Il Parere della Corte dei Conti n.14 del 2011

comuneDeliberazione n. 14/AUT/2011/QMIG
C o r t e dei C o n t i
S e z i o n e d e l l e A u t o n o m i e
Adunanza 30 novembre 2011
Composta dai magistrati:
Presidente Luigi GIAMPAOLINO
Presidenti di Sezione Giuseppe Salvatore LAROSA, Mario Giulio Cesare SANCETTA
Presidenti di Sezioni Regionali: Nicola MASTROPASQUA, Vittorio LOMAZZI, Franco FRANCESCHETTI, Vittorio GIUSEPPONE, Mario FALCUCCI, Giorgio PUTTI, Raffaele DEL GROSSO, Ciro VALENTINO, Ennio COLASANTI, Enrica LATERZA, Enrica DEL VICARIO
Consiglieri: Andrea LIOTTA, Teresa BICA, Francesco PETRONIO, Carmela IAMELE, Alfredo GRASSELLI, Rinieri FERONE, Francesco UCCELLO, Adelisa CORSETTI, Graziella DE CASTELLI,
Visto il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con la deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000, dalle stesse modificato con le deliberazioni n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, e da ultimo, ai sensi dell’art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dal Consiglio di Presidenza con la deliberazione n. 229 del 19 giugno 2008;
Vista la legge 4 marzo 2009, n. 15;
Visto il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
Vista la propria deliberazione n. 9 del 4 giugno 2009, recante “Modificazioni ed integrazioni degli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva da parte delle Sezioni regionali di controllo”;
Vista la propria deliberazione n. 3/INPR/2011 del 16 giugno 2011, con la quale è stata definita una linea interpretativa coerente del complesso delle norme regolamentari che attribuiscono alla Sezione delle Autonomie funzioni di coordinamento delle Sezioni regionali di
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controllo e della norma (art.17, co. 31, d.l. n. 78/2009) che intesta alle Sezioni riunite della Corte dei conti l’emanazione di deliberazioni di orientamento generale, cui si conformano le Sezioni regionali di controllo;
Vista la deliberazione n. 208/2011 del 10 ottobre 2011, con la quale la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Toscana ha sottoposto al Presidente della Corte dei conti la valutazione, ai sensi del citato art. 17, co. 31, d.l. n. 78/2009, in ordine all’opportunità di rimettere alle Sezioni riunite della Corte dei conti una questione di massima concernente un quesito formulato dal Comune di Campi Bisenzio (FI);
Vista la nota del Presidente della Corte dei conti di convocazione della Sezione delle Autonomie per l’adunanza del 30 novembre 2011 con l’iscrizione, all’ordine del giorno, della questione proposta dalla Sezione regionale di controllo per la Toscana con la deliberazione n. 208/2011;
Uditi, nell’adunanza del 30 novembre 2011, i relatori pres. Vittorio GIUSEPPONE e cons. Graziella DE CASTELLI.
PREMESSO
Il Comune di Campi Bisenzio ha inoltrato alla Sezione regionale di controllo per la Toscana, tramite il Consiglio delle autonomie locali, una richiesta di parere sull’interpretazione delle norme che stabiliscono limiti alle assunzioni di personale degli enti locali (divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40% delle spese correnti), con particolare riferimento alla qualità della partecipazione societaria da considerare ai fini del computo della spesa di personale complessiva, dell’ente e delle sue partecipate; ai valori da considerare, assoluti o rapportati alla percentuale di partecipazione e implicitamente alla modalità di calcolo; alle spese da considerare, se solo quelle di personale o anche quelle correnti in toto.
Il quadro normativo di riferimento è stato più volte modificato, anche successivamente alla richiesta di parere. Si tratta dell’art. 76, co. 7, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come sostituito dall’art. 14, co. 9, primo periodo, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; successivamente modificato dall’art. 1, co. 118, legge 13 dicembre 2010, n. 220; dall’art. 20, co. 9, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dall’art. 4, co. 103, lett. a), legge 12 novembre 2011, n. 183.
In particolare, l’art. 76, co. 7, primo periodo, d.l. n. 112/2008, imponeva il “divieto agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40% delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale”, mentre l’art. 76, co. 7, secondo periodo, d.l. n. 112/2008, aggiunto dall’art. 20,
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co. 9, d.l. n. 98/2011, prevedeva che “Ai fini del computo della percentuale di cui al periodo precedente si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. La disposizione di cui al precedente periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari”. Peraltro, quest’ultima disposizione era stata preconizzata dall’art. 18, co. 2-bis, d.l., n. 112/2008, secondo cui “Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale nè commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311”.
