modello di sviluppo che nel suo complesso non ha retto alle pressioni della globalizzazione e della concorrenza. Ecco perché la responsabilità dei guai in cui si dibatte il Paese non va imputata al Sud ma alle mancate riforme di questo modello».
Colpa anche della classe dirigente meridionale a cui il Pd in questi anni ha fornito pattuglie di amministratori.
«È indubbio che una svolta nella politica per il Sud va avanti a condizione che la classe dirigente operi con rettitudine e dedizione, dimostri di saper utilizzare produttivamente fino all’ultimo centesimo le risorse disponibili, affermi principi di legalità e trasparenza nella amministrazione della cosa pubblica. Questo comporta un cambiamento nel modo di fare politica. Occorre nel Mezzogiorno una politica più orientata all’interesse generale; liberata da chi tenta di farne un luogo di privilegi. Vanno introdotti antidoti alla intermediazione impropria dei politici; sanzioni che innalzino i costi di comportamenti trasformistici; definite misure volte a rafforzare il controllo dei cittadini sui propri eletti».
Appoggia Renzi?
«A Verona ha fatto un buon discorso: non si è limitato a porre il problema dello svecchiamento del Pd e del suo gruppo dirigente ma ha indicato un indirizzo politico e programmatico. Spero che si cimenti anche con i problemi del Mezzogiorno e sappia rivolgersi agli elettori del centrosinistra meridionale e alle tante forze che nel Sud sono preda di sentimenti di rassegnazione e di ostilità verso la politica».
Il sindaco di Firenze si muove dunque nel solco della tradizione riformista?
«A me pare che Renzi mostri di non voler restare prigioniero di nodi politici e culturali che in questi anni hanno impedito la crescita e la maturazione del centrosinistra italiano e dello stesso Pd. Come è possibile, mi chiedo, non rendersi conto che ogni tentativo condotto negli ultimi 15 anni di intesa con forze massimalistiche finisca con il consegnare loro un surplus di peso politico e di condizionamento e comprometta l’azione di governo del centrosinistra? L’esperienza non insegna nulla? Renzi mi è apparso consapevole di ciò». 
Programma di governo vincolato all’agenda Monti?
«Coerenza con l’operato del governo non significa adesione acritica ad ogni scelta da esso compiuta, bensì riconoscersi in un indirizzo strategico e negli obiettivi di fondo che esso persegue: salvare l’euro portando più avanti il processo di integrazione economica e politica dell’eurozona, realizzare le riforme economiche e istituzionali di cui ha bisogno il nostro Paese. Dinanzi alla denuncia demagogica di chi è ossessionato dall’idea che il compito del Pd debba consistere essenzialmente nella correzione delle riforme delle pensioni e del mercato del lavoro, è il caso di ricordare che il tempo della responsabilità non è trascorso, che non bastano gli annunci della Bce per mettere la nostra economia al riparo da una tempesta di sfiducia sui mercati».

Manovre di assestamento per battere il populismo

PD-UDC La sinistra con il centro da un lato e le forze di sinistra radicale insieme (SEL-FED-IDV-Movimento Arancione). Questa sarebbe la soluzione per battere il populismo ed assicurarsi una maggioranza sia pure postelettorale utile per governare. Non saprei l’abbraccio PD-UDC potrebbe essere mortale se non supportato da un profondo rinnovamento dei dirigenti e nelle liste.

Da il Mattino del 16.09.2012 Mario Ajello
Orvieto.

Considerano il populismo il nemico da battere e dicono entrambi: «Basta fango sulla politica». Non nascondono le differenze che esistono ad esempio sulla legge elettorale – «Oggi i giornali diranno che stiamo in pace o che stiamo in guerra?», motteggiano entrando al convegno delle Acli – ma condividono l’urgenza di riprogettare l’Italia. Quindi Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini torneranno al governo insieme, dopo le elezioni? Il leader del nuovo centro ragiona così: «Pier Luigi e io siamo due persone, due amici, che vengono da storie diverse e che hanno idee diverse. Se vogliamo annullare queste differenze, non facciamo un buon servizio. Da posizioni diverse, abbiamo fatto un’opposizione dura a Berlusconi che per quattro anni ha ripetuto slogan vuoti. Poi ci siamo uniti, per creare una svolta politica e per salvare l’Italia, con il governo Monti». Dopo di che – ed ecco l’apertura di Casini – «nella prossima legislatura le forze politiche devono arrivare con progetti chiari e fare alleanze su quei progetti. Creare coalizioni utili soltanto a presentarsi al voto e a vincere le elezioni, e incapaci poi di governare, sarebbe un danno per l’Italia». 
Parole che sono miele per la platea delle Acli, dove la prospettiva di un centro-sinistra («con il trattino», specifica il presidente Andrea Olivero) che provi a governare viene vista come una speranza o come l’ultima spiaggia. Infatti Olivero si spinge a chiedere a Bersani e a Casini, ma senza ottenere su questo risposta, di «stabilire subito le alleanze, in modo che i cittadini le conoscano prima delle elezioni». Sembra quasi che dal palco il presidente delle Acli stia celebrando, con troppo anticipo, le nozze tra il Pd e l’Udc: «Volete voi…? Siete disponibili a…?». Chissà poi come finirà questo gioco, molto serio ed estremamente magmatico, delle alleanze.
Intanto Bersani, prima di entrare nella sala del convegno, sta nel bar della stupenda Piazza del popolo di Orvieto e tra un caffè e una boccata di sigaro spiega ai presenti: «Pace, guerra, rottura, ricucitura tra me e Casini? Non bisogna stare appresso, come fanno i media, ai botta e risposta del giorno per giorno. Il tempo per arrivare alle elezioni è ancora lungo e occorre guardare in prospettiva. A me sembra che la collaborazione tra progressisti e moderati sia la strategia più credibile per il Paese». E dal palco: «Sul modo di intendere le istituzioni, sull’Europa e su altri terreni c’è un’unione di fondo tra progressisti e forze moderate e liberali. Questo porterà a doverci intendere, anche perché di là c’è altra roba: il grillismo, il populismo, l’illusionismo berlusconiano». A proposito di Berlusconi: «Ha appena detto che all’Italia serve una guida? Ecco, se vogliamo andare fuori strada, scegliamo lui». Oppure, su un Monti dopo Monti con dentro ancora il Pdl: «Una grande coalizione? De che!», dice Bersani con una battuta volutamente gergale: «Pensate davvero che, per fare uscire l’Italia dalla palude, vado a fare un accordo con Berlusconi? Non chiedetemi questo, piuttosto lascio io». 
L’anti-berlusconismo (che i due declinano ognuno alla sua maniera) può unirli, ma a dividere Casini da Bersani è ancora Vendola. Il leader dell’Udc continua a non credere nell’affidabilità della sinistra radicale in funzione di governo, ma critica anche «alcuni ministri dell’esecutivo Monti che fanno troppe promesse e troppi annunci». Quando poi Casini fa questo ragionamento («Nella società civile spesso i personalismi e i tatticismi sono superiori a quelli esistenti nel mondo politico»), in sala molti si chiedono: sta forse parlando di Montezemolo? Poi l’incontro finisce, il matrimonio tra Pd e Udc non si è celebrato ma quella di ieri non è stata certo, per Bersani e Casini, una giornata di guerra.

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: