In calce i tratti significativi della decisione.
Da Repubblica del 27.07.2012
Alessio Gemma
Questa volta non c’entrano le case. Ma le multe. E questa volta non c’è stata alcuna transazione possibile: bensì l’esclusione della Romeo, dopo che aveva vinto una gara per la riscossione delle contravvenzioni. La Romeo Gestioni fa ricorso contro il Comune: e ne esce sconfitta. Perché il Tar le dà torto con una sentenza del 4 lu-glio scorso. Che rinfocola la polemica nella maggioranza del sindaco de Magistris: «Ora si cambia anche per la gestione del patrimonio». Anno 2009, pochi mesi dopo l’inchiesta sull’appalto per la ma-nutenzione delle strade che ave-va spazzato via la giunta Iervolino. Il gruppo Romeo nel 2007 si era aggiudicato in associazione d’impresa con il Montepaschi una gara bandita l’anno prima per l’accertamento e la riscossione delle multe. Durata dell’appalto: 9 anni. Solo che Romeo, a di-stanza di due anni, deve ancora stipulare il contratto e, in quei giorni di arresti e cambi di assessori in giunta, si decide di «individuare soluzioni alternative». E poi di revocare l’aggiudicazione. Limitando ad un soggetto esterno solo la stampa e la notifica delle contravvenzioni. Romeo è fuori. I motivi? Uno, in particolare: «la gravità delle accuse» mosse nei confronti di Alfredo Romeo nell’inchiesta Global service (condannato a due anni in primo grado per corruzione e assolto da tutti gli altri capi d’imputazione,ndr), con la «pendenza di una ipotesi accusatoria molto ramificata di corruzione e di turbativa d’asta».Un benservito. Al quale Romeo risponde con un ricorso al Tar della Campania nell’aprile del 2009. Contro Palazzo San Giacomo e il suo ex sindaco Iervolino.Perché, secondo l’azienda, «il soggetto indagato dall’autorità giudiziaria sarebbe privo di cari-che amministrative nella so-cietà». Ancora: «il procedimento penale in corso non sarebbe cau-sa di esclusione da una gara». Mala prima sezione del Tar presie-duta da Cesare Mastrocola ha «in parte respinto e in parte dichiara-to inammissibile» il ricorso. Atte-stando che, «la pendenza di un procedimento penale a carico di un esponente aziendale per fatti commessi in danno della stessa stazione appaltante costituisce un ragionevole motivo per esclu-dere l’affidabilità della relativa ditta». Attacca il consigliere di«Napoli è tua», Gennaro Esposito:«Questa sentenza rafforza i dubbi molte volte espressi sui rapporti tra Comune e Romeo e ci impone di accelerare i tempi nella ricerca di strade alternative alla gestione del patrimonio comunale». Come a dire: per le case, e non solo per le multe, vale la stessa «grave compromissione della fiducia riposta nella Romeo Gestioni»
Questi i tratti salienti della decisione del TAR CAMPANIA:
“- con delibera di Consiglio comunale n. 11 del 6/5/2009, veniva approvata la Relazione revisionale e programmatica 2009-2011, che al Programma n. 400/5, nel rappresentare la opportunità e la necessità della revoca dell’aggiudicazione all’ATI Romeo-Montepaschi, escludeva l’affidamento del medesimo servizio in tutte le sue fasi ad un unico soggetto esterno;
– con delibera di Giunta municipale n. 866 del 20/5/2009, veniva confermato, all’esito di una rinnovata istruttoria e con ulteriori motivazioni, il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione e veniva demandata al dirigente del Servizio di Polizia locale l’emanazione dei provvedimenti di competenza“…. ” … Secondo il TAR Campania: “Il provvedimento n. 133 del 6/7/2009 è sorretto essenzialmente da tre considerazioni:
– la minor convenienza delle condizioni dell’appalto, con riferimento alla diminuzione registrata nell’ultimo triennio del numero delle contravvenzioni elevate dalla Polizia locale, cosicché dall’epoca di indizione della gara si sarebbe verificato un mutamento della situazione di fatto che determinerebbe uno squilibrio nelle condizioni economiche del servizio da affidare;
– il quadro accusatorio emerso a carico di un soggetto che, benché privo di una carica formale in seno alla società ricorrente, avrebbe la qualità sostanziale di amministratore di fatto per la sua centralità all’interno del gruppo Romeo;