Sull’interpretazione di tali norme, come fissate nel perdurante percorso di modifica, sono state emesse diverse pronunce di orientamento di questa Sezione e delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, alcune delle quali richiamate dalla Sezione remittente e indicate anche in questa delibera.
I quesiti posti dal Comune di Campi Bisenzio, come articolati nella deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Regione Toscana, sono i seguenti:
1. se le società partecipate da considerare siano quelle in cui la percentuale di partecipazione è compresa tra il 50 e il 100% o quelle in cui l’ente possiede un rappresentante nel consiglio di amministrazione;
2. se le spese sostenute dalle società partecipate vadano considerate in quota parte proporzionalmente alla percentuale di partecipazione dell’ente o nel loro valore assoluto;
3. se le spese da considerare siano quelle correnti e del personale da sommarsi a quelle analoghe dell’ente o solo quelle per il personale.
La Sezione remittente, considerata l’ammissibilità soggettiva ed oggettiva dei quesiti, nella deliberazione n. 208/2011, dopo aver evidenziato che la norma aggiunta dal d.l. n. 98/2011 limita la previsione normativa alle società destinatarie di affidamento diretto di servizi pubblici locali, a quelle che svolgono servizi privi di rilevanza economica e a quelle che
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svolgono servizi a supporto di funzioni amministrative (società strumentali), escludendo le società quotate in mercati regolamentati e le società che hanno ricevuto l’affidamento con procedura competitiva, ha riportato alcune deliberazioni delle Sezioni Riunite emanate ai sensi dell’art. 17, co. 31, d.l. n. 78/2009, con enunciazione di principi interpretativi cui si conformano le Sezioni regionali.
La Sezione regionale di controllo Toscana ha richiamato, in particolare, la deliberazione n. 3/2011/QM, con la quale le Sezioni riunite della Corte dei conti hanno sostenuto che sussiste nell’ordinamento <<un tendenziale principio inteso a rilevare unitariamente le voci contabili riferite alla spesa per personale tra ente locale e soggetto a vario titolo partecipato al fine di rendere più trasparente la gestione delle risorse>> e la deliberazione n. 27/2011/QM, con la quale le stesse Sezioni riunite hanno confermato la necessità <<di scandagliare il bilancio secondo criteri che possono prescindere dalla imputazione formale ed attengono alla effettiva qualità della spesa giacché il limite riferito esclusivamente ad elementi tratti dal bilancio dell’Ente può non rivelarsi equo in quanto non tiene conto dei diversi modelli di governance e dei processi di esternalizzazione che meriterebbe una più accurata valutazione>>.
In ordine al quesito n. 1, la Sezione remittente ha prospettato un concetto allargato di controllo <<non strettamente legato al quantum della partecipazione sociale, mutuandolo dalla regolamentazione in tema di bilancio consolidato dettata dai principi contabili dell’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali. Trattasi delle ipotesi in cui: a) l’ente locale ha, direttamente o indirettamente attraverso le entità controllate, il possesso della maggioranza dei voti esercitabili nell’altra entità; b) l’ente locale ha il potere, assegnato o esercitato all’interno della normativa di riferimento, di nominare o rimuovere la maggioranza dei membri del consiglio di gestione o di altro organo direttivo equivalente dell’altra entità economica ed il controllo dell’altra entità è detenuto da tale consiglio o organo; c) l’ente locale ha il potere di esercitare la maggioranza dei diritti di voto nelle sedute del consiglio di gestione o dell’organo direttivo equivalente ed il controllo dell’altra entità è detenuto da quel consiglio o organo>>.
In ordine ai quesiti n. 2 e 3, la Sezione Toscana ha formulato soluzioni diverse sul metodo di calcolo delle spese di personale, se in valore assoluto o in proporzione alla percentuale di partecipazione dell’ente, ed, inoltre, ha prospettato, in chiave dubitativa, l’alternativa se il computo debba riguardare le sole spese di personale, con incidenza sul numeratore del rapporto, o quelle correnti nel loro complesso, con impatto anche sul denominatore.
Dopo aver premesso che l’elaborazione di un calcolo corretto richiede la stesura di un bilancio consolidato, la Sezione remittente ha svolto ulteriori osservazioni che si riportano di seguito.
