Quanto ci costa il Calcio

stadioOggi ho avuto modo di leggere la  determina del 22.03.2013 che segue una delibera di giunta comunale del 15.02.2013 (clikka) che riguarda dei lavori da eseguire allo stadio San Paolo per prescrizioni che sono state date dalla UEFA. Dello Stadio cittadino me ne sono occupato già in passato ma la cosa che mi lascia perplesso e che esso pur costituendo una fonte di arricchimento per la società privata che lo gestisce è, invece, per l’amministrazione una vero e proprio pozzo senza fondo dove se ne vanno molti dei soldi di noi contribuenti. Questa volta la somma è di 704.712,64 €. Di questi tempi non credo siano spiccioli. Ma la cosa che mi lascia perplesso è il fatto che i lavori non verranno appaltati secondo ciò che dice la normativa di settore ma eseguiti dalla società calcistica che si è offerta di eseguirli con un ribasso di circa il 30%. Questa strada sarebbe percorribile in quanto la convenzione  tra il comune e la società (che ho pubblicato in un altro articolo clikka), la prevede. La domanda sorge spontanea: possibile che una convenzione deroghi ai principi ed alle norme nazionali e comunitarie che prevedono sempre e comunque il procedimento di evidenza pubblica quando si devono spendere soldi pubblici per fare lavori pubblici? Di seguito incollo l’art. 57  del codice sui contratti pubblici di cui al DLGS 163/2006 che indica (credo in modo tassativo) quali sono i casi in cui si può andare alla cd. procedure negoziata. Ad ogni buon conto mi faccio l’ultima domanda: ma quanto ci costa questo calcio e soprattutto non è che dopo dobbiamo anche ringraziare ?

sullo stadio vedi anche:

le sorprese dello stadio san paolo

stadio san paolo e calcio napoli

commissione sport sullo stadio del 12.12.2011

stadio san paolo zoo edenlandia quale destino

Codice sui contratti pubblici

Articolo 57 Articolo
Procedura negoziata senza previa pubblicazione
di un bando di gara

(art. 31, direttiva 2004/18; art. 9, d.lgs. n. 358/1992; co. 2, art. 6, legge n. 537/1993;
art. 24, legge n. 109/1994; art. 7, d.lgs. n. 157/1995)
1. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nelle ipotesi seguenti, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre.
2. Nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura è consentita:
a) qualora, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto. Alla Commissione, su sua richiesta, va trasmessa una relazione sulle ragioni della mancata aggiudicazione a seguito di procedura aperta o ristretta e sulla opportunità della procedura negoziata.[ Le disposizioni contenute nella presente lettera si applicano ai lavori di importo inferiore a un milione di euro] (1);
b) qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato;
c) nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti.
3. Nei contratti pubblici relativi a forniture, la procedura del presente articolo è, inoltre, consentita:
a) qualora i prodotti oggetto del contratto siano fabbricati esclusivamente a scopo di sperimentazione, di studio o di sviluppo, a meno che non si tratti di produzione in quantità sufficiente ad accertare la redditività del prodotto o a coprire i costi di ricerca e messa a punto;
b) nel caso di consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate al rinnovo parziale di forniture o di impianti di uso corrente o all’ampliamento di forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obbligherebbe la stazione appaltante ad acquistare materiali con caratteristiche tecniche differenti, il cui impiego o la cui manutenzione comporterebbero incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate; la durata di tali contratti e dei contratti rinnovabili non può comunque di regola superare i tre anni;
c) per forniture quotate e acquistate in una borsa di materie prime;
d) per l’acquisto di forniture a condizioni particolarmente vantaggiose, da un fornitore che cessa definitivamente l’attività commerciale oppure dal curatore o liquidatore di un fallimento, di un concordato preventivo, di una liquidazione coatta amministrativa, di un’amministrazione straordinaria di grandi imprese.
4. Nei contratti pubblici relativi a servizi, la procedura del presente articolo è, inoltre, consentita qualora il contratto faccia seguito ad un concorso di progettazione e debba, in base alle norme applicabili, essere aggiudicato al vincitore o a uno dei vincitori del concorso; in quest’ultimo caso tutti i vincitori devono essere invitati a partecipare ai negoziati.
5. Nei contratti pubblici relativi a lavori e negli appalti pubblici relativi a servizi, la procedura del presente articolo è, inoltre, consentita:
a) per i lavori o i servizi complementari, non compresi nel progetto iniziale nè nel contratto iniziale, che, a seguito di una circostanza imprevista, sono divenuti necessari all’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto del progetto o del contratto iniziale, purché aggiudicati all’operatore economico che presta tale servizio o esegue tale opera, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a.1) tali lavori o servizi complementari non possono essere separati, sotto il profilo tecnico o economico, dal contratto iniziale, senza recare gravi inconvenienti alla stazione appaltante, ovvero pur essendo separabili dall’esecuzione del contratto iniziale, sono strettamente necessari al suo perfezionamento;
a.2) il valore complessivo stimato dei contratti aggiudicati per lavori o servizi complementari non supera il cinquanta per cento dell’importo del contratto iniziale;
b) per nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi gia’ affidati all’operatore economico aggiudicatario del contratto iniziale dalla medesima stazione appaltante, a condizione che tali servizi siano conformi a un progetto di base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo contratto aggiudicato secondo una procedura aperta o ristretta; in questa ipotesi la possibilita’ del ricorso alla procedura negoziata senza bando e’ consentita solo nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale e deve essere indicata nel bando del contratto originario; l’importo complessivo stimato dei servizi successivi e’ computato per la determinazione del valore globale del contratto, ai fini delle soglie di cui all’articolo 28 (2).
6. Ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico finanziaria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Gli operatori economici selezionati vengono contemporaneamente invitati a presentare le offerte oggetto della negoziazione, con lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta. La stazione appaltante sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa, previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta, o negoziata previo bando.
7. È in ogni caso vietato il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e i contratti rinnovati tacitamente sono nulli.

Il governo della disperazione

gasparriL’episodio di stamani lascia sgomenti. L’atto va condannato senza mezzi termini ma non si può tacere il malessere e la disperazione che c’è nel paese e che forse ha armato la mano del “povero” Luigi Preiti l’attentatore che ha esploso sei colpi di pistola contro due carabinieri ed una donna e che dopo ha gridato sparatemi. I Cittadini che hanno ancora qualche speranza si sentono traditi dall’agire politico che vede ancora una volta entrare nei palazzi dell’amministrazione l’antipolitica degli interessi particolari e dell’economia. Quali riforme potrà mai fare un governo come quello che è nato oggi e che finirà per condizionare il lavoro del parlamento, che finirà ancora una volta, gioco forza, privato del suo ruolo centrale. Mi chiedo, infatti, quale riforma elettorale, quale legge sul conflitto di interessi, quale legge sulla corruzione, quale legge sul lavoro potrà mai fare un tale miscuglio di individualismi. Non credo ci voglia molta arguzia per capire che questo è un governo del compromesso, che in Italia è pesantemente condizionato da un partito di pseudodestra  berlusconicentrica. Per questo motivo, come in tanti, non condivido le parole pronunciate qualche giorno fa del presidente della repubblica. Non si può fare un governo di salvataggio destra/sinistra in Italia perché la destra italiana non rappresenta alcuna ideologia ma solo interessi personali si è ormai perso ogni visione ideale della politica. Il governo letta è, infatti, la dimostrazione che le ideologie non c’entrano più nulla con la politica. Ormai da anni nella lotta politica a scontrarsi non sono diverse visioni del mondo ma semplici questioni di interesse dove l’economia la fa da padrona indirizzando le scelte e rendendo insignificanti i politici. I partiti sono morti nel momento in cui hanno abbandonato gli ideali ed hanno iniziato ad arruolare individui senza scrupoli che hanno avuto – ed hanno – come unico obiettivo l’accrescimento della ricchezza e del potere personale. Contrariamente a ciò che pensano in molti occorrerebbe un ritorno delle ideologie portate da uomini onesti che hanno una visione del mondo e della economia globale che, purtroppo, sempre più va verso una finanza astratta sganciata da quella reale che anzi ne risulta compromessa. Occorre che la politica si riappropri del suo ruolo di laboratorio di idee ed abbia una visione del mondo in grado di coinvolgere  il popolo, ovviamente no alla violenza ma questo andrebbe spiegato a gasparri, che qualche giorno fa mostrava il dito medio alla folla di cittadini radunatasi per l’elezione del Presidente della Repubblica, ma anche a quelle persone che non hanno alcuna dignità per sedere su uno scranno parlamentare.

Pare che valga ancora questo video preveggente di Guzzanti: il paese non è né di destra né di sinistra è di berlusconi:

Il 25 aprile la memoria che non vogliamo perdere !

DSCN0852 DSCN0854 DSCN0856Oggi (25.04.2013) come l’anno scorso siamo scesi per le strade a ricordare la liberazione esortando i cittadini a non dimenticare. Rispetto al 25 aprile del 2012 abbiamo notato una scarsa partecipazione, le persone passavano con i bambini per mano, qualcuno cantava a bassa voce con noi bella ciao, quasi avesse vergogna, noi abbiamo cantato per tutta la villa comunale ed a piazza vittoria. Dove stavano gli uomini e le donne dei partiti? Mi ha rincuorato una signora anziana che dopo averci sentito cantare e parlare della nasci a della nostra Repubblica e della carne e del sangue su cui essa si fonda, mi ha stretto la mano forte forte con un sorriso a mezza bocca. Altri sono passati ignavi, indifferenti inconsapevoli del fatto che un popolo che non ha memoria dei suoi caduti non ha la forza di difendere le istituzioni democratiche finendo per accettare, senza offendersi per questo, che esse siano occupate da nani, saltimbanchi e ballerine !

La politica dell’occupazione e del saccheggio

napolitano_giorgioPremetto che ho profondo rispetto per l’istituzione del Presidente della Repubblica ed ho ascoltato con attenzione il discorso di ieri (22.03.2013) all’atto del suo rinnovato insediamento. Come a tutti, mi ha colpito il forte richiamo e la critica pesante alle manchevolezze dei partiti presenti sulla scena politica nazionale che hanno svolto in sostanza un ruolo fine a loro stessi. Le parole del presidente sono state molto forti e più erano forti e più i parlamentari applaudivano quasi ad autoassolversi! Queste parole mi sono sembrate ancora più forti quando ho appreso la contemporanea notizia di altri due consiglieri regionali della Regione Campania, che hanno subito misure restrittive personali perché avrebbero usato, a scopi personali, i fondi economali messi a disposizione, in virtù della legge, per lo svolgimento delle attività politico/istituzionali. Il problema è che il politico si sente in diritto di poter fare qual che vuole e di dare una sua personale interpretazione del bene e dell’interesse pubblico, che spesso coincide con il suo bene ed interesse personale o di gruppi di persone. Spesso, infatti, chi si trova nelle istituzioni usa beni e denaro come se fossero propri, non percependo nel modo più assoluto che quei beni e quel denaro hanno una valore sacro e non possono essere distolti dalla loro funzione ed, invece, nei palazzi assistiamo a gente che, siccome eletta, va al saccheggio di stanze stampanti, computer ed attrezzatura di varia natura non avendo la percezione di cui dicevo. Con questo voglio dire che è nelle piccole cose che si manifesta l’animo distorto del politicante. Noi di Ricostruzione Democratica come gruppo conciliare del Comune di Napoli abbiamo cercato di percorrere la “pura via amministrativa”, facendo regolari richieste all’ufficio competente, rimaste senza esito, perché non seguite da nostri atti di materiale occupazione da legittimare successivamente così come hanno fatto gli altri (sic!). Siamo, quindi, rimasti, senza stanze né attrezzature occupando temporaneamente un piccolo ambiente con un computer e senza stampanti,  tanto che una volta ho detto al Presidente ed al Direttore Amministrativo deputato al servizio: “ma se il palazzo non è in grado di amministrare se stesso come potrà mai amministrare una città intera?” E’ avvilente e per questo, sempre per voler percorrere una via amministrativa, ho scritto al Direttore Generale ed al servizio ispettivo affinché si adottino anche i provvedimenti disciplinari del caso! Ritornando sul Presidente della Repubblica che lancia strali mi dispiace sentire da una persona parole così pesanti che però hanno alle spalle una esperienza credo distorta. Mi fa male, infatti, vedere il servizio della TV tedesca proprio su Napolitano, parlamentare europeo, che avrebbe intascato rimborsi per viaggi superiori a quelli effettivamente sostenuti, oppure apprendere che il figlio del Presidente, giulio napolitano, oltre ad essere professore ordinario ha anche un incarico (oppure l’ha avuto) presso la presidenza del consiglio dei ministri (giulio napolitano clikka). Come dicevo l’animo del “politico comune” è corrotto ed occorreranno anni di fatti per legittimare le parole.

