Donne e Madri della Costituzione
Maria Federici Agamben – (L’Aquila, 1899 -1984)
Laureata in lettere e insegnante, dopo l’8 settembre 1943 prese parte alla resistenza come partigiana. Il 2 giugno 1946 fu tra le 21 donne elette all’Assemblea Costituente Italiana, dove sedette come componente del gruppo parlamentare D:C Entrata a far parte della Commissione speciale divenuta nota col nome di Commissione dei 75, presieduta da Meuccio Ruini: lavorò nella Terza Sottocommissione, relativa ai diritti e doveri economico-sociali occupandosi, in particolare della famiglia, della garanzia economico-sociali per l’assistenza della famiglia, della condizione dei figli nati fuori del matrimonio. Successivamente, nel 1948, nella prima legislatura del parlamento repubblicano, fu eletta alla Camera dei deputati nel collegio di Perugia.
Fu componente della XI Commissione (Lavoro e Previdenza sociale) e della Commissione parlamentare di inchiesta sulla disoccupazione. Si è a lungo occupata dei problemi dell’emigrazione. Ha ricoperto le cariche di delegata nazionale delle ACLI e di prima Presidente del Centro italiano femminile (CIF).
Importante l’intervento di Maria Federici, energica e indimenticabile Presidente del CIF nel periodo tra il 1944 e il 1950 che con visione lungimirante dopo aver parlato in difesa della provvidenze a favore della famiglia, ammonisce e ricorda che la tutela della madre e dei figli deve essere accordata anche quando la famiglia è irregolare perché “la maternità è cosa così fondamentale e delicata che ha bisogno di particolari cure”..
Leonilde Iotti (Reggio Emilia 1920-1999)
Rimasta orfana di padre (ferroviere e sindacalista socialista) nel 1934, si laureò in lettere
all’Università Cattolica di Milano e fu docente ma decise di abbandonare la professione quando maturò un profondo spirito anti-fascista che la convinse ad occuparsi di politica. Durante la seconda guerra mondiale si iscrive al PCI e partecipa alla resistenza. Fu presidente dell’Unione Donne Italiane a Reggio Emilia.
Nel 1946 viene candidata dal Partito Comunista Italiano prima come consigliere comunale nel paese natio e poi all’Assemblea Costituente, dove entra a far parte della Commissione dei 75 incaricata della stesura della Costituzione. Eletta nel 1948 alla Camera dei Deputati, siede tra i banchi di Montecitorio ininterrottamente sino al 1999… Leonilde Iotti è stata la prima donna politica a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei deputati. per tre legislature, dal 1979 al 1992, conseguendo un primato finora incontrastato sia nell’Italia monarchica che repubblicana. Diede un grande contributo, fra gli altri, alla Costituente su retribuzione e figli Rileggendo gli interventi delle donne nella Commissione dei 75 (tutti appassionati e vibranti, si ricorda uno dei suoi primi interventi (8 ottobre 1946) nella I Sottocommissione nella quale formula una ferma difesa del principio della pari retribuzione tra uomo e donna. E ancora pretende adeguata e finale soluzione al problema dei figli illegittimi, ai quali debbono essere riconosciuti gli stessi diritti dei figli legittimi. Disse “Le donne si trovarono a dover votare per la prima volta il 2 Giugno del ’46. Fu difficile insegnare loro a votare per i partiti, soprattutto per noi donne di sinistra. Bisognava
affrontare questo problema; per le democristiane era più facile, poichè le donne andando in chiesa erano abituate a parlare con il sacerdote. Decidemmo così di creare le cellule femminili nelle sezioni di partito per far parlare le donne che invece non parlavano mai in pubblico o nei luoghi della politica. Ci trovammo così ad educare la popolazione femminile!” Tutto l’associazionismo femminile, ricostruito dopo lo scioglimento imposto dal fascismo o di nuova costituzione, all’indomani della Liberazione s’impegnò nei Comitati pro-voto, specialmente le due principali aggregazioni, il Centro italiano femminile (Cif) e l’Unione Donne Italiane (Udi), eredi dell’allargata partecipazione femminile all’antifascismo e alla Resistenza, il primo delle cattoliche e il secondo delle socialiste e comuniste. Cif e Udi, agendo nell’Italia dilaniata dalla guerra e dominata dai conflitti ideologici, s’impegnarono nel sociale e seguirono attentamente il processo costitutivo, la stesura della Costituzione.