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Con riferimento alle società strumentali (o comunque alle partecipate che vivono esclusivamente di risorse provenienti dall’ente locale), è opportuno sommare la spesa di personale senza eseguire operazioni sul denominatore (spesa corrente), in quanto la spesa corrente della società è erogata dall’ente stesso (quale sua spesa corrente). Così operando, questa spesa non viene computata due volte.
Con riguardo alle altre società – che utilizzano risorse provenienti dall’ente locale e da altri enti pubblici – non si può prescindere dal valutare quanto l’ente eroghi in virtù di un contratto di servizio o per altro titolo e sommare alla spesa (corrente) dell’ente la sola spesa corrente societaria che eccede l’importo di tale contratto, rimodulata in proporzione alla partecipazione detenuta dall’ente; in relazione alla spesa di personale, appare congruo sommare alla spesa dell’ente quella del personale della società in quota parte, in relazione alla partecipazione detenuta. In tal modo, si evita di computare due volte la medesima spesa.
In alternativa a quest’ultima soluzione, la Sezione toscana ritiene opportuno seguire le indicazioni di cui al punto 8 dei principi contabili internazionali, che impongono la strutturazione, all’interno di ciascuna società, di una contabilità analitica per ciascuno degli enti-soci. Si tratta del c.d. metodo proporzionale che richiede di sommare ogni singola voce dello stato patrimoniale e del conto economico della partecipante con le quote delle corrispondenti voci dello stato patrimoniale e del conto economico dell’azienda sottoposta a controllo congiunto (di più enti).
Considerando i profili di coordinamento della finanza pubblica sottesi alla questione in esame, la Sezione regionale di controllo della Toscana ne ha sottoposto la valutazione al Presidente della Corte per l’esercizio dei poteri conferitigli dall’art. 17, co. 31, d.l. n. 78/2009, al fine di individuare una interpretazione delle norme che possa condurre ad una loro uniforme applicazione nel territorio nazionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione di massima prospettata concerne tre quesiti che fanno riferimento, il primo, alla qualità della partecipazione azionaria dell’ente locale nelle società partecipate; il secondo, alle spese di personale da considerare ai fini del calcolo, se in valore assoluto o proporzionalmente alla quota di partecipazione dell’ente; il terzo, alla natura delle spese da considerare, se quelle di personale dell’ente e delle sue partecipate o anche le spese correnti dell’ente e delle partecipate.
2. Occorre innanzitutto evidenziare che la questione, in origine prospettata per una decisione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, è stata deferita a questa Sezione per l’individuazione di una linea interpretativa di indirizzo, non vincolante, ai sensi della citata deliberazione n. 3/INPR/2011, al fine di valutarne gli effetti nei diversi casi concreti che si presenteranno mentre, in caso di evidente contrasto tra le pronunce delle Sezioni regionali,
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potrà pervenirsi ad una decisione delle Sezioni riunite, cui le Sezioni regionali devono conformarsi.
3. Riguardo al quesito 1, come rilevato dalla Sezione remittente, il legislatore ha definito la fattispecie normativa circoscrivendola alle società a partecipazione pubblica locale, totale o di controllo, che sono titolari di affidamento diretto, senza gara, di servizi pubblici locali, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione. Non sono ricomprese le società quotate su mercati regolamentari.
L’esclusione delle società che hanno ricevuto l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali con procedura competitiva è basata sul presupposto che la gara può assicurare la presenza dei requisiti di economicità, efficienza ed efficacia necessari all’attuazione del “buon andamento”, posto dalla Costituzione con l’art. 97, mediante il confronto competitivo sul mercato e la verifica della congruità dei costi, soprattutto in materia di personale.
Quanto alla qualità della partecipazione, questa Sezione, come la Sezione remittente, ritiene che il concetto di “partecipazione totalitaria o controllo”, richiamato dalla norma, debba riferirsi alle società partecipate al 100% da un ente pubblico o da più enti pubblici congiuntamente, nonché alle società che presentano le caratteristiche di cui all’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, codice civile.