Su Giorgio Napolitano interessante prospettiva di Giuseppe Aragno (clikka)

sullo stesso argomento:

uno schiaffo in faccia alla dignità dei cittadini (clikka)

maiali al pascolo (clikka)

trasparenza i fondi economali di napoli è tua (clikka)

Cesare Lombroso e la politica (clikka)

l’utopia della politica ed i costi dei politicanti (clikka)

la sacralità dell’interesse pubblico (clikka)

scandalo alla regione lazio una buona occasione per fare pulizia (clikka)

Dal Corriere del Mazzogiorno di oggi 23.04.2013

Ditte fantasma e un rapinatore fatturavano a due consiglieri

Due misure cautelari ad altrettanti esponenti del centrodestra, Sergio Nappi (arresti domiciliari) e Raffaele Sentiero (obbligo di dimora in Campania); entrambi sono accusati di truffa aggravata nell’ambito del filone sui fondi per la comunicazione. Tramite fatture false, ipotizza l’accusa, avevano indotto il Consiglio regionale a concedere rimborsi ai quali non avevano diritto, per un ammontare di circa 60.000 euro. Il caso dei due consiglieri di «Noi Sud» rilancia le polemiche sulla sopravvivenza del gruppo consiliare. Sergio Nappi avrebbe già aderito al gruppo federato Caldoro Presidente, mentre non è chiara la collocazione precisa di Raffaele Sentiero. E’ il coordinatore regionale di «Noi Sud», il senatore Antonio Milo a ribadire che entrambi non fanno più parte del partito.

Si estende l’inchiesta della Procura sulle erogazioni illegali di denaro ai consiglieri regionali. Ieri mattina gli uomini del Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno notificato due misure cautelari ad altrettanti esponenti del centrodestra, Sergio Nappi (arresti domiciliari) e Raffaele Sentiero (obbligo di dimora in Campania); entrambi sono accusati di truffa aggravata nell’ambito del filone sui fondi per la comunicazione. Tramite fatture false, ipotizza l’accusa, avevano indotto il Consiglio regionale a concedere rimborsi ai quali non avevano diritto, per un ammontare complessivo di circa 60.000 euro. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Roberto D’Auria su richiesta del pm Giancarlo Novelli, della sezione reati contro la pubblica amministrazione coordinata dall’aggiunto Francesco Greco. Il meccanismo della truffa è simile a quello attuato da altri consiglieri indagati nella stessa inchiesta: ai funzionari regionali incaricati di erogare i rimborsi venivano consegnate fatture emesse da ditte inesistenti o compiacenti, convinte a rilasciare i documenti in cambio di futuri appalti. Il caso più eclatante è quello di un pregiudicato per rapina e furto, tossicodipendente, che ha rilasciato a Sentiero una fattura da 7.800 euro. In cambio del favore, ha spiegato, ha ricevuto 50 o 100 euro, non ricorda bene. «Ho precedenti penali — ha dichiarato l’uomo, Salvatore B., agli uomini del colonnello Nicola Altiero — per rapina e furto. Sono stato tossicodipendente da eroina fino al 2006 ed ora sono in cura presso il Sert. Non sono mai stato un imprenditore e non ho mai avuto una ditta in quanto non ne ho le capacità nè la disponibilità economica». L’uomo sulla carta risultava amministratore unico della società Gi.Sca. che nel 2010 ha rilasciato la fattura al consigliere Raffaele Sentiero. I verbali sono contenuti nell’ordinanza cautelare. L’uomo ha anche spiegato di essere stato contattato da un ex poliziotto il quale, in cambio di 50 o 100 euro, gli chiese un documento d’identità e il codice fiscale. Lo scorso anno sia Salvatore B. sia il poliziotto furono arrestati su disposizione del gip di Padova: «Solo in quella occasione — ha chiarito il pregiudicato — ho appreso di essere il titolare di diverse società tra le quali ricordo Gi. Sca. Non ho mai svolto alcuna tipologia di attività per le società di cui risulto essere proprietario o amministratore. Ho la licenza della scuola elementare e non ho mai usato nè sono in grado di usare un computer, anche per le più semplici operazioni». Un altro caso singolare è quello della Lns Immobiliare, società che ha rilasciato diverse fatture ai consiglieri. Fino al 2010 era attiva nei settori della somministrazione di alimenti e bevande e dell’edilizia; pochi mesi dopo le elezioni regionali, però, ha modificato il proprio oggetto sociale, inserendo tra le attività anche quella della comunicazione istituzionale. La circostanza è sottolineata dal gip: «Troppo stringente il contesto temporale e la connessione con la vicenda delle fatture false in favore di Nappi e di Sentiero per non trarne un inequivocabile spunto in ordine alla spregiudicata personalità dei protagonisti della vicenda». Sentiero nei mesi scorsi ha chiesto al pm di essere interrogato e ha ammesso sì di avere esibito fatture false, ma ha sostenuto di avere impiegato il denaro così ricevuto dal Consiglio regionale per «spese di natura politica»: «Trovandomi alla prima esperienza in Consiglio regionale ho certamente sbagliato, nel senso che non ho ben applicato la procedura prevista per la destinazione e l’erogazione di questi fondi. Il denaro che mi è stato poi erogato, e forse anche di più, è stato da me effettivamente destinato a spese di natura politica». Nappi ha invece fatto pervenire ai giornalisti una nota a firma del suo avvocato, Annibale Schettino: «Nell’esprimere fiducia nell’azione della magistratura, Nappi è sereno nell’attesa del previsto interrogatorio di garanzia sicuro di chiarire la vicenda che lo vuole impegnato». Titti Beneduce

Impianti sportivi municipali

comuneIeri è stata proposta al consiglio comunale una modifica al regolamento delle municipalità con la quale si vuole attribuire la facoltà alle stesse di poter dare in concessione gli impianti sportivi  di loro competenza non più per 1 anno ma per 10 anni attraverso una gestione cd. indiretta. La mia preoccupazione è stata quella di evitare che si possano creare come, peraltro accaduto per alcuni impianti di rilevanza comunale, delle posizioni di privilegio e pertanto ho manifestato la necessità che si approvasse prima il regolamento d’uso degli impianti sportivi la cui necessità è richiamata dalla stessa delibera di giunta 757/2012. In seguito al mio intervento la delibera è ritornata in commissione affinché si capisca meglio come fare in modo di assicurare la destinazione pubblica di queste strutture.

Piccola nota: Noi di Ricostruzione Democratica abbiamo da dicembre 2012, dopo una lunga istruttoria, fatto una proposta di regolamento di uso degli impianti sportivi (clikka)

Le mie perplessità diciamo nascono da cose che ho toccato con mano e la superficialità non paga mai: il patrimonio comunale una questione di giustizia sociale (clikka)le sorprese dello stadio San Paolo (clikka)

  Il mio intervento al 3:40:17

Lettera di Rodotà a Scalfari: “Sono e resto un uomo di Sinistra”

rodotàDa Repubblica Nazionale di oggi (22.04.2013) di STEFANO RODOTA’ lettera  a Scalfari da leggere


CARO direttore, non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l’articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all’interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice “non c’è problema “, non gira la testa dall’altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata concretamente a finire.

La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l’esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all’assassinio di Giovanni Falcone, l’esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l’immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d’uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato “imposto da Pannella”. Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l’infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.

Incostituzionale il Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l’esame del sangue di costituzionalità, dobbiamo partire dai partiti che saranno nell’imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha documentato Repubblica
nel corso di tanti anni sull’intrinseca e istituzionale incostituzionalità dell’agire dei diversi partiti berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con una legge elettorale viziata di incostituzionalità, come ci ha appena ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il confronto e la dialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e istituzionale che stiamo vivendo.

Peraltro, una analisi seria del modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione dell’iter che l’ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere come mai persone storicamente appartenenti all’area della sinistra italiana siano state snobbate dall’ultima sua incarnazione e abbiano, invece, sollecitato l’attenzione del Movimento 5Stelle. L’analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o anatemi.

Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito l’immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo rispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato, perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza, forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua distrazione con l’alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della Rete.

Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.

la rielezione di napolitano (clikka)

La rielezione di napolitano

12514_10200792181437179_1936445111_n 164216_10200792184797263_760835364_n 378759_10200792184877265_1124037153_n 558109_10200792181237174_144057213_n528221_10200792181317176_629875170_nLa giornata convulsa di ieri ci lascia l’amaro in bocca: un paese allo sbando in un momento di crisi internazionale, per la protervia di una classe dirigente che pensa solo a se stessa, che non ha il coraggio di cambiare nonostante gli eventi glielo impongano. Una classe dirigente, ferma immobile, con facce di plastica, una classe dirigente che campa con la politica e non ha interesse per il futuro perché grazie alla politica ha piazzato amici e parenti mettendoli al sicuro, una classe dirigente che ha dimenticato cosa sia il lavoro, quello che fa scendere il sudore sulla fronte e ti secca la bocca,  una classe dirigente che ha offeso ed offende il sangue versato per la Repubblica, una classe dirigente che riconosce solo se stessa, sorda alle grida della gente! Questo è quello che ho visto ieri in parlamento e sono sceso in piazza per protestare. Un presidente della repubblica, la più alta carica dello stato “nominato” in virtù di un accordo che impedirà di fare qualsivoglia riforma seria e degna di un paese civile, un presidente che sarà una garanzia per gli interessi particolari dalle banche ai conflitti di interesse!  Molte mail di sostegno ma  le piazze di napoli erano vuote nonostante fossero piene di gente che passeggiava ignava, indifferente, inconsapevole di ciò che la classe dirigente ci ha regalato ieri. Per strada un silenzio assordante di persone a cui interessa avere la pancia piena anche se piena di cibo avvelenato per la loro ignavia. Una ragazza di 17 anni si è fermata ha aspettato che finissi di parlare a piazza plebiscito e poi mi ha chiesto sono d’accordo con quello che dici ma cosa posso fare, era esile capelli neri, le ho detto che con questa domanda già stava facendo qualcosa e che doveva manifestare convincere gli altri e prendere consapevolezza.   Con noi c’era Geppino Aragno e forse ci siamo sentiti un po’ meno soli.

ecco i traditori della Repubblica devono vergognarsi di uscire:

Concorso di Toponomastica Femminile in Comune

525164_2990358414041_1617260925_nIl concorso di Toponomastica femminile viene dopo un Convegno sulla toponomastica (clikka) e dopo un  percorso amministrativo (clikka) a valle del quale siamo riusciti anche ad eleggere all’interno della Commissione per la toponomastica Giuliana Cacciapuoti che ci ha aiutato a comprendere il tema di genere sulla attribuzione degli odonimi alle strade. Molto costruttivo ed interessante il rapporto con i ragazzi. Il 17 aprile 2013, presso la sala del Consiglio Comunale, abbiamo celebrato la premiazione del primo concorso di Toponomastica femminile.  Bella partecipazione vivace dei giovani studenti e mi sono emozionato per alcune biografie, in particolare quella di Rita Atria.

Ecco i vincitori:

Categoria profilo biografico locale :

 – Liceo Linguistico  Istituto T. Campanella — Professor Livio Miccoli  per la biografia di Enrichetta Caracciolo
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Categoria profilo biografico nazionale:

 – Liceo Linguistico Istituto T. Campanella — Professoressa Daniela Esposito, per la biografia di Rita Atria.

Categoria  profilo biografico internazionale:


- Istituto per i servizi turistici A.Serra — Professoressa Cinzia Azzalini -per la biografia di  Hannah Arendt
.

Ecco le biografie:

Rita Atria

   “Forse un mondo onesto non esisterà mai,  ma chi c’impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo

 Le parole di una giovane ragazza dall’aspetto esile e dolce, dai capelli ed occhi neri, neri come tanti dei suoi giorni passati per combattere la mafia, neri come i lutti che ha dovuto subire e neri come il mondo in cui ha vissuto. Esile e dolce ma con una grande forza di combattere e di cambiare il mondo della mafia.

Rita è nata il 4 settembre del 1974  a Partanna, un piccolo paese poco conosciuto del comune di Belice,  divenuto poi famoso in seguito al terremoto. Rita era figlia del “boss” locale ovvero Vito Atria. Il padre fu ucciso quando la piccola Rita aveva 11 anni, ciò la portò a legarsi con il fratello Nicola e la cognata Piera Aiello. In questo periodo il fratello le “svela” svariati progetti, nomi e azioni fella mafia. Purtroppo però anche il fratello nel giugno del 1991 fu ucciso dalla mafia. In seguito a questo lutto la moglie di Nicola, Piera, presa  dalla rabbia incominciò a collaborare con la polizia, così anche Rita prendendo esempio dalla cognata, incominciò a collaborare con la polizia e conobbe il giudice Paolo Borsellino. Sin dal loro primo incontro fra i due ci fu un amore filiale e da quel momento non si lasciarono più.  Paolo l’adotto, lei era la sua “picciridda” e per Rita “ zio Paolo” era veramente ragione di vita! Grazie all’intervento di Rita furono arrestati vari mafiosi. Per sicurezza la ragazza viveva a Roma in un indirizzo segretissimo. Qui studiava,  ma la sua vita era veramente difficile, non poteva avere vita sociale e doveva essere sempre scortata perché ogni giorno c’era rischio di morte. S’impegnava tanto negli studi; sta di fatto che pochi giorni prima della sua tragica morte, aveva dato l’esame di maturità portando come argomento di tesina Giovanni Falcone .

