Il Progetto Insula di Romeo (clikka) credo stia andando avanti. Questa è una brochure che ho rinvenuto nel Comune e rappresenta una ulteriore elaborazione del progetto che ha visto, posso dire, la quasi totalità della maggioranza contraria alla sua adozione. Ovviamente sono perplesso ed a questo punto credo che Romeo “voglia l’insula così come desiderò Giulietta” solo che l’epilogo, seppure denso di passione, si rivelò un abbraccio mortale. A parte ogni considerazione la struttura del progetto secondo me e molti altri consiglieri è minata alle fondamenta perché sottrarrebbe pezzi di città al controllo amministrativo e fiscale e genererebbe una grave disparità di trattamento tra quartieri ricchi e poveri. Spero si valuti bene e si informi la città di ciò che si vuole fare dei suoi quartieri. Per capire bene il lavoro che nonostante tutto sta andando avanti allego anche la prima versione della brochure (clikka).
Comune di Napoli: Lo sforzo della politica con i conti in rosso
Qualche giorno fa, nella mia qualità di consigliere comunale, mi è giunta una nota del direttore dei servizi finanziari (clikka), con la quale si comunica al consiglio che dalla redazione delle prime schede del bilancio consuntivo 2011 emerge un disavanzo di circa 420 milioni di euro dovuto allo stralcio dei residui attivi di dubbia esigibilità. La sequenza delle norme citate che, per formazione, mi ha incuriosito impone al consiglio comunale una manovra di riassestamento entro trenta giorni, con sanzioni, in mancanza, che possono arrivare fino allo scioglimento del comune. La situazione è drammatica anche per le partecipate che versano in condizioni economiche altrettanto disastrate come Bagnoli Futura S.p.a., con tre esercizi in perdita ed una esposizione di circa 300 milioni di euro; l’ANM anch’essa in grave crisi con un credito verso il comune, ovviamente non onorato, di circa 200 milioni di euro, per non parlare di Napoli Sociale i cui lavoratori sono da tre mesi senza stipendio. In queste condizioni credo che ai consiglieri comunali compete un dovere di lealtà e di verità verso la cittadinanza che deve essere informata di come stanno realmente le cose. Occorre onorare il patto assunto con i cittadini mettendo in campo serie politiche di rigore iniziando in casa propria con la riduzione dei costi, ivi compresi quelli di staff, utilizzando personale del Comune. In ogni decisione si impone l’obbligo della trasparenza assoluta! Non digerisco, infatti, comunicazioni di decisioni già prese su tavoli di cui non si conosce la composizione né posso pensare che le decisioni isolate siano sempre e comunque le migliori. Il principio di responsabilità deve essere contemperato con quello della trasparenza e della partecipazione alle scelte fondamentali dell’amministrazione. Il “ghe pensi mi” di berlusconiana memoria spero e voglio sia morto e sepolto per i gravi danni economici e morali che ha causato all’intero paese! Solo in questo modo possiamo dimostrare di meritare la fiducia dei cittadini, in contrario non mi interessa partecipare ad un qualcosa che non mi appartiene, non mi è appartenuto e non mi apparterrà mai! Le ultime bagarre tra un assessore di peso come D’Angelo ed il Sindaco di Napoli non mi sembra si possano archiviare con una pace fatta, ma con un serio e concreto dibattito con le forze di maggioranza che rappresentano i cittadini. L’unico obiettivo di un gruppo consiliare, infatti, non è quello di essere scudieri né del Sindaco nè tanto meno di un assessore. L’assenza del vincolo di mandato, per gli eletti, infatti, ha come solo ed unico significato l’obbligo per ogni rappresentante di fare solo ed esclusivamente il bene e l’interesse pubblico, sempre e comunque, anche al costo di andare contro la stessa maggioranza sia essa un partito sia essa un semplice gruppo consiliare! Di questo credo, con Carlo Iannello, abbiamo dato prova assumendoci tutte le responsabilità quando è stato il caso di levare una voce critica anche nella assemblea cittadina ed in momenti delicati. Questo è l’unico apporto che oggi dall’altra parte nella quale mi trovo posso dare. Il mio è un appello alla partecipazione ed alla trasparenza contro gli interessi individuali e contro ogni sorta di cortigianeria. Abbiamo già dato!
Regioni: Le mani nella marmellata
Possibile che da qualche giorno tutti gli amministratori regionali compresi i Presidenti e Governatori dichiarano di essere in procinto di tagli e sforbiciate di riduzioni di comandi e di personale, come se ciò fosse utile a ricostruirsi una verginità senza considerare che l’unico atto utile e dignitoso sarebbe solo ed esclusivamente quello della restituzione del mal tolto alla pubblica utilità, perché delle due l’una o questi soldi erano necessari ed allora non possono essere tagliati oppure se vengono tagliati allora c’è l’ammissione che erano mal dati ed allora devono essere restituiti! Come del pari devono essere restituiti tutti quei soldi che hanno preso tutti quei partiti estinti, morti e sepolti. Io al Comune di Napoli, come consigliere comunale, come fondo del gruppo consiliare in quest’anno avrei diritto ad avere circa 1.024 €. per attività politica da rendicontare centesimo per centesimo, quelli del 2011 non li ho neppure spesi, mentre da un anno vado dicendo che il contratto di consultazione che abbiamo con l’ANSA di oltre centomila euro all’anno a disposizione di tutti i consiglieri (che però non si possono collegare contemporaneamente) è assolutamente inconcepibile, come lo è la rassegna stampa che abbiamo appaltato all’esterno e che ci costa altrettanto. Non credo che si debba fare a gara a chi taglia di più ma sono convinto che di sprechi ce ne sono ed ogni uno di noi che incappa in uno di questi ha il dovere di mettere al centro della discussione il problema. Ormai l’indignazione è a livelli stratosferici perché a questi li abbiamo colti con il barattolo della marmellata vuota mentre si stavano leccando ancora le dita….
Angelo Agrippa corriere del mezzogiorno del 26.09.2012
NAPOLI — Un emendamento presentato dai capigruppo consiliari sarà approvato oggi in consiglio regionale per tagliare del 50 per cento i fondi pubblici destinati ai gruppi politici; del 50 per cento i fondi per l’assunzione degli assistenti (i cosiddetti portaborse); del 25 per cento gli stanziamenti per le prestazioni giornalistiche e una drastica diminuzione dei ‘‘comandati”, vale a dire dei 94 dipendenti provenienti da altre strutture pubbliche, ma pagati profumatamente, attraverso il salario accessorio, dagli uffici del Centro direzionale. Infine, sarà varata pure una norma di principio per stabilire che d’ora in poi qualunque attribuzione finanziaria destinata al consiglio regionale campano dovrà risultare la meno onerosa tra quelle contemplate dai bilanci di ogni assemblea regionale d’Italia. Paolo Romano, presidente pidiellino del consiglio regionale campano, è di ritorno dalla riunione nella quale il segretario nazionale del partito, Angelino Alfano, ha chiesto misure concrete di contenimento dei costi della politica.
Romano, perché solo ora avete deciso di tagliare della metà i fondi per i gruppi consiliari e per gli assistenti?
«È ingeneroso dire, dopo due anni di lavoro per ridurre le spese eccessive, che soltanto ora ci siamo accorti della necessità di contenere i costi. Continuiamo il percorso intrapreso, consapevoli pure che il clima provocato dalle recenti vicende del Lazio richieda una risposta immediata e responsabile da parte della classe politica. Ma il nostro impegno è dimostrato da tempo: a luglio scorso abbiamo varato la legge Campania zero, cancellando i gruppi costituiti da un solo consigliere; riducendo le indennità del 30 per cento; abolendo tutte le auto blu, tranne quelle del presidente della giunta e del presidente del consiglio; e non abbiamo speso un euro di consulenze».
Ciò che viene fuori oggi, dopo lo scandalo del Lazio, è che si tagliano spese ma poi si tenta di compensare le riduzioni con altre dotazioni, riferite, magari, ad altre voci.
«Le assicuro che non è così. Non ci saranno compensazioni alle riduzioni di spesa, né occulte, né alternative. Anzi, le anticipo che oltre ai tagli contenuti nell’emendamento, procederemo ad altre revisioni di spesa entro l’anno».
Quali?
«Stiamo valutando ogni aspetto del bilancio. Probabilmente, c’è ancora altro da tagliare nei servizi. Pochi giorni fa abbiamo rescisso il contratto di locazione di alcuni locali del Centro direzionale che ci consentiranno un ulteriore risparmio di oltre un milione di euro: risparmieremo sul servizio di guardiania, sulla squadra di pulizie».
Vi sono altri locali in affitto che possono essere tagliati?
«Stiamo verificando nel dettaglio».
Per statuto, nel consiglio regionale campano è possibile costituire un gruppo politico con almeno due consiglieri, sempreché sia collegato a una rappresentanza dello stesso partito in sede nazionale o europea. Ma l’Udeur non ha rappresentanza organizzata nel parlamento nazionale e in Europa: Mastella fu eletto a Bruxelles con il Pdl.
«Sì, ma come indipendente. Poi, mi sembra abbia aderito al Ppe. Comunque, a verificare la congruità della costituzione del gruppo Udeur in consiglio regionale ci ha pensato la struttura di supporto all’ufficio di presidenza».
Tutto regolare?
«Credo proprio di sì».
Lei ha annunciato che saranno drasticamente tagliati i cosiddetti «comandati» che, oggi, sono 94 e pesano sul bilancio del consiglio. Mentre con i distaccati si arriva a 187 unità. Quante posizioni di comando revocherete?
«Credo che ridurremo i ‘‘comandati” fino ad arrivare a sole 20, 25 posizioni. Ma si sappia che non siamo contrari all’istituto della mobilità, bensì siamo costretti a queste sforbiciate perché non riusciamo a sostenere i costi. Già nel 2010 ci ritrovammo con 250 ‘‘comandati” e il primo sfoltimento ci ha consentito di fare un significativo passo in avanti in direzione della riduzione dei costi».
Quale criterio seguirete per revocare gli incarichi?
«Ogni gruppo consiliare esaminerà le proprie esigenze: chi, per esempio, presenta tre comandati, ne rimarrà con uno solo».
Romano, a quanto ammonta la dotazione del suo ufficio per le spese di rappresentanza?
«Quarantanovemila euro l’anno. Tutto certificato».
Mai organizzate cene nel suo sontuoso appartamento di rappresentanza?
«No, mai. Lo utilizzo raramente e esclusivamente per occasioni di rappresentanza. E poi, non c’è nulla di sontuoso: è un ufficio, né più, né meno».
La moglie di Caldoro discriminata?
La moglie di Caldoro dichiara di essere discriminata per essere la moglie di Caldoro che a sua volta l’ha nominata in un osservatorio regionale. La notizia è di qualche giorno fa ed oggi riappare con una lettera di Marco Salvatore al Corriere che difende la scelta, poiché la firma del Presidente della Regione, sul decreto di nomina della moglie in questa commissione, è un atto dovuto. La cosa mi fa accapponare la pelle, per fortuna c’è stata la risposta del Direttore De Marco sulle pagine del Corriere del mezzogiorno di oggi che ovviamente sottolinea che seppure la cosa fosse legittima, ci sono delle ragioni di opportunità che avrebbero dovuto consigliare il Presidente, ad essere più attento. La questione, peraltro, capita in piena bufera del caso malapolitica regionale e si ha l’ardire di dire che le mogli dei politici sono discriminate. La verità è che non si vuole capire che il ricoprire incarichi pubblici è causa, non ha solo di onori, ma anche oneri e pesi ed essere la moglie di una persona che ricopre una così importante carica istituzionale ha gioco forza anche delle ricadute anche sulla vita familiare. Oggi in consiglio comunale dopo un mio intervento facevo, infatti, una riflessione con un assessore a cui ho detto che il politico è in un certo qual modo è come il Giudice: non deve solo essere imparziale ma deve anche apparire tale.
di seguito l’articolo di Lomonaco da il corriere del mezzogiorno del 23 Settembre, 2012
La polemica è stata sollevata da Carlo Aveta (La Destra) per «la nomina della moglie del presidente Caldoro in un osservatorio regionale». E lei, Annamaria Colao, l’ha presa male, tanto da sfogarsi su Fb: «Cari amici miei ancora una volta la mia relazione famigliare mi mette in condizione di essere discriminata… È tempo che io divorzi per avere il rispetto che merito per la mia professione?». Le risponde l’amica Teresa Armato (Pd): «Capisco lo sfogo, ma non è stata discriminata».
NAPOLI — Il sasso nello stagno l’ha gettato Carlo Aveta, consigliere regionale e segretario campano della Destra: «Sulla nomina della moglie del presidente Caldoro in un osservatorio regionale presenterò un’interrogazione urgente». Aveta l’ha annunciato un paio di giorni fa, dopo aver appreso «che il presidente Caldoro, con decreto n. 154 del 24 maggio scorso, ha nominato la moglie quale componente dell’Osservatorio per la formazione medico specialistica per verificare lo standard di attività assistenziali dei medici specialistici».
Aveta ha precisato che non intende mettere in discussione l’eccellente curriculum accademico e le qualità professionali della professoressa Annamaria Colao, ma ha sottolineato che «appare quantomeno inopportuna, da parte del presidente della Giunta, la nomina della moglie in un osservatorio regionale».
Le acque si sono immediatamente mosse, infatti ad Aveta ha replicato Gennaro Salvatore, presidente del gruppo consiliare «Caldoro Presidente», spiegando: «I componenti dell’Osservatorio regionale per la formazione medico specialistica sono designati dai presidi delle facoltà di Medicina e Chirurgia, sentiti i rispettivi consigli di facoltà, e i criteri di designazione sono previsti per tutte le Regioni dal decreto legislativo n. 368 del 1999, in attuazione a una direttiva europea. La Regione, la giunta regionale, non hanno discrezionalità né nel cambiare l’organismo, né nel decidere la sua composizione nominale. Tra l’altro l’Osservatorio è stato istituito con deliberazione della Giunta regionale n. 906 del 23 giugno 2004».
Quindi due precisazioni in una: i nomi non li ha scelti Caldoro e fu la giunta Bassolino a istituire l’organismo e quindi anche a stabilire il compenso orario per i consulenti. Un compenso non particolarmente appetibile: 185,92 euro più Iva per i componenti esterni all’amministrazione.
La doppia precisazione ha dunque chiuso la faccenda? Tutt’altro. Innanzitutto perché sebbene Salvatore dica la verità, è vero anche quello che afferma Aveta, perché in calce al decreto del Presidente della Giunta c’è effettivamente la firma di Stefano Caldoro, com’è naturale che sia. Ma anche perché a rilanciarla è la stessa Annamaria Colao, che si è pubblicamente sfogata su Facebook. «Cari amici miei — ha scritto — ancora una volta la mia relazione famigliare mi mette in condizione di essere discriminata… non ha alcun valore il curriculum scientifico, non serve che la mia nomina sia stata decisa dalla facoltà di medicina nella quale opero da 25 anni e che la regione non abbia avuto alcun ruolo decisionale, neanche che ho formato intere generazioni di specialisti di endocrinologia… no. A dispetto di quanti parlano di merito, di fuga dei cervelli, di impact factor, mediane, H-index (che come tutti sapete — o se volete andate a verificare in qualunque banca dati — ho superiori a molti ricercatori italiani e stranieri) sembra che l’unica cosa che conti è che io ho il demerito di aver sposato Stefano! Che ne pensate? È tempo che io divorzi per avere il rispetto che merito per la mia professione?».
Non c’è che dire, la professoressa Colao dev’essersela proprio presa. E devono averlo capito gli amici di Fb, che per «consolarla» le hanno scritto una quantità di messaggi. Più di cinquanta. Tra questi, però, ce n’è anche uno di tono leggermente diverso. «Comunque la moglie di un politico corre questi rischi quindi davvero la signora Colao non se ne dolga… ma soprattutto non pubblichi tali sfoghi che come ben dice Elisabetta sanno di giustifica… e perché, con tali titoli????». Firmato Antonella Maffei, consorte di Domenico Tuccillo ex deputato ora vicesegretario regionale del Pd e giornalista Rai («ma da prima», puntualizza). Insomma una persona ben consapevole di quali rischi corra una «moglie di». Cosa avrebbe fatto lei se si fosse trovata nei panni di Annamaria Colao? «Avrei evitato di sottolineare la situazione cercando una sorta di consenso pubblico — spiega Antonella Maffei — e mi sarei consultata in casa per capire se fosse il caso di assumere l’incarico in questione».
