Dopo il nostro no alla giunta de Magistris (clikka) di ieri sul bilancio consuntivo 2012, mi piace riportare l’opinione di Aldo Masullo ed Antonio Guarino, dei quali ho avuto modo di cogliere l’aurea in alcune occasioni della mia vita. Sembra una coincidenza ma i nostri vecchi saggi napoletani sono apparsi in contemporanea sul Corriere e su la Repubblica. Come non condividere le loro opinioni.
Dal Corriere del Mezzogiorno di oggi 16.05.2013
Masullo e il linguaggio politico «Guitti a destra, tristi a sinistra»
NAPOLI — Guarda pochissimo la tv, s’informa in rete. A Ballarò ha strappato applausi e a fine puntata ringraziamenti dai ragazzi in studio. Ha novant’anni il filosofo Aldo Masullo e una modernità ed efficacia di linguaggio davvero rare. «Sono tornato da Roma alle due di notte, ma non potevo rinunciare ad un bellissimo incontro con gli studenti del Genovesi proprio sull’informazione».
Come è stato l’impatto con uno dei talk show più noti della tv italiana?
«Una novità per me. Mi è parso condotto con grande serietà anche se nell’insieme secondo me è risultato molto noioso. Gli interlocutori si sono arrotolati nel dibattito su Berlusconi da una parte, sulla Boccassini dall’altra. Tant’è che ho detto subito: a me non importa nulla, ci interessa capire come impostare una politica di risposta ai problemi gravissimi. La cosa è stata apprezzata perché alla fine s’è radunata intorno a me una folla di giovani. Oggi l’unica forza di cui disponiamo è quella delle ultimissime generazioni, hanno preso consapevolezza delle difficoltà, si sono risvegliati dal sonno consumistico. Sentono il morso delle difficoltà sulla propria carne, sul proprio destino».
Pensa che queste generazioni siano le più vicine a quella del dopoguerra?
«Nel dopoguerra eravamo in condizioni disastrate come oggi ma per ragioni diverse. Uscivamo dalla guerra con grande speranza. Ricordo la sete di libri per rifarci del tempo perduto. Avevamo uno stato d’animo allegro, quindi. Oggi siamo sotto il peso non di una sconfitta subita e lasciata alle nostre spalle, ma che incombe su di noi. Il nostro stato d’animo è quello di cui parlava uno scrittore del ‘600, Burton, in Anatomia della malinconia, cioé uno stato di depressione collettiva».
Quanto è importante in questo contesto il linguaggio?
«È fondamentale, è come la pelle per l’organismo vivente. Quella di un essere umano rivela con le sue imperfezioni lo stato di salute malandato. E così è la lingua per una società».
E come è cambiato allora?
«Dilaga il vaffa di Grillo e di tanti altri che dimostrano impotenza e mancanza di pazienza. Ad aggravare la situazione ci sono i nuovi strumenti, i social network. Tutti vogliono comunicare, poi si sentono impotenti e dicono vaffa e dirlo esime dallo spiegare il perché. Con un tweet affermi mi hai scocciato, ma poi escludi qualsiasi ragionamento».
Ma lei utilizza la rete?
«Certo per informarmi e il pc per scrivere. E non utilizzo a caso la parola informarmi. Napoli è la patria di Vico che distingueva il certo, cioé ciò che si dà, dal vero. Comunicare è quando passo dall’accettazione del dato allo sforzo di capire cosa c’è dietro quel dato e questa è politica, quella dei cittadini non di Montecitorio. Informarsi vuol dire sapere cosa è accaduto o cosa mi si vuol far credere sia accaduto. In questo quadro confuso quella che un tempo era l’opinione pubblica s’è trasformata in una massa di improperi, ingiurie e insoddisfazioni. Un gallinaio. Giordano Bruno parlava del suo secolo come confusissimo. Bene, la confusione del nostro secolo è l’opposto dell’opinione pubblica».
Tra destra e sinistra come cambia il linguaggio?
«Abbiamo una destra ridotta allo strepito del guitto e una sinistra che è una congrega di trappisti ossessionati dalla propria tristezza. Da una parte i buffoni, dall’altra i tristi, è la negazione della nostra società».
Il sindaco de Magistris fa parte dei tristi?
«De Magistris è una persona seria, fa un’impressione, se mi si consente e se mi si comprende, patetica. Perché crede in quello che immagina di fare, ma s’innamora di questo suo stesso credere e non avverte la distanza tra il sogno e la realtà. Tende in fondo alla supremazia sui suoi stessi collaboratori, è un uomo solo. Un sindaco, e vale per tutti, dovrebbe stare sulla strada, parlare, aprirsi, lasciarsi contestare. Solo così riuscirebbe ad avere il polso della situazione e la fiducia dei cittadini».
