Possibile che i partiti politici non sono in grado di selezionare una classe dirigente adeguata. Eppure basterebbe guardare in faccia i candidati per capire che forse non erano idonei, se poi uno ci parla pure il quadro dovrebbe essere completo. C’è da pensare che il Lombroso forse non avrebbe fatto gli errori commessi dalle segreterie di partito attente a guardare la “dote” numerica dei voti anziché la moralità e le capacità del candidato. Alla fine si potrebbe dire che il popolo italiano ha gli amministratori che si merita, ma questo è veramente inaccettabile per ogni uomo che si reputi libero cittadino. I dirigenti di partito dovrebbero essere in grado di tenere alto il valore delle persone che si vogliono impegnare in politica ed invece imbarcano il peggio del peggio. Gente che non ha vergogna di intascare duplici indennità e stipendi con la sola intenzione di saccheggiare il bene e l’interesse pubblico. Il tutto è poi condito da una buona dose di presunzione che nasconde la loro grassa ignoranza dietro il presunto primato della politica sulla legge e sull’amministrazione. Gente che non sa neppure dove sta di casa un atto amministrativo né cosa siano i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione. Gente che è abituata ad occupare (dico anche fisicamente) i palazzi pubblici affermando il loro potere senza alcuna cognizione della sacralità del bene comune e dello spirito di servizio che deve essere connaturale ad ogni amministratore pubblico. Eppure questo è il sentimento che i nostri padri costituenti hanno trasfuso nella carta costituzionale dopo il ventennio fascista ed una guerra. Persone che hanno avuto la “fortuna” di aver subito una sofferenza collettiva. Questa di oggi, invece, è gente che ha smarrito il valore della condivisione dei valori, scambiandola con l’affermazione del potere personale all’insegna del puro familismo. E’ gente tutto sommato “piccola” anche quando riesce a ricoprire l’incarico di presidente del consiglio perché non coglie il senso di sentirsi cittadino di una Collettività/Stato. Gente asociale che dovrebbe essere internata in quanto incapace di cogliere la dimensione collettiva. L’ennesimo scandalo delle dita nel barattolo della marmellata vuoto ha colpito l’IDV. E’ infatti del partito dell’uccello che vola, Vincenzo Maruccio che ha intascato a quanto pare oltre 700.000,00 euro di soldi pubblici. A guardarlo, come per fiorito, c’è da pensare che Cesare Lombroso sarebbe stato più bravo di di pietro nella scelta dei candidati.
Da il Mattino dell’11.10.2012
Valentina Errante Roma.
Un copione già visto, con gli uomini del Nucleo valutario della guardia di Finanza che tornano alla Regione Lazio. Ma questa volta al gruppo Idv. E dopo Francone Fiorito, tocca a Vincenzo Maruccio. Altro giro e altro schieramento: uomo di Antonio Di Pietro, ex assessore della giunta Marrazzo, ma soprattutto capogruppo di Italia dei Valori alla Pisana e fiduciario del conto. L’accusa è ancora peculato. Perché secondo la Finanza, Maruccio si sarebbe messo in tasca 700mila euro in poco più di un anno, tra aprile 2011 e giugno 2012. Fondi pubblici destinati all’attività politica, finiti sui depositi personali del capogruppo, senza una giustificazione apparente. Sono dieci i conti bancari sui quali Maruccio avrebbe spalmato 581mila euro di bonifici, uno all’Unicredit, tre a Banca Intesa, due alla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, uno al Credito Artigiano, tre alla Banca delle Marche. E salta fuori che l’ex capogruppo ha acceso due mutui, con rate da 3mila euro complessivi, per l’acquisto di immobili. Una casa alla moglie, Raffaella Sturdà, nove vani e mezzo più box, a due passi da san Pietro. Gli accertamenti sul patrimonio sono ancora in corso per capire come sia stato utilizzato il denaro. Duecentomila euro il capogruppo li avrebbe prelevati in contanti. E gli uomini del valutario guardano anche i conti dell’Idv. Perché Maruccio non aveva soltanto la delega sui depositi del gruppo regionale, ma anche su quelli del partito. Le verifiche riguardano entrate e uscite, che potrebbero portare ancora ai conti personali del capogruppo. Ieri le perquisizioni alla Pisana sono durate per oltre otto ore. Ma i militari si sono presentati anche nell’abitazione di Maruccio, in via Francesco Duodo, allo studio del consigliere, che di professione fa l’avvocato, e sono arrivati persino a Maierato, in provincia di Vibo Valentia, paesello natio di Maruccio, ormai dimissionario. Ma lì c’è solo la casa della madre dell’ex capogruppo. E’ stato lo stesso consigliere, poi, a indicare il commercialista di fiducia, Angelo Tozzi, il professionista che custodisce e conserva la documentazione contabile del gruppo. E i militari sono arrivati anche lì, con un decreto di acquisizione firmato in fretta dai pm. L’inchiesta dei procuratori aggiunti Alberto Caperna, Nello Rossi e del pm Stefano Pesci è partita ancora una volta da una segnalazione dell’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia. Come nel caso di Francone. Perché gli 007 di Bankitalia avevano notato quei continui bonifici tra aprile 2011 e giugno 2012. Prima dal conto Cariparma e poi da quello del Credito Artigiano, entrambi accesi dall’Idv alla Pisana. E così dall’Uif, ufficio antiriciclaggio, sono partite le segnalazioni al Valutario della Finanza: 581mila euro in bonifici, spalmati su dieci conti e 200mila euro prelevati in contante. I bonifici, dai conti del gruppo a quelli di Maruccio non hanno affatto causale oppure hanno hanno una giustificazione non troppo chiara: «anticipo spese». I pm adesso aspettano. Le prime risposte potrebbero arrivare dalla montagna di carte e dai computer portati via dagli uffici e dall’abitazione di Maruccio. Lui, enfant prodige della politica, assessore regionale a soli trent’anni, avvocato, recordman delle preferenze e dipietrista fin da giovanissimo, sedeva nella commissione Bilancio della Regione Lazio spesso di fronte al presidente Franco Fiorito. E, scoppiato il caso fondi Pdl, Maruccio è stato uno dei più attivi a battersi per «onestà e trasparenza» e per i tagli. Di fronte alle accuse si difende: «Tutte spese politiche». Ma il caso scuote il partito. Antonio Di Pietro, appena scoppia il bubbone, dà a Maruccio l’aut aut: hai tre ore per dimetterti da tutto. Consigliere, capogruppo, segretario regionale. Non solo. Commissaria l’intera struttura regionale in un chiaro intento di pulizia lampo. Nato a Vibo Valentia il 18 agosto del 1978 Vincenzo Maruccio vive a Roma da quando aveva 18 anni. Laureato in giurisprudenza all’università romana Lumsa, dal 2001 Maruccio è dirigente dell’Idv. Dal 13 febbraio del 2009 è stato assessore regionale alla Tutela dei Consumatori e alla Semplificazione amministrativa. In seguito è stato anche assessore ai Lavori Pubblici, sempre nella giunta presieduta da Piero Marrazzo.
Gennaro, tu parti dal presupposto che i candidati vengano scelti secondo i canoni di trasparenza, lealtà (alla linea politica ed alla costituzione), onestà… Invece -sopratutto quelli del PDL- sono scelti in base a ricattabilità, conoscenze informali, livello morale ed etico minimo, possibilmente inferiore a quello degli elettori, cosicché possano pure sentirsi superiori.
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