Invece, la professoressa Colao si lamenta del fatto che ancora una volta la sua «relazione famigliare» l’ha messa «in condizione di essere discriminata». Eppure la nomina l’ha avuta, forse avrà anche corso qualche rischio, ma certamente non è stata discriminata. Non è così? Risponde Teresa Armato, che conosce bene i meccanismi della comunicazione perché è giornalista, quelli della sanità perché è stata assessora regionale e quelli della politica perché è senatrice del Pd, conosce Annamaria Colao e anche Facebook, perché è amica della professoressa sul social network: «Annamaria — dice — è una donna il cui valore scientifico è riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Non c’è alcuno scandalo, dunque, se il Policlinico l’ha scelta per l’Osservatorio: la polemica è ingiustificata. Tuttavia, è vero, non è stata discriminata». Allora perché quello sfogo? «Scrivere su Facebook ormai è come fare una moderna telefonata agli amici, non uno alla volta ma tutti insieme. Molti usano questo modo per esprimere i propri sentimenti, i propri pensieri, e anche per sfogarsi. Secondo me si è proprio arrabbiata». Però lei di incarichi ne aveva più di una anche prima della nomina firmata dal marito: a parte il lavoro di docente nella facoltà di Medicina della Federico II e l’intenso impegno di ricercatrice che le ha fatto guadagnare posizioni di rilievo nelle classifiche internazionali, pochi giorni fa è stata eletta presidente dell’Enea, l’European neuroendocrine association, cioè l’associazione europea degli endocrinologi, e in primavera era stata inserita dal ministro Profumo nel primo Comitato nazionale dei garanti per la ricerca. «Una persona pubblica si espone alle critiche — commenta Teresa Armato — ma se si ha la coscienza a posto bisogna lasciar correre». Non è difficile ricoprire tanti incarichi? «Speriamo trovi tempo», risponde sorridendo la parlamentare pd. E comunque, senatrice, non è un po’ esagerato parlare di divorzio? «Ma quella era certamente una battuta». Caldoro è una persona riservata, chissà come l’ha presa… «Ah, non vorrà mica farli divorziare davvero».
I Comandati alla Regione
I comandati al Consiglio Regionale della Campania ci costano di più poiché percepiscono una somma integrativa di circa 400 €. se sono già dipendenti della regione stessa circa il doppio dello stipendio negli altri casi almeno così leggo del Corriere. La cosa che mi lascia perplesso e che questi sono anche inquadrati come dirigenti. Ebbene tra i comandati ci sono anche due colleghi consiglieri comunali (Lebro UDC e Moxedano IDV) che dovrebbero svolgere un incarico fiduciario presso la Regione ma, almeno per quello che posso testimoniare, essendo entrambi capogruppo dedicano molto tempo al loro incarico politico presso il comune, pertanto, non capisco né il motivo del comando né quello della maggiore retribuzione. Io sono sempre più convinto della necessità che si inizi a parlare di sacralità dell’interesse del bene pubblico!
Da il Corriere del Mezzogiorno del 25.09.2012
NAPOLI — C’è chi arriva dalla civica casa di riposo di Trento e chi dalla Sma, la società antincendio della Regione. Poi dal Cardarelli, dalla Ctp (trasporto pubblico), dall’Arpac Multiservizi, dalla giunta regionale o dall’area di sviluppo industriale di Napoli. Aiutanti degli aiutanti, li si potrebbe definire. Sono i comandati ed i distaccati dell’ufficio di supporto dell’ufficio della presidenza del consiglio regionale. Sono otto, stando ad un documento ufficiale che risale al 27 giugno, e sono inquadrati come dirigenti. Nel momento stesso in cui è arrivata la «chiamata», chi era già dipendente della regione ha guadagnato una indennità aggiuntiva lorda di circa 400 euro. Gli altri hanno praticamente raddoppiato lo stipendio. Compito impegnativo, del resto, quello della presidenza del consiglio regionale. Ecco, dunque, che per svolgerlo al meglio Paolo Romano ha reclutato altri 12 tra comandati e distaccati, nel suo ufficio di presidenza. Sono arrivati dal ministero della Pubblica Istruzione, dalla Giunta, dalla Asl, dalla Provincia di Caserta, dal Comune di Roma e dall’area di sviluppo industriale di Napoli. E’ il caso, quest’ultimo, di David Lebro, che è anche consigliere comunale a Napoli, in sella all’Udc. Non sono stati da meno gli altri membri dell’ufficio di presidenza. Biagio Iacolare, anch’egli Udc, ha reclutato nella sua segreteria squadra tre persone: una dalla Seconda Università, un’altra dalla giunta e la terza dal Cardarelli. Quest’ultima è Carlo Migliaccio, ex Italia dei valori, che guadagnò popolarità, anni fa, durante la mobilitazione contro la discarica di Chiaiano. Valiante, ex assessore durante la giunta Bassolino, dispone di 5 tra comandati e distaccati: 2 arrivano dalla giunta, tre dalla società regionale Arcadis. Pure Nicola Marrazzo è a quota 5. Uno di essi è Francesco Moxedano, consiglio comunale a Napoli. Figura come comandato dall’azienda ospedaliera Cardarelli.
Bianca d’Angelo attinge alla giunta regionale, all’Astir ed all’Asia, la società di igiene urbana del Comune di Napoli. Gennaro Mucciolo ha un distaccato dalla giunta ed uno dalla comunità montana Calore. Quattro reclutati per Nappi, tra i quali Gennaro Succoio, consigliere di municipalità. Tra i gruppi, il Pdl è a quota 21. Qualche nome: Claudio Ospite, ex consigliere comunale, che arriva dalla giunta; Michele Martucci, avvocato e delegato Cisl in seno alla società Ales; Livio Varriale, giornalista, direttore editoriale di Julie Italia. Risulta comandato dall’area di sviluppo industriale di Napoli, della quale è addetto stampa. La pattuglia del Pd è rappresentata da 14 cooptati. Uno dei più noti è il vigile urbano Salvatore Guerriero, consigliere comunale nel medesimo partito durante la giunta Iervolino. Idv è a quota 4.
Della pattuglia fa parte Aniello Formisano, cugino dell’omonimo parlamentare, che lavora in regione dal 1987. E’ stato pescato tra i funzionari della giunta. Distacchi e comandi non fanno difetto neppure altrove, peraltro. Ecco le cifre: Gruppo Caldoro 3, Udc 6, Libertà ed autonomia 1, Pse 2, Popolari Udeur 4, Gruppo Misto 5. Nelle commissioni, la musica non cambia. In quella Hydrogest, per esempio, ecco Tommaso Casillo, ex parlamentare socialista, attualmente assessore a Casoria. Proviene dalla giunta regionale e sottolinea: «Mi sono ovviamente messo in aspettativa». Complessivamente, scorrendo l’elenco aggiornato a fine giugno, compaiono 183 nomi. Ieri si è occupata del caso la conferenza dei capigruppo. «Abbiamo deciso di abolire comandi e distacchi», dice Giuseppe Russo, capogruppo del Pd». Proposito non nuovo, in verità.
Elogio alle dimissioni della Polverini
Le Nuove Convenzioni delle Piscine
Il 24 luglio scorso pubblicavo la delibera giunta sulle piscine contenete lo schema di convenzione per il quale ho redatto sette emendamenti che, a parere mio, dovrebbero contribuire a migliorarlo. La delibera è calendarizzata per il consiglio comunale di domani 25.09.2012 ma credo che verrà rinviato per meglio approfondire e per avere il modo di capire se dare anche degli indirizzi per il bando che dovrà essere redatto dai servizi di gestione. Comunque di seguito le modifiche che ho intenzione di proporre e che ho discusso con il gruppo di Napoli è Tua. Come sempre sono ben accetti eventuali suggerimenti:
CONSIGLIO COMUNALE DI NAPOLI
del 25 settembre 2012
PROPOSTA DI EMENDAMENTO
DELIBERA DI GIUNTA DI PROPOSTA AL CONSIGLIO N. 501 del 0120/06/2012
PREMESSO CHE:
I.- Con la delibera di giunta indicata in epigrafe l’Amministrazione ha proposto l’affidamento in concessione della gestione delle piscine di proprietà comunali, realizzate con la legge 219/1981 allegando schema di convenzione tipo;
II.- è intenzione dell’amministrazione agevolare e promuovere la pratica dello sport.
Letta la bozza di regolamento allegata alla delibera in epigrafe ed a mente dell’art. 44 del vigente Regolamento Consiliare si propone l’adozione del seguente emendamento:
I) All’art. 1 dello schema tipo di convenzione aggiungere il comma 1.2 del seguente tenore: I contratti di sponsorizzazione devono essere consegnati in copia all’amministrazione al competente ufficio dell’assessorato e devono contenere espressa clausola di impegno a destinare il 20% degli utili derivanti dai contratti di sponsorizzazione ad attività di promozione dello sport nelle istituzioni scolastiche o comunque sociali del volontariato del terzo settore. Di tale attività deve essere relazionata l’amministrazione entro il 30 aprile di ogni anno.
Modificare, quindi, gli altri commi successivi secondo la corretta numerazione.
II) All’art. 1.2 dello schema tipo di convenzione aggiungere dopo le parole: “pagamento della tariffa TARSU e/o TIA”, le seguenti parole: “secondo le attuali modalità agevolate”
III) All’art. 1.4 dello schema tipo di convenzione aggiungere dopo l’ultimo punto: “obbligo di destinare due corsie alle istituzioni scolastiche che avranno diritto ad utilizzarle in orario curriculare o extracurriculare per progetti promossi da loro stessi o da altre associazioni o enti sportivi in collaborazione con l’istituzione scolastica. In caso di pluralità di domande l’Amministrazione, mediante l’assessorato competente, provvede a coordinare le domande affinché, per quanto possibile, sia garantito parità di trattamento a tutte le istituzioni aventi diritto”
IV) All’art. 1.4 dello schema tipo di convenzione aggiungere al 4° rigo dopo le parole: “numero di occupati che si intendono impiegare, le seguenti parole: “e con obbligo di assumere gli eventuali dipendenti impiegati nella gestione dell’impianto (passaggio di cantiere) che abbiano un’anzianità da almeno due anni presso il precedente concessionario”.
V) All’art. 11.2 dello schema tipo di convenzione alla lettera a) eliminare le parole da: dal lunedì” fino ad “agosto” ed aggiungere le parole: “per cinque giorni a settimana”
VI) All’art. 21.2 dello schema tipo di convenzione eliminare l’intero comma e sostituirlo con il seguente: “21.2 Il Concessionario deve versare il corrispettivo annuo dovuto al Comune di Napoli in due rate posticipate pari al 50% ciascuna del canone annuale il 1 dicembre ed il 1 giugno di ogni anno.”
VII) Dopo l’art. 21 aggiungere l’art. 21 bis Sconti premiali sul canone. 21.1 Al fine di promuovere la pratica dello sport agonistico dilettantistico, ed al fine di premiare le associazioni sportive che svolgono tale attività, il canone annuale determinato dall’amministrazione è decurtato del 15% nel caso di vittoria di un titolo di Campione d’Italia da parte di un atleta tesserato da almeno 2 anni con l’associazione concessionaria, del 30 % nel caso di vittoria di un titolo europeo, da parte di un atleta tesserato da almeno 2 anni con l’associazione concessionaria, del 40% nel caso di vittoria di un titolo mondiale o di una medaglia d’argento o di bronzo in una competizione Olimpionica, da parte di un atleta tesserato da almeno 2 anni con l’associazione concessionaria e con l’esonero totale dal pagamento del canone per un solo anno nel caso di vittoria di un oro olimpico da parte di un atleta tesserato da almeno 2 anni con l’associazione concessionaria. 21.2 E’ concessa, altresì, una riduzione del 30% del canone annuo anche all’associazione o società sportiva dilettantistica concessionaria che si dovesse classificare al primo posto in un campionato nazionale. 21.3 Ai fini del presente comma si considerano titoli validi quelli conquistati in manifestazioni sportive organizzate dal C.O.N.I. ed in campo internazionale dal C.I.O. Le riduzioni nell’anno non sono cumulabili e l’associazione sportiva concessionaria, nell’anno, potrà godere della riduzione più vantaggiosa in caso di contemporanea presenza di titoli idonei.”
I proponenti:
Le facce immobili
Oggi (24.09.2012) leggo la lettera di Susanna Tamaro su il Corriere della Sera che credo rappresenti un sentimento che serpeggia e si rafforza da anni nei cittadini italiani. Condivido gli argomenti ed il senso di frustrazione aggravato dallo scandalo nelle regioni. La Polverini pensa ancora a dimissioni si dimissioni no, ma come è possibile mi chiedo che questa classe politica non comprende ancora che è finita l’epoca delle tre carte. Occorrono gesti esemplari in grado di contagiare gli altri partiti ed uomini politici. Non ci servono più proclami ma fatti concreti in grado di ridare fiducia ai cittadini ed invece abbiamo facce immobili che si presentano sempre allo stesso modo, le stesse facce che affogano il ricambio generazionale, quelle che con arroganza ambiscono a ricoprire solo ed essi stessi sempre gli stessi ruoli scambiandoseli a vicenda senza alcuna considerazione delle capacità e della forze che è insita nei giovani portatori di audacia e cambiamento, se non fossero appositamente annichiliti. Facce immobili che si oppongono alle dimissioni della Poliverini …
Corriere della sera del 24.09.2012
la Platea Vuota della Politica
di SUSANNA TAMARO
Leggo le cronache di questi giorni che coinvolgono i politici della Regione Lazio, ma non solo loro, purtroppo. Sono semplicemente una persona responsabile che non può non farsi alcune domande. Sono stata una grande contribuente dello Stato, senza mai ascoltare le sirene dell’evasione; nessuno mi ha mai smosso dalla convinzione che è giusto e doveroso pagare le tasse. Davanti all’ennesimo «scandalo» che travolge la nostra classe politica, non posso che provare un senso di ribellione e di disgusto.
A PAGINA 39
Q ualche anno fa ho trascorso una rigida giornata invernale nel piazzale antistante il palazzo della Regione Lazio alla Garbatella. Non ero andata per una manifestazione di protesta — in quei giorni brillava sulle cronache la squallida vicenda Marrazzo — ma per piantare degli alberi. Il comitato di quartiere, infatti, stufo del degrado aveva cominciato a sistemare di sua iniziativa l’enorme appezzamento antistante al cupo palazzo concavo, piantando erba e alberi. Io ero andata lì per la seconda parte dell’iniziativa sostenuta da Lega Ambiente. Impiantare un frutteto e degli orti. Credo profondamente, infatti, in queste azioni dal basso che, grazie alla creatività e alla buona volontà dei cittadini, sopperiscono alla trascuratezza e al menefreghismo di una parte della classe politica. Nonostante il freddo, di quella giornata mi è rimasto il ricordo bellissimo dei tanti incontri fatti e di quei fragili alberi piantati di fronte al simbolo dell’arroganza e dello spreco. Già, perché nonostante tutti i soldi che ora sappiamo essere passati per quelle casse a nessuno è mai venuto in mente che quel luogo di degrado di fronte agli uffici del potere potesse venire sistemato a beneficio della bellezza e della qualità della vita dei cittadini. «Ma durante l’estate come farete?» ho chiesto a un gruppo di adorabili pensionati che piantavano insieme a me. «Non vedo rubinetti». «Faremo i turni», mi hanno risposto. «Ognuno di noi, da casa, porterà una o due bottiglie di acqua e con quelle daremo da bere agli alberi». In questi anni spesso ho ripensato al loro frutteto che, spiritualmente, considero un po’ anche mio. Ce l’avranno fatta a sopravvivere le piante con l’acqua dei rubinetti dei pensionati, con l’aria asfittica dello smog? Saranno riusciti a fiorire e a coprirsi di frutta?
Leggendo le cronache di questi giorni che coinvolgono i politici della Regione Lazio — ma non solo loro, purtroppo — quella giornata prende per me un significato particolare. Non sono un politico né un economista né un opinionista di qualsivoglia corrente, ma semplicemente una persona responsabile che osserva le cose e che, quindi, non può non farsi alcune domande. Sono stata, in anni passati, una grande contribuente dello Stato, senza mai ascoltare le sirene dell’evasione; nessuno, infatti, mi ha mai smosso dalla convinzione che è giusto e doveroso pagare le tasse senza alcun sotterfugio, perché i soldi che avrei potuto sottrarre alle isole Comore — come mi era stato allora consigliato da più parti — dovevano servire a finanziare gli ospedali, a costruire strade, a far funzionare meglio la scuola e tutte quelle istituzioni che rendono una società civile e degna di questo nome.