Purtroppo dopo la strage di “via d’Amelio“ la quale portò la morte di Paolo Borsellino, esattamente dopo una settimana, Rita si lanciò dal settimo piano del suo “palazzo segreto”.  La polizia trovò sul tavolo una lettera per Paolo Borsellino dove stava scritto : “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.

Tutti hanno paura,  ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi.

Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amicila mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci.  
Borsellino,  sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta.
Rita Atria”

Così il 26 luglio del 1992 si chiudono per l’ultima volta i dolci occhi neri della piccola Rita.

Al funerale della piccola Rita non si presentarono i compaesani, il suo fidanzato,  ma soprattutto la cosa più strana e pazzesca è che a quel funerale non ci fu neanche la madre!

Si presentò solo dopo la cerimonia, si presentò dinanzi la sua tomba con un martello distruggendo la lapide di marmo, e non “contenta” distrusse anche la foto della sua bambina. Non era rabbia per la sua morte, non era dolore, non era la sofferenza della perdita della figlia, non era lutto,  era odio, odio per la sua bambina, per ciò che aveva portato in grembo per nove mesi, per il sangue del suo sangue.

““”””Fimmina con lingua longa e amica degli sbirri”,  queste furono le uniche  parole della madre in quella occasione.

La riteneva una vergogna per tutti i mafiosi le ripeteva in continuazione che doveva farsi i fatti suoi . Era “na Fimmina senza onore” per la madre.

Ma Rita è morta per noi ed è importante che noi la ricordiamo per quello che è stato  per quello che è !

HANNAH  ARENDT

Hannah Arendt (Linden, 14 ottobre 1906 – New York, 4 dicembre 1975) è stata una filosofa, storica e scrittrice tedesca naturalizzata statunitense. Emigrata negli Stati Uniti d’America, da cui ottenne anche la cittadinanza, rifiutò sempre di essere categorizzata come filosofa.

Nata da una famiglia ebraica a Linden e cresciuta a Königsberg prima (città natale del suo ammirato precursore Immanuel Kant) e Berlino poi, Arendt fu studentessa di filosofia di Martin Heidegger all’Università di Marburgo. Ebbe una relazione sentimentale segreta con quest’ultimo, scoprendone solo piuttosto tardi le simpatie naziste, da cui si dissociò, non riuscendo tuttavia mai del tutto a cancellare l’amore e la devozione verso il suo primo maestro. Dopo aver chiuso questa relazione, Hanna Arendt si trasferì a Heidelberg dove si laureò con una tesi sul concetto di amore in sant’Agostino.

La tesi fu pubblicata nel 1929, ma a Arendt fu negata la possibilità di venire abilitata all’insegnamento nelle università tedesche nel 1933, per via delle sue origini ebraiche. Dopo di che lasciò la Germania per Parigi. Durante la sua permanenza in Francia Hannah Arendt si prodigò per aiutare esuli ebrei della Germania nazista. Ad ogni modo, dopo l’invasione tedesca (e conseguente occupazione) della Francia durante la seconda guerra mondiale, e la successiva deportazione di ebrei e ebree verso i campi di concentramento tedeschi, Hannah Arendt dovette emigrare anche da qui. Nel 1940 sposò il poeta e filosofo tedesco Heinrich Blücher, con cui emigrò (assieme a sua madre) negli Stati Uniti, con l’aiuto del giornalista americano Varian Fry. Dopo di che divenne attivista nella comunità ebraica tedesca di New York, e scrisse per il settimanale Aufbau.

Dopo la seconda guerra mondiale si riconciliò con Heidegger e testimoniò in suo favore durante un processo in cui lo si accusava di aver favorito il regime nazista. Morì il 4 dicembre 1975 in seguito ad un attacco cardiaco, fu sepolta al Bard College, in Annandale sullo Hudson, New York. Nel 1985 a Parigi si tenne un convegno sull’opere della Arendt organizzato da Françoise Collin, filosofa e saggista belga nonché illustre appartenente al Movimento femminista francese; questo ciclo di conferenze aprì la strada ad una innovativa interpretazione del pensiero Arendtiano.

Le opere

I lavori della Arendt riguardarono la natura del potere, la politica, l’autorità e il totalitarismo.

Nel suo resoconto del processo ad Eichmann per il New Yorker (che divenne poi il libro La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme (1963)) Arendt ha sollevato la questione che il male possa non essere radicale: anzi è proprio l’assenza di radici, di memoria, del non ritornare sui propri pensieri e sulle proprie azioni mediante un dialogo con se stessi (dialogo che la Arendt definisce due in uno e da cui secondo lei scaturisce e si giustifica l’azione morale) che persone spesso banali si trasformano in autentici agenti del male. È questa stessa banalità a rendere, com’è accaduto nella Germania nazista, un popolo acquiescente quando non complice con i più terribili misfatti della storia ed a far sentire l’individuo non responsabile dei suoi crimini, senza il benché minimo senso critico.

Scrisse anche Le origini del totalitarismo (1951), in cui tracciò le radici dello stalinismo e del nazismo, e le loro connessioni con l’antisemitismo. Questo libro fu al centro di molte controversie, perché comparava due sistemi che alla maggior parte degli studiosi europei – e anche a molti statunitensi – sembravano diametralmente opposti.

L’opera però che delinea in maniera esemplare la sua teoria politica venne pubblicata nel 1958 con il titolo Vita Activa. La Condizione umana in cui compie una spregiudicata analisi della società di massa ed un’accorata denuncia della condizione dell’uomo contemporaneo condannato a una sostanziale solitudine.

ENRICHETTA CARACCIOLO (Napoli, 1821 – 1901)

Enrichetta Caracciolo nacque a Napoli il 17 Febbraio 1821, figlia di Don Fabio Caracciolo e della nobildonna palermitana Teresa Cutelli. Alla morte del padre, la madre, desiderosa di risposarsi e di restare libera dai precedenti vincoli familiari, la costrinse ad entrare nel convento di San Gregorio Armeno a Napoli.

  Nel 1840, all’età di diciannove anni, Enrichetta fu costretta dunque a prendere i voti ma nel 1846 presentò al Papa Pio IX una richiesta di essere sciolta dai vincoli monacali. La sua richiesta però non fu accolta.

  Nel 1848, in occasione della prima guerra d’Indipendenza, prese posizione contro i Borboni, per quanto le fosse possibile considerando la sua condizione di monaca, introducendo in convento giornali liberali e denunciando il fenomeno delle monacazioni forzate.

  Il 7 Settembre del 1860, quando Giuseppe Garibaldi entrò a Napoli, durante la messa di ringraziamento per la sconfitta dei Borboni, Enrichetta depose sull’altare il velo monacale, lasciando per sempre il convento. Più tardi, nonostante l’età – aveva superato i quaranta anni e dunque all’epoca non era più considerata in età da matrimonio – e il suo trascorso monacale, sposò il patriota Giovanni Greuther e pubblicò un libro di memorie, I misteri del Chiostro Napoletano (1864), che destò grande interesse e fu tradotto in sei lingue. L’opera ebbe un successo immediato in Italia e all’estero, suscitò anche vivaci polemiche per il suo taglio violentemente anticlericale e fu apprezzata anche da personaggi come Manzoni, Settembrini e dal principe di Galles. Inoltre Garibaldi le scrisse una lettera per ringraziarla di alcuni bellissimi sonetti che aveva a lui dedicato.

  Nel 1866, anno della terza guerra d’Indipendenza, pubblicò un Proclama alla Donna Italiana in cui esortava le donne a sostenere la causa nazionale. Nel 1867 fece parte del Comitato femminile Napoletano di sostegno al disegno di legge di Salvatore Morelli per i diritti femminili.

  Nonostante la sua notorietà e la sua infaticabile attività, Enrichetta non ebbe alcun riconoscimento ufficiale dal governo italiano. Garibaldi, partendo dall’assedio di Capua, non fece in tempo a firmare il decreto con il quale aveva intenzione di nominarla ispettrice agli educandati di Napoli.  Riteniamo giusto intitolare una strada di Napoli ad Enrichetta Caracciolo: pur essendo stata una figura molto importante nella storia – partecipò attivamente all’Unità d’Italia e fu tra le prime ispiratrici del movimento femminista – non ha mai goduto di un riconoscimento ufficiale, che giungerebbe ora finalmente da parte della sua Città.

  Ammirevole è stato il suo coraggio di esprimere le proprio idee e di raccontare la sua esperienza in un libro, in un periodo in cui era quasi impossibile per una donna ribellarsi, far valere i propri diritti ma soprattutto battersi contro la monacazione forzata

 Dobbiamo considerarci fieri di aver avuto una donna di gran valore a Napoli che merita l’intitolazione di una strada cittadina.

  Il 17 febbraio del 1600, il filosofo Giordano Bruno fu condannato al rogo dalla Chiesa di Roma per non aver rinnegato le sue idee. Egli è considerato un martire del libero pensiero contro l’oscurantismo e l’intolleranza della religione.

Il 17 febbraio – celebrato da molti come il giorno della libertà di pensiero – potrebbe essere considerato per i napoletani come un giorno doppiamente importante: infatti è anche il giorno della nascita di Enrichetta Caracciolo che – come il filosofo nolano – si è battuta con determinazione fino alla fine dei suoi giorni per difendere ed affermare le sue idee.

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Si ha paura di discutere di Bagnoli !

italsiderDi seguito il mio intervento al Consiglio Comunale di oggi (18.04.2013) che si è concluso con un nulla di fatto, eppure i temi erano tanti ma evidentemente i “vecchi partiti” hanno avuto paura di entrare del merito e di pronunciarsi. Noi di Ricostruzione Democratica abbiamo votato contro il rinvio della discussione anche perché dalla lettura del Decreto di Sequestro (clikka),  emesso di recente dalla magistratura penale, emerge la necessità che siano adottati dei provvedimenti amministrativi e di controllo sulla società Bagnolifutura la cui gestione appare essere stata poco accorta quanto meno con riferimento ai controlli. Difatti, tra le ipotesi accusatorie c’è la falsità delle certificazioni di bonifica, oltre che il disastro ambientale causato dall’illecito interramento di 400 tonnellate di morchie oleose (sostanze altamente inquinati) nel parco dello sport e che secondo il Tribunale erano stati classificati come terreno da riporto. In proposito è “brillante” la soluzione che il vicesindaco dell’epoca, conscio dell’inquinamento, adottò e che è riportata nel decreto di sequestro dove si legge “A sua volta Santangelo con la nota 147 del 13 aprile 2010 invitò la Bagnolifutura ad adeguare le opere in corso nel parco dello Sport a quanto suggerito proprio dal Pulii con apposita nota prot. 360 emessa pari data con cui fu proposto di “realizzare delle barriere non valicabili delle aree verdi in modo da evitare del tutto il contatto dermico con il suolo che, dall’analisi di rischio a suo tempo effettuata, è l’unico veicolo di possibile migrazione dei residui degli Inquinanti una volta (??!) presenti nell’area“. E’ singolare poi l’esperienza raccontata da due cremonesi subappaltatori della De Vizia (società deputata alla bonifica) i quali verificarono che le analisi fatte fare da Bagnolifutura non corrispondevano a quelle che per scrupolo si facevano fare loro dai loro laboratori e che più si andava avanti con le bonifiche e più aumentava la percentuale degli inquinanti nei terreni ! Ancora c’è un’ulteriore cosa di cui si sarebbe potuto discutere la possibile provenienza di inquinamento da parte della CEMENTIR S.p.a. e della quale il consiglio non ha voluto discutere. Manco a dirlo noi per la CEMENTIR abbiamo depositato un Ordine del Giorno (clikka). Che avvilimento mi chiedo a cosa servano le assemblee elettive se poi ci si rifiuta di discutere! Con l’amaro in bocca mi chiedo se servirà a qualcosa quello che stiamo facendo? Per fortuna in aula ci sono Simona Molisso e Carlo Iannello con i quali ad un certo punto ho abbandonato l’aula in segno di protesta!