Angelina Merlin– (Pozzonovo 1887 – Padova, 1979)
Visse a Chioggia per tutta l’infanzia e la giovinezza. Diplomatasi maestra elementare presso
l’Istituto delle Suore Canossiane, si trasferisce a Grenoble, in Francia. Si laurea in francese.
Lina si sente attratta invece dagli ideali del socialismo che ritiene più vicini alla sua mentalità e alla sua morale. Si iscrive al P.S.I. collabora al periodico “La difesa delle lavoratrici”, di cui in seguito assumerà la direzione. Lina Merlin cominciava a rendersi conto delle condizioni in cui vivevano le donne del chioggiotto e del Polesine, quasi tutte mogli di pescatori o marinai lasciate spesso sole dai mariti Esse si prostituivano per qualche piccolo lusso, o semplicemente per fame, ai benestanti locali. Merlin non tollerava l’ipocrisia della morale corrente anche perché la frequenza delle prostitute ritenuto luogo dove i giovani potevano “fare esperienza” aveva come conseguenza di contagiare le loro mogli con malattie veneree. Dopo l’assassinio di Matteotti, viene arrestata cinque volte e poi . condannata a cinque anni di confino in Sardegna dove riesce a conquistarsi il rispetto
e la fiducia e soprattutto delle donne, ad alcune delle quali insegnerà a leggere e a scrivere.
Rimasta vedova a 49 anni, prende parte attivamente alla Resistenza, donando ai partigiani la strumentazione medica e i libri del marito e raccogliendo fondi e vestiario per i partigiani.
Costituisce i “Gruppi di difesa della Donna e per l’Assistenza ai Volontari della Libertà. Da
questa organizzazione nascerà l’. Nel 1946 viene eletta alla Assemblea Costituente
I suoi interventi nel dibattito costituzionale, quale membro della “Commissione dei 75”, risulteranno determinanti per la tutela dei diritti delle donne, e lasceranno un segno indelebile nella Carta Costituzionale. Degne di nota sono le parole pronunciate da Lina Merlin nella seduta del 10 maggio 1947, in relazione alla speciale protezione che la Repubblica deve concedere alla maternità e all’infanzia, recepite poi dall’art. 31. Così come sono da rileggere tutte le osservazioni formulate dalla stessa Merlin e poi da Teresa Noce nel corso della discussione sulle garanzie economico-sociali per l’assistenza alla famiglia del 18 settembre 1946. Uno dei punti cardine, se non il principale, dell’opera politica di Lina Merlin è stata la battaglia per abolire la prostituzione legalizzata in Italia,che le procurò ostilità ed inimicizie persino nell’ambito del suo stesso partito. A lei si devono, tra l’altro, l’abolizione della infamante dicitura “figlio di N.N.” che veniva apposta sugli atti anagrafici dei trovatelli, l’equiparazione dei figli naturali ai figli legittimi in materia fiscale, la legge sulle adozioni che eliminava le disparità di legge tra figli adottivi e figli propri, e la soppressione definitiva della cosiddetta “clausola di nubilato” nei contratti di lavoro, che imponeva il licenziamento alle lavoratrici che si sposavano. Nel 1961 le venne fatto sapere che il partito non intendeva ripresentare la sua candidatura nel collegio di Rovigo, e lei
reagì strappando la tessera. Nel suo discorso di commiato dichiarò che le idee sono sì importanti, ma camminano con i piedi degli uomini, e che lei non ne poteva più di «fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo».A 65 anni, nonostante le esortazioni dei suoi sostenitori che avrebbero voluto rivederla candidata anche nelle elezioni del 1963 come indipendente, Lina Merlin decise di ritirarsi dalla politica: Ricordiamo le sue parole «Sono stata coerente con la mia decisione, non ho accolto inviti né da sinistra né da destra.