Ma davanti all’ennesimo «scandalo» che travolge la nostra classe politica, vedendo il modo sconsiderato, offensivo e folle in cui vengono usati i nostri soldi, non posso che provare un senso di ribellione e di disgusto. Ho chiesto molte volte che mi venga spiegato per quale ragione la classe politica debba godere di una quantità così vergognosa di privilegi economici. Non ho mai avuto una risposta soddisfacente. «Perché hanno delle grosse responsabilità», si dice. Ma perché, chi conduce un treno o chi insegna in una scuola o un chirurgo che opera non hanno altrettante responsabilità? La società si regge sul senso della responsabilità di tutti. Quali sono le responsabilità di questa pletora di figure indistinte che navigano nel florido universo delle Province, delle Regioni e dell’apparato dello Stato? E perché chi viene eletto considera il suo posto una roccaforte inespugnabile da cui nessuno scandalo e nessuna vergogna sarà mai in grado di muoverlo? Perché dobbiamo subire l’indegnità di queste persone? Quale perverso sistema permette loro di rimanere sempre in sella, senza pagare mai? Perché lo Stato, cioè noi — tanto per fare un semplice esempio — dobbiamo pagare anche i loro pranzi al ristorante della Camera e del Senato pur essendo tutti forniti di stipendi vertiginosi e di una quantità di prebende che fanno vergognare qualsiasi Paese democratico? Non è forse questo uno dei tanti schiaffi lanciati in faccia alle moltissime famiglie che non sono più in grado di pagare la mensa dell’asilo e della scuola elementare dei loro figli?
Perché nessuno di loro ha mai detto: mi vergogno di questo privilegio e spontaneamente vi rinuncio? Perché non hanno dato nessun segno reale e immediato di solidarietà e di compartecipazione alle difficoltà del Paese? Si sono tutti limitati a un generico impegno di cambiamento futuro e, invece di agire, di essere d’esempio, hanno continuato a parlare, indifferenti della reale portata degli avvenimenti. Ogni sera, i telegiornali ci impongono almeno un quarto d’ora di esasperanti dichiarazioni di politici — sempre gli stessi — che annunciano, denunciano, promettono, minacciano, si insultano, sempre con le stesse trite e ritrite parole. Davanti a questo spettacolo che si ripete immutato da anni, provo qualcosa che va al di là dell’irritazione e della rabbia, tanto che ormai, appena vedo le loro facce, abbasso il volume e aspetto che scompaiono.
Tutti questi volti che da anni ci inseguono nelle case, invecchiando sotto i nostri occhi, non sono poi molti diversi da una compagnia di attori filodrammatici che continua a calcare il palcoscenico con l’inerzia della routine, accecata dalla luce della ribalta, senza riuscire a vedere le reazioni del pubblico in platea. Contornati dalla selva dei microfoni perennemente accesi davanti alle loro bocche, non si sono accorti che il pubblico, nel frattempo, se ne è andato, la sala è vuota e lo sarà anche per le prossime repliche in programma. Non hanno capito che, malgrado tutto questo loro muoversi, stringere alleanze, balenare nuovi finti orizzonti in previsione delle prossime elezioni, probabilmente il partito che riscuoterà maggior successo sarà quello delle urne vuote. Tutte le persone che ho incontrato negli ultimi mesi, infatti, persone normali, con vite e professioni normali, mi hanno confessato che, se non cambia qualcosa in modo radicale, non andranno a votare. Esiste un’Italia che non si fa arpionare dagli istrionici populismi di pancia, che non è qualunquista; un’Italia trasversale per età e per condizioni sociali; un’Italia costruttiva, positiva, etica, che non riesce più riconoscersi in nessuno dei protagonisti della politica di questi ultimi vent’anni. Un’Italia capace di affrontare i sacrifici per il bene comune, come abbiamo potuto vedere in questi ultimi mesi, ma che desidera in cambio una classe politica che, da subito, sappia a sua volta fare sacrifici, che sappia rinnovarsi nel segno della serietà, della sobrietà e della responsabilità. È l’Italia dei pensionati e della tante brave persone che nel silenzio, umilmente e con passione, con le loro bottiglie portano l’acqua da casa per far crescere e sopravvivere gli alberi da frutta piantati nel luogo dell’abbandono e del degrado.
L’utopia della politica ed i costi dei politicanti
Ritorno sull’argomento perché è una cosa che mi colpisce particolarmente e mi fa schifo, si è scoperto non il vaso di pandora ma quello da notte! La questione ovviamente dal punto di vista del diritto penale potrebbe anche non avere rilevanza ma dal punto di vista della moralità di questa classe politica si! La legislazione regionale della Campania per quello che ho capito, infatti, non prevede l’obbligo di rendicontazione delle cd. spese politiche e di rappresentanza potendosi con ciò inserire (direbbe qualcuno) laqualunque a giustificazione delle spese, ma la cosa è ovviamente ancora più grave perché alla eventuale violazione ed abuso di uno si sostituisce ed emerge la inadeguatezza di un intero sistema ed un pactum sceleris di un intera classe politica volto unicamente a proteggersi facendo in modo di rientrare delle cd. spese elettorali con un surplus significativo. Non è possibile stringere la cinghia intorno al collo dei cittadini per poi succhiare le sostanze di uno stato in crisi senza vergognarsi! In questo ci metto anche le prebende dei parlamentari di cui tanto si è (inutilmente e senza significativi risultati) discusso. Per quanto mi riguarda per le cd. spese economali che sono assegnate al gruppo Napoli è Tua del Comune di Napoli di cui faccio parte ho sempre chiesto al mio capogruppo di interpretare con rigore la normativa relativa alla rendicontazione e spero di aver riposto bene la mia fiducia. Il problema serio è che oggi per una competizione elettorale anche al Comune si spendono cifre astronomiche, difatti ho sentito parlare, per le comunali di somme che si aggirano intorno ai 30.000,00 €. con punte che possono arrivare anche a centinaia di migliaia di euro. E’ chiaro che questo ci pone difronte ad un grosso interrogativo: come farà il consigliere a rientrare dell’investimento fatto? e poi sarebbe disposto a votare, secondo quello che egli ritiene il bene e l’interesse pubblico, pur provocando la caduta della giunta perdendo, quindi, azzerando quindi il suo investimento ? Le amministrative che abbiamo vissuto a napoli sono state assolutamente sui generis, io in condizioni normali sarei forse appena appena stato eletto alla municipalità con i miei 589 voti ma oggi posso dire che sono assolutamente libero di scegliere ciò che ritengo utile per la comunità senza mezzi termini, le mie spese elettorali infatti non superano i 1200 €. Questi sono i temi che dobbiamo affrontare con serietà. I partiti devono selezionare la classe dirigente ed i cittadini devono essere liberi di scegliere senza condizionamenti ma questa forse è l’utopia della politica ma io non posso pensarla diversamente.
I giornali ancora sulla questione:
Da Il Mattino del 23.09.2012
Paolo Mainiero - Regione Campania
C’è un anello debole, debolissimo, nella catena milionaria dei fondi ai gruppi consiliari: i consiglieri regionali non sono tenuti a rendicontare le spese sostenute con le risorse loro assegnate. La legge che disciplina il funzionamento dei gruppi è del 1972, è stata modificata nel 1973, nel 1977, nel 1978 (due volte), nel 1987, nel 1988, nel 1996, ma mai è stata inserita la norma che obbliga a spiegare formalmente come i soldi sono stati spesi. Una lacuna che il consiglio vuole ora colmare attraverso una proposta di legge, presentata da Gennaro Salvatore (Nuovo Psi), Gennaro Oliviero (Pse), Angelo Marino (Città nuove), che punta a regolamentare l’utilizzo dei fondi. In particolare, ogni gruppo avrà l’obbligo di presentare, entro il 31 marzo di ogni anno, un rendiconto analitico della gestione di tutti i fondi assegnati, indicando eventuali avanzi o disavanzi di gestione. L’Ufficio di presidenza provvede poi a verificare la regolarità della rendicontazione ed emette, entro il 30 giugno, certificazione di regolarità contabile. Se dall’esame dovessero risultare irregolarità o il rendiconto non fosse stato trasmesso, l’Ufficio sospende l’erogazione della quota successiva. Il gruppo, dal canto suo, ha la possibilità entro 30 giorni di mettersi in regola. Se, però, trascorsi i termini, il gruppo non dovesse sanare le irregolarità o trasmettere il documento contabile, l’Ufficio di presidenza trattiene i contributi per il funzionamento dei gruppi relativi all’anno successivo, in una somma pari agli importi di cui non è stata trasmessa la documentazione. Come spesso succede si chiude la stalla dopo che i buoi sono scappati. La legge, quella del 1972, stabilisce che ai gruppi e ai consiglieri è assegnato un contributo fisso mensile. Si partì, quarant’anni fa, da 300.000 lire al gruppo e 100.000 ai consiglieri. Le cifre, modifica per modifica, sono lievitate fino ad arrivare, nel 1996, a 500.000 lire al gruppo e 800.000 al consigliere. Con il passaggio all’euro si è finiti ai numeri attuali: il tetto massimo è di 2.100 al gruppo, 1.100 al consigliere. Per il 2012, il fondo per il funzionamento dei gruppi è di 1.055.000 euro, ripartito in proporzione al numero dei consiglieri. Due milioni considerando anche l’anno precedente. Ogni capogruppo gestisce la propria quota attraverso un conto corrente di cui è titolare (a meno che non abbia nominato un consigliere-tesoriere). Ogni mese (o anche ogni due, dipende da come un gruppo si è autoregolamentato) il capogruppo mediante bonifici trasferisce i soldi ai consiglieri. I quali firmano una dichiarazione per accettazione. Dopo di che, il vuoto: non è previsto alcun tipo di controllo nel senso che il consigliere non è tenuto a rendicontare le spese. L’unico obbligo che i gruppi hanno è di presentare a fine anno un consuntivo limitato ad entrate e uscite. «La normativa è carente e manca una disciplina organica che sia valida per tutti», ammette Salvatore. «Il testo può essere migliorato, l’importante è che si sani un vuoto», dice Marino. Il milione e 55mila euro è nella diretta disponibilità dei consiglieri per spese legate all’attività politica. Altra cosa sono altri due fondi assegnati ai gruppi ma materialmente gestiti dall’amministrazione. Il primo, di 1.500.000, è per le spese di comunicazione istituzionale; il secondo, di 1.891.000 euro, è per l’assistenza alle attività istituzionali. Fuori dal tecnicismo, questo secondo fondo serve per pagare il portaborse: l’importo è di 2.500 euro). Tra le misure per il contenimento della spesa si sta anche pensando a disciplinare diversamente la figura degli assistenti. Intanto, mercoledì in consiglio regionale sarà votato un primo provvedimento che cancella, in attesa del riordino, l’erogazione della quota fissa. Nella stessa seduta si discuterà anche dei comandati (122) che pesano per 4,5 milioni sul bilancio del consiglio. L’intenzione è di rispedirli agli enti di provenienza. I comandati, dal canto loro, sono sul piede di guerra: «Non rubiamo lo stipendio e lavoriamo come tutti gli altri. Si tira in ballo noi per distogliere l’attenzione da altre cose».
Adolfo Pappalardo
«È assurdo mettere sullo stesso piano le spese pazze di qualche consigliere regionale laziale con i colleghi campani. Al Centro direzionale sono al limite della sopravvivenza», spiega, paradossalmente, Salvatore Ronghi. Paradossalmente perché per dieci anni è stato il fustigatore delle giunte di centrosinistra (come capogruppo An e poi vicepresidente regionale) sulle spese folli. Dai monogruppi alle indennità chilometriche passando per i comandati c’era la sua firma. Oggi però è direttore generale della Regione Lazio e qualcuno l’ha additato per aver chiamato alla Pisana la sua compagna Gabriella Peluso con un incarico da 120mila euro l’anno: «Su 12 posizioni fiduciarie nella direzione ne abbiamo ora solo 5. E io di lei, già funzionaria in Regione Campania, ho piena fiducia». Dopo anni a combattere a Napoli, arriva a Roma ed er Batman e compagnia la mettono nel sacco. «Nella regione Lazio io e la presidente ci siamo trovati una situazione consolidata negli anni e con un forte rivendicazione dei consiglieri regionali che manovravano per avere contributi: ma invece di aiutare i comuni aiutavano i comuni amici». Cioè? «Accadeva anche in Campania: l’aula chiede alla giunta, in un capitolo di bilancio, tot risorse. Poi con l’autonomia che ha il consiglio, tra destra e sinistra, invece di utilizzare bandi, in pratica si spartiscono questi soldi. E oggi si vuole far pagare il prezzo a un governatore che non ha responsabilità. Anzi in questi due anni e mezzo, solo sulla spese della giunta sono stati tagliati 71 milioni. Solo per la comunicazione Marrazzo godeva di 22 milioni all’anno, Renata appena tre. Pensi solo che la Polverini come spese di rappresentanza ha 150 mila euro l’anno, come il sindaco di una piccola città. Abbiamo anche tagliato le spese del consiglio del Lazio da 98 a 72, in Campania lo riducemmo di 20». Come faceste? «Abolimmo i monogruppi, tagliammo i fondi ai partiti del 40 per cento». E nel Lazio invece i monogruppi ci sono. «Una cosa assurda: lunedì prossimo si riunisce la conferenza dei capigruppo per abolire questo spreco». E sull’inchiesta campana? Perché ora? «Per troppi anni, Corte dei conti e la stessa magistratura ordinaria, sono state sempre assenti sulle pese elettive. Adesso, coincidenza, c’è una giusta verifica sulla regioni ma non vorrei che ci fosse qualche disegno politico per riformare questo tipo di istituzione alla luce del taglio delle Province. Anche perché in altri tempi in Campania di spese da verificare ve ne erano eccome, ora non più a quanto mi risulta». Epperò nel Lazio Fiorito, alias Er Batman…. «Due anni e mezzo fa abbiamo trovato una Regione con 25 miliardi di debiti. Ci siamo messi al lavoro per ridurli, senza tagliare i servizi essenziali, e abbiamo posto poca attenzione a cosa accadeva in consiglio regionale». Ne accadevano di cose invece. «Sì ma anche qui, finiamola. Una cosa è Fiorito che di cose ne ha combinate ma non confondiamo le acque e non accomuniamo tutti i consiglieri. E poi anche le banche: ma possibile che uno effettua 190 bonifici da un conto e non scatta alcun allarme?». In questo baillamme però qualcuno ha tirato in mezzo anche lei e la sua compagna che ha uno stipendio da 120mila euro lordi l’anno. «Io ho uno stipendio decurtato del 30 per cento rispetto al mio predecessore: lui 230mila, io 180. Nella segreteria generale poi, c’erano 12 posizioni di dirigente che avremmo potuto coprire: ne abbiamo solo 5. E le persone chiamate sono di fiducia mie e di Renata. Gabriella (Peluso, ndr) ha un curriculum di tutto rispetto ed era già una funzionaria regionale in Campania. Ma soprattutto ha la nostra fiducia».
Laziogate, «sprechi vergognosi», ha detto Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi. Per Agostino Vallini, cardinale vicario di Roma, questi «scandali e abusi di denaro pubblico sono intollerabili». E Luca Giampaolino, presidente della Corte dei Conti: «Sono fatti gravissimi, non pensavamo si potesse giungere a tanto. Se si dimostreranno veri, vorrà dire che la realtà ha superato la fantasia». La magistratura contabile «è preoccupata e oserei dire addolorata», aggiunge, e spiega che la Corte potrà estendere la sua attività su altre istituzioni solo se ci sarà «una denuncia circostanziata». Intanto, il presidente della Regione Lazio Renata Polverini non sveste i panni del giustiziere e invoca «
Maiali al Pascolo
Oggi leggo che le indagini sono estese anche alla Campania sono curioso di sapere nelle altre regione cosa accade ed aspetto l’esito. Ovviamente salvo quelli che hanno una chiara e ferma moralità politico/istituzionale che spero pure ci saranno. Intanto la Polverini dichiara: «Me la sento vado avanti…. Vi ringrazio perché avete capito che era necessario votare queste misure, che ridanno dignità alla politica». Giusto per capire che la politica del lazio fino alla delibera era “indegna” e per magia diventa degna perché sono stati trovati con tutto il braccio nella marmellata ed allora basta una sculacciata una deliberuccia qualche taglietto di spesa e si ricomincia con la piena fiducia dei cittadini amministrati. La rabbia e l’indignazione è tanta solo a pensare che quotidianamente manca la benzia nelle auto della polizia e questi l’auto se la sono comprati con i soldi nostri compresi i buoni benzina, che negli uffici pubblici manca il materiale di cancelleria e questi spendono centinaia di migliaia di euro in tipografia … a dire indignazione è poco … credo che la sensazione sia di vomito … e la reazione non può essere vabbé abbiamo capito che vi siete pentiti ora siamo sicuri che farete solo ed esclusivamente l’interesse pubblico …. ma poi mi viene in mente la casa di scajola, i soldi della margherita ed allora mi chiedo ma questi non si fermano mai? vedono che scoppia uno scandalo al giorno e continuano? Ci vuole una bella faccia tosta o di culo o tutte e due messe insieme per fare finta di niente e sperare che passi la notizia. A Napoli si dice abbiamo ridotto e tagliato non è la stessa cosa del Lazio ma scava scava e trovi che la legge regionale prevede una erogazione di contributi ai gruppo senza obbligo di rendicontazione, ma che legge è? Mi riviene il vomito … e spero venga anche a Voi … di seguito la vicenda trattata sulle pagine de Il Mattino di oggi 22.09.2012 buon rosicamento di fegato, trattasi di MAIALI AL PASCOLO.