Bagnoli non aspetta!! Martedì 23.04.2013, alle h. 17,00, in Via Verdi, 35, nel palazzo del Consiglio Comunale, al IV piano, sala multimediale, assemblea pubblica per discutere di quello che i partito non hanno voluto discutere in Consiglio Comunale il 18 aprile scorso. Occorre essere uniti!  Sulla questione di Bagnoli iniziano i consigli degli amici che ci dicono a noi tre dei Ricostruzione Democratica che Bagnoli è una cosa grossa, state attenti non isolatevi in Consiglio, il fatto che non è mai andato nessuno in galera da venti anni a questa parte è indice che la cosa è grossa, molto grossa! Cosa fare stare a sentire gli amici, per evitare che poi arrivino i nemici, oppure insistere. A volte guardando la gente per strada che pensa, giustamente, ai propri problemi personali (pure grossi) o peggio guardando quelli che vanno contro per cultura quasi per una sorta di “dispetto civico” dico “chi me lo fa fare? c’è gente che non merita il nostro impegno!” … la risposta a questa domanda dipende solo da noi … solo quando saremo in grado di darci una risposta collettiva a questa domanda allora saremo in grado di andare avanti. A domani …

 

la posizione di Ricostruzione Democratica su Bagnolifutura

il mio intervento al 2:45:38

Il “rigore” in politica … non viene mai fischiato!

imagesOggi leggo le reazioni dei politici tutti dichiarati assolti anche in secondo grado per la questione Romeo mentre per il caso Bagnoli si è aperta una inquietante finestra sulle bonifiche. Devo dire che venerdì scorso (11.04) in commissione ambiente ho avuto modo di esprimere tutto il mio rammarico verso l’amministrazione dichiarando che non è possibile che arrivi sempre prima la magistratura e che la politica sia sempre in ritardo. Sulla questione, infatti, noi di Ricostruzione Democratica ci siamo espressi molte volte chiedendo alla giunta di accertare cosa era accaduto nella partecipata e di giungere allo scioglimento della stessa (clikka). Manco a dirlo siamo stati completamente inascoltati ed oggi ci troviamo nell’antipatico ruolo di chi afferma “ve l’avevamo detto!”. Ora, invece, gli amministratori dell’affare Romeo festeggiano per la loro assoluzione che, ovviamente, non metto in discussione nel modo più assoluto, ma spero che la politica (quando sarà il caso) non vada dietro a questa cosa ma esamini con diligenza e perizia i comportamenti facilmente riscontrabili dalle intercettazioni telefoniche relative a quel giudizio che emergono dalla Ordinanza del GIP presso il Tribunale di Napoli che convalidò la richiesta di misure cautelati. Per carità non voglio fare o rifare alcun processo ma da quegli atti emerge che gli amministratori interloquivano eccome in modo assolutamente amichevole con l’imprenditore Romeo a cui la Corte di Appello di Napoli ha aggravata la pena per alcuni dei reati in ogni caso ritenuti commessi! Con ciò voglio dire che la Politica dovrebbe essere, secondo me, ancora più rigorosa della Giustizia, proprio perché è in gioco l’interesse pubblico e la buona amministrazione dovrebbe arrivare prima della magistratura, perché tal volta ciò che non è reato è inopportuno o talvolta illegittimo per un pubblico amministratore. Per questi motivi ho chiesto in commissione venerdì scorso le dimissioni del CDA di Bagnoli Futura che in due anni anziché verificare le carte e leggere con attenzione la relazione della Commissione Parlamentare di inchiesta, ha proseguito il programma della precedete giunta in modo assolutamente acritico e supino. Non c’è che fare in politica la parola “rigore” è riferita solo al allo sport del calcio e tutti sembrano avere la memoria corta, se sui principali giornali oggi si leggono interviste di importanti politici campani politicamente responsabili del disastro Napoli. Spero che la demolizione del presente non serva come lascia passare alla vecchia politica compromessa per uomini ed azioni.

La memoria: Su Romeo altri post che chiariscono il suo importante ruolo nell’amministrazione cittadina.

Romeo e l’insula

Romeo inaffidabile per il TAR Campania

Il percorso di guerra: la spiegazione di Romeo

L’ass. Tuccillo e la difesa dell’Insulsa

Il percorso di guerra di Romeo

Dal Corriere del Mezzogiorno di oggi 14.04.2013

▪    Lepore: «Mi dispiace per quegli assessori»

L’ex procuratore: capisco l’amarezza. Gambale: accanimento su tesi senza prove di GIANLUCA ABATE

«Stimo Giovandomenico Lepore. E, proprio per questo, ora mi aspetto le sue scuse. Una persona perbene come lui, quando sbaglia, deve avere l’onestà intellettuale di dire che ha commesso un errore». Giuseppe Gambale, l’ex assessore al Comune di Napoli arrestato il 17 dicembre 2008 nell’ambito dell’inchiesta sul Global service e assolto per la seconda volta, commenta così il verdetto emesso due giorni fa dalla corte d’appello. E l’ex procuratore di Napoli, interpellato dal Corriere del Mezzogiorno, si dice «dispiaciuto per quello che gli assessori hanno patito in questo periodo». Insomma, se non sono le scuse richieste, poco ci manca.

L’ex assessore

Breve riepilogo della vicenda. Giuseppe Gambale, Felice Laudadio, Ferdinando Di Mezza ed Enrico Cardillo due giorni fa vengono assolti al termine del processo d’appello. I giudici inaspriscono le pene per Alfredo Romeo e Felice Mautone, ma escludono l’associazione a delinquere e confermano dunque il verdetto di primo grado per gli ex assessori della giunta di Rosa Russo Iervolino. «Tutto ciò si poteva evitare», dice amareggiato Gambale. «Bastava leggersi gli atti. La verità era nelle carte già dal 17 dicembre 2008, il giorno degli arresti. C’erano le delibere, la sospensione della gara. Sarebbero stati sufficienti più accortezza e minore pregiudizio per evitare tutte queste sofferenze. Il giudice Enrico Campoli, nell’assolverci, parlò di autismo giudiziario. Ecco, credo che se si è arrivati a questo punto è proprio per quel volersi accanire su una tesi senza avere i riscontri». L’ex assessore, però, non ce l’ha con i magistrati: «Giovandomenico Lepore l’ho sempre stimato. Ed è proprio per questo che adesso mi aspetto le sue scuse. Così come attendo quelle di Franco Roberti, un altro magistrato di valore. Sono due persone perbene, e credo che una persona perbene, quando sbaglia, debba avere l’onestà intellettuale di dire che ha commesso un errore. Sia chiaro, io non nutro alcun risentimento neppure nei confronti dei tre pm che mi hanno indagato, e lo può testimoniare proprio uno di loro, Vincenzo D’Onofrio, cui ho pubblicamente stretto la mano. Il problema sta nel fatto che questa non era un’inchiesta di competenza della Procura antimafia, ma andava assegnata al pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Quei tre pm fanno inchieste straordinarie sulla criminalità organizzata, ma in questi casi è diverso il modo di leggere gli atti, di valutare un’intercettazione». Le ultime due stoccate sono per Rosa Russo Iervolino («Se invece di definirci sfrantummati ci avesse difeso, oggi avrebbe potuto rivendicare la sua scelta») e per il Pd: «La custodia cautelare è usata come clava: la giustizia va riformata, sono in gioco le garanzie dei cittadini».

L’ex procuratore

La parola «scuse» l’ex procuratore di Napoli non la pronuncia mai. Ma Giovandomenico Lepore mostra comunque un coraggio non comune nel commentare la sentenza: «Ho appreso dalla stampa che è stata confermata la nostra linea su Romeo e Mautone, ma che è stata invece decisa ancora una volta l’assoluzione degli ex assessori. Rispetto la decisione, evidentemente la nostra tesi era poco convincente. E per questo, avendo firmato anche io sia gli atti di quel procedimento che il ricorso in appello, oggi ritengo di dover esprimere a titolo personale dispiacere per le sofferenze patite dagli assessori in questi anni». È l’ammissione di un errore? «Se i giudici non hanno condiviso la nostra impostazione sugli assessori in tutti e due i gradi di giudizio, allora è evidente che l’errore l’abbiamo commesso noi».

Enrico Cardillo «Riconosciuta la mia onestà»

NAPOLI — È una sorta di liberazione l’assoluzione nel processo sul «presunto sistema Romeo» per Enrico Cardillo, all’epoca dei fatti assessore al Bilancio della della giunta Iervolino. L’ex sindacalista affida la sua soddisfazione ad una nota, nella quale spiega che «ancora una volta e definitivamente si riconosce l’onestà e la moralità con cui mi ero messo a disposizione di Napoli. Quando ho ascoltato in aula la sentenza il pensiero è andato alle sofferenze della mia forte famiglia, ma soprattutto a quella di Giorgio Nugnes, che non c’è più. La sentenza di appello demolisce definitivamente la malafede di quanti vollero leggere nel mio addio con le dimissioni da assessore, come una fuga. In questi cinque anni sono stati tanti i momenti di forte sofferenza, ma la certezza di essere una persona onesta, e di avere sempre operato affermando la legalità, sono stati pienamente riconosciuti dai giudici».

A. S.

Assemblea del PD: Dissesto o predissesto questo è il problema?

RDLe mie impressioni sulla assemblea di ieri (11.04.2013) organizzata da Umberto De Gregorio, che ringrazio e che ha svolto il compito (è il caso di dire difficile) di moderatore, ed alla quale hanno partecipato vari esponenti della passata ed attuale amministrazione cittadina.

Di interesse:

Il patrimonio comunale è una questione di giustizia sociale (clikka)

Quale politica per Napoli (clikka)

scene di guerriglia urbana per la ZTL

Scene di guerriglia urbana per la ZTL

follaStamane (10.04.2013) Napoli ha subito una vera e propria scena di guerriglia urbana per la manifestazione indetta dai commercianti con serrata dei negozi e cortei sfociati innanzi a Palazzo San Giacomo con lancio di bombe carta e tafferugli. Non discuto che gli organizzatori fossero in buona fede ed abbiano voluto manifestare un disagio, ma la mia esperienza diretta è stata assolutamente preoccupante. La gente sembra avere ormai in testa solo l’azzeramento delle ZTL a cui a parole tutti sono d’accordo, ma poi, mettici la crisi trasporti e le eccezioni ed alla fine tutto salta. In sostanza dire che si è per le ZTL come in tutti i paesi europei, è solo una questione di moda. Su questo blog troverete altri miei interventi ed anche una proposta di modifica della ZTL del 20.04.2012 (clikka) che faceva propri i suggerimenti della Municipalità, quindi, non credo di dover dimostrare come la penso. Ad ogni buon conto stamane la scena che mi si è parata davanti è stata davvero raccapricciante: Prima ho incontrato un mio conoscente titolare di un Bar a Via Tarsia che mi ha detto che l’hanno fatto chiudere per forza a suon di minacce, poi, ho incontrato davanti piazza municipio, tra le tante persone che conoscevo, una signora anziana in mezzo alla folla, che mi ha gridato contro “eccolo io ho votato a De Magistris per mezza sua!”, rischiando di aizzarmi così la folla contro! Per fortuna ho mantenuto la calma e prontamente e con fermezza gli ho gridato di rimando e contro che a De Magistris lei l’aveva votato perché aveva il figlio candidato alla municipalità col sindaco in napoli è tua mentre al Comune aveva votato altra “persona” portata dal figlio stesso!! Dopo questa esperienza mi viene solo da dire che schifo! In piazza, salvando le persone in buona fede che erano la stragrande maggioranza, io ci ho visto la peggio borghesia di questa città e la camorra!

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Sulla ZTL qualche tempo fa scrivevo: “Una nota di esperienza: sono nato ed ho vissuto buona parte della mia vita nella periferia nord di Napoli (Marianella) ricordo che vivevo con un grande senso di frustrazione i tentativi di dispositivi di ZTL degli anni ’80 perché mi sentivo respinto dalla Napoli che mi aveva partorito. Io che vivevo in un quartiere degradato quando venivo al centro, la città mi respingeva, sentivo come se ci fosse qualcosa o qualcuno che voleva farmi rimanere nel degrado. Non vorrei che accadesse anche questa volta! La ZTL non deve essere una operazione come dire “borghese” ma “popolare”, proprio coloro che hanno meno mezzi e si devono spostare finiscono paradossalmente per essere colpiti dalla ZTL perché hanno maggior bisogno di spostarsi con l’auto. L’operaio che deve passare dal centro per andare a pomigliano a lavorare in FIAT  trova più conveniente infilare la chiave nel cruscotto e forse se ne frega altamente della ZTL se non gli consentiamo di andare a lavorare per far mangiare i propri figli”.

In tutto questo cosa ne penserà il M5S la terza forza del paese?