Ai fini dell’applicazione della norma in esame, sono da considerare controllate le società nelle quali l’ente locale possiede azioni che gli assicurano la maggioranza dei voti nelle assemblee ordinarie, oppure voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante, con esclusione di quelle sulle quali tale influenza è esercitata attraverso altra società, in base a particolari vincoli contrattuali (pur considerate controllate in base all’art. 2359, comma 1, n. 3, c.c.). Come la Sezione remittente, anche la Sezione delle Autonomie ritiene di valorizzare il requisito, espressamente previsto dalla legge, della partecipazione diretta dell’ente nelle società. Di conseguenza, si dovrà tener conto anche delle società partecipate che hanno natura di holding, in quanto destinatarie di affidamento diretto, mentre non rilevano gli altri affidamenti (di natura indiretta) posti in essere dalla holding rispetto alle società del gruppo.
In un’ottica di sistema, la considerazione congiunta della spesa di personale dell’ente locale con quella delle società partecipate sussiste anche nei confronti di organismi (aziende speciali, fondazioni, etc.) contraddistinti da livelli di autonomia contabile e finanziaria inferiori a quelli delle società. Il preciso riferimento normativo alle società esclude tuttavia che possano esser considerate le spese di personale dei predetti organismi.
In conclusione, l’ambito soggettivo è circoscritto alle seguenti società:
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a) partecipate in modo totalitario da un ente pubblico o da più enti pubblici congiuntamente, tenuto conto del concetto univocamente accolto di società in house, come società che vive “prevalentemente” di risorse provenienti dall’ente locale (o da più enti locali), caratterizzata da un valore della produzione costituito per non meno dell’80% da corrispettivi dell’ente proprietario;
b) ovvero che presentano le caratteristiche di cui all’art. 2359, comma 1, nn. 1 e 2, del codice civile, purché affidatarie dirette di servizi pubblici locali.
4. Con riferimento ai quesiti 2 e 3, che vengono esaminati congiuntamente, la sezione remittente, dopo aver sottolineato l’importanza della redazione del bilancio consolidato, ne prospetta l’utilità ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta degli andamenti economici, finanziari e patrimoniali del “Comparto Ente Locale”.
La contabilità analitica, per centri di costo e di ricavo, tenuta dalle società partecipate pubbliche, consente di rilevare, in sede di definizione del budget preventivo, gestionale e di rendiconto, i componenti di costo e di ricavo trasfusi, al termine dell’esercizio, nel conto economico ricompreso nel bilancio finale d’esercizio, e fa individuare le quote di competenza di ciascun ente, sia che pervengano dai singoli enti, che da corrispettivi derivanti dall’applicazione di tariffe o elementi di varia natura.
Come rilevato dalla Sezione remittente, il criterio del consolidamento è, espressamente avallato dalle Sezioni Riunite (con la delibera 25 gennaio 2011, n. 3, già citata) che citano la recente legislazione in materia (ad es., la nuova formulazione della lett. h) dell’art. 2, co. 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42, come modificata dall’art. 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di riforma della contabilità e finanza pubblica, che tra i principi e criteri direttivi, previsti al fine di armonizzare i sistemi contabili, contempla per gli enti “l’adozione di un bilancio consolidato con le proprie aziende, società o altri organismi controllati”).
A tale disciplina si aggiunge l’art. 152 del Tuel (d.lgs. n. 267/2000) secondo cui «il regolamento di contabilità assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti ed organismi costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi», mentre al successivo art. 172 viene previsto che al bilancio di previsione sono allegati diversi documenti, tra i quali, «le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce». Anche l’art. 230 del Tuel, al co. 6, precisa che: «Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività interne ed esterne».
Il recente d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, all’art. 11, prevede che le amministrazioni pubbliche (tra le quali regioni, enti locali e loro enti strumentali) adottano comuni schemi di
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bilancio finanziari, economici e patrimoniali e comuni schemi di bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate ed altri organismi controllati.