Leandro Del Gaudio
Dopo il Laziogate bufera anche sul Consiglio regionale della Campania. Ieri il blitz della Finanza: si lavora sui nove conti correnti dei gruppi del Consiglio e si segue il cammino dei soldi. Circa sei milioni di euro, parte dei quali dai conti intestati ai gruppi finiscono a soggetti privati. Sospetti su alcuni bonifici. Dal pubblico al privato, quanto basta a spingere la Procura ad entrare nella Presidenza del Consiglio regionale della Campania. L’ipotesi: parte dei finanziamenti arrivati in Consiglio sarebbe stata utilizzata per interessi privati. Ce n’è abbastanza per spingere il pool mani pulite a indagare per peculato. Scandalo Lazio: passano i tagli e la Polverini resta. Si parte dai conti correnti e si scopre una deviazione. Si lavora sui nove conti correnti dei gruppi del Consiglio regionale e si segue il cammino dei soldi: circa sei milioni di euro, parte dei quali dai conti intestati ai gruppi finiscono a soggetti privati. Sospetti su alcuni bonifici. Dal pubblico al privato, quanto basta a spingere la Procura ad entrare nella Presidenza del Consiglio regionale della Campania. Si segue il profumo dei soldi e c’è un’ipotesi di fondo: parte dei finanziamenti arrivati in Consiglio sono stati utilizzati per interessi privati, per spese che nulla hanno a che vedere con il proprio mandato politico. Ce n’è abbastanza per spingere il pool mani pulite a iscrivere il fascicolo per peculato, la stessa ipotesi che in questi giorni vede un’altra Procura – quella romana -, indagare sui conti dei consiglieri laziali. Una inchiesta, quella napoletana, che segue uno sviluppo autonomo, che nasce da un’altra vicenda investigativa, che un paio di mesi fa ha investito il consigliere regionale Udeur (OMISSIS). È il probabile antefatto della visita della Finanza di ieri in Consiglio regionale, il punto di partenza su cui conviene ragionare: lo scorso luglio, la Procura aveva perquisito casa e studio di De Flaviis per un’ipotesi di corruzione e di abuso d’ufficio in relazione alla assunzione della ex cognata del politico mastelliano, in una società collegata al Consiglio regionale. Vicenda ancora in corso, che mette in moto accertamenti in un’altra direzione, in relazione a spese e rimborsi dei gruppi consiliari, a intrecci di conti correnti e bonifici ad personam. Indagine condotta dal pool mani pulite dell’aggiunto Francesco Greco e del pm Giancarlo Novelli, al lavoro la Finanza del comandante della polizia tributaria Nicola Altiero, ieri è scattata la richiesta di acquisizione atti. In particolare, i militari hanno chiesto una relazione sulla ripartizione dei fondi destinati ai vari gruppi, una relazione della Presidenza del Consiglio regionale sulle modalità di rendicontazione, documenti e leggi sul bilancio regionale. Si fa presto a fare due conti, alla luce di quanto riesce a movimentare la massima assemblea regionale: le spese per il funzionamento dei gruppi consiliari raggiungono il tetto di 1.055.891 euro; poi esiste un fondo per la comunicazione dei gruppi consiliari, che sblocca qualcosa come 1.523.000 euro; e il fondo assistenza attività istituzionali (tra le attività istituzionali anche proposte di legge e interventi di natura legislativa) che raggiunge quota 1.891.000 euro. Non siamo di fronte al fiume di denaro gestito dai gruppi consiliari laziali, ma parliamo comunque di cifre importanti. Quanto basta comunque a giustificare accertamenti di iniziativa, a partire dall’interrogatorio come persona informata dei fatti di un funzionario della presidenza del Consiglio regionale. È toccato al dirigente De Angelis fornire informazioni sul sistema di elargizione dei soldi ai gruppi, ma anche sui metodi adottati per realizzare alcune verifiche. Qualche domanda: come funzionano i controlli? Dopo aver sbloccato fondi, a titolo di rimborso, per questo o quel consigliere, l’accertamento sul fatturato avviene in modo automatico. È un accertamento capillare o forfettario? Indagine sul passaggio dal pubblico al privato, dal conto corrente intestato al gruppo (che può essere rappresentato anche da un paio di unità) al conto personale, una traiettoria resa necessaria dal principio della tracciabilità dei soldi, su cui la Procura vuole vederci chiaro. In passato, alcune spese del Consiglio regionale erano finite sotto inchiesta, come nel caso dei contratti di locazione a società costituite ad hoc, in uno scenario solo apparentemente legale. Il resto lo diranno gli atti acquisiti dalla pg, l’analisi di fatture e elementi utilizzati per movimentare circa sei milioni di euro l’anno.
Daniela De Crescenzo
«Se qualcuno si fosse preso la briga di leggere le norme non sarebbe nato tutto questo clamore. Non è accaduto e adesso bisogna fare la caccia al politico, così ci facciamo un altro bagno di dolore»: (OMISSIS), consigliere regionale Udeur, è sconfortato. All’origine del «clamore» c’è un’indagine che lo ha coinvolto nello scorso luglio: avrebbe segnalato la ex moglie del fratello a una società informatica accreditata presso la Regione. Risultato: la donna ha ottenuto un contratto a termine da cinquecento euro al mese. La signora lavora ancora? «Non ne ho idea, dopo l’esperienza di luglio non me ne sono occupato». E le indagini a che punto sono? «Dall’estate non ne ho saputo più nulla. Non sono mai stato interrogato» Ieri sono stati perquisiti i suoi uffici? «No, da me non hanno preso nulla perché si erano già presi tutto». La Campania come il Lazio? «Ma per carità, noi quelle cifre non ce le sogniamo proprio. I fondi dei gruppi sono regolati da due leggi: la numero 6 del ’72 riformata dalla 10 del ’96. Ogni gruppo percepisce una quota fissa di duemila euro al mese e ogni consigliere 1150». Tutto qui? «Ovviamente ci sono gli stipendi. Ogni consigliere guadagna 9000 euro lordi sui quali paga le tasse. Poi c’è un rimborso di 2500 euro per i collaboratori». Lei come spende questi soldi? «Con i fondi del gruppo paghiamo i manifesti, qualche spesa corrente e due persone assunte a contratto che si aggiungono ai 5 stipendiati dalla Regione. Con il mio rimborso personale faccio lavorare altre 4 persone, sempre a contratto, nella mia segreteria». Da quante persone è formato il gruppo? «Da due persone: da me e dalla signora Lonardo» Undici dipendenti, più quelli assunti dalla Lonardo, per due consiglieri? «È così. Ma noi lavoriamo. Io alle otto di sera sto ancora in ufficio. E poi c’è anche l’attività sul territorio». Uffici distaccati? «Ho altre due segreterie, una a Piscinola e una a Ercolano che si reggono anche grazie al contributo dei volontari» E poi ci sono le sedi di partito. «Certo. Ma noi lavoriamo soprattutto nei momenti istituzionali. Nelle municipalità, ad esempio, dove siamo molto attivi» Quindi nessuno spreco? «Dal 2010 il Consiglio regionale ha tagliato in maniera pesante, a luglio abbiamo soppresso varie indennità, abbiamo tolto tutte le macchine di servizio tranne quelle del governatore e del presidente del consiglio. E per mercoledì sono previsti ulteriori tagli. In una situazione così pesante non si può fare altro». Rimpiange qualcosa? «Non mi sento in colpa di niente. Tutto questo massacro è eccessivo. Quello che succede, però, ha delle motivazioni: quando hai svuotato il Parlamento da persone elette hai dato la stura al rancore». Lei fa politica da sempre. Ricomincerebbe? «No. Sono stato eletto per la prima volta consigliere comunale a 23 anni nel ’93, ora tutti i giorni mi domando perché non mi ritiro. Non lo faccio solo perché ho un vincolo con chi mi ha votato».
Paolo Mainiero
Quando i militari della Guardia di Finanza si sono presentati nella sede del consiglio regionale il primo pensiero è andato al Lazio. L’inchiesta sull’utilizzo dei fondi ai gruppi arriva come un fulmine a ciel sereno e ai consiglieri la cosa che più dà fastidio è di essere in qualche modo associati alle spese folli capitoline. «Noi non siamo il Lazio», sottolinea con forza il presidente del consiglio Paolo Romano che, anzi, rivendica e ricorda le misure adottate negli ultimi due anni per contenere le spese. «Siamo un esempio positivo, avendo intrapreso un percorso di rigore che – puntualizza – ci ha portato a tagliare di 21 milioni di euro i costi della politica». Romano ieri pomeriggio ha visto i capigruppo: è stata convocata una seduta del consiglio per mercoledì 26 e quella sarà l’occasione per una ulteriore sforbiciata. È stato deciso di abrogare la legge regionale che fissa lo stanziamento per i gruppi e di tagliare ad horas tutti i comandati attualmente in servizio. Ad oggi per i gruppi la Regione stanzia 1.055.891 euro: saranno cancellati. Ancor più corposo la cifra prevista in bilancio per i comandati: 4.500.000 euro. Ad oggi i comandati impiegati in consiglio sono circa 120, tetto massimo indicato dopo la riduzione del 50 per cento, decisa dall’Ufficio di presidenza a inizio legislatura. Nel Lazio i gruppi consiliari sono foraggiati con 15 milioni. In Campania a malapena si supera il milione. I fondi sono ripartiti tra i gruppi in proporzione al numero dei consiglieri. Va anche detto che, rispetto al Lazio, in Campania il nuovo Statuto ha cancellato la possibilità di formare gruppi con un unico consigliere. Il milione e 55mila euro è così diviso: 206.771 al Pdl (21 consiglieri); 152.536 al Pd (14); 71.183 a Udc e gruppo Caldoro presidente; 53.105 all’Idv; 44.066 al gruppo misto; 35.026 a Udeur, Pse, Noi Sud. La legge (quella che si vuole abrogare) prevede un massimo di 1.100 euro al mese al singolo consigliere e un massimo di 2.100 al capogruppo. Ma in effetti il tetto nessuno lo raggiunge: a ogni consigliere del Pdl, per esempio, tocca poco più di 800 euro al mese. Come i soldi vanno spesi nessuna legge lo prevede: è ogni gruppo a dotarsi di un proprio regolamento. L’unico passaggio obbligatorio è il consuntivo di fine anno da presentare all’Ufficio di presidenza. Il Pdl ieri ha reso noto il rendiconto dal primo gennaio al 31 luglio 2012: in sette mesi sono stati spesi 170mila euro su un totale (finora assegnato) di 177mila 977 euro. Tra le uscite, 2.454 per giornali e riviste; 1.625 per materiale d’ufficio; 11.625 per spese di rappresentanza, rimborsi di spese di trasporto, convegni, manifestazioni; 6.599 per collaborazioni e consulenze; 14.355 euro per rimborsi corrisposti ai consiglieri sotto forma di collaborazioni e consulenze (sono i collaboratori contrattualizzati). Il Pd ha invece ritenuto opportuno non diffondere i propri dati: «Prima, eventualmente, li diamo ai magistrati e poi ai giornali». Al milione e 55mila euro va in teoria aggiunto un milione e 500mila euro per la comunicazione: ma questi fondi, pur destinati ai gruppi, sono gestiti dall’amministrazione. Come è gestito dall’amministrazione il milione e 891 euro per l’assistenza attività istituzionali (il cosiddetto portaborse che pesa sulla busta paga del consigliere). Il presidente Caldoro, dal canto suo, prende le distanze da qualsiasi tentativo di abbinare la Campania al Lazio e ricorda «l’opera concreta di risanamento e rigore e di forte riduzione dei costi» avviata già due anni fa. Dal taglio dei benefit (frigobar, rimborsi chilometrici, telepass, ipad) e delle auto blu (possono usufruirne solo il governatore e il presidente del consiglio regionale); dalla riduzione del 20 per cento delle indennità degli assessori e del 10 dei consiglieri, Caldoro rivendica i risultati. «È un percorso irreversibile – dice – voluto fin dal primo giorno e che deve continuare con costanza e determinazione. Lo stiamo facendo. Non è una strada semplice, ci sono e ci saranno difficoltà e ostacoli legati a vecchie e passate abitudini ma lavoreremo sempre per garantire massima trasparenza».
Luigi Roano
La paura fa 120, a tanto ammonta l’esercito dei cosiddetti dirigenti comandati o raccomandati dai politici che popolano le stanze degli uffici del Consiglio regionale. Dipendenti pubblici di altri enti chiamati come rinforzo a prestare la loro opera nei gruppi consiliari. E tutti, ma proprio tutti i politici, ne hanno fatto richiesta. Personale fidato chiamato in servizio alla faccia delle altre decine di dirigenti già in forza in maniera stanziale al parlamentino. Ebbene, da mercoledì il Consiglio regionale dovrebbe disfarsene definitivamente con una legge che li dovrebbe rispedire al mittente. «Manca la copertura finanziaria» ovvero 4,5 milioni. Una mazzata per i 120 che hanno quasi toccato con mano la possibilità della stabilizzazione e dunque rimanere nelle paludate stanze del Centro direzionale. Per loro si profila il ritorno nelle aziende partecipate o agli enti di provenienza. Il terremoto scoppiato alla Regione Lazio e le perquisizioni e l’inchiesta che da ieri incombe sulle spese del Consiglio regionale della Campania ha smosso acque che sembravano stagnanti. Anche la giunta presieduta da Stefano Caldoro sta provvedendo a tagli decisi, trapela dall’ente di via Santa Lucia che il presidente intende stabilizzare gli stipendi degli assessori attorno ai 7500 euro, circa 3000 in meno rispetto alle scorse due legislature. La metà se si confrontano i 15mila euro di tre lustri fa. Un dossier che sta preparando il potente e ascoltato assessore al Personale Pasquale Sommese che sulla questione è abbottonatissimo. Insomma una spending review in chiave campana per mettere un freno a benefici e soprattutto stipendi da sogno per gli eletti dell’Assemblea campana. Che tanto fanno storcere il naso e lo stomaco a quanti non riescono ad arrivare nemmeno alla terza settimana del mese. Torniamo ai comandati, da almeno tre anni al centro di furiose polemiche anche sindacali e da novembre scorso sotto la lente della Procura della Corte dei Conti di Napoli che indaga sulla materia. La magistratura contabile ha chiesto chiarimenti sugli impiegati pubblici trasferiti negli uffici del consiglio regionale. In breve, è stata inviata una informativa che potrebbe preludere ad un’inchiesta per l’accertamento di un possibile danno erariale. Questo al di là del taglio che dovrebbe essere reso esecutivo mercoledì. Chi sono dunque questi dipendenti pubblici? Alla voce «spese per il funzionamento del Consiglio regionale» al titolo 1 del bilancio le cifre come sempre spiegano meglio l’entità dell’impatto economico sulle casse di un ente in gravi difficoltà finanziarie. Nel 2010 i «rimborsi per competenze e contributi al personale comandato» ammontano a 2 milioni e 989mila euro. Nel 2011 raddoppiano quasi per arrivare alla bellezza di 5 milioni e 368mila euro. Perché un simile balzo in avanti? Dalle stanze del parlamentino campano si difendono spiegando che quell’aumento si configurò perché nel passaggio di consegne tra la giunta guidata da Antonio Bassolino e quella subentrante di Caldoro sono stati ereditati i comandati del primo ai quali si sono aggiunti i nuovi in carico alla nuova amministrazione. Vero? Falso? Sono sempre i numeri a fare chiarezza. Perché nel 2012 per i distaccati si scende a 4,5 milioni cifra lontana da quella diciamo così virtuosa del 2010 ma comunque con un risparmio di 868mila euro. Mercoledì ci sarà la svolta annunciata? Ancora qualche giorno e si capirà se effettivamente il Consiglio regionale della Campania intende utilizzare fino in fondo le risorse interne, con un risparmio di 4,5 milioni che non è certo poca cosa. Oppure continuerà a puntare su personale scelto in base a criteri che non sono certo oggettivi e tipici della pubblica amministrazione.