– la pendenza di una ipotesi accusatoria molto ramificata di corruzione e di turbativa d’asta, in relazione alla quale il Comune si sarebbe costituito parte civile nel processo penale, rappresenterebbe una condizione ostativa alla stipulazione del contratto, sia pure con l’amministratore giudiziario del gruppo Romeo, dato che la gravità delle accuse mosse, la loro articolazione, collegata anche ad analoghe vicende pregresse con incidenza all’interno de11’apparato burocratico dell’ente, nonché la permanenza per lungo tempo delle misure cautelati applicate dall’autorità giudiziaria, sostanzierebbero giusti e fondati motivi di inaffidabilità del contraente con la pubblica amministrazione…. Un ripensamento sul servizio da affidare in gestione, cosicché non sarebbe più in linea con l’attuale impostazione legislativa condivisa dall’amministrazione, l’esternalizzazione della gestione del contenzioso relativo alle infrazioni al codice della strada, ravvisando per questa fase la convenienza e l’opportunità, in un periodo di generale crisi finanziaria cd. economica, di non ricorrere all’impiego di professionalità esterne alle proprie disponibilità”. … “Al riguardo è evidente che mentre la prima e la terza ragione del provvedimento investono apprezzamenti su sopravvenuti motivi di pubblico interesse, su mutamenti della situazione di fatto o su una diversa valutazione dell’interesse pubblico originario, costituendo propriamente il presupposto per una determinazione di revoca, secondo la definizione dettata dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, la seconda ragione del medesimo provvedimento riguarda una condizione ostativa alla partecipazione dell’aggiudicatario alla gara originaria e quindi l’esercizio dell’autotutela concretizza piuttosto, per questa parte, un atto di annullamento, secondo la definizione data dall’art. 21-octies della stessa legge, incidendo sull’ammissione in gara della concorrente, prima ancora che sull’aggiudicazione. L’art. 38, co. 1, lett f), del d. Igs. n. 163 del 2006 (derivante dall’art. 12 del d.l. n. 157 del 1995, per gli appalti pubblici di servizi) prevede l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento ed inibisce la stipula dei relativicontratti, per i soggetti che, secondo una motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; ovvero che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.
Tale fattispecie prescinde dalla sussistenza di una pronuncia giudiziale passato in giudicato, come è invece previsto dalla lett. c) della medesima disposizione”….
“Orbene, è stato chiarito che, pur in mancanza di un giudicato penale ed anche dopo l’aggiudicazione, in base alle disposizioni vigenti, peraltro già prima del nuovo codice dei contratti pubblici, in materia di requisiti generali per l’ammissione alle gare, la pendenza di un procedimento penale a carico di un esponente aziendale per fatti commessi in danno della stessa stazione appaltante costituisce un ragionevole motivo per escludere l’affidabilità della relativa ditta in ordine alla corretta esecuzione delle prestazioni da affidare in appalto. Nel contempo è stato anche precisato che i principi dettati dall’art. 27 Costituzione non possono trovare applicazione nell’ambito del sindacato di legittimità su atti amministrativi, ovviamente basati su fatti e circostanze risultanti all’epoca della loro adozione e valutati alla stregua del diritto amministrativo e non del diritto penale, per cui gli elementi negativi desumibili dagli atti del processo penale in corso, autonomamente valutati in sede amministrativa secondo un apprezzamento discrezionale di merito non manifestamente irragionevole né ingiusto, impediscono la sicura garanzia sulla corretta esecuzione delle prestazioni da affidare con la nuova gara, alla stregua di gravi errori
nell’esercizio dell’attività professionale”… “Né è censurabile il riferimento alla società ricorrente dei fatti addebitati ad un soggetto che, pur non rivestendo cariche formali, si presenta come il reale centro decisionale del gruppo in questione, secondo le emergenze del procedimento penale, tant’è che ne risulta scaturito l’assoggettamento ad amministrazione giudiziaria della stessa società ricorrente ex decreto di sequestro disposto dal GIP. Il carattere discrezionale del provvedimento di autotutela richiede una ponderazione comparativa degli interessi pubblici attuali e concreti con la posizione di vantaggio conseguita dall’aggiudicatario a seguito della partecipazione con esito vittorioso alla procedura”.
“Nella specie tale valutazione emerge con sufficiente chiarezza dalla compromissione della fiducia risposta sull’affidabilità della società ricorrente, giustificando, nell’apprezzamento di merito della stazione appaltante, il sacrificio dell’affidamento dall’aggiudicatario nella stipula del contratto, allorché è proprio la posizione dell’ aggiudicatario ad essere messa in discussione per fatti e circostanze che dipendono essenzialmente dalla responsabilità del medesimo interessato“.
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