Teresa Noce Longo (Torino, 1900 – Bologna, 1980)
Nata nel 1900 a Torino, da famiglia operaia e costretta ad abbandonare molto presto la scuola, continuò a istruirsi da autodidatta, svolgendo vari mestieri. Nel 1921 fu fra le fondatrici del Partito comunista italiano; conobbe Luigi Longo con cui si sposò nel 1926 e avranno tre figli, uno dei quali morirà in tenera età. Nel gennaio 1926 i due espatriano, stabilendosi prima a Mosca e poi a Parigi, e in Spagna dove curò la redazione del giornale degli italiani combattenti nelle Brigate internazionali, Il volontario della libertà. Partecipò alla fondazione del giornale Noi donne. Nel 1943 venne arrestata e, dopo alcuni mesi di carcerazione, fu deportata in Germania, prima nel campo di concentramento di Ravensbruck, poi a Holleischen in Cecoslovacchia, dove fu adibita a lavoro forzato in una fabbrica di munizioni fino alla liberazione del campo da parte dell’esercito sovietico. Alla fine della guerra, il 2 giugno 1946 fu tra le 21 donne elette all’Assemblea costituente italiana e fu una delle cinque donne entrate a far parte della Commissione, divenuta nota col nome di Commissione dei 75. Nel 1974 pubblicò la sua autobiografia, Rivoluzionaria professionale, che racconta, insieme alla sua storia personale, la vicenda del partito comunista italiano dalla sua fondazione. A lei si devono infatti le parole dell’articolo 3: “Tutti i 15 cittadini …sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso”, con le quali veniva posta
la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna, che fu sempre l’obiettivo principale della sua attività politica. È inoltre degna di nota l’opera di mediazione da lei esercitata tra opinioni contrapposte riguardo alla stesura dell’articolo 40, concernente il diritto di sciopero, proponendo una formulazione analoga a quella presente nel preambolo della Costituzione della IV repubblica francese
Ottavia Penna Buscemi (Caltagirone, 12 aprile 1907 – 2 dicembre 1986)
E’ una tra le 21 donne che partecipò all’Assemblea Costituente. Fu eletta,il 10 giugno 1946, nella lista del Fronte dell’Uomo Qualunque, rimane nel gruppo parlamentare, unica donna, dal 6 luglio 1946 al 15 novembre 1947. Ottavia Penna Buscemi venne candidata dal suo partito alla poltrona di Presidente della Repubblica in competizione con Enrico De Nicola(poi eletto Presidente della Repubblica). Nel candidarla, Giannini segretario dell’Uomo Qualunque la definisce «una donna colta, intelligente, una sposa, una madre».La baronessa ottiene però solo 32 voti, contro i 396 di De Nicola. Dal 19 al 24 luglio 1946 partecipa, come componente, alla Commissione per la Costituzione. Il 15 novembre 1947 lascia il Partito dell’Uomo Qualunque per entrare nell’Unione Nazionale e rimanerci fino alla conclusione dei lavori dell’Assemblea Costituente.