Paolo Mainiero
Paolo Romano (Pdl), presidente del consiglio regionale non è tranquillo. «Sono tranquillissimo», puntualizza. E aggiunge: «Siamo tra i più virtuosi d’Italia». Però la Guardia di finanza indaga sull’utilizzo dei fondi destinati ai gruppi. «Siamo disponibili a collaborare con magistratura e forze dell’ordine per far luce su punti non perfettamente chiari, semmai ce ne fossero». Visto quel che sta succedendo nel Lazio si aspettava la visita dei finanzieri? «Diciamo che la visita non è stata un fulmine a ciel sereno». Aveva avuto qualche avvisaglia? «Avvisaglie no, ma il clima che si respira intorno alla politica poteva far pensare che potesse esserci un’attenzione». Qualcosa da temere? «Assolutamente no». Non esiste un «sistema Campania»? «Non siamo il Lazio. Non lo dico io, lo dicono i numeri». Quali numeri? «Il Lazio per i gruppi spende 15 milioni, noi a malapena arriviamo a uno. Ma di che parliamo?» C’è un Batman in Campania? «Assolutamente no». Lei esclude l’esistenza di un sistema. Esclude anche casi singoli? «Di casi singoli, se ve ne sono, non sono a conoscenza». Quanto spende il consiglio regionale? «Quando siamo arrivati, nel 2010, il bilancio prevedeva 86 milioni. Nel 2011 abbiamo chiuso il consuntivo a 69 milioni. Per il 2012 sono stati previsti 72 milioni ma contiamo di chiudere a 66-67». La politica costa? «Costa, ma in un momento di crisi come questo dobbiamo avere tutti la capacità di capire e far capire che la trasparenza è uno dei migliori antidoti all’antipolitica». C’è qualcuno che non vuol capire? «Ci sono vecchie abitudini, cristallizzate da decenni, che si fa fatica a rimuovere». Parla di politici? «Di politici ma anche di apparati che ruotano intorno alla politica. Deve essere chiaro a tutti che il clima è cambiato e che noi andremo avanti nell’operazione di risanamento». È infastidito da tanto clamore? «Mi infastidisce soprattutto che nessuno crede ai numeri. Noto una certa tendenza a fare confusione rispetto ad altre realtà». Ci dia qualche numero? «Di quelli del consiglio ho detto. Abbiamo cancellato i gruppi costituiti da una solo consigliere, abolito tutte le auto blu, non abbiamo speso un euro di consulenze, abbiamo rescisso i contratti di locazione di alcuni locali che ci consentono un ulteriore risparmio di un milione». Mercoledì prossimo ci sarà il consiglio regionale. Prevede altre misure? «C’è l’esigenza, e ne abbiamo parlato in conferenza dei capigruppo, di regolamentare meglio la materia dei fondi ai gruppi e su altre questioni riguardanti il personale». Ha mai partecipato a feste in maschera? «Guardi, qui con i soldi che abbiamo al massimo possiamo andare al pub per una buona birra».
LAZIO
Francesco Olivo
Roma. «Me la sento, vado avanti». La giornata più dura di Renata Polverini finisce con una dichiarazione netta che mette a tacere, almeno per ora, le ipotesi di un suo passo indietro. La governatrice del Lazio è arrivata alla Pisana solo nel primo pomeriggio per assistere al voto sui tagli al Consiglio regionale, approvati all’unanimità dall’aula. Nel suo discorso, pronunciato quasi tutto a braccio, Polverini ha usato toni concilianti con le opposizioni: «Vi ringrazio perché avete capito che era necessario votare queste misure, che ridanno dignità alla politica». Clima più disteso anche con la sua maggioranza: se lunedì scorso la presidente aveva parlato di «cancro da estirpare», riferendosi ai consiglieri che hanno abusato dei fondi pubblici, ieri l’accento è stato diverso: «Mi avete sostenuta anche psicologicamente con sms e mail». Le parole di ottimismo, «siamo in grado di reagire e rilanciare», si mischiano a quelle di autocritica: «Abbiamo dato un cattivissimo esempio, quello di oggi è solo il primo passo». Con i l’unica vera frecciata è riservata a Bersani: «Vuole che mi dimetta, ma perché non ha fatto lo stesso davanti ai casi Penati e Lusi?». Il segretario Pd però insiste: «Gli scandali sono sconvolgenti, bisogna trarne le conseguenze». I momenti più drammatici dell’aula si erano vissuti prima dell’arrivo della governatrice, quando i consiglieri si rinfacciavano più o meno velatamente spese eccessive e gestione poco trasparente dei fondi. Con momenti tragicomici: «Fiorito andrebbe internato, questa è la settimana più brutta della mia vita», dice Rocco Pascucci, unico membro del gruppo Mpa.Ma al di là delle urla, sui provvedimenti di taglio c’è stata l’unanimità, tutti hanno votato tutto, con votazioni palesi ed elettroniche. Ancora prima della seduta il Pdl ha trovato un accordo sul capogruppo, dopo le dimissioni di Franco Battistoni (che, a sua volta, aveva rimpiazzato Franco Fiorito). Con un’unanimità almeno apparente è stata scelta Chiara Colosimo che ha avuto la meglio su Antonio Cicchetti, ex fedelissimo del Batman di Anagni, silurato anche a causa dell’emergere di particolari sulle sue presunte spese con i soldi del gruppo. La Colosimo, in jeans, camicia bianca e giacca rosa, ha ricevuto i complimenti della Polverini, che si è alzata per andarla ad abbracciare: «Basta sprechi e basta antipolitica» ha detto con voce tremula, «dobbiamo cavalcare questo clima per marcare la differenza tra onesti e disonesti». Ancora una volta non si è visto Franco Fiorito, che ha preferito dire la sua su radio e tv (su Tg 24 è andato in scena un confronto violento con Battistoni). Nonostante gli apprezzamenti della governatrice, le opposizioni hanno presentato una mozione di sfiducia che arriverà in aula fra due settimane: «La Polverini deve dimettersi per la vicenda incubata e generata dalla sua maggioranza» attacca Esterino Montino, capogruppo del Pd alla Pisana. Dario Franceschini, capo dei deputati democratici rincara la dose: «Questa vicenda è un ulteriore assist all’antipolitica: si tratta di episodi terribili». Durissimi gli accenti di Luigi Nieri (Sinistra e Libertà) che in aula si sfoga: «Non siamo tutti uguali. Mi sono stancato di stare sui giornali come un ladro». I radicali, che per primi hanno denunciato l’enorme flusso di denaro nelle casse dei gruppo chiedono le dimissioni del presidente, dopo aver «approvato le norme sui tagli e sulla trasparenza, che ci avete sempre negato», spiega il consigliere Rocco Berardo. Ma le brutte notizie per la Polverini arrivano ancora dalla sua maggioranza, se il Pdl sembra aver ricucito la spaccatura, è l’Udc a marcare le differenze. Il segretario Lorenzo Cesa frena gli entusiasmi per i tagli: «È passo apprezzabile, ma c’è poco da esaltarsi», mentre nei corridoi della Pisana Rodolfo Gigli, entrato in consiglio nel 1975, racconta di «non aver mai vissuto una situazione simile» e rinfaccia alla governatrice di non aver operato i tagli a tempo debito. Sono le nuove nubi che si addensano sulla giunta.
Bagnoli Futura quale Futuro?
Il 7 settembre scorso ho postato la delibera di giunta su bagnoli futura che prevede una sorta di ricapitalizzazione della società mediante la rinuncia del comune di napoli al trasferimento della Porta del Parco, del parco dello sport e del turtle centre, tutti beni che dovrebbero essere assegnati al patrimonio indisponibile dell’amministrazione. Oggi posto la relazione del Collegio dei Revisori sulla citata delibera. All’adozione dell’atto, di cui il Consiglio è investito, vi sono numerose difficoltà tecniche dovute ad uno stato, direi, comatoso della società. Ultimamente, infatti, lo stesso Sindaco in una intervista riferiva circa Bagnoli Futura: “abbiamo ereditato un cadavere”. Ecco oggi al consiglio comunale si chiede di resuscitare il morto solo che a parere mio forse per fare ciò non basterebbe il “Figlio” ma ci vorrebbe il “Padre”. Siamo, infatti, ad una svolta epocale dove o ci si infila nel solco del rispetto delle regole o si viaggia su una strada parallela che potrebbe avere anche brusche inversioni ad “U”. Di ciò, infatti, ci avvertono i revisori che paventano la possibilità che i beni di cui si chiede il trasferimento potrebbero essere coinvolti in una procedura concorsuale (alias fallimento). Bagnoli Futura ha riportato perdite di bilancio in tre esercizi 2008, 2009 e 2010, come riferiscono gli stessi Revisori e per legge la società non può essere assolutamente beneficiare di alcuna attribuzione. E’ da un po’ di giorni che mi chiedo cosa c’entri la politica in questo. Si può per ragioni “politiche” infrangere la legge? E se si qual’è il limite oltre il quale il “superamento” della legge non è consentito? chi lo stabilisce? La questione è molto seria perché la chiusura o peggio il fallimento di Bagnoli Futura determinerebbe anche il fallimento di una intera area dove il Comune perderebbe il controllo. Ma questo può essere imputato a quest’amministrazione? O al suo consiglio comunale? Io sono convinto di no. Occorre però avere coraggio ed essere in grado di affrontare la realtà e non avere paura di puntare il dito verso i colpevoli affinché se ne assumono la responsabilità innanzi al tutta la città! Per cambiare rotta occorre vincolarsi al rispetto delle regole ed investire la città del dibattito sul futuro di Bagnoli.
RELAZIONE DEL COLLEGIO DEI REVISORI Napoli, 18 settembre 2012
Rif.: delibera di G.C. n.661 del 09-08-2012 – proposta al Consiglio: modifica dell’Atto Costitutivo, dello Statuto e della Convenzione della Bagnolifutura Società di Trasformazione Urbana per Azioni costituita con delibera di Consiglio Comunale n°40 del 18/02/2002.
Con il provvedimento in esame la G.C. propone di modificare l’articolo 1 dell’Atto Costitutivo, l’articolo 4 dello Statuto della Bagnolifutura Società di Trasformazione Urbana per Azioni costituita con delibera di Consiglio Comunale n°40 del 18/02/2002, nonché approvare un nuovo testo della Convenzione tra la medesima società ed i tre Enti pubblici azionisti.
Ai sensi dell’articolo 4, comma 18 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, coordinato con la legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148, le modifiche proposte devono essere sottoposte alla vigilanza dell’Organo di Revisione di cui agli articoli 234 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Il Collegio dei Revisori
Visto che,
- · la Bagnolifutura S.p.A. ha per oggetto “… la progettazione e realizzazione di interventi di trasformazione urbana nel territorio del Comune di Napoli, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti (…) può pervenire al possesso delle aree interessate dall’intervento (…) procedere alla loro bonifica, trasformazione, manutenzione, gestione e commercializzazione (…) può compiere altresì tutti gli atti necessari o opportuni al fine del perseguimento dell’oggetto sociale, come individuato nei commi che precedono”;
- · con la delibera in esame viene rappresentata l’evoluzione della società partecipata Bagnolifutura S.p.A. (di seguito detta anche STU) dalla sua costituzione del 18/02/2002 ad oggi;
- in data 25/6/2002 fu sottoscritta un’apposita convenzione che disciplinava i rapporti tra la Bagnolifutura S.p.A. ed i suoi soci Comune di Napoli, Provincia di Napoli e Regione Campania, prevedendo espressamente che le opere di urbanizzazione secondaria e le attrezzature di interesse generale fossero trasferite al Comune di Napoli, alla Regione Campania e/o alla Provincia di Napoli, secondo competenza, entro dieci anni dalla costituzione della società;
· ad oggi la Bagnolifutura S.p.A. ha realizzato circa il 60% dei lavori di bonifica dell’area individuata nella convenzione, oltre ad alcune attrezzature di interesse generale ed opere di urbanizzazione secondaria, avviando altresì le procedure per la vendita dei suoli. Considerato che,
· l’Amministrazione Comunale intende dare nuovo impulso al completamento del progetto di riqualificazione per il quale è stata costituita la Bagnolifutura S.p.A. ed alla piena valorizzazione dell’area urbana oggetto delle attività della STU, nonché adoperarsi per garantire la continuità aziendale, attesi la difficile situazione economico – finanziaria e il ritardo nelle procedure di evidenza pubblica di vendita dei suoli;
· l’Amministrazione Comunale intende aggiornare ed ampliare l’ambito di competenze della STU, attribuendole altresì la funzione di poter operare sugli immobili siti sull’intero territorio comunale, trasformandoli, riqualificandoli, valorizzandoli e sviluppandoli;
· in previsione di questa nuova mission aziendale della STU, l’Amministrazione ritiene indispensabile rafforzarne la struttura patrimoniale.
Rilevato che,
· il Comune di Napoli intende rafforzare la struttura patrimoniale della STU attraverso l’attribuzione gratuita alla stessa delle opere di urbanizzazione secondaria e le attrezzature di interesse generale realizzate o in corso di realizzazione che, pertanto, costituiranno beni del patrimonio della società; tale patrimonio sarà, altresì, incrementato dagli immobili che il Comune di Napoli di volta in volta deciderà di assegnarle per la relativa trasformazione, riqualificazione, valorizzazione, sviluppo e gestione in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti;
· la Bagnolifutura S.p.A. potrà disporre di tali beni nei limiti della normativa vigente in materia, con particolare riferimento all’articolo 828 del codice civile e nel rispetto delle prerogative del Comune di Napoli, ente programmatore e socio di maggioranza assoluta della STU;
· dette opere di urbanizzazione secondaria e le attrezzature di interesse generale realizzate o in corso di realizzazione potranno formare oggetto di atti di disposizione da parte della STU a favore di terzi, a condizione che sia mantenuta la loro specifica destinazione d’uso pubblico;
· pertanto è necessario modificare l’Atto Costitutivo e lo Statuto della STU, nonché procedere alla sottoscrizione di una nuova Convenzione con gli Enti soci (Comune di Napoli, Provincia di Napoli e Regione Campania) che sostituisca quella tra le medesime parti firmata il 25/6/2002. Per tutto quanto sopra esposto, il Collegio dei Revisori evidenzia che:
– la Bagnolifutura S.p.A. ha chiuso in fortissima perdita i bilanci relativi agli esercizi 2008, 2009 e 2010 e ad oggi non ha ancora approvato il bilancio per l’esercizio 2011, denotando un elevato livello di indebitamento. L’analisi degli indicatori reddituali del triennio 2008/2010 fa emergere un costante peggioramento della redditività aziendale e un forte squilibrio economico – patrimoniale. Questa preoccupante situazione impone di valutare, in via preventiva, il reale impatto delle modifiche proposte con la delibera di G.C. n°661 del 9/8/2012 sul mantenimento della continuità aziendale e sul
rispetto dei dettami previsti dagli articoli 2446 e/o 2447 del codice civile;
– la delicata situazione di bilancio impone, altresì, una approfondita due dilgence di natura civilistica preventiva rispetto a qualsivoglia patrimonializzazione, onde evitare che il palesarsi di eventuali future procedure concorsuali a danno della Bagnolifutura S.p.A. possano coinvolgere anche i beni oggetto delle patrimonializzazioni descritte nella delibera di G.C. n°661 del 9/8/2012;
– è indispensabile acquisire la formale approvazione del Bilancio 2011 della Bagnolifutura S.p.A. in utile di esercizio affinché non si configurino le fattispecie richiamate dall’articolo 6, comma 19 del D.Lgs 31/5/2010 n°78 che non consentono conferimenti, di qualsivoglia natura, alle società partecipate pubbliche che abbiano registrato perdite di bilancio in tre esercizi consecutivi; (art.6 cit.: 19. Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in termini di economicità e di concorrenza, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall’art. 2447 codice civile [che prevede il conferimento dovuto per legge se il capitale sociale si riduce per perdite al di sotto di quello di legge], effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei Conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma).