In relazione all’adozione di tali schemi di bilancio, il successivo art. 36 prevede una sperimentazione della durata di due esercizi finanziari. Le modalità di tale sperimentazione e gli schemi di bilancio consolidato, compreso il principio contabile sul bilancio consolidato, sono definiti con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con la Conferenza Unificata di cui al d.lgs. n. 281/1996.
Soltanto al termine del periodo di sperimentazione e con decorrenza 1° gennaio 2014, potranno essere adottati da tutte le amministrazioni pubbliche di cui al d.lgs. n. 118/2011, gli schemi di bilancio consolidati con l’applicazione del corrispondente principio contabile per la redazione del bilancio consolidato.
In assenza di una esplicita normativa che definisca le metodologie e le tecniche del consolidamento, occorre fare riferimento, in relazione alle modalità di calcolo in argomento, ai principi generali che rispondano a criteri di ragionevolezza e di valorizzazione delle finalità che il legislatore persegue con la norma in esame.
Ulteriore elemento valutativo riguarda la locuzione utilizzata dal legislatore che, ai fini del computo della percentuale della spesa di personale, utilizza il termine “spese” e non quello di “costo” (elemento proprio del bilancio societario), sollevando per l’interprete la questione della considerazione dei soli elementi del conto economico della società che si traducano in effetti finanziari, con esclusione degli ammortamenti, degli accantonamenti e dei fondi diversi che non presentano gli stessi effetti.
Al riguardo questa Sezione accoglie la tesi secondo la quale, acclarato l’obbligo societario di predisporre i bilanci sulla base del principio di competenza economica di cui all’art. 2423 bis del codice civile, debba farsi riferimento al dato ufficiale ricompreso nel conto economico della società stessa, senza alcuna detrazione a titolo di accantonamenti o fondi diversi.
Con riferimento alle partecipate, i dati rilevanti ai fini del computo possono esser tratti dai questionari allegati alle relazioni degli organi di revisione al rendiconto dell’ente locale, predisposte ai sensi dell’art. 1, comma 166 e ss., l. 23 dicembre 2005, n. 266, trattandosi di dati certificati provenienti dalle contabilità degli enti, verificati dagli organi di revisione.
La Sezione remittente prospetta varie modalità di calcolo delle spese di personale dell’ente e delle società partecipate a seconda delle caratteristiche di queste ultime.
5. Nell’attuale periodo transitorio, in attesa che si completi la sperimentazione per la redazione del bilancio consolidato, la Sezione delle autonomie ha individuato nei corrispettivi a
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carico dell’ente, desumibili dai questionari delle Linee guida, lo strumento che consente di attribuire al medesimo le spese di personale della società che possono essere associati alla prestazione dei servizi erogati a fronte di quel corrispettivo.
Nel caso in cui la società partecipata percepisca, in luogo dei corrispettivi, ricavi derivanti da tariffa, è possibile utilizzare tali ricavi, associati agli utenti di ciascun ente proprietari, da sommare ad eventuali corrispettivi, se presenti.
A partire da questo approccio, la Sezione ha elaborato un metodo sintetico per calcolare la quota delle spese di personale della società partecipata da sommare alle spese di personale degli enti proprietari.
Il metodo di calcolo si basa sulla seguente semplice proporzione: il valore della produzione della società sta alle spese totali del personale della stessa come il corrispettivo sta alla quota del costo di personale attribuibile all’ente, che è l’incognita da calcolare. Per risolvere tale proporzione, si moltiplicano le spese del personale per il corrispettivo e si divide il risultato ottenuto per il valore della produzione. Questo criterio utilizza, ai fini del calcolo, il costo del personale della società (voce B9 del conto economico) senza operare particolari depurazioni, rispondendo all’esigenza sostanziale di individuare un indicatore sintetico della sostenibilità della spesa di personale dell’ente.
Per il calcolo dell’incidenza previsto dall’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, la quota di spese del personale della società partecipata, così individuata, va a sommarsi alle spese di personale dell’ente, e il totale si divide per le spese correnti dell’ente.
In tal modo si agisce soltanto sul numeratore, come proposto dalla Sezione remittente per l’ipotesi della società partecipata da unico ente pubblico, sicché il metodo ne rappresenta uno sviluppo, in quanto consente di evitare eventuali imprecisioni dovute alla semplice somma di tutte le spese di personale delle società partecipate a quelle dell’ente.