Angela Guidi Cingolani, (Roma, 1896-1991) la prima italiana elette nella 1^ legislatura a parlare in un’assemblea democratica. Laureata presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli in lingue e letterature slave fu molto attiva nel movimento cattolico, collaborò a giornali come L’Avvenire d’Italia e il Corriere d’Italia. È stata una delle prime giovani cattoliche a partecipare al Movimento nazionale pro suffragio femminile. Nel 1919 la Guidi Cingolani s’iscrive al Partito Popolare Italiano, assumendo la carica di segretaria del gruppo femminile romano fino allo scioglimento del partito nel 1926 ad opera del fascismo. Nel 1921 fonda il Comitato nazionale per il lavoro e la cooperazione femminile di cui sarà segretaria fino al 1926. Nel 1922 è nominata dal Ministero dell’Industria e commercio membro del Comitato delle piccole industrie e dell’artigianato. Nel 1925 vince il concorso per diventare Ispettore del lavoro; quattro anni dopo è tra le fondatrici dell’Associazione nazionale delle professioniste ed artiste. Alla caduta del fascismo aderisce alla Democrazia Cristiana divenendone consigliere nazionale dal 1944 al 1947. Nominata alla Consulta Nazionale nel 1945 con lo scopo di dare pareri, sui problemi generali al Governo, viene ricordato emozionante il primo intervento in assoluto svolto da una donna in un’assemblea democratica nazionale nel nostro Paese.
Le Donne nella Commissione dei 75
Nella Commissione dei 75 furono elette 5 donne:
Maria Federici (D.C.), Teresa Noce (P.C:I.), Angelina Merlin (PSI), Nilde Iotti (PCI) e Ottavia Penna Buscemi (UOMO QUALUNQUE) entrarono a far parte della Commissione Speciale incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione da discutere in aula, divenuta nota con il nome di Commissione dei 75.
In particolare lavorarono nella Prima Commissione (Diritti e doveri dei cittadini) Nilde Iotti, e nella Terza Sottocommissione (Diritti e doveri economici e sociali) Maria Federici, Angelina Merlin Teresa Noce Longo.
Provenienti geograficamente da tutta la penisola, erano in maggioranza sposate – 14 su 21 – ed avevano figli, a testimoniare che l’impegno politico non è un fatto solo per suffragette senza famiglia. Avevano tutte studiato – fra loro c’erano ben 14 laureate. La loro formazione politica si era svolta principalmente accanto al marito e al padre. Conquistarono il diritto alla cittadinanza partecipando attivamente alla Resistenza. Quasi tutte laureate, molte di loro insegnanti, qualche giornalista-pubblicista, una sindacalista e una casalinga; tutte piuttosto giovani e alcune giovanissime.
Molte avevano preso parte alla Resistenza, pagando spesso personalmente e a caro prezzo le loro scelte, come Adele Bei (condannata nel 1934 dal Tribunale speciale a 18 anni di carcere per attività antifascista), Teresa Noce (detta Estella, che dopo aver scontato un anno e mezzo di carcere perchè antifascista venne deportata in un campo di concentramento nazista in Germania dove rimase fino alla fine della guerra) e Rita Montagnana (che aveva passato la maggior parte della sua vita in esilio).
“Delle venti donne elette fu prima la on. Bianca Bianchi, socialista, professoressa di filosofia che a Firenze ha avuto 15.000 voti di preferenza Della prima delle elette si legge sulle colonne del “Risorgimento liberale” del 26 giugno: “Vestiva un abito colore vinaccia e i capelli lucenti che la onorevole porta fluenti e sciolti sulle spalle le conferivano un aspetto d’angelo. Vista sull’alto banco della presidenza dove salì con i più giovani colleghi a costituire l’ufficio provvisorio, ingentiliva l’austerità di quegli scanni. Era con lei (oltre all’Andreotti, al Matteotti e al Cicerone) Teresa Mattei, di venticinque anni e mesi due, la più giovane di tutti nella Camera, vestita in blu a pallini bianchi e con un bianco collarino. Più vistose altre colleghe: le comuniste in genere erano in vesti chiare (una in colore tuorlo d’uovo); la qualunquista Della Penna in color saponetta e complicata pettinatura (un rouleau di capelli biondi attorno alla testa); in tailleur di shantung beige la Cingolani Guidi, che era la sola democristiana in chiaro; in blu e pallini rossi la Montagnana; molto elegante, in nero signorile e con bei guanti traforati la Merlin; un’altra in veste marmorizzata su fondo rosa”.