– si ritiene indispensabile ottenere in via preventiva un parere legale dall’Avvocatura Comunale sulla corretta individuazione giuridica del negozio da porre in essere che, secondo il Collegio, potrebbe prefigurarsi come atto di liberalità indiretta o meglio come atto di liberalità non donativa unilaterale consistendo, di fatto, nella rinunzia ad un diritto reale o di credito da parte del Comune di Napoli in favore del donatario Bagnolifutura S.p.A.. La fattispecie, pertanto, prefigurerebbe un atto potestativo di natura attributiva di una intervenuta unilaterale rinuncia da parte del titolare delle opere infrastrutturali (il Comune di Napoli) a favore della Bagnolifutura S.p.A.. L’atto si tradurrebbe, dunque, nella individuazione finale del nuovo titolare dei beni che, fino ad oggi, sono stati detenuti dalla Bagnolifutura S.p.A. in qualità di soggetto attuatore delle opere. Si evidenzia, infine, che questo modus operandi dovrà essere replicato per tutte le opere di urbanizzazione secondaria e le attrezzature di interesse generale realizzate o in corso di realizzazione di competenza non solo del Comune di Napoli ma anche degli altri Enti Pubblici azionisti;
– l’atto di attribuzione gratuita dovrà essere contabilizzato nel bilancio della Bagnolifutura S.p.A. secondo i dettami previsti dal principio contabile Organismo Italiano di Contabilità n°16 che testualmente recita“… Le immobilizzazioni materiali ricevute a titolo gratuito debbono essere valutate in base al presumibile valore di mercato attribuibile alle stesse alla data di acquisizione, al netto degli oneri e dei costi – sostenuti e da sostenere – affinché le stesse possano essere durevolmente ed utilmente inserite nel processo produttivo dell’impresa. Il valore netto così determinato viene rilevato come provento straordinario, alla voce E.20 del conto economico; inoltre, se tale valore è rilevante, deve esserne data adeguata illustrazione nella nota integrativa. Le immobilizzazioni materiali ricevute a titolo gratuito vengono ammortizzate con i medesimi criteri statuiti per le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo oneroso”;
– se il parere dell’Avvocatura Comunale dovesse confermare la natura giuridica del negozio individuata dal Collegio ai punti precedenti, si ritiene che l’individuazione finale della titolarità delle opere realizzate per conto del Comune di Napoli possa non prefigurare un atto imponibile né ai fini IVA né ai fini dell’imposta di registro, in quanto si tratterebbe di un mero negozio dichiarativo senza trasferimento immobiliare e senza controprestazione, con assenza di una capacità contributiva scaturente dall’attribuzione di uno o più cespiti senza versamento di corrispettivo;
– è necessaria una attenta valutazione della compatibilità dei suddetti atti di liberalità indiretta con la normativa che ha regolamentato l’erogazione dei contributi sino ad oggi ricevuti dalla Bagnolifutura S.p.A. per la bonifica delle aree, al fine di scongiurare qualsiasi rischio di revoca degli stessi;
– la individuazione e l’affidamento alla Bagnolifutura S.p.A. di nuove aree di trasformazione e valorizzazione deve essere accompagnata da idonee analisi costi – benefici, da accurati piani industriali e da dettagliati piani economico – finanziari al fine di valutare, nella maniera più opportuna ed in un’ottica di preservazione dell’interesse pubblico, gli effetti della patrimonializzazione immobiliare. Il Collegio dei Revisori
La sacralità dell’interesse pubblico
Ciò che manca alla politica è il senso di sacralità dell’interesse pubblico. Oggi sulle pagine del Corriere è descritto bene il “sistema” di saccheggio dei soldi pubblici. Una politica che giunge a prevedere la possibilità di acquisto di automobili da intestare a gruppi consiliari credo sia poco credibile. Per fare le pulci in casa mia posso dire che nelle amministrazione comunali ci sono altri sistemi che in piccolo sono stati anche denunciati in una puntata di Servizio Pubblico. Nei comuni, infatti c’è il principio del rimborso della retribuzione del dipendente che si assenta per svolgere le sue funzioni. Solo che può accadere che un cittadino disoccupato dopo che è stato eletto improvvisamente viene assunto da qualche impresa o addirittura un’associazione (era un caso al comune di palermo) con uno stipendio da dirigente, che il comune deve poi versare al datore di lavoro per i giorni (praticamente tutti) per il quali il lavoratore è stato assente per impegni istituzionali, per lo più in commissioni. Qualcuno dice che in un comune grande il consigliere in genere è occupato per circa 8 o 9 ore al giorno per tutti i giorni della settimana e quindi è giusto che abbia un’indennità. Io come consigliere posso testimoniare che di tempo ne dedico molto al Comune ma a fronte di un così gravoso impegno mi farebbe piacere escogitare un meccanismo per verificare la produttività. Ad ogni buon conto vi lascio al raccapricciante racconto del Corriere della Sera:
FIORENZA SARZANINI su Corriere della Sera di oggi 21.09.2012
Il «sistema» Lazio secondo l’ex capogruppo pdl, Franco Fiorito. Le accuse ai colleghi di partito, le bordate contro la governatrice Polverini, i sospetti sulle forze politiche, «che si spartivano i fondi».
L’interrogatorio. Il verbale, che dà conto delle 7 ore di interrogatorio, entra nei dettagli delle ruberie, elencando nomi e fatti. «Er Batman» non si salva dall’accusa di peculato, ma trascina tutti con sé.
Le spese. Nel verbale si indicano i «ladri» che si facevano saldare fatture false, le spese folli, i consulenti pagati a peso d’oro, le vacanze trasformate in «missioni politiche».ROMA — Ci sono i «ladri» che si facevano saldare le fatture false e i vertici che avallavano la distribuzione irregolare dei fondi. Ci sono le spese folli di chi avrebbe invece dovuto controllare la regolarità dei finanziamenti. E poi ci sono i parenti assunti come dirigenti, i consulenti pagati a peso d’oro, le vacanze da sogno trasformate in «missioni» politiche. Ma ci sono anche le cifre che lui stesso è accusato di aver rubato. Le prime verifiche dimostrano che è molto più di quanto si credeva: oltre un milione di euro spostato sui propri conti in Italia e all’estero.
Eccolo il «sistema» Lazio raccontato da Franco Fiorito. Ecco le accuse contro i suoi colleghi di partito, le bordate contro la governatrice Renata Polverini e il presidente del Consiglio Mario Abbruzzese. Ma anche i sospetti lanciati contro gli altri partiti. Il verbale che dà conto delle sette ore di interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Alberto Pioletti entra nei dettagli delle ruberie, elencando nomi e circostanze che hanno segnato questi due anni di governo. Non si salva «er Batman» dall’accusa di peculato, ma prima di cadere trascina tutti con sé. In realtà quando cominciano a filtrare le dichiarazioni su quanto ha raccontato ai magistrati nega di aver parlato del governatore. Ma sono i suoi legali Carlo Taormina ed Enrico Pavia a rilanciare: «Ci saranno sviluppi clamorosi».
Polverini e il patto occulto
Scandisce Fiorito di fronte ai pubblici ministeri: «Mi risulta che anche gli altri gruppi siano nelle condizioni del Pdl e quindi chiedo formalmente l’acquisizione della documentazione che riguarda l’intero consiglio». Già ieri gli investigatori del Nucleo valutario sono tornati negli uffici della Regione per acquisire i documenti che riguardano l’erogazione dei fondi a tutte le formazioni. Altre carte sono state prese nella filiale Unicredit interna al palazzo dove sono aperti i conti correnti dei partiti sui quali vengono addebitate le somme elargite mensilmente. Poi interrogano lo stesso Abbruzzese, dopo che ieri era stato ascoltato — sempre come testimone — il segretario Nazzareno Cicinelli.
È una verifica necessaria visto che l’ex capogruppo afferma: «È stato l’ufficio di presidenza del Consiglio a fissare le regole ma le indicazioni su come erogare i finanziamenti sono arrivati dalla Giunte regionale. E dunque Renata Polverini sapeva perfettamente come funzionava, non poteva ignorare che si fosse deciso di assegnare 100 mila euro ad ogni consigliere che però potevano essere aumentati fino a 300 mila. Anche perché lei stessa è sostenuta da una lista che porta il suo nome, godeva di queste elargizioni e provvedeva poi alla spartizione tra i vari consiglieri. C’era un accordo per consentire una simile procedura e, a seconda dell’incarico ricoperto, si riuscivano ad ottenere somme sempre più alte». Usa toni pesanti quando parla della gestione di Abbruzzese. «Perché — spiega — dopo la delibera della Giunta era lui a verificare tutte le voci di bilancio — dai trasporti, alla scuola — e reperire da quegli accantonamenti i soldi necessari a far sì che ogni consigliere avesse garantiti almeno i 100 mila euro».
La lettera di luglio
Proprio per dimostrare come tutti fossero informati delle «irregolarità», Fiorito consegna ai magistrati la copia di una lettera che ha inviato ai consiglieri del Pdl, alla Polverini, ad Abbruzzese e al suo vice De Romanis il 18 luglio scorso e nella quale affermava: «Sollecitato da alcuni zelanti colleghi ho proceduto ad una serie di controlli sui documenti giustificativi delle spese effettuate. Trovando una situazione assolutamente insostenibile con assenze totali di documentazioni in alcuni casi e con giustificazioni diciamo così “da approfondire” eccessivamente generiche e prive di riscontri effettivi. Ovviamente scrivo sperando nella buona fede di ciascuno e nella immediata capacità di ognuno di fornire risposte rapide ed efficaci».
Ed ecco le comunicazioni personali: «Ho già inviato una serie di missive per i casi più evidenti, per le quali attendo risposta immediata comunicando sin da ora che non potranno essere tollerati equivoci di alcun genere e che ove necessario agirò a mia e nostra tutela». In quei giorni la polemica sull’allegra gestione era già cominciata, dunque si sta verificando se la scelta di Fiorito potesse essere legata alla necessità di ottenere una «copertura».
«Ossessionato da otto “ladri”»
Nelle due casse di documenti consegnate agli investigatori ci sono le «schede» dei sedici consiglieri del Pdl. Ma è su otto che si concentrano i sospetti di Fiorito. Elenca i loro nomi e poi racconta in base a quali circostanze si sia convinto della possibilità che una parte della documentazione contabile che gli consegnavano per avere i soldi «fosse falsa». «Si era perso il senso della misura, ormai non si faceva più politica e ormai i consiglieri erano anche in lotta tra di loro per ottenere il denaro. Chiedevano tutti soldi, erano diventati insopportabili, una persecuzione. Mi telefonavano continuamente o mi aspettavano fuori dall’ufficio per chiedermi soldi per cene, book fotografici, manifestazioni. Mi sono stati chiesti anche 10 mila euro per una cena di 300 persone in locali in cui non so se potessero contenere tutte quelle persone».
Poi l’ex capogruppo cita nomi e circostanze. Di Lidia Nobili che chiama «albero di Natale» per il suo look eccentrico dice: «Ormai era diventata una vicenda umana, mi perseguitava per chiedermi soldi, più di quanti gliene spettassero». Elargizioni pesanti anche per Chiara Colosimo «che prese almeno 50 mila euro per le manifestazioni alle quali partecipavano Giorgia Meloni e Fabio Rampelli». Se Carlo De Romanis «otteneva i finanziamenti per i giovani del Ppe», Giancarlo Miele «si concentrava sui buoni benzina, sulle cravatte e sulle cene», mentre Andrea Bernaudo «credo abbia concesso consulenze fittizie». Nell’elenco dei «cattivi» Fiorito inserisce anche Veronica Cappellaro e Romolo Del Balzo che, aveva già raccontato, «ha sistemato alla Regione i suoi parenti». In realtà non è l’unico. Anche il segretario Salvatore Ronghi è riuscito a piazzare la sua fidanzata Gabriella Peluso facendole ottenere un posto da dirigente con un compenso di 100 mila euro annui. Oltre un milione tra Italia e Spagna.
Accusa gli altri Fiorito, ma poi deve difendersi per le sue ruberie. I conti effettuati dalla Guardia di Finanza raccontano che le cifre sottratte al partito sono ben oltre i 730 mila euro, come aveva già denunciato il suo successore Francesco Battistoni in una memoria preparata dai suoi consulenti legali Enrico e Roberto Valentini. Durante l’interrogatorio gli contestano di aver spostato 747 mila euro sui propri conti correnti italiani e ben 314 mila su quelli spagnoli per un totale di un milione e 61 mila euro. Lui ostenta sicurezza: «Era tutto regolare, se ho commesso degli errori ne risponderò, ma non ho mai preso un centesimo oltre quello che mi spettava».
E così risponde alla contestazione di aver effettuato quei 109 bonifici tutti per identiche cifre nel tentativo di sfuggire ai controlli interni: «Si tratta di operazioni tracciabili, se avessi voluto rubare l’avrei fatto in un altro modo. E anche la scelta di tenere le auto acquistate per il partito è avvenuta in maniera regolare, tanto che sono io a pagarle». Una difesa che non convince. Non a caso il suo avvocato Taormina sta valutando la possibilità di fargli restituire quanto risulta aver preso oltre la cifra fissata dalla normativa.
E per la fidanzata di Batman:
ROMA — Non c’erano solo i baci e i furgoni di rose, nella favola ciociara tra Franco Fiorito detto «il federale» o «Batman» e Samantha Reali detta «Sissi». Ma c’era, anche un rapporto di lavoro, andato avanti almeno per sei mesi. Nella segreteria del gruppo Pdl al consiglio regionale, infatti, nella seconda metà del 2011 c’era anche lei, l’ex fidanzata del capogruppo finito al centro dello scandalo. In molti, alla Pisana, se la ricordano: una bella ragazza, bionda, con quel soprannome da principessa che le era stato affibbiato fin da bambina. La donna del mistero, quella che era con Fiorito all’hotel Pitrizza, a Porto Cervo, resort superlusso a picco sul mare: vacanza del 2010, la prima settimana trascorsa da Batman da solo, la seconda in compagnia della ragazza. Costo complessivo, 29 mila euro, saldati con due bonifici partiti dal conto Pdl: «Non funzionava la carta di credito, non volevo fare una figuraccia», ha raccontato Francone. Vanno anche al Circeo, a scegliere la villa comprata dall’ex capogruppo. Lui e la Reali si lasciano, ma i rapporti restano buoni, ottimi. Da amici, per lui. Forse da ancora innamorata, per lei. Nella seconda metà del 2011, Samantha viene chiamata al gruppo Pdl. Contratto a tempo determinato, circa duemila euro al mese. Dura sei mesi, non più. È il periodo nel quale, secondo il rendiconto presentato dallo stesso Fiorito, al gruppo c’è bisogno di prendere maggior personale, perché la dotazione di segreteria è inferiore a quello che ci vorrebbe per 17 consiglieri. Samantha è lì, ancora vicino a «Francone». Dei suoi soldi non aveva bisogno, ma pur di stargli accanto prende quelli dati dalla Regione ai gruppi.
Scusi Francesco Carducci Artenisio, capogruppo Udc: ma su 887 mila euro che il suo gruppo ha percepito nel 2011, 145 mila sono sotto la voce «spese varie»; saprebbe dire come i suoi colleghi consiglieri hanno usato quei soldi pubblici? «Non ne ho la minima idea». Scusi ancora, ma lei da capogruppo non sa come è stato utilizzato quel denaro? «Eh, non faccio mica il ragioniere, ho siglato io tutte le ricevute e ad alcune spese ho anche detto di no, ho usato criteri rigidi, messo un tetto alle singole spese, e siccome non c’era un regolamento mi sono autoregolato». Allora sicuramente non c’è da preoccuparsi, né per l’Udc né per gli altri partiti che, tutti assieme, incassano in un anno — ufficialmente per l’attività politica — dodici milioni di euro. Per fare qualche esempio: quelli della Lista Polverini, tredici consiglieri, dal primo gennaio al 31 dicembre 2011 ottengono fondi per un milione e novecentomila euro; ne spendono quasi novecentomila in manifesti, quasi duecentomila tra «alberghi, bar e ristoranti».
Ma nelle relazioni contabili compilate dai singoli gruppi, spesso, ci sono queste voci generiche nelle quali sembra poter entrare un po’ di tutto: l’unico consigliere del Gruppo Misto, Antonio Paris, incassa in un anno 180 mila euro, 96 mila sono classificati come «spese varie». Così ripartite: una Audi da 28 mila euro e 67 mila di «fondi erogati direttamente» a favore di enti e associazioni. Un’auto? «Ma è intestata al mio gruppo — precisa orgoglioso Paris — cioè patrimonio della Regione». Per i contribuenti, saperlo, sarà un sollievo.
Nelle spese del consiglio regionale del Lazio — là dove i pm parlano di «caos contabile» — c’è un refuso nella nota dell’Idv che pare fatto di proposito per raccontare questo flusso gigantesco di denaro destinato ai politici: dalla voce «indennità e rimborsi ai consiglieri» è sparita una «b», diventando così «indennità e rimorsi». Difficile immaginarli a battersi il petto — 1.217.000 di contributo regionale, 251 mila andati direttamente ai cinque consiglieri — e di certo i politici del Lazio non l’hanno fatto prima che venisse a galla questa storia di cene del Pdl a base di ostriche. La nota del partito dell’allora capogruppo Franco Fiorito è precedente allo scandalo, quasi tre milioni di euro totali: 131 mila in «attrezzature per ufficio», 685 mila per «Riunioni, convegni, progetti, incontri», 411 mila in manifesti. Nell’estratto conto del gruppo, ci sono anche 81 euro spesi in un supermercato Gs di Anagni, più altri in vari market (Pam, Auchan, Panorama). Invece nel bilancio c’è un’altra voce, «Collaboratori e consulenze», con accanto la cifra di 665 mila euro. Troppo? Non per Fiorito, che a febbraio 2012 allega una nota: «Per svolgere al meglio il lavoro dei consiglieri è stato necessario aumentare notevolmente il numero del personale a disposizione». Perché il gruppo era cresciuto di numero. Sempre il Pdl destina 114 mila euro alle «spese di rappresentanza, varie». Come queste «spese varie» siano utilizzate dai partiti non è dato sapere: a quella voce i Radicali nel 2011 hanno dedicato 662 euro, il Psi — contributo di 160 mila euro — 31.518. Di certo, nessuno sa spiegare come la cifra totale venga divisa tra i partiti: difficile che il criterio sia il numero dei consiglieri, perché altrimenti La Destra (due persone, 538 mila) avrebbe gli stessi soldi di Sel, Fds (due consiglieri, 322 mila euro) o dei Radicali (422 mila). Storace ne è sorpreso: «Mai saputo, me ne sto accorgendo adesso…». Bisognerebbe chiedere, dicono tutti, all’ufficio di presidenza di Mario Abbruzzese: ma è inutile cercare un contatto, in Consiglio c’è la Finanza.