Il patrimonio comunale una questione di giustizia sociale!

posillipoHo iniziato la mia esperienza amministrativa pensando di dover fare una “rivoluzione”, si una rivoluzione della normalità. Ho cercato e sto cercando in tutti i modi di fare il possibile affinché si attuino i principi di buona, imparziale e corretta amministrazione. Con le condizioni economiche pietose nelle quali versa il Comune credo sia un obbligo per un buon amministratore cercare di far pagare ciò che è giusto a coloro che sfruttano i beni pubblici, quando lo sfruttamento penda in massima parte dal lato del privato, prima di chiedere il pagamento delle tasse, delle imposte ed il pagamento delle tariffe dei servizi che oggi, per effetto delle vigenti leggi, sono poste al massimo livello. Nelle condizioni in cui siamo credo, infatti, che coloro che si trovano in condizione di privilegio, forse dovrebbero avere il buon gusto di stendere una mano al pubblico per riequilibrare rapporti non più sostenibili. Ecco perché ho esaminato con rigore la convenzione del Calcio Napoli con il Comune di Napoli approvata con la delibera 716/2005 (clikka), che vi invito a leggere e dalla quale si desume che non è più attuale, poiché dallo stadio San Paolo il Comune paradossalmente ci rimette e ci rimette tantissimo, perché ciò che incassa l’amministrazione per effetto della convezione è pochissimo e non copre neppure le spese. Se aggiungo, poi, che il Calcio Napoli ha una morosità che si trascina dal 2007, allora, credo che la misura sia colma se si pensa, inoltre, che, in passato, la squadra cittadina ha beneficiato anche di contributi del comune. In quest’ottica, ho chiesto anche di sapere quali sono i canoni che il Comune incassa per i suoi beni più preziosi ed ho anche dovuto insistere non poco per avere risposte. Ebbene, credo che i cittadini dovrebbero sapere che dal Circolo Posillipo, frequentato da cittadini più che benestanti, il Comune incassa mensilmente €. 6.083,01, mentre dal Circolo del Tennis della Villa Comunale €. 8.884,56. Lascio ovviamente a Voi valutare, visto che un mio amico che ha una piccolo locale, dove vende la pizza da asporto di circa 15 mq. in Via Toledo paga circa 2.700,00 €. al mese. Per gli impianti sportivi poi ci sono delle cose che non mi quadrano. Ebbene, per ogni impianto sportivo di grosse dimensioni costruito grazie alla legge 219/81 si incassa un canone annuale di €. 11.360,00. Lo stesso canone per tutte le strutture, da quella che si trova al Corso Vittorio Emanuele (piscina Poerio), gestita sempre dal Circolo Posillipo, a quella che si trova nella 167 di Napoli, in Via Labriola. Ho già scritto in un mio precedente post delle piscine comunali gestite dalle associazioni (clikka) ma credo che se alla piscina Poerio un corso di nuoto per una volta a settimana costa dai 60,00 ai 75,00 €. al mese, a fronte di un canone mensile versato al comune di 946,00 €. allora c’è qualcosa che non mi quadra. Stessa cosa vale per le piscine superaccessoriate con palestra e solarium site al Frullone gestite dall’Acquachiara, dove le rette mensili si aggirano intorno ai 60,00 €. al mese e dove la ricettività è circa di 1.000,00 persone. Il conto credo che sia presto fatto: a fronte di un canone mensile di 946,00 €. che si versa al Comune si potrebbero incassare “forse” circa 60.000,00 €. al mese, da cui ovviamente togliere le spese che non so quanto siano. Ancora è recente un mio sopralluogo alle palestre dello stadio San Paolo (clikka) dove a dire il vero abbiamo trovato varie cose che devo ancora spiegarmi visto che tutte sono da concedersi ad uso individuale cioè a giorni ed a ore. Orbene, c’è un buon centro di Fitness che propone una retta di 45,00 €. al mese e paga un canone mensile di circa €. 940,00 con una possibilità di avere una ricettività di circa 450 persone con l’agevolazione che tutto, luce, acqua e gas sono a carico del Comune, quindi, a nostro carico. Il conto lo faccio io? bene 450X45= 20.250,00 €. al mese a fronte di €. 940,00 al mese! Non so Voi ma io mi sono candidato e sono stato eletto proprio per rompere questi grumi di potere e vi devo dire che è difficilissimo. Il bando delle piscine dopo il mio sopralluogo è stato bloccato, e dico io per fortuna, perché non recava la descrizione degli impianti e metteva sostanzialmente sullo stesso piano tutte le strutture che, invece, hanno una potenzialità economica assolutamente diversa. Il patrimonio è una questione di giustizia sociale!  

AAAAAAAOffresi!! non ho le cognizioni per capire se è poco, molto o giusto. Facciamo una simulazione per la collocazione dei beni pubblici su cui ovviamente va fatto poi un ragionamento sulla loro funzione sociale in termini di servizi ovvero in termini di reddito da reinvestire nei servizi al cittadino: 1) Affitto grande impianto sportivo sito in Via Marco Rocco di Torre Padula a pochi metri dalla fermata della metro composto da tre piani (piscina a primo piano, piscina al secondo piano, sala attrezzi al terzo piano e solarium) canone di partenza €. 946,00 mensile; 2) affitto piscina Carlo Poerio al Corso Vittorio Emanuele di grandi dimensioni canone di partenza €. 946,00 mensili; 3) intero complesso in una delle zone più belle di Napoli Via Posillipo, con discesa al mare, posti barca e ristorante, canone mensile di partenza €. 6.083,01 attualmente in detenzione al Circolo Posillipo; 4) ampia struttura con campi da tennis, ristorante, bar e servizi, sita in Villa Comunale attualmente in detenzione al Circolo del Tennis canone di partenza €. 8.884,56; 5) due ampi locali da adibire a palestre con ricettività di circa 400 persone, luce, acqua, gas compresi nel canone di locazione di €. 940,00. Questa la simulazione per vedere chi offre di più!

Quanto paga di affitto al mese un ristorante a Posillipo ?

Altre domande:

Quanto è la quota di iscrizione ad un circolo od altro consesso che usa in esclusiva ovvero a tempo un immobile comunale?

quanto costa far frequentare presso un circolo, palestra o piscina un campo estivo ad un bambini?

quanto costa un corso sportivo presso una struttura comunale?

quanto costa pranzare o cenare presso un circolo che ha sede in un immobile del comune?

quanto costa un posto barca presso il circolo Posillipo?

quanto costa l’accesso al mare ed i servizi (sdraio ombrellone o lettino) presso il circolo posillipo?

Si potrebbe fare in modo di far frequentare un posto bello come i circoli siti nelle proprietà comunali anche ad altri cittadini che del pari pagano le tasse o sono in condizioni di disagio?

Un operatore di una casa famiglia mi ha detto che i loro piccoli ospiti non hanno mai messo piede in un circolo o altra struttura natatoria del comune di napoli. E’ possibile tollerare tutto ciò in un momento in cui la crisi impone parametri di imparzialità ed uguaglianza assolutamente più rigidi? A Voi le risposte.

Vedi anche: Ippodromo di Agnano chi sussurra ai 400 cavalli clikka

vedi anche la vicenda di Palazzo Cavalcanti su Repubblica Napoli aggiornata al 09.08.2016: cavalcanti(clikka) cavalcanti (clikka) Le mie riflessioni su PalazzoCavalcanti(clikka)

vedi aggiornamento sul patrimonio: corriere12-10-2016 (clikka) repubblica12-10-2016 (clikka)

La camorra come sistema di risoluzione dei conflitti familiari

camorraNella mia esperienza professionale di avvocato civilista è la seconda volta che mi capita di inciampare, per fortuna indirettamente, nella camorra come maldestro mezzo di risoluzione dei conflitti familiari. Il primo caso, risale a qualche anno fa, è stato quello di un marito vessato da “o sistema” perché non versava, secondo quanto ritenuto adeguato dalla moglie, l’assegno alimentare. Un boss, (mi dissero di grosso calibro) del quartiere sollecitato dalla moglie, pare che sarebbe intervenuto direttamente e, poi, tramite i suoi guardaspalle sul povero malcapitato e modesto signore, solo che poi l’intervento, divenuto ripetuto, si sarebbe trasformato anche in canzonatorio, finendo per ledere in profondità l’orgoglio, dell’incensurato e modesto malcapitato, che una sera, in preda ad una accecata crisi, mista di rabbia e mortificazione, rientrava a casa per poi riuscirne munito di coltellaccio che prontamente infilava, con evidente sorpresa di tutti, nella pancia del “bigboss”, riparando, poi, presso un vicino comando di polizia. La cosa, se si può dire “divertente” (anche perché chi me lo ha raccontato, arrivato a questo punto, rideva a crepapelle), fu che la polizia, avendo di fronte un uomo, assolutamente modesto ed incensurato, si apprestò ad arrestare il boss gravemente ferito all’ospedale presso cui si era ricoverato d’urgenza. Un altro caso che mi è capitato più recentemente e mi ha fatto venire in mente quello che ho appena raccontato, riguarderebbe una donna che avendo in sostanza perso il requisito dell’assegno alimentare si sarebbe rivolta alla camorra affinché convincesse l’ex marito a rinunciare al ricorso giudiziario per la revoca dell’assegno. La cosa che mi ha colpito, questa volta, è stata che al malcapitato ex marito la camorra non avrebbe imposto la sola rinuncia della causa, ma avrebbe chiesto anche un compenso di mille euro per l’intervento “illegale”. In sostanza mentre gli avvocati ricevono un compenso per l’intervento legale, così la camorra richiede un compenso per l’intervento “illegale”. Ovviamente questa cosa mi ha fatto incazzare ma ha anche suscitato in me una certa ilarità, ritenendo questa gente oltre che assolutamente scadente anche molto più vicina alla figura cabarettistica del cd. “guappo e cartone”.  Mi chiedo se per la camorra valga il brocardo: “tra moglie e marito non metterci il dito”.

Ovviamente lascio a voi ogni considerazione di carattere strettamente sociale ….

Quale politica per Napoli?

comunedinapoliIl fuoco di fila sull’amministrazione cittadina è partito da tempo ed in particolare dal dopo voto delle politiche tutti si sentono ringalluzziti e legittimati a parlare. Esponenti politici delle passate amministrazioni ed esponenti del mondo della cultura che sono stati vicini a queste ultime trovano ampi spazi sui giornali per dispensare consigli. La cosa non mi va proprio giù! Io con i compagni del gruppo Ricostruzione Democratica abbiamo dato sempre un contributo critico e di studio su fatti ed atti precisi in consiglio comunale, riscontrando il silenzio diffuso di questi “grilliparlanti” ed uscendo spesse volte sconfitti da una maggioranza prona ai “capricci” del Sindaco. In ogni caso credo sia un errore contribuire ad un’opera di distruzione volta unicamente a rilegittimare chi ha già sbagliato in passato per quello che ha fatto o non ha fatto! Occorre guardare avanti ma anche “guardarsi alle spalle”! Occorre selezionare e valutare esperienze passate ed uomini passati, sarebbe un errore non farlo! Per quello che posso conoscere in virtù della esperienza di quest’ultimi due anni di presidenza della Commissione Sport, trovo un certo disagio a leggere le dichiarazioni dell’ex assessore allo sport, alfredo ponticelli, che si unisce all’appello del prof. galasso e parla di nuovo civismo e di un contenitore che vada oltre la sinistra e la destra. Spero non faccia sul serio e che il Segretario Gino Cimmino del PD, pure intervistato nell’articolo, non stia a sentire queste sirene se non vuole che il PD scompaia dalla città. Ebbene, credo che un ex assessore prima di dare consigli debba dare risposte sul suo operato e chiarire alla città quali principi di buona e corretta amministrazione abbia adottato nell’azione amministrativa. Ad esempio spieghi Ponticelli quali criteri abbia adottato nei rapporti con il Calcio Napoli e del debito che è stato accumulato negli anni dalla società sportiva verso la quale, l’ho detto più volte, l’amministrazione, anche questa, ha avuto sempre una sorta di “timor reverentialis”. Inoltre, dovrebbe spiegare l’ex assessore il perché le poche risorse siano state impiegate per lo più per “abbellire” impianti in “quartieri in” mentre altri impianti di altri quartieri meno “in” sono stati abbandonati alla buona volontà dei concessionari. Dovrebbe spiegare l’ex assessore, e queste sono domande che ho rivolto anche alla attuale assessore, il perché ci sono impianti ad altissima redditività, come la piscina Acqua Chiara del Frullone, quella Poerio del corso Vittorio Emanuale, l’Aquila di Secondigliano, ma anche le palestre dello stadio San Paolo (oggetto di una mia recente ispezione (clikka) che versano alle casse del comune quattro spiccioli, rispetto agli incassi di decine di migliaia di euro mensili che i titolari conseguono. Non conosco personalmente l’ex assessore ponticelli ma ho avuto modo di riscontrare in un certo qual modo la sua azione amministrativa e di farmi qualche domanda a cui non so ancora rispondere, ma sono fermamente convinto che la città non abbia bisogno di una “restaurazione” ma di uno slancio amministrativo quotidiano, ordinario, serio e concreto che certo non può essere assicurato da chi ha avuto un ruolo nelle passate amministrazioni, a meno che non dimostri con i fatti ed i documenti alla mano, senza silenzi assordanti quali risultati la città ha conseguito grazie al suo lavoro!

Dal Corriere del Mezzogiorno di oggi 7.4.2013

Cimmino: nuova fase. Laboccetta: largo alla società civile Ponticelli: sì all’appello di Galasso, serve ricompattarsi.