Nel gruppo delle comuniste c’era anche la giovanissima Nilde Iotti, che era stata durante la Resistenza prima responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna e poi porta-ordini (verrà nominata nel 1979 Presidente della Camera, prima donna nella storia della Repubblica e confermata fino al 1992); tra le democristiane Elisabetta Conci, figlia di un senatore del vecchio Partito Popolare, la partigiana Angela Gotelli che aveva partecipato alla Resistenza nel parmense e Angela Guidi Cingolani, la prima donna che sarà chiamata al governo, come sottosegretario, nel VII governo De Gasperi.
Angela Guidi Cingolani il Suo primo intervento
Angela Guidi Cingolani, (Roma, 1896-1991) la prima italiana eletta nella 1^ legislatura a parlare in un’assemblea democratica.
Laureata presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli in lingue e letterature slave.
Il suo primo intervento viene ricordato così dalle cronache del tempo: “Le sue dichiarazioni furono solenni; esse contenevano l’affermazione dell’impegno per la presenza femminile nella ricostruzione del Paese. Disse tra l’altro: “Vogliamo essere forza viva di ricostruzione morale e materiale, e possiamo farlo perché siamo, tutte, lavoratrici; sappiamo tutte l’oscuro sacrificio, lieto sacrificio, del lavoro per la famiglia” “Per la dignità di donne siamo contro la tirannide di ieri come contro qualunque tirannide di domani. Noi donne abbiamo la visione della nuova dignità del lavoro”. E concludeva ricordando una grande Santa, Caterina di Siena, che incitava le donne all’operosità: “Traete fuori il capo e uscite a combattere per la libertà. Venite, venite e non andate ad aspettare il tempo, che il tempo non aspetta noi”. Il testo integrale:
“Colleghi Consultori, nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del paese.Ardisco pensare, pur parlando col cuore di democratica cristiana, di poter esprimere il sentimento, i propositi e le speranze di tanta parte di donne italiane; credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto con armi talvolta diverse ma talvolta simili alle vostre e che ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale. È mia convinzione che se non ci fossero stati questi 20 anni di mezzo, la partecipazione della donna alla vita politica avrebbe già una storia. Comunque, ci contentiamo oggi di entrare nella cronaca, sperando, attraverso le nostre opere, di essere ricordate nella storia del secondo risorgimento del nostro paese. Tutti oggi siamo preoccupati dalla catastrofe morale che ha accompagnato la rovina materiale del nostro Paese: le cifre spaventose, indici del dilagare della prostituzione minorile, dell’intensificarsi della tratta delle bianche, della precoce iniziazione al male di migliaia di fanciulli, ci rendono pensose del domani così pauroso per le conseguenze di tanto disastro morale. È vero, la guerra porta sempre con sé devastazioni morali: ma credo che mai nel passato se ne sia verificata una così spaventosa, nella distruzione di tanta innocenza, di tanta promessa, invano sbocciata, di una nuova migliore generazione. Allargate le funzioni degli enti di assistenza e della maternità e infanzia; fateci essere madri rieducatrici di chi mai di un sorriso di madre ha goduto non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare!Il fascismo ha tentato di abbruttirci con la cosiddetta politica demografica considerandoci unicamente come fattrici di servi e di sgherri. La nostra lotta contro la tirannide tramontata nel fango e nel sangue, ha avuto un movente eminentemente morale, poiché la malavita politica che faceva mostra di sé nelle adunate oceaniche, fatalmente sboccava nella malavita privata. Per la stessa dignità di donne noi siamo contro la tirannide di ieri come contro qualunque possibile ritorno ad una tirannide di domani. Non so se proprio risponda a verità la definizione che della donna militante nella vita sociale e politica è stata data: “la donna è un istinto in marcia”. Ma anche così fosse, è l’istinto che ci rende capaci di far incontrare il buon senso comune, che fa essere tutrici di Pace”.