E Vendola?
«Il linguaggio di Vendola è immaginifico, molto declamato ma ancora una volta secondo me è il sintomo di una solitudine, un’incapacità di superare la separatezza di sè dalla realtà. Anche lui ha sentito fortemente il dolore di quelli che stando a sinistra dovrebbero essere portatori del cambiamento e non lo sono».
E Caldoro?
«Non sono in grado di dirlo. I miei non sono mai giudizi, è un rispetto dato da una responsabilità intellettuale che avverto sempre. Noi non abbiamo più la pazienza di andare al fondo delle cose. I partiti una volta rappresentavano luoghi dove un gruppo di persone cercavano una verità. La coesione sociale nasce dal costruirsi una verità. Ciò che manca oggi».
Simona Brandolini
Repubblica Napoli di oggi 16.05.2013
Da Berlusconi a de Magistris, l’ironia del professore 99enne
DARIO DEL PORTO
Antonio Guarino 99 anni portati con ironia
Sulla scrivania del professore non ci sono solo testi giuridici. Anche una pila di quotidiani e un racconto di Roberto Saviano, intitolato “Super Santos”, come il pallone più amato da intere generazioni di giovanissimi.
Perché non le piace come continua il racconto di Saviano?
«Perché quella comitiva di ragazzini si trasforma in un gruppo di malviventi. Saviano scrive diverse cose esatte, ma vede il brutto dovunque. Ma è anche vero che è la vita, troppo spesso, a essere così. Mi sembra scritto in maniera deliziosa, soprattutto la descrizione di un gruppo di ragazzini che giocava in piazza del Plebiscito e uno di loro era specializzato nel colpire il dito della statua di Carlo V. Peccato solo per la seconda parte», commenta l’insigne giurista Antonio Guarino, seduto nello studio affacciato sul mare. Oggi il professore compie 99 anni. E con l’ironia che affascinava i suoi studenti, stempera il disincanto per il momento della città e del Paese. «Devo riconoscerlo, non sono per niente fiducioso. Oggi siamo come ai tempi di Nerone».
Ha conosciuto il sindaco de Magistris, professore?
«No. E a dire il vero non desidero conoscerlo. Ma trovo che stia commettendo molti errori. Non si è accorto che quella gara di catamarani che chiamano Coppa America era come il club di Buffalo Bill, che andava in giro con i cavalieri a fare spettacoli».
Non sarà un giudizio troppo severo?
«Di questi tempi ho la fortuna di uscire poco. Ma tutti quelli che mi vengono a trovare hanno l’aspetto smunto. Uno arriva dalla Riviera di Chiaia, l’altro dalla Villa Comunale. Hanno rovinato anche via Caracciolo. Non ho mai incontrato il nostro sindaco, però l’ho sentito parlare tante volte: ha ancora il tono insofferente del pubblico ministero».
Qual è la sua opinione del governatore Caldoro?
«Mi sembra un tipo deboluccio. Ma anche una persona abbastanza perbene. Non ha la fronte bassa come Cosentino, ma insomma, può capitare».
Perché tanto pessimismo, professore?
«Ho l’impressione che questo governo non potrà reggere troppo a lungo. Il Pdl ha perso la testa appresso a Berlusconi. Ecco, Nerone era come lui. Non era cattivo, attenzione. Era una brava persona, amava la musica, gli piacevano le donne, non faceva uccidere gli schiavi. Era più cattivo Tigellino, che mi ricorda Alfano».
Da giurista, come valuta le polemiche sulla requisitoria del pm di Milano Ilda Boccassini al processo Ruby?
«Berlusconi può essermi antipatico, ma si è comportato come nove uomini su dieci, anche tra i più illibati. Si indigna e pensa di non dover essere imputato. Poi si convince o rassegna e si rivolge al Ghedini di turno. Anche Sant’Agostino ne fece di cotte e di crude in gioventù, poi è invecchiato. Berlusconi, questo è il punto, non è ancora abbastanza invecchiato. Ma diamogli tempo, e niente viagra, invecchierà anche lui».
Molti hanno criticato il pm Boccassini.
«È una luminosa figura di magistrato, ha fatto solo il suo dovere. L’interdizione dai pubblici uffici non è “l’ergastolo per Silvio”, come ha sostenuto la Santanchè, ma una sanzione accessoria che poteva essere legittimamente invocata. Detto questo, effettivamente i magistrati se la sono presa un po’ con Berlusconi».
Che cosa pensa della rielezione di Napolitano?
«È come l’ultima tavola cui ci si aggrappa mentre il Titanic affonda. Invece mi ha deluso Supermario Monti, l’ha presa in maniera troppo semplicistica».
e di Aldo Masullo consiglio di vedere il breve intervento a Ballarò
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