NAPOLI — Luigi de Magistris, come Diogene, ora con la sua lanterna cerca l’uomo. Anzi, più d’uno: basta che siano incorruttibili ma pronti a dargli una mano per andare avanti. E sebbene annunci che a fine aprile offrirà la cittadinanza onoraria al leader palestinese Abu Mazen, sarebbe pronto a far sconti «a chi non la pensa» come lui. Lo ha detto ieri: «In queste settimane — ha sottolineato — ho dato in questo senso dei segnali che vanno nella direzione di voler allargare l’azione dell’amministrazione anche oltre la mia maggioranza, il mio pensiero e le mie convinzioni radicali. Credo — ha aggiunto — che bisogna aprirsi e cercare di ascoltare anche chi è diverso da me». Un comportamento che il sindaco di Napoli si augura sia messo in atto «anche da altri perché — ha concluso — il muro contro muro non serve a nessuno».

Ieri, dal Corriere del Mezzogiorno, lo storico Giuseppe Galasso è tornato a lanciare un appello alla città perché sappia guardare oltre l’esperienza amministrativa attuale: «Noti, il sindaco — ha scritto Galasso — la forza che sembra vada acquistando l’idea di una lista civica per un ‘‘governo tecnico” della città. Noti la spontaneità con la quale, al di fuori dei partiti, largamente assenti in materia, si va manifestando lo spirito di un civismo non inerte presso i più diversi ambienti cittadini, in una città che non è apparsa toccata come altre dal turbine grillino». Galasso auspica una lista che, tuttavia, «non sia solo l’idea dei circoli ‘‘bene” e di questo o quel salotto cittadino; che sappia ben parlare, oltre alla testa, anche alla pancia dei napoletani; che sappia penetrare nei quartieri più popolari». L’appello di Galasso è fatto proprio dai repubblicani che domani, alle 17,30, all’Hotel Oriente di via Diaz, hanno organizzato un convegno sul tema Napoli, con fiducia oltre la Giunta. Ripensare le politiche della città. Ne discuteranno i docenti universitari Pasquale Belfiore, Tullio D’Aponte, Lucio Palombini, Ernesto Paolozzi con Giuseppe Ossorio, Salvatore Scognamiglio, Pino De Angelis e Salvatore Piro. Introdurrà i lavori l’ex assessore comunale Alfredo Ponticelli. «Aderiamo — spiega quest’ultimo — all’appello del professore Galasso, il quale già dopo il crollo di Riviera di Chiaia e il rogo di Città della Scienza invocò la necessità di una giunta tecnica. Oggi Galasso è tornato, con lo stesso spirito, a chiedere un nuovo protagonismo delle forze sane della città: dai partiti al volontariato, dall’associazionismo alla società civile. È necessario che la società civile si ricompatti. Destra e sinistra sono distinzioni che, nelle condizioni disperate in cui versa Napoli, significano poco, mentre occorre prioritariamente pensare al bene della città e alla sua rinascita».

E se persino Gino Cimmino, segretario provinciale del Partito democratico, si dice d’accordo con le analisi del direttore del Corriere del Mezzogiorno, Marco Demarco (il quale, qualche giorno fa, ha chiesto le dimissioni del sindaco de Magistris) e del professore Galasso, vuol dire che oltre gli auspici si avverte come indispensabile un passo avanti per cambiare registro: «Demarco e Galasso — sostiene il segretario del Pd — ci hanno sottolineato che si è aperta una fase interessante per la vita della città. C’è una nuova consapevolezza, una forte presa di coscienza da parte di ampi settori che ‘‘gridano” l’esigenza che Napoli non sia abbandonata ad un destino di declino e che si produca uno sforzo inedito perché la città si doti di un progetto credibile per il suo futuro, facendo leva sulle sue migliori energie. È giusta l’osservazione di Galasso quando afferma che questo sforzo deve essere perseguito in modo sinergico, tenendo insieme espressioni autorevoli della società civile e della politica; dal cuore di Napoli alle sue periferie. L’invito all’ascolto della città è stato ripetutamente sollecitato al sindaco di Napoli. Per la nostra parte saremo impegnati nei prossimi giorni con l’appuntamento della nostra assemblea provinciale per dare voce a quella esigenza di cambiamento che non può essere più rinviata. Il nostro scopo è quello di definire con chiarezza un quadro di obiettivi perseguibili che possano aiutare la città ad uscire dalle sue profonde incertezze e costruire una credibile prospettiva di futuro insieme a tutte le forze che hanno a cuore il tema della rinascita civile di Napoli». Sembra che la stessa consapevolezza pervada la volontà del Pdl, forza politica che alle ultime elezioni politiche ha dimostrato di mantenere un diffuso consenso popolare. «De Magistris — commenta Amedeo Laboccetta, coordinatore cittadino del Popolo della Libertà — stacchi la spina, si dimetta e arresti così l’agonia alla quale ha costretto Napoli. Il sindaco è un soggetto politicamente pericoloso perché non crede in nulla, tranne che in se stesso. Ora dice addirittura che la Coppa America non l’ha voluta lui. Ma parlano le carte, dalle quali emerge chiaramente la sua ostinazione. L’unica soluzione, ora, è l’autoscioglimento del consiglio comunale. Il futuro? Certamente i partiti hanno commesso degli errori, ma sono necessari. Per questo è indispensabile che quando si andrà a votare alle elezioni amministrative, assieme alle liste ufficiali del Pdl compaiano anche liste civiche, in grado di restituire ai cittadini il dovuto protagonismo attivo».

Le sorprese dello Stadio San Paolo!

sanpaolo

Ieri ho condotto una ispezione allo stadio San Paolo e posso dire che sono ancora stupito. Nel mentre mi accingo a scrivere una relazione da inviare agli organi competenti, riporto l’articolo di Alessio Gemma uscito oggi (5.4.2013) su Repubblica Napoli. Posso solo dire che ci scontriamo con situazioni consolidate che richiederebbero un’azione amministrativa di accertamento e di reale cambiamento nelle quali mai nessuno ci ha mai voluto o potuto mettere le mani. Sono sempre più convinto che oggi chi possiede beni pubblici ha maggiori obblighi verso la collettività di chi invece impiega risorse proprie per esercitare un’impresa.

Ecco l’articolo:

Sorpresa, c’è un centro massaggi allo stadio San Paolo. Doppio blitz nella struttura sportiva. Prima la Finanza, che indaga sui ricavi derivanti dall’uso dell’impianto. Poi la commissione sport del Comune che fa una scoperta… Di mattina bussa la Guardia di finanza, di pomeriggio i consiglieri comunali. Doppio blitz allo stadio San Paolo. Al centro delle indagini dei finanzieri i ricavi derivanti dall’utilizzo dell’impianto sportivo. Nel mirino della commissione sport del Comune invece finisce la gestione delle palestre dello stadio: scoperto a sorpresa anche un centro massaggi. “Ci dicono che il centro massaggi paga regolarmente il fitto, ma avvieremo controlli”, dichiara il presidente della commissione Gennaro Esposito. In piazzale Tecchio arrivano gli agenti del nucleo investigativo della Guardia di finanza. Due ore trascorse negli uffici dello stadio per acquisire le carte relative alla convenzione tra Palazzo San Giacomo e il Calcio Napoli. Le indagini partirebbero da un esposto presentato nei mesi scorsi alla Procura della Corte dei conti. Storia di un debito pregresso tra il presidente De Laurentiis e il Comune che è proprietario del San Paolo: quasi 5 milioni i soldi non versati dal Napoli fino a giugno 2012 per la concessione dell’impianto. A dicembre scorso il sindaco de Magistris e la società sportiva siglano un accordo. Necessario. Il Comune rischia un danno erariale sui canoni non riscossi, come scrive anche l’avvocatura. Da gennaio De Laurentiis è pronto a pagare, ma manca su quell’atto ancora la firma del dirigente comunale: è stallo a Palazzo San Giacomo. Perché si stanno esaminando centinaia di fatture dal 2005: da un lato il Napoli non ha pagato il fitto, ma dall’altro ha finanziato negli anni lavori di manutenzione che spettavano al Comune. Per cui si è pervenuti a una compensazione. Attacca il presidente della commissione sport, Esposito: “Non penso si possano scontare dai canoni le somme spese dal Napoli per lavori nello stadio, vigendo in materia la normativa sull’appalto per le opere pubbliche che richiede sempre e comunque la procedura di evidenza pubblica per eseguire i lavori”. Vanno via i finanzieri ed entrano verso le 15.30 i consiglieri comunali della commissione sport: il presidente Esposito, accompagnato dal commissario David Lebro (Udc). Ispezione nelle sei palestre dello stadio assegnate ad associazioni sportive a fronte di un fitto orario o mensile. “Sono emerse situazioni anomale  –  dichiara Lebro  –  riguardano l’utilizzo e la distribuzione degli spazi. Le esamineremo in commissione, dove spero si presenterà il dirigente del servizio grandi impianti sportivi, Giuseppe Arzillo, oggi assente pur essendo a conoscenza di questo appuntamento”. Panico tra i dipendenti dello stadio quando i consiglieri pretendono di aprire una porta blindata all’interno di una palestra adibita a scuola di ballo. Nessuno ha le chiavi. Che cosa si nasconde? Tende color lilla, un lettino, cartelli con un prezziario e numeri di telefono di massaggiatrici. “Mi dicono che viene pagato regolarmente un fitto per questa stanza  –  dichiara il presidente Esposito  –  ma voglio approfondire. Nutro forti perplessità: alcune aree potrebbero avere un’altissima redditività, ma il Comune per ora ricava pochissimo rischiando di creare sacche di privilegio”. (05 aprile 2013)

 

Il M5S è un partito come tutti gli altri?

grilloIL M5S è un partito come tutti gli altri? Dagli atti mi sembrerebbe di si! Con questo, preciso, non voglio esprimere un giudizio negativo, perché io credo nel ruolo e nella funzione dei cd. “corpi intermedi”. Come tanti altri milioni di Italiani ogni tanto clikko il blog di beppe grillo che ormai è divenuto il più consultato d’Italia facendo concorrenza ad altri siti stranieri. Sicuramente anche voi avrete notato la quantità di pubblicità offerta che ovviamente produce un reddito che il giornale Panorama qualche tempo fa (nel numero del 14.03.2013) quantificava in diversi milioni di euro che vanno nelle tasche, almeno così credo ma potrei sbagliarmi, del leader. In rete ho anche trovato l’atto costitutivo dell’associazione/partito M5S (clikka) ed il relativo Statuto M5S (clikka), stipulati il 14.12.2012 poco prima delle elezioni nazionali e, credo, per potervi partecipare. Ora il grillo fa una bandiera del suggestivo  messaggio “unovaleuno” però mi piacerebbe sapere se i parlamentari eletti, per lo meno loro, o gli attivisti sono soci di questa associazione che, come si legge è stata fondata da beppe grillo, Enrico Grillo ed Enrico Maria Nadasi che, da quello che si legge in rete, sono il primo nipote ed il secondo commercialista di beppe. Se si leggono gli atti si evince chiaramente che sono normalissimi atti posti a fondamento dei partiti e movimenti politici. In essi, infatti, sono previste cariche per il consiglio direttivo, per il presidente nonché l’assemblea dei soci, che vengono distinti in fondatori e sostenitori e che “gli eletti eserciteranno le loro funzioni senza vincolo di mandatononché che il patrimonio dell’associazione è costituito “da sovvenzioni dello Stato, della Regione o di Enti Pubblici e privati“. Orbene, si potrebbe dire tutto il contrario di quello che ispira il cd. NON STATUTO (clikka). Sicuramente mi si dirà che mi sono messo a fare le pulci e che sono il solito malpensante e che la costituzione dell’associazione è servita solo per presentarsi alle elezioni. Ma a dire il vero a me è venuta in mente un’altra storia già vissuta, che mi ha spinto a scrivere questo post: quella dell’IDV. Vi ricorderete, infatti che i soci dell’associazione cassaforte dell’IDV erano solo di pietro, la moglie silvana mazzoleni e silvana mura. Sappiamo tutti come è andata a finire! Non vorrei che il NONSTATUTO valesse per i “cittadini” quelli che ci credono, e lo statuto, quello vero, solo per la famiglia grillo! Ciò lo dico perché credo che beppe grillo, avendo avviato una macchina che si è rivelata di dimensioni superiori alle aspettative, non faccia gli stessi errori di altri, ed in ossequio del principio unovaleuno ceda ai soci, quelli veri che si fanno il mazzo a raccogliere firme e fare propaganda, la proprietà del marchio del movimento, del sito beppegrillo e dei proventi provenienti dalla pubblicità …. ci riuscirà ? io lo spero altrimenti sarà una delusione come tante altre….

Leggete lo statuto e l’atto costitutivo ve lo consiglio.