Questo calcolo va effettuato per ciascun organismo partecipato, che si tratti di società posseduta da uno o più enti (punto 3, lett. a, della presente delibera), ovvero di società miste pubblico privato, controllate dall’ente a norma dell’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, del codice civile (punto 3, lett. b).
Utilizzando questo metodo sono state sviluppate numerose simulazioni. Il risultato ottenuto è apparso sempre in linea con quello ricavato seguendo modalità più complesse, in quanto ha mostrato scostamenti marginali rispetto a quelli ottenuti con altre modalità ed ha escluso anche una maggiore penalizzazione per gli enti locali.
In buona sostanza, i vantaggi del metodo proposto consistono nella relativa semplicità di applicazione a tutti i casi di società partecipata, nel minor numero di elaborazioni ed operazioni da effettuare (da costi di produzione a spese correnti, da costi del personale a spese
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del personale), nella riduzione delle operazioni di calcolo e delle connesse possibilità di errore e nell’annullamento delle divergenze sui criteri di valutazione delle poste contabili, che potrebbero rendere di difficile applicazione il precetto normativo (art.76, co. 7, d.lgs. 112/2008).
Si ripete che criterio proposto da questa Sezione va anche considerato nell’ottica della transitorietà delle metodologie di calcolo prospettate dalla Sezione remittente, dalle amministrazioni coinvolte nell’applicazione della norma e dalla dottrina, in attesa dell’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, prefigurata dal d.lgs. n. 118/2011, il cui decreto attuativo per l’avvio della fase sperimentale è in corso di emanazione.
P.Q.M.
la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, sulla questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per la Toscana con deliberazione n. 208/2011 a seguito di quesito formulato dal comune di Campi Bisenzio, enuncia i seguenti principi:
“Per la determinazione, ai sensi dell’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, della spesa del comparto “personale”, si considerano: a) le società partecipate in modo totalitario da un ente pubblico o da più enti pubblici congiuntamente, tenuto conto del concetto univocamente accolto di società in house, come società che vive “prevalentemente” di risorse provenienti dall’ente locale (o da più enti locali), caratterizzata da un valore della produzione costituito per non meno dell’80% da corrispettivi dell’ente proprietario; b) le società che presentano le caratteristiche di cui all’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, c.c., purché affidatarie dirette di servizi pubblici locali”.
“Ai fini della determinazione della spesa del comparto personale dell’ente locale e delle società partecipate o controllate, di cui all’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, si assumono i dati che derivano dai documenti contabili delle società (bilancio di esercizio) e dai questionari allegati alle relazioni dei revisori degli enti locali al rendiconto degli enti, ai sensi dell’art. 1, co. 166 e ss. l. n. 266/2005, senza alcuna detrazione o rettifica, in assenza di specifiche norme che definiscono modalità e termini per il consolidamento dei conti, attualmente in fase di sperimentazione (art. 36, l. n. 118/2011).
“Ai fini del calcolo del rapporto di incidenza previsto dall’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, si agisce soltanto sul numeratore, ma le spese di personale della società partecipata da sommare a quelle dell’ente sono da proporzionare in base ai corrispettivi a carico dell’ente medesimo (o ai ricavi derivanti da tariffa, se presenti in luogo del corrispettivo stesso). Il calcolo va effettuato per ciascun organismo partecipato, che si tratti di società posseduta da uno o più enti, ovvero di società miste pubblico privato, controllate dall’ente a norma dell’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, c.c.
Dispone, a cura dell’Ufficio di Supporto, la trasmissione degli atti alla Sezione regionale di controllo per la Toscana, che renderà il parere richiesto tenendo conto dei suindicati principi di diritto, che costituiscono atto di indirizzo.
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Così deliberato in Roma nell’adunanza del 30 novembre 2011.
I Relatori Il Presidente
F.to Vittorio Giuseppone F.to Luigi Giampaolino
F.to Graziella De Castelli
Depositata in Segreteria il 28 dicembre 2011
Il Dirigente
F.to Romeo Francesco RECCHIA