Non rimane che leggere le cifre: detto dei partiti maggiori (il Pd, 14 consiglieri, incassa poco più di due milioni, l’Idv ne ha cinque e prende 1.217.000), rimangono i monogruppi. Verdi (183 mila euro), Api (181), Mpa (182), Fli (188), Gruppo Misto (180). Poi ci sono i 154 mila euro dei Responsabili di Olimpia Tarzia: nelle sue note, «indennità e rimborsi per i consiglieri» per quasi trentamila euro. C’è ancora la Lista Civica dei cittadini di Giuseppe Celli (180 mila): nei conti, c’è l’acquisto di una macchina, dodicimila euro di rate, ottomila di manutenzione, poi assicurazione e bollo, in totale 22 mila euro. E lui non sembra in imbarazzo: «È una Audi, rimarrà alla Regione».
Regione Lazio un atto Politico contro l’Antipolitica: Polverino Dimettiti!
Ho usato la carta di credito della Regione Lazio (e speso soldi pubblici) per pagare un resort in Sardegna perché avevo smarrito la carta di credito. Questa la risposta che mi ha colpito di più dell’ex Capogruppo alla Regione Lazio Franco Fiorito soprannominato, per ironia della sorte, Batman. (http://www.youtube.com/watch?v=BAGAYm5BbDE&feature=player_embedded). Insisto su questo punto perché è l’ultimo scandalo che la politica, dopo lusi, penati, fino ad arrivare a poggiolino, di lorenzo, paolo cirino pomicino (giusto per non dimenticare) etc etc… non si può permettere. Oggi (20.09.2012) su la Repubblica di Napoli è uscita una mia dichiarazione su una questione che riguarda l’assessore D’Angelo, le cooperative ed il suo ruolo di presidente della GESCO prima di assumere la carica amministrativa. Il concetto che voglio esprimere e che ho cercato di sintetizzare nelle poche parole riferite al giornalista, è che i partiti, le liste civiche ed i movimenti che si candidano o che hanno una aspirazione elettorale/amministrativa non si possono permettere neppure la minima macchia o sospetto. L’intransigenza di cui a volte mi si accusa nelle scelte politiche ed amministrative oggi credo rappresenti un valore irrinunciabile. Non ci deve essere alcun dubbio sull’assoluta imparzialità dell’azione amministrativa. Nel caso di specie dell’Assessore D’Angelo spero che siano state adottate tutte le procedure di evidenza pubblica che per la particolarità del trascorso imprenditoriale dell’assessore sono sempre consigliabili anche quando non previste come obbligatorie. Per ritornare alla Regione Lazio, ebbene, occorrono solo due parole: Polverini Dimettiti!
Di seguito l’articolo di Valentina Errante da Il Mattino del 20.09.2012
Roma. «Non ho rubato un centesimo. Pensavo fosse tutto regolare. Anzi, mi sono opposto a un sistema, ho stoppato l’abitudine ai rimborsi facili». Quando entra nel bunker del nucleo valutario della Guardia di Finanza, Franco Fiorito, indagato per peculato, ostenta tranquillità. Forse perché con sé ha un memoriale e soprattutto voluminosi e pesanti scatoloni pieni di fatture che raccontano, con cifre a sei zeri, di festini, servizi, fotografici, champagne e cene indimenticabili dei consiglieri del Pdl alla Regione.
Ce n’è per tutti. Al presidente, Renata Polverini, Fiorito contesta la gestione politica. Ma poi presenta carte su otto consiglieri del suo gruppo. Accusa da Franco Battistoni a Giancarlo Miele, da Carlo De Romanis a Veronica Cappellaro, da Andrea Bernaudo a Chiara Colosimo e Lidia Nobili. Tira tutti dentro. Ha così tanto da raccontare che non vede l’ora. C’è ancora luce quando, con l’avvocato Carlo Taormina, si siede di fronte all’aggiunto Alberto Caperna e al pm Alberto Pioletti. Sono le 16: Fiorito ne avrà per sei ore e mezza.
L’ex consigliere in premessa spiega che la regola, stabilita dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale, è quella dei contributi senza controlli reali. Fino a 211mila euro. Accusa diretta per Mario Abbruzzese. Punta il dito contro Letizia Cecinelli, coordinatrice della segreteria. «Se ho fatto degli errori – dice – sono pronto ad assumermi le responsabilità. Ma voglio sottolineare che a metà luglio ho inviato a tutti i consiglieri una lettera per interrompere i rimborsi e stoppare il sistema. Mi sono opposto a un’abitudine, quella dei rimborsi facili. Per questo mi hanno fatto fuori. Ognuno faceva quello che voleva. Il gruppo pagava spese di ogni tipo. Se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede».
Ma i pm vogliono parlare del caso Fiorito. Si parte dai bonifici, 109 dal conto del Pdl ai suoi. Per 419mila euro è sempre la stessa cifra, quella che servirebbe per segretari e portaborse moltiplicata troppe volte. Fiorito sostiene che tanto gli spettasse. Ribadisce: erano soldi previsti dal regolamento per le cariche che svolgevo: capogruppo, presidente di commissione, tesoriere. Indennità alte, lo so. Non l’ho deciso io». Quando è buio si parla ancora di conti, sette italiani e cinque spagnoli. L’ex capogruppo del Pdl spiega che è stato costretto ad aprire i depositi in Spagna dopo avere ereditato la casa a Tenerife dal padre. E che i conti all’estero li aveva insieme al fratello Andrea. I pm gli chiedono di quella pioggia di assegni, delle carte di credito ricaricabili distribuite in giro, costate 180mila euro, dei soldi girati a consulenti, veri o presunti, che hanno incassato. E poi dei 235mila euro di prelievi, 32mila euro di pagamenti bancomat. Lui parla e a ogni risposta punta il dito, va all’attacco per difendersi. Perché quei 32 consulenti non li aveva scelti lui. Non basta. Sul conto di Fiorito ci sono le vacanze in Sardegna, 28 mila euro nel resort a cinque stelle. Conto saldato dal gruppo del Pdl. «Avevo smarrito la carta di credito», ripete.
Dopo i conti si passa alle case: la casa in via Margutta dell’Ipab. Fiorito risponde che ha vinto un’asta e l’ha ottenuta in affitto, ma paga 4mila euro al mese. Poi c’è la villa al Circeo. «Ho fatto un mutuo da 500 mila euro a trent’anni», spiega l’ex capogruppo. E ancora, gli immobili e i terreni ad Anagni «ereditati». Quindi il punto cruciale. Perché le case nella sua disponibilità nella capitale non risultano intestate a lui? E si apre il capitolo dei prestanome. Dopo cinque ore di domande, Fiorito tira fuori l’archivio segreto. La contabilità che gli uomini del nucleo di polizia valutaria della Finanza avevano cercato dappertutto. Forse ci sono stati degli errori, ma il problema era il regolamento», commenta alla fine Taormina.
Il passato per costruire il futuro
Sono convinto che per ricominciare occorre ricordare il passato e gettare le basi sulle spalle ancora solide dei cd. padri costituenti della democrazia. Santiago Carrillo, si oppose al fallito colpo di Stato del colonnello Antonio Tejero del 23 febbraio 1981, e mentre tutti gli altri partecipanti al congresso si gettarono sotto i banchi per evitare le pallottole, Carrillo, si sedette e si accese un sigaro per dimostrare la inconsistenza dei golpisti.
Da Il Manifesto del 19.09.2012 Giuseppe Grosso
Nel pomeriggio di ieri (18.09.2012) è morto a 97 anni Santiago Carrillo, dopo aver dedicato più di 75 anni della sua vita al partito comunista spagnolo. Carrillo si è spento durante la siesta nella sua casa madrilena, in perfetta coerenza con quanto aveva dichiarato in una delle sue ultime intervista: «Io non ho paura della morte». La stessa coerenza che ha dimostrato nella sua traiettoria politica e nei suoi 22 anni (dal 1960 al1982) a capo del Partito comunista spagnolo. «Ho sempre difeso la libertà democratica e continuo a lottare per cambiare questo sistema sociale che reputo ingiusto», aveva dichiarato qualche anno fa dimostrando quella tenacia che lo ha contraddistinto negli anni della attività politica e che lo ha accompagna- to fino all’ultimo.
Con Carrillo se ne va un pezzo della storia politica spagnola e uno dei protagonisti della transizione della Spagna dalla dittatura alla democrazia. «In Spagna la transizione è stata un’opera plurale però alcuni spagnoli giocarono un ruolo chiave. Santiago Carrillo è tra questi» ha dichiarato il segretario del Psoe Alfredo Pérez Rubalcaba, commentando tra i primi la morte dell’ex segretario. Messaggi di cordoglio e di omaggio sono arrivati da parte di tutti i leader politici che hanno unanimemente riconosciuto la centralità della figura di Carillo nella storia democratica del paese. Tra i più commossi quello di Ga- spar Llamazare di Izquierda Unida: «Se ne va un pezzo della nostra storia. Non si può capire la vita democratica di oggi senza Carillo». Figlio di un sindacalista, nacque a Gijón nel 1915. Emigrò a Madrid do- ve grazie agli studi e all’esempio paterno maturò una precoce passione politica, che lo portò ad iscriversi quattordicenne alla gioventù socialista. Una foto lo ritrae il 14 aprile del 1931, a 16 anni, mentre nella casa del Re- loj della Puerta del Sol festeggia l’avvento della repubblica. Il 36 fu l’anno dell’iscrizione al Pce e dello lo scoppio della guerra civile, che vide Carrillo tra i protagonisti della resistenza madrilena. Tre anni più tardi, dopo la battaglia di catalogna e la resa delle truppe repubblicane iniziò l’esilio. Sarebbe tornato in Spagna solo 38 anni più tardi, nel 1976, dopo la morte di Franco per prendere parte alla vita democratica del paese che egli stesso aveva contribuito a far nascere. Politicamente fu un moderato e un riformista, al punto di aderire, insieme al Pci di Enrico Berlinguer e al Pcf di Georges Marchais, al cosiddetto «eurocomunismo». Una scelta che pagò con l’espulsione, nel 1985, dal Pce.
Bersani o Renzi: chi sceglie il PD Campano?
Umberto Ranieri avrebbe espresso la sua preferenza per Renzi. La vedo proprio male per il PD che in un momento così delicato non riesce a trovare l’unità, basterebbe solo che la nomenclatura facesse proprie le istanze riformiste e rinnovatrici, eppure il PD non trova la quadra.
Da il Mattino del 16 settembre 2012 Pietro Perone
Un sì condizionato a Matteo Renzi arriva da Umberto Ranieri, responsabile Pd del Mezzogiorno, favorevolmente colpito dall’esordio dal sindaco di Firenze nella corsa delle primarie ma «spero – incalza Ranieri – che il sindaco si cimenti anche con i problemi del Sud». A cui Monti chiede un cambio di mentalità. «Ce n’è bisogno. Obiettivo imprescindibile nella battaglia per il Sud è la lotta contro ogni forma di assistenzialismo e di clientelismo. Il Mezzogiorno non ha bisogno di trattamenti speciali, né servono rivendicazionismi deteriori spesso branditi dalle classi dirigenti meridionali come alibi per il loro fallimento. Servono più investimenti mirati al sostegno dell’istruzione, del lavoro, della ricerca e dell’innovazione». Nel centrosinistra però la questione meridionale non sembra da tempo al centro del dibattito: disattenzione, ritardo culturale? «Occorre tornare a parlare del Sud in una prospettiva nazionale ed europea. Credo che questo stiano facendo Monti e Barca, di qui il mio apprezzamento per il loro lavoro. Io parto da un convincimento: l’Italia non riprenderà la strada della crescita senza una svolta nello sviluppo del Sud: va smontata la tesi ingannevole diffusa a piene mani nel corso degli ultimi 15 anni e che non ha trovato una resistenza convinta da parte dello stesso centrosinistra al Nord, secondo cui lo sviluppo delle regioni settentrionali si sarebbe dispiegato al massimo se solo si fosse liberato dal peso frenante del Sud. Non è così: è il Paese nel suo insieme che ha perso terreno in questi 15 anni. Sud e Nord soffrono degli stessi problemi, particolarmente gravi nelle regioni meridionali. Illegalità, inefficienza dei servizi, stato della Pa, pressione fiscale eccessiva su lavoro e impresa. Insomma è un modello di sviluppo che nel suo complesso non ha retto alle pressioni della globalizzazione e della concorrenza. Ecco perché la responsabilità dei guai in cui si dibatte il Paese non va imputata al Sud ma alle mancate riforme di questo modello». Colpa anche della classe dirigente meridionale a cui il Pd in questi anni ha fornito pattuglie di amministratori. «È indubbio che una svolta nella politica per il Sud va avanti a condizione che la classe dirigente operi con rettitudine e dedizione, dimostri di saper utilizzare produttivamente fino all’ultimo centesimo le risorse disponibili, affermi principi di legalità e trasparenza nella amministrazione della cosa pubblica. Questo comporta un cambiamento nel modo di fare politica. Occorre nel Mezzogiorno una politica più orientata all’interesse generale; liberata da chi tenta di farne un luogo di privilegi. Vanno introdotti antidoti alla intermediazione impropria dei politici; sanzioni che innalzino i costi di comportamenti trasformistici; definite misure volte a rafforzare il controllo dei cittadini sui propri eletti». Appoggia Renzi? «A Verona ha fatto un buon discorso: non si è limitato a porre il problema dello svecchiamento del Pd e del suo gruppo dirigente ma ha indicato un indirizzo politico e programmatico. Spero che si cimenti anche con i problemi del Mezzogiorno e sappia rivolgersi agli elettori del centrosinistra meridionale e alle tante forze che nel Sud sono preda di sentimenti di rassegnazione e di ostilità verso la politica». Il sindaco di Firenze si muove dunque nel solco della tradizione riformista? «A me pare che Renzi mostri di non voler restare prigioniero di nodi politici e culturali che in questi anni hanno impedito la crescita e la maturazione del centrosinistra italiano e dello stesso Pd. Come è possibile, mi chiedo, non rendersi conto che ogni tentativo condotto negli ultimi 15 anni di intesa con forze massimalistiche finisca con il consegnare loro un surplus di peso politico e di condizionamento e comprometta l’azione di governo del centrosinistra? L’esperienza non insegna nulla? Renzi mi è apparso consapevole di ciò». Programma di governo vincolato all’agenda Monti? «Coerenza con l’operato del governo non significa adesione acritica ad ogni scelta da esso compiuta, bensì riconoscersi in un indirizzo strategico e negli obiettivi di fondo che esso persegue: salvare l’euro portando più avanti il processo di integrazione economica e politica dell’eurozona, realizzare le riforme economiche e istituzionali di cui ha bisogno il nostro Paese. Dinanzi alla denuncia demagogica di chi è ossessionato dall’idea che il compito del Pd debba consistere essenzialmente nella correzione delle riforme delle pensioni e del mercato del lavoro, è il caso di ricordare che il tempo della responsabilità non è trascorso, che non bastano gli annunci della Bce per mettere la nostra economia al riparo da una tempesta di sfiducia sui mercati».
Manovre di assestamento per battere il populismo
PD-UDC La sinistra con il centro da un lato e le forze di sinistra radicale insieme (SEL-FED-IDV-Movimento Arancione). Questa sarebbe la soluzione per battere il populismo ed assicurarsi una maggioranza sia pure postelettorale utile per governare. Non saprei l’abbraccio PD-UDC potrebbe essere mortale se non supportato da un profondo rinnovamento dei dirigenti e nelle liste.
Da il Mattino del 16.09.2012 Mario Ajello Orvieto.
Considerano il populismo il nemico da battere e dicono entrambi: «Basta fango sulla politica». Non nascondono le differenze che esistono ad esempio sulla legge elettorale – «Oggi i giornali diranno che stiamo in pace o che stiamo in guerra?», motteggiano entrando al convegno delle Acli – ma condividono l’urgenza di riprogettare l’Italia. Quindi Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini torneranno al governo insieme, dopo le elezioni? Il leader del nuovo centro ragiona così: «Pier Luigi e io siamo due persone, due amici, che vengono da storie diverse e che hanno idee diverse. Se vogliamo annullare queste differenze, non facciamo un buon servizio. Da posizioni diverse, abbiamo fatto un’opposizione dura a Berlusconi che per quattro anni ha ripetuto slogan vuoti. Poi ci siamo uniti, per creare una svolta politica e per salvare l’Italia, con il governo Monti». Dopo di che – ed ecco l’apertura di Casini – «nella prossima legislatura le forze politiche devono arrivare con progetti chiari e fare alleanze su quei progetti. Creare coalizioni utili soltanto a presentarsi al voto e a vincere le elezioni, e incapaci poi di governare, sarebbe un danno per l’Italia». Parole che sono miele per la platea delle Acli, dove la prospettiva di un centro-sinistra («con il trattino», specifica il presidente Andrea Olivero) che provi a governare viene vista come una speranza o come l’ultima spiaggia. Infatti Olivero si spinge a chiedere a Bersani e a Casini, ma senza ottenere su questo risposta, di «stabilire subito le alleanze, in modo che i cittadini le conoscano prima delle elezioni». Sembra quasi che dal palco il presidente delle Acli stia celebrando, con troppo anticipo, le nozze tra il Pd e l’Udc: «Volete voi…? Siete disponibili a…?». Chissà poi come finirà questo gioco, molto serio ed estremamente magmatico, delle alleanze. Intanto Bersani, prima di entrare nella sala del convegno, sta nel bar della stupenda Piazza del popolo di Orvieto e tra un caffè e una boccata di sigaro spiega ai presenti: «Pace, guerra, rottura, ricucitura tra me e Casini? Non bisogna stare appresso, come fanno i media, ai botta e risposta del giorno per giorno. Il tempo per arrivare alle elezioni è ancora lungo e occorre guardare in prospettiva. A me sembra che la collaborazione tra progressisti e moderati sia la strategia più credibile per il Paese». E dal palco: «Sul modo di intendere le istituzioni, sull’Europa e su altri terreni c’è un’unione di fondo tra progressisti e forze moderate e liberali. Questo porterà a doverci intendere, anche perché di là c’è altra roba: il grillismo, il populismo, l’illusionismo berlusconiano». A proposito di Berlusconi: «Ha appena detto che all’Italia serve una guida? Ecco, se vogliamo andare fuori strada, scegliamo lui». Oppure, su un Monti dopo Monti con dentro ancora il Pdl: «Una grande coalizione? De che!», dice Bersani con una battuta volutamente gergale: «Pensate davvero che, per fare uscire l’Italia dalla palude, vado a fare un accordo con Berlusconi? Non chiedetemi questo, piuttosto lascio io». L’anti-berlusconismo (che i due declinano ognuno alla sua maniera) può unirli, ma a dividere Casini da Bersani è ancora Vendola. Il leader dell’Udc continua a non credere nell’affidabilità della sinistra radicale in funzione di governo, ma critica anche «alcuni ministri dell’esecutivo Monti che fanno troppe promesse e troppi annunci». Quando poi Casini fa questo ragionamento («Nella società civile spesso i personalismi e i tatticismi sono superiori a quelli esistenti nel mondo politico»), in sala molti si chiedono: sta forse parlando di Montezemolo? Poi l’incontro finisce, il matrimonio tra Pd e Udc non si è celebrato ma quella di ieri non è stata certo, per Bersani e Casini, una giornata di guerra.
Scandalo alla Regione Lazio una buona occasione per fare pulizia!
L’ennesimo scandalo della politica nonostante la crisi ed il clima di austerità. Cosa dovrebbero fare i partiti? Non avere paura e buttare fuori i responsabili senza preoccuparsi né di aspettare la sentenza di condanna né dei voti che questi consiglieri portano al partito. E’ solo questa l’unica strada ammissibile se i partiti vogliono strappare lo scettro dalle mani di quella che chiamano antipolitica ma che rappresenta ormai una istanza pressante dei cittadini. Questo fatto credo sia una vera e propria occasione per i partiti che possono così dimostrare di voler cambiare. Lo faranno? E’ molto probabile che non lo faranno! Il vero problema è che in Italia manca il ricambio, i leader ed in vario modo i “politici di professione” non si sono mai preoccupati di preparare i “sostituti” per paura di essere scalzati. In Germania il ministro che copia la tesi di laurea viene fatto fuori perché nel partito c’è chi scalpita ed è pronto ad assumere la carica. In Italia ad arte i governanti hanno creato dietro di loro il vuoto pneumatico per assicurarsi il controllo del potere e questo sarà la loro fine … “il vecchio muore ed il nuovo non può nascere”
da il Corriere della Sera del 16.09.2012 Ernesto Manicucci
ROMA — Appuntamento vicino a piazza San Silvestro, nel cuore di Roma. Renata Polverini è lontana dalla Regione Lazio e lì, nello studio della sua fondazione «Città Nuove», si consuma un sabato di fuoco. La governatrice, furibonda per la vicenda dei fondi del Pdl transitati sui conti di Franco Fiorito e per le «spese pazze» del centrodestra prima e del Pd poi, convoca la maggioranza e annuncia: «Lunedì (domani, ndr), in consiglio, darò le mie dimissioni». I presenti impallidiscono, nessuno parla. Di fronte a lei, il presidente dell’assemblea Mario Abbruzzese, il capogruppo dell’Udc Francesco Carducci, quello de La Destra Francesco Storace e della Lista Polverini Mario Brozzi, ex medico della Roma calcio.
Alla riunione manca Francesco Battistoni, il rivale di Fiorito, che da fine luglio ne ha preso il posto e che ha scoperchiato il vaso di Pandora sui bonifici transitati dai conti del gruppo a quelli del «Batman» di Anagni: la Polverini non «riconosce» Battistoni e ne vuole la rimozione. Mentre i consiglieri a lui fedeli (sono nove) ribadiscono «la completa autonomia nelle scelte interne».
Il vertice
La presidente usa parole dure: «Non ce la faccio più a stare sulla graticola. Ho deciso di convocare il consiglio per lunedì (domani, ndr), devo fare comunicazioni urgenti. E le voglio fare in aula, nel luogo più solenne». Fa una pausa: «Dirò che mi dimetto. La questione è seria, grave. E riguarda tutti, maggioranza e opposizione. Non posso perdere la faccia». Quindi? «Serve un atto di responsabilità, misure drastiche per uscire da questo schifo». Ce l’ha col Pdl, la Polverini: «Da luglio ho chiesto un incontro ai vertici: non ho avuto risposte. Ora mi sono stancata». Mentre la riunione è in corso arriva la nota di Angelino Alfano: «Fiorito, per me, è fuori dal partito. Poco importa che emerga che “così facevan tutti”. I fatti del consiglio regionale sono inaccettabili».
La richiesta di epurazioni
L’autosospensione, o anche l’espulsione, di Fiorito, alla Polverini non basta più. Vuole che il Pdl faccia piazza pulita: via il neo capogruppo, dimissioni del presidente dell’assemblea Mario Abbruzzese. Al posto di Battistoni, in pole position c’è il reatino Antonio Cicchetti: «Se si pone la questione la valuterò», dice.
Ma per ritirare la minaccia di dimissioni, la presidente vuole anche si voti l’abolizione di tutti i privilegi: basta coi fondi erogati ai gruppi, con le ricevute che nessuno (ufficio di presidenza, segretariato del consiglio) controlla. Basta con le cene, lo champagne e le cravatte di Giancarlo Miele, le ostriche di Andrea Bernaudo, i fotoservizi di Veronica Cappellaro.
I veleni di Fiorito
Veleni che l’ex capogruppo ha sparso ad arte, trascinando con sé i suoi colleghi. Le ultime accuse sono verso Abbruzzese («che ha due auto blu», verso De Romanis («che organizzava i festini con gnocche»), contro Giorgia Meloni e Fabio Rampelli («i loro parenti lavorano al gruppo Pdl»). Fioccano le reazioni. Abbruzzese smentisce le due auto blu («il presidente ne ha una sola», dicono in Regione), Meloni e Rampelli reagiscono con rabbia. «Mia sorella è precaria da anni. Fiorito, come tutti i disonesti, vuole gettare fango su chi non ha scheletri nell’armadio», dice una. «Mia cognata è dipendente pubblica, in comando alla Regione. Sono deliranti confessioni di una menta malata», aggiunge l’altro. Anche De Romanis risponde: «Ma quali festini! Era un evento su Roma Antica, che non si è più tenuto».
Le possibili misure
e la tentazione politica
La Polverini vede due strade: applicare subito i tagli oppure acquisire le fatture dei gruppi e portarle alla Guardia di Finanza. C’è anche la terza strada: che la Polverini, provata dalla vicenda dei due tumori alla tiroide, nauseata dal livello delle dispute tra ciociari e viterbesi, molli tutto. In quel caso, si parla di un suo impegno in politica nazionale con l’Udc. Gianni Alemanno le esprime «solidarietà». Lorenzo Cesa (Udc) invita « i partiti ad una riflessione». Il centrosinistra incalza: «Basta bluff, Polverini si dimetta», dice il dipietrista Vincenzo Maruccio.
L’inchiesta
La Procura, intanto, va avanti. E non esclude che l’inchiesta si possa allargare anche ad altri partiti. A Fiorito è stata perquisita anche la casa di Anagni, sono state controllate cassaforti, computer, conti correnti. I magistrati sono insoddisfatti: pensavano di trovare più materiale.
“Il vecchio muore e il nuovo non può nascere”
Interessante intervista a Bauman il cui pensiero condivido. La soluzione della condizione economica e politica in cui versiamo non conosce scorciatoie. La politica ha ceduto il passo alla finanza, i governi durano cinque anni e sono limitati ai paesi, il potere globale della finanza, delle banche, dei media, della criminalità, della mafia, del terrorismo e le grandi corporation della finanza non conoscono né limiti temporali né limiti territoriali. Bauman enuncia il problema e lascia intravedere la soluzione che deve iscriversi gioco forza in una dimensione quanto meno europea. Spero proprio che tutta questa ansia rottamatrice sia guidata nel solco tracciato dai nostri “pensatori”…
Da il Manifesto del 12.09.2012 Intervista a Bauman di Fanrizio Tonello
Sempre più lucido, sempre più indignato, Zygmunt Bauman, 87 anni, è arrivato a Mantova portando da solo la sua valigia, con l’inseparabile pipa e un fascio di carte che gli servono per il pamphlet sulla disuguaglianza che uscirà tra qualche mese dal suo tradizionale editore, Laterza. Il grande sociologo inglese di origine polacca, che i lettori del manifesto conoscono bene, è diventato celebre per i suoi libri sul mondo moderno, «un mondo che chiamo liquido perché come tutti i liquidi non può restare immobile a lungo. In questo nostro mondo tutto, o quasi, è in continua trasformazione: le mode che seguiamo, gli oggetti che richiamano la nostra attenzione, ciò che sogniamo o temiamo, che suscita in noi speranza o preoccupazione». A questa fluidità, però, si accompagna un grandissimo aumento della disuguaglianza e una forte resistenza al cambiamento e questo sembra essere il suo nuovo interesse di ricerca: l’iniquità del sistema e la sua capacità di resistere ai tentativi di regolarlo. Ne abbiamo parlato con lui durante una lunga conversazione a Mantova, in occasione del Festival Letteratura e dell’uscita del suo nuovo libro, Cose che abbiamo in comune (Laterza 2012, pp. 212, euro 15).
Lei è il teorico della «modernità liquida» e ha scritto mille volte che tutti noi «veniamo trascinati via senza posa». Ma non ha l’im- pressione che il mondo in cui viviamo stia però diventando sempre più solido, immodificabile? Se per «solidità» lei intende che è diventato più resistente al cambiamento, ha ragione. Negli ultimi anni ci sono stati molti movimenti, gli indignados spagnoli, Occupy Wall Street e altri. Molte spinte, grandi manifestazioni di massa e tuttavia non accade nulla. Prendiamo Occupy Wall Street: è stato trattato bene dai giornali, la televisione ne ha parlato, l’unica forza che non ha prestato alcuna attenzione è stata la Borsa di Wall Street. Non è cambiato assolutamente nulla. C’è solidità nel senso di resistenza al cambiamento, il sistema sembra immune a tutte le pressioni. Tuttavia, se prendiamo una bistecca, vogliamo tagliarla e non ci riusciamo, dobbiamo chiederci se è la carne che è davvero troppo dura o se è il coltello che stiamo usando che non è abbastanza affilato. La mia teoria è che il sistema non è solido di per sé: ha sviluppato efficaci meccanismi di autoriproduzione ma ha delle fragilità incorporate. Diventa più iniquo ogni giorno che passa: oggi negli Stati Uniti, un amministratore delegato guadagna in media 531 volte più del lavoratore medio; nel 1960 il rapporto era 1 a 12. La finanza ha creato un’economia immaginaria, virtuale, spostando capitali da un posto all’altro e guadagnando interessi. Il capitalismo tradizionale funzionava sulla creazione di beni, mentre ora non si fanno affari producendo cose ma facendo lavorare il denaro: l’industria ha lasciato il posto alla speculazione, ai banchieri. Questo significa che il sistema ha accentuato la sua tendenza interna ad autodistruggersi, ma non potrà continuare a lungo. Se la resistenza umana non sarà in grado di mettervi fine ci penserà la natura. Ci sono ovviamente limiti precisi alle risorse del pianeta e una società basata sulla crescita illimitata della produzione e del consumo incontrerà questi limiti molto presto.
Proprio qui a Mantova lei ha detto che la politica è locale, delimitata dai confini degli Stati nazionali, mentre il potere è globale: è questo che rende il sistema così indifferente alle manifestazioni di resistenza alle sue logiche? Certamente, il potere è globale, il suo spazio è il pianeta, mentre le elezioni americane sono una competizione attorno agli interessi degli Stati Uniti: è questo che mette il potere in grado di fluire liberamente ovunque, senza prestare troppa attenzione a ciò che succede qua e là. A causa di questa fluidità ci troviamo in quello che Antonio Gramsci chiamava un interregno, una situazione nella quale «il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati». Il vecchio ordine fondato sulla stretta associazione di territorio, Stato e nazione sta morendo. La sovranità non è più associata ad alcuno degli elementi della triade territorio/Stato/nazione: tutt’al più è legata in modo blando a alcune loro componenti. Oggi essa è difficile da definire e controversa, porosa e scarsamente difendibile, disancorata e in balia delle correnti. Ciò che dà un’impressione di solidità del sistema è il fatto che il potere si è liberato dal controllo politico mentre la politica ha un deficit di potere. Il potere è la capacità di esercitare un comando. E la politica è la capacità di prendere decisioni vincolanti. Gli statinazione avevano il potere di decidere e una sovranità territoriale. Ma questo meccanismo è stato completamente travolto dalla globalizzazione perché la globalizzazione ha trasferito il vero potere al di là dei territori, scavalcando la politica. Gli Stati nazionali sono attraversati dal potere globale della finanza, delle banche, dei media, della criminalità, della mafia, del terrorismo. Ogni singolo potere si fa beffe delle regole e del diritto locali, e anche dei governi ovviamente. I governi europei dovrebbero fare ciò che gli elettori chiedono, cioè agire contro la disoccupazione di massa, ma naturalmente non lo possono fare: sono costretti ad ascoltare quanto le corporation e i banchieri dicono loro. Si trovano in quella situazione che uno psichiatra definirebbe di double bind. I governi sono eletti per quattro anni e possono agire solo su un territorio limitato, le corporation sono permanenti e hanno come teatro d’azione il mondo. Non riusciremo a risolvere i problemi globali se non con mezzi globali, restituendo alle istituzioni la possibilità di rispettare la volontà e gli interessi delle popolazioni. Però, questi mezzi non sono stati ancora creati.
Soluzione Europa
Sono convinto che la soluzione alla crisi economica di cui i paesi europei sono ostaggio, possa essere solo europea. In un mondo che vede potenze economiche transanazionali e blocchi di paesi che fanno politiche unitarie non c’è altra via che quella di un maggior peso politico degli organi della Comunità che ormai non può essere più solo economica. Trovo interessante l’articolo che ho letto ieri, di Pietro Piovani su “Il Mattino” del 9 settembre 2012
Roma. Quasi la metà della popolazione europea vorrebbe la fine dell’euro, dicono i sondaggi. E se la domanda viene posta ai soli cittadini tedeschi, i nostalgici diventano la maggioranza: il 52%. È l’anti-europeismo lo spettro che oggi si aggira per l’Europa, e assume varie forme. I nazionalismi della destra neonazista, gli estremismi della sinistra radicale, i populismi dei nuovi movimenti antipolitici, o apolitici, o apartitici che spuntano come funghi in tutti i Paesi del continente. Se ne vedono le tracce persino in Italia. Dopo i tedeschi, i più euroscettici siamo diventati noi: solo il 48% è ancora convinto che abbandonare l’euro e