Estratto dal sito del giornale Panorama:

Www.beppegrillo.it, sede unica del Movimento 5 stelle, è un sito commerciale con una media mensile di 5 milioni di visitatori. Che ogni giorno vengono profilati e sottoposti a un martellamento pubblicitario. Il settimanale Panorama, nel numero edicola da domani, giovedì 14 marzo, analizza a fondo il funzionamento del blog del Movimento più corteggiato della politica italiana. Negli ultimi tre mesi il sito del comico genovese ha registrato un aumento di traffico esponenziale: +72% i visitatori unici e +96% il numero di pagine viste. Numeri che si traducono in soldi per Beppe Grillo, titolare del simbolo e del blog come si legge nell’atto costitutivo del Movimento 5 stelle, firmato il 18 dicembre scorso nello studio del notaio Filippo D’Amore a Cogoleto (Genova) dallo stesso Beppe Grillo, da suo nipote Enrico Grillo e dal commercialista Enrico Maria Nadasi. Per capire quanto costa fare pubblicità sul sito di Beppe Grillo, Panorama ha fatto una prova sul campo, ha contattato Google AdWords, il dipartimento della concessionaria che gestisce le richieste degli inserzionisti e ha scoperto che il cost per clic per un annuncio su una pagina del sito è il massimo praticato in rete: 2 euro e 43 centesimi.

Consiglio inoltre la lettura di quest’articolo “La pastorale americana” di MASSIMO RECALCATI da La Repubblica del 3 aprile 2013

In un vecchio film di Woody Allen, “Il dittatore dello stato libero di Bananas”, si raccontano le vicende rocambolesche di un rivoluzionario animato da un ideale di purezza che combatte l’ingiustizia della dittatura in nome della libertà e che finisce per indossare i panni di un tiranno identico a quello che aveva combattuto.
Ogni rivoluzione, ripeteva Lacan agli studenti del ’68, tende a ritornare al punto di partenza e la storia ce ne ha dato continue e drammatiche conferme.
Anche Grillo si caratterizza per essere animato da quel fantasma di purezza che accompagna tutti i rivoluzionari più fondamentalisti. Egli proclama a gran voce la sua diversità assoluta dagli impuri: si colloca con forza fuori dal sistema, fuori dalle istituzioni, fuori dai circuiti mediatici, fuori da ogni gestione partitocratica del potere.
È il fantasma che troviamo al centro della vita psicologica degli adolescenti. Si riguardi la recente consultazione di Bersani con i rappresentanti del M5S. È il dialogo tra un padre in chiara difficoltà e due figli in piena rivendicazione protestataria. Mi è subito venuto alla mente ‘Pastorale americana’
di Philip Roth dove si racconta la storia tormentata del rapporto tra un padre – il mitico “svedese” – e una figlia ribelle, balbuziente, prima aderente ad una banda di terroristi e poi di una setta religiosa che obbliga a portare una mascherina sul viso per non uccidere i microrganismi che popolano l’aria. Da una parte gli sforzi di conciliazione di un padre che non nasconde la sua insufficienza, dall’altra l’arroganza irresponsabile di chi rivendica il possesso di una ragione assoluta. Il dialogo tra loro è impossibile. Il padre cerca di capire dove ha sbagliato e cosa può fare per cambiare la situazione, la figlia risponde dall’alto della sua innocenza: sei tu che mi hai messa al mondo non io; sei tu che hai creato questa situazione non io; sei tu che devi porvi rimedio non io. Così agisce infatti la critica sterile dell’adolescente rivoltoso nei confronti dei propri genitori. Il mondo degli adulti è falso e impuro e merita solo di essere cancellato. Ma quale mondo è possibile in alternativa? E, soprattutto, come costruirlo? Qui il fondamentalismo adolescenziale si ritira. La sua critica è impotente perché non è in grado di generare davvero un mondo diverso. Può solo chiamarsi fuori dalle responsabilità che scarica integralmente sull’Altro ribadendo la sua innocenza incontaminata.
Questo fantasma di purezza che ha origini in una fissazione adolescenziale della vita si trova anche a fondamento di tutte le leadership totalitarie (non di quella berlusconiana che gioca invece sul potere di attrazione della trasgressione perversa della Legge). E sappiamo bene dove esso conduce, o può condurre.
Lo stato mentale di un movimento o di un partito si misura sempre dal modo in cui sa accogliere la dissidenza interna. Sa tenerne conto, valorizzarla, integrarla o agisce solo tramite meccanismi espulsivi? Sa garantire il diritto di parola, di obiezione, di opinione personale oppure procede eliminando l’anomalia, estromettendola con forza? Grillo non ha esitazioni da questo punto di vista. Egli applica il regolamento escludendo l’“eccezione” secondo il più puro spirito collettivistico. Salvo però ribadire la propria posizione personale di “eccezione”. Le sue enunciazioni sono singolari, non vengono discusse prima, mentre quelle dei suoi adepti devono essere vagliate prima dalla democrazia assoluta della Rete. Si proibisce che ciascuno parli e pensi con la propria testa, si esige una sorveglianza su ogni rappresentante eletto perché non si stacchi dalle decisioni
condivise, ma l’aggressione al Manifesto con il quale alcuni intellettuali si rivolgevano con speranza al M5S chiedendo che dialogasse con il centro sinistra o la minaccia di revocare l’articolo 67 della Costituzione sulla libertà di pensiero dei nostri nuovi rappresentanti parlamentari sono state prese di posizione discusse democraticamente? Come può essere credibile in fatto di democrazia un movimento che attribuisce al suo leader il ruolo di incarnare una eccezione assoluta? Il culto demagogico della trasparenza nasconde questa presenza antidemocratica di un potere incondizionato. Se l’azione politica è la pazienza della traduzione, se non ammette tempi brevi, non contempla l’agire di Uno solo, il nuovo leader inneggia all’antipolitica come possibilità di avere una sola lingua – la sua – che non è necessario tradurre, ma solo applicare. Come non vedere che c’è un paradosso evidente tra l’esigenza che nessuno parli a partire dalla sua testa e l’esistenza di un leader anarcoide che resta esterno al movimento che ha fondato e che esercita il suo diritto di parola in modo arbitrario? Egli è nella posizione del padre dell’orda di cui parla Freud in Totem e tabù.
Una strana mescolanza di anarchia e tirannide sulla quale Pasolini avrebbe speso parole di fuoco.
Un leader degno di questo nome lavora alla sua successione dal momento del suo insediamento mantenendo il movimento che rappresenta il più autonomo possibile dalla sua figura. Prepara cioè le condizioni di una eredità. Tutto ciò diventa di difficile soluzione quando un movimento non ha storia, non ha padri, ma un genitore vivo e vegeto che rivendica il diritto di proprietà sulla sua creatura. “Io ti ho fatta e io ti disfo”; così una madre psicotica ammoniva una mia paziente terrorizzata. Una leadership democratica deve sempre rispondere al criterio paterno di una responsabilità senza diritto di proprietà. Si pensi invece alla reazione di Casaleggio all’indomani delle elezioni quando disse che se il movimento non avesse adottato certe sue indicazioni di comportamento, non avrebbe preteso nulla e se ne sarebbe andato. Ecco la minaccia più narcisistica che un fondatore può fare: io starò con te finché tu mi assomiglierai, finché mi riprodurrai; se tu assumerai un tuo volto, una tua originalità io non ne vorrò più sapere di te e me ne andrò.
Il pluralismo è temuto da Grillo come da tutti i leader autoritari. Il sogno di un consenso al 100 per 100 è un sintomo eloquente. Era il sogno degli uomini di Babele mentre sferravano il loro attacco delirante al cielo, la loro sfida a Dio: un solo popolo, una sola lingua. No, le cose umane non vanno così. Dio sparpaglia sulla faccia della terra quella moltitudine esaltata obbligandola alla differenza, al pluralismo delle lingue, esigendo la pazienza della traduzione. Esistono in democrazia più lingue e ciascuna ha diritto di manifestarsi e di essere ascoltata. Guai se il fantasma di purezza si realizzasse al cento per cento. Lo ricorda giustamente Roberto Esposito: una democrazia che si realizzasse compiutamente sarebbe morta, annullerebbe tutte le differenze nel corpo compatto della “volontà generale”, darebbe luogo ad una tirannide.

La Costituzione congelata di Massimo Villone

villoneUna classe politica sempre alla ricerca del consenso spicciolo ed in prossimità delle consultazioni che non ha voluto e saputo cerare una coscienza politica nel paese. Formazioni di sinistra che fanno l’occhiolino al centrodestra e formazioni di destra populiste che in campagna elettorale propongono condoni in tutte le materie ed a tutto spiano. Il maggioritario che, per l’incapacità dei partiti, non ha creato due blocchi di idee contrapposte, ma corpuscoli del 29/30% che pensano da soli di dover governare l’Italia senza ter conto dell’altro 70% . Il risultato è stato grillo leader Maximus che dice di non essere né di destra né di sinistra ma di sopra (creando una singolare nuova visione politica) mettendo insieme gli opposti ideali degli italiani che lo faranno implodere. Occorre ritornare al passato, al primo dopoguerra, mettendoci in testa che non ci sono scorciatoie, che la società italiana deve avere movimenti politici delineati nei loro Ideali senza ammiccamenti ed inciuci e con l’obiettivo di formare una classe dirigente. Oggi sentendo le notizie sui saggi nominati da Napolitano, mi fanno un po’ schifo tutti! Il M5S, attraverso crimi fa sapere che anziché tenersi monti sarebbe stato meglio che bersani si fosse presentato alle Camere, perché pur non ottenendo la fiducia, sarebbe rimasto in carica per il solo disbrigo degli affari correnti, col risultato minimo di avere almeno un governo più aderente al risultato elettorale. E’ durato qualche minuto perché il “grilloparlantepadrone” l’ha smentito immediatamente dicendo che bersani è uguale a monti!
Leggete questo bell’articolo di Villone che ci chiarisce un po’ di cose ed è stato colto, almeno in parte, dal crimi senza saperlo.
Editoriale di di Massimo Villone – Su il Manifesto di oggi 02.04.2013
Napolitano ha surgelato la crisi. Il capo dello Stato, il governo pre-voto, il parlamento neo-eletto restano ciascuno al proprio posto. Nuovi sono solo i saggi, che dovrebbero dare a tutti lumi sul che fare. È opinabile che sia la via utile e costituzionalmente corretta. Su una cosa Napolitano ha ragione. Un governo esiste, comunque e sempre. Allo stato, è il governo Monti. Dimissionario e senza fiducia, ma con i poteri formali necessari anche per i provvedimenti d’urgenza di cui si manifestasse la necessità. E il governo è parte necessaria anche nei lavori parlamentari, quale che sia l’opinione del M5S. Basta leggere i regolamenti di Camera e Senato per saperlo. Ma un dubbio viene: se governo senza fiducia doveva essere, perché Monti? Se il popolo sovrano avesse voluto Monti ancora in carica, l’avrebbe votato in massa. È accaduto il contrario. Per di più, Monti ha rotto il rapporto fiduciario già prima del voto, con le dimissioni. Realizzando così la stessa situazione che sarebbe seguita al diniego della fiducia per un governo di nuova formazione, oggi. Perché allora opporre a Bersani l’ostacolo – di fatto insuperabile – di un sostegno parlamentare certo, per poi giungere a un governo per cui era ed è certa la mancanza di sostegno? Perché non puntare a un governo magari senza fiducia, ma comunque legittimato dal consenso prevalente degli italiani, come Bersani, per giungere invece a un governo parimenti senza fiducia, e in più colpito dal dissenso prevalente degli stessi italiani, come Monti? Ci si richiama al gradimento europeo e dei mercati. Ma non può essere l’unico elemento a sostegno del permanere in carica di un governo. E in specie per il costituzionalista si pongono quattro domande. La prima: può il capo dello Stato omettere ogni iniziativa, e lasciare in carica il governo Monti, senza ulteriori formalità? A mio avviso, no. Per l’art. 94, primo comma, Cost., il governo «deve» avere la fiducia delle Camere. Ciò significa quanto meno che non si può ignorare se il governo la fiducia l’abbia o non l’abbia, né si può lasciare in carica a tempo indeterminato un governo senza fiducia. Tale è invece inevitabilmente il caso per l’attuale governo, che non ha alcun rapporto con il Parlamento espresso dal voto. Per questo, è necessaria una nuova nomina di premier e ministri, sia pure con le stesse persone. A seguire, la presentazione alle Camere e il voto di fiducia ai sensi dell’art. 94, commi 2 e 3. La seconda domanda: laddove manchi una nuova nomina, può il governo così congelato in carica evitare un passaggio in Parlamento con voto sulla fiducia? Non può. Per gli stessi motivi di cui al punto precedente, il venire in essere di nuove Camere rende inevitabile la verifica del rapporto con il governo. Nella nostra forma di governo l’esistenza o inesistenza del rapporto fiduciario non si presume. Si certifica per il sì o per il no, con il voto sulla fiducia. L’ipotesi di un governo che rimanga in carica senza sapere se mai si giungerà a quel voto non è compatibile con l’art. 94. La terza domanda: qual è la posizione dei saggi nei lavori parlamentari? Nei regolamenti delle Camere, gli unici soggetti legittimati alla presenza e alla iniziativa sono i parlamentari e il governo. Salvo casi specifici come la petizione, o alcune limitate ipotesi di iniziativa legislativa, gli apporti di soggetti terzi sono eventuali e a richiesta, ed entrano nel procedimento solo se fatti propri da un soggetto legittimato. Chi si renderà portatore del prodotto dei saggi? I presidenti di commissione? I parlamentari? Il governo? Chi difenderà quel prodotto nella gestione degli emendamenti, e come? Un governo che non può mettere la questione di fiducia, perché per definizione la fiducia non l’ha, e dovrà – per il parere obbligatorio – rimettersi costantemente all’Aula? Alla fine, decideranno gruppi parlamentari e partiti. Ma allora bastava partire dalle proposte che sono state avanzate nel corso degli anni. Cosa potranno inventare di nuovo i saggi? La quarta domanda: che fine fa la responsabilità politica? Un governo già dimissionario, imbalsamato dopo la cesura elettorale, condotto dal leader meno legittimato politicamente nel voto, senza fiducia parlamentare, a chi risponde di che? E i saggi chiamati a risollevare la repubblica, a chi rispondono a loro volta? A un presidente che nel frattempo avrà terminato il suo mandato? E se il nuovo capo dello Stato volesse dei saggi più saggi, potrebbe più o meno motivatamente licenziare i primi? Se il disastro del paese dovesse confermarsi o addirittura aggravarsi chi ne assumerebbe la responsabilità, e sulle spalle di chi cadrebbe la censura per i costi sociali, politici, economici? Quali elementi utili per il nuovo turno elettorale, comunque vicino, darà l’esperienza che ora si avvia? In qualche punto si è smarrita la via giusta. Una lettura ci dice che il pensiero unico della governabilità a ogni costo ha prevalso, come da venti anni a questa parte, e pur essendone venuti disastri indiscutibili. Non si sfugge alla sensazione che l’Italia dei governicchi fosse alla fine più governata dell’Italia di oggi. Si parla di soluzione olandese. Il richiamo all’esperienza straniera è sempre elegante. Ma attenzione: può accadere che partendo dai tulipani si giunga ai crisantemi.