Lettera inviata a gennaio 2012 per Idonei al Concorso

comunedinapoliProt                        del

  All’Assessore al Bilancio 

  Dott. Riccardo Realfonso

 

SEDE

 

Ufficio Funzione Pubblica

Direzione Centrale

Dott.ssa

Paola Russo

 

SEDE

 

Alla Ragioneria Generale

Dott.  Gaetana Esposito  

 

SEDE

 

 

Oggetto: Richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 43, II comma del DLGS n. 267 del 18.08.2000 ed art. 22 del vigente Statuto Comunale.

I sottoscritti Consiglieri Comunali, alla luce delle norme in oggetto, considerate le attese degli idonei al concorso RIPAM/FORMEZ del 2010 e gli auspici manifestati in più occasioni dall’Amministrazione allo scorrimento delle graduatorie, al fine di poter comprendere bene i termini giuridici e contabili della questione, ed alla luce dell’orientamento interpretativo espresso dalla Corte dei Conti Sez.ne Centrale Consultiva delle Autonomie, con parere del 30.11.2011, n. 14 (che si allega alla presente)

chiedono

agli uffici in indirizzo, di conoscere a quanto ammonta la percentuale delle spese  per il personale rispetto alle spese correnti, dell’ente e delle sue partecipate, determinata secondo quanto espresso nel citato parere della Corte dei Conti affinché si possano valutare gli indirizzi che gli scriventi possono dare all’Amministrazione a termini dell’art.  42 T.U.E.L. Si chiede, inoltre, di conoscere ogni altro dato utile all’approfondimento della questione.  In attesa di cortese, sollecito riscontro, si porgono cordiali saluti.

Vittorio Vasquz           Gennaro Esposito             Carlo Iannello                              

Vincenzo Varriale       Carmine Sgambati      Arnaldo Maurino     

Pietro Rinaldi                                        Salvatore Pace

Il Comune sfora del 3 per cento troppo alta la spesa per il personale

Il Comune sfora del 3 per cento troppo alta la spesa per il personale

La questione della spesa del personale credo assuma rilievo per ogni forma di assunzione operata dal Comune ivi comprese quelle relative alle società partecipate (vedi internalizzazione ASIA). Come consigliere insieme al gruppo consiliare Napoli è Tua, qualche mese fa,  ebbi modo di chiedere formalmente i dati della spesa corrente e quella del personale agli uffici del comune che non ci sono stati forniti. L’articolo di seguito mostra come i dati che sarebbero stati rielaborati direttamente dalla Corte dei Conti e siano rilevanti anche per l’anno in corso. Se la notizia è fonadata credo che si debba aprire una attenta riflessione su come la politica debba muoversi in questo campo minato di norme, conti e numeri. Non credo che ci sia più spazio per promesse che non si possono mantenere, ma occorre sempre uno studio approfondito delle questioni che nel caso di specie vedono coinvolti giovani preparati di cui il comune avrebbe bisogno per porre in campo una seria e rinnovata azione amministrativa.

Da La Repubblica Napoli del 01.07.2012

Stop ai contratti a tempo determinato, a rischio 56 dirigenti

di ANTONIO DI COSTANZO

“Al Comune i conti non tornano più. La spesa relativa al personale ha sforato del tre per cento i parametri stabiliti per legge. E questo, come prima cosa, vuol dire che non si potranno più rinnovare i contratti a tempo determinato. Ci sono almeno 50 milioni di euro da recuperare. Anzi, da risparmiare.
I nodi sono venuti al pettine dopo che la Corte dei conti, la scorsa settimana, ha inviato al sindaco Luigi de Magistris una nota con la quale ha chiesto una dettagliata relazione sulle spese correnti effettuate. Non una richiesta generica sul totale delle spesa sostenute, ma il dettaglio di ogni singolo capitolo. Come a dire: dateci i numeri, poi i calcoli finali li facciamo noi.
Questo è l’inizio di una storia che potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Gli esperti del Comune hanno iniziato una nuova e più accurata verifica per evitare rischi. E il risultato, qualora fosse confermato, sarebbe a dir poco imbarazzante: l’esborso ha superato il 50 per cento del rapporto dell’incidenza sulle spese correnti. In parole povere, oltre la metà dei soldi va via in stipendi anche a causa dei circa diecimila lavoratori arruolati in questi anni in aziende e società partecipate.
Lo sforamento si aggirerebbe intorno al 3 per cento, il che vuol dire che il Comune spenderebbe cinquanta milioni di euro in più rispetto a quanto potrebbe fare. Un bel grattacapo per Riccardo Realfonzo, l’assessore al Bilancio, impegnato a far quadrare i conti e a eliminare ogni spreco nel solco del rigore.
Ma come si è arrivati a questo? In tempi di crisi il Comune è stato costretto a molte rinunce, soprattutto se economicamente dispendiose. Lo stipendio del personale in servizio, invece, è rimasto quasi invariato. E così la spesa di questo capitolo ha superato il 50 per cento del totale della spesa corrente, violando così uno dei principali paletti stabiliti per controllare i bilanci delle amministrazioni pubbliche: è come stare su una bilancia, se si scende da un lato, bisogna fare altrettanto dall’altro.
A pesare sulla casse del Comune, tra l’altro, ci sono i 63 “intoccabili” staffisti di sindaco e assessori, assunti per assistere il primo cittadino e la sua squadra: costo 2 milioni di euro l’anno.
I primi a pagare per il fuori budget sono i lavoratori a tempo determinato cui non sarà rinnovato il
contratto. D’altra parte, lo vieta la legge. La notizia è stata già comunicata a 17 giovani che, dopo quattro anni di precariato, si sono visti dare il benservito. Si tratta di architetti e ingegneri impegnati nel settore mobilità, strade e urbanistica. Tutti a spasso. Tutti allontanati dal Comune che non ha la possibilità di rinnovare loro il contratto.
Ma questo è solo l’inizio. Seguiranno presto nuovi dolorosi tagli, se non si troveranno altre soluzioni per bilanciare la spesa del personale che categoricamente non può superare il cinquanta per cento del totale di quelle correnti.
A rischio ci sono 56 dirigenti, tra loro 17 contratti esterni e 39 dipendenti a tempo indeterminato che svolgevano incarichi dirigenziali. Questi ultimi saranno retrocessi, ma comunque sono più fortunati rispetto ai loro colleghi perché conserveranno il posto. Al mosaico vanno aggiunti i precari delle partecipate e 64 lavoratori socialmente utili che avrebbero dovuto essere stabilizzati dopo un percorso iniziato da anni, ma che, restando così le cose, non potranno essere assunti. Come se non bastasse, non sarà assorbito neanche chi è risultato idoneo al concorso.
E in questi giorni si stanno verificando anche episodi al limite del grottesco. Come quello accaduto a un esperto dirigente, coordinatore all’Urbanistica, che venerdì si è presentato a Palazzo San Giacomo per il rinnovo del contratto e ha scoperto che non solo non gli sarebbe stato rinnovato l’incarico di coordinatore, ma neanche il lavoro. A questo punto il professionista ha fatto protocollare la lettera di dimissioni, andando in pensione con sei mesi d’anticipo”.

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