L’Italia di Riccardo Muti

mutiL’Italia è ad un giro di boa navigando in acque impantanate dalla insipienza dei partiti  e da nuove forme di pseudodemocrazia creativa. Si è innescata la rincorsa a chi è più trasparente, partecipativi e democratici, concetti che, ovviamente, per me sono sacri ma che devono essere interpretati secondo il dettato costituzionale, unica àncora a cui dobbiamo essere aggrappati. Sono d’accordo con chi sostiene che forse l’unica via “costituzionale” era quella delle dimissioni del Presidente della Repubblica. Oggi (1.04.2013) Carlo Iannello ne espone i motivi in un suo scritto (le dimissioni di Napolitano clikka). Dal blog di beppe grillo arrivano i diktat pieni di rancore (anche condivisibili sotto un certo punto di vista) e la campagna per poter eleggere il nuovo Presidente della Repubblica attraverso una consultazione limitata ai soli iscritti fino ad una certa data e non so quanti altri prerequisiti. Spero che questo “artificio pseudodemocratico” non  sia d’intralcio ad una condivisione che va ricercata in parlamento attraverso una discussione scevra da “turpiloqui mediatici da cabaret” ed unicamente volta alla ricerca di una personalità che ci possa tirare fuori dal guado. Leggo l’intervista a Riccardo Muti, apparsa ieri su Corsera che condivido pienamente. Un invito al ritorno alle pratiche del passato … quello sano! L’unica via perseguibile è la ricostruzione della democrazia così come l’hanno concepita i nostri Costituenti al di la della quale non vedo nulla di buono.

Aldo Cazzullo dal Corriere della Sera del 31 Marzo, 2013

Intervista a Riccardo Muti

«Io sono profondamente grato al mio Paese. All’Italia devo tutto. Per questo mi fa male vederla così. E avverto la necessità di alzare la voce, per segnalare qualche pericolo e qualche opportunità». Riccardo Muti, dopo il successo del concerto verdiano di Roma e prima di partire per Chicago, sta passando qualche giorno in montagna. A chiedergli se abbia sciato, sorride. «Io non so sciare. I miei figli si divertono molto, il mio nipotino di 5 anni sta imparando. Ma io appartengo a una generazione di italiani per cui sciare non entrava nel novero delle cose possibili. Se ripenso alla mia giovinezza, nella Puglia degli anni 50, mi sembra di essere vissuto secoli addietro. Non c’era la tv; anche quando nacque la Rai, nessuno a Molfetta aveva il televisore, per vedere Lascia e raddoppia si andava al cinema. Ma era un Paese laborioso, in senso latino: “labor”. Vigoroso, forte, disponibile alla fatica, al sacrificio, pieno di speranza». «La mia era una famiglia numerosa. Non eravamo poveri, papà era medico, ma dovette lavorare molto per farci studiare. Alle elementari il maestro era mio nonno, direttore della scuola Alessandro Manzoni: inflessibile, rigoroso, severo; un esempio di decoro, dignità, lealtà. Davanti alla villa comunale, dove portavamo le ragazze a passeggiare, c’era l’orologio con la scritta: “Mortales vos esse docet quae labitur hora”; in sostanza, ricordati che devi crepare. La scritta è sempre lì, ma nessuno ci fa più caso. Per noi era davvero un richiamo etico, ci ricordava il dovere di comportarci in modo civile, anche con le donne. Al liceo, dove aveva studiato Salvemini, le nostre serate erano il seguito delle lezioni: le passavamo a conversare con gli insegnanti di letteratura, latino, filosofia. Mio fratello maggiore è diventato neuropsichiatra, il secondo ha fatto l’università navale di Napoli, i gemelli nati dopo di me sono ingegneri elettronici. Mio padre volle che ognuno avesse una cultura musicale, a ingentilire una formazione così rigida; anche se il massimo che ci si poteva attendere, nella provincia del Sud, era diventare direttore della banda del paese. A 7 anni mi misero in mano un violino, che ovviamente ho detestato con tutte le mie forze; anche perché avrei voluto un fucile di legno con il tappo, all’epoca il più bel regalo possibile. Papà si era già arreso: “Riccardo non è portato per la musica”. Fu mia madre a dire: “Diamogli ancora un mese”. Un mese proficuo. Decisivo è stato poi l’incontro con Nino Rota, il mio padre musicale, cui sono rimasto vicino sino alla morte. Però la cosa più importante è stata crescere in un’Italia piccola ma seria. Un Paese dalle radici poderose. Per questo oggi non ho difficoltà a stare accanto all’uomo più semplice della terra come alla regina Elisabetta. Parte del mio percorso si è svolta all’estero, ma io mi sento profondamente italiano, ho dato ai figli i nomi dei nostri grandi santi — Francesco, Chiara, Domenico —, e mi ribello nel vedere il mio Paese ridotto così». «L’Italia di oggi non sa più soffrire e non sa più sorridere. Ha smarrito non solo il senso degli enormi sacrifici dei padri, ma anche la loro gioia di vivere. La Spagna è messa peggio di noi, però ha ancora vitalità, joie de vivre, quell’attitudine che un tempo ci rendeva simpatici al mondo e ora abbiamo perduto. A Chicago vedo tanti ragazzi italiani, gente in gamba, che è dovuta fuggire. Non voglio fare il “laudator temporis acti”, ho sempre detestato chi diceva: “Ai miei tempi”. Ma questo è un Paese malato, molto diverso da quello che sognavamo da ragazzi. Persino i profumi sembrano spariti: i profumi che uscivano dalle finestre d’estate, quando nelle case ancora si cucinava, e si rideva. Ora viviamo in una società grigia. L’Italia sembra aver tirato i remi in barca. Non crede più nel futuro e in se stessa. Non si fida più di nessuno; e con qualche motivo». «Non voglio dare giudizi sui politici; ma il livello di questi anni è sconfortante. Per mestiere mi capita di seguire dieci linee musicali, che si intersecano e si contrappuntano, ma tendono all’armonia. Invece se metti anche solo tre politici in tv subito si gridano addosso, e non si capisce più nulla. Io credo nella dialettica, nel confronto, nel rispetto. È evidente che per non precipitare verso il voto anticipato occorre fare un governo di larghe intese, anche se, più dell’aggettivo, mi interessa il sostantivo: intese. Una soluzione non populista, in cui i migliori esponenti delle diverse culture politiche si applicano ai problemi del Paese, si occupano delle famiglie che già alla seconda settimana del mese sono in difficoltà. Ricordo Berlinguer e Almirante: ideologie sbagliate; ma personaggi strepitosi. I tagli alla cultura, al cinema, ai teatri, alle orchestre, sono vergognosi, ma non mi stupiscono: ai concerti, i politici non vengono mai. Quelli davvero interessati li conti sulle dita di una mano: come Ciampi e Napolitano, che vedevo a Salisburgo anche prima che diventasse capo dello Stato. A quasi tutti gli altri, della musica e della cultura non importa nulla». E Grillo? «Mi ricorda Iago, che nell’Otello dice: “Io non sono che un critico…”. Criticare senza dare soluzioni credibili possono farlo tutti. Se dirigessi un’orchestra dicendo solo quello che non va, non risolverei nulla. Gli italiani si sono stancati della vecchia politica, ma ora hanno bisogno di vedere una luce in fondo al tunnel, e di qualcuno che li guidi verso la luce. Invece sento invocare dittature, “il 100% dei voti”: un’avventura che abbiamo già conosciuto, finita malissimo. E poi questo turpiloquio mi fa orrore. Un segno di abbrutimento». E gli artisti saliti sul carro di Grillo? «Ognuno è libero di seguire quel che ritiene giusto. Faccio notare però che noi abbiamo una idea un po’ distorta, per cui si “fa” l’artista, mentre nella realtà si “è” artista. Essere artista non significa fare lo scapigliato, un po’ folle, con la barba e i baffi lunghi e le parole in libertà, sempre ad agitare le mani con violenza e a insultare gli interlocutori. Non pretendo che tutti debbano essere come Bach, solennemente seduto al suo organo a comporre opere da consegnare a Dio e all’umanità, concependo nelle pause un sacco di figli. Un modello di artista per me è Toscanini, uomo di grande semplicità, eleganza, coscienza civile. O come Verdi. Uomini per cui la forma è contenuto». A Verdi, Muti ha dedicato un libro e parte della stagione dell’Opera di Roma, con lavori considerati minori che però esprimono l’identità italiana, da Genova — con il Simon Boccanegra — a Venezia, con I due Foscari. «Il ritorno del sentimento nazionale può essere la premessa per la rinascita. Negli anni 70 l’inno, il tricolore, la patria erano parole sospette. Io ci credevo già allora, ho sempre fatto l’inno, e soffrii quando si tentò di creare una polemica con Ciampi: dirigevo alla Scala il Fidelio, che considero una sorta di inno del mondo, per questo rinunciai a Mameli; la cosa non fu spiegata al presidente che ci rimase male, i media avevano già allestito il rogo, per fortuna ci chiarimmo subito». Alla guida della Scala, Muti ha passato 19 anni. E quella di oggi? «Il punto non è privilegiare Wagner rispetto a Verdi: due geni che hanno avuto il solo torto di nascere nello stesso anno. Il punto è che la Scala rappresenta storicamente la nostra nazione. È la voce dell’Italia all’estero. La nostra anima. Se a un teatro togli l’anima, gli hai tolto tutto. Sarebbe un tradimento. È ovvio che la Scala può mettere in scena i grandi musicisti austriaci e tedeschi. Ma dev’essere consapevole che a Vienna, a Berlino, a Bayreuth sono attrezzati — per tradizione, lingua, cultura — a farlo meglio di noi. Mentre se perdiamo la capacità di mettere in scena meglio degli altri Verdi, Puccini, Bellini, Donizetti, Rossini, allora il danno sarebbe gravissimo, perché quella è la nostra cultura, siamo noi. In Cina ogni anno aprono teatri, conservatori, orchestre che la studiano, e se non teniamo il loro passo ne saremo sommersi. Questa era la linea che prima di me aveva seguito il mio predecessore Abbado». Ma con Abbado non siete rivali? «Queste sono cretinate messe in giro da chi ha sempre bisogno di rappresentare gli italiani divisi, come Coppi e Bartali. Ma Coppi e Bartali facevano la stessa corsa. Abbado e io no, e per fortuna, altrimenti ci renderemmo ridicoli, visto che non abbiamo più vent’anni. Apparteniamo a generazioni diverse, ma abbiamo sempre avuto rapporti cordiali e ci stimiamo, perché condividiamo lo stesso amore per il nostro Paese e per quel linguaggio universale che la musica italiana parla a tutti gli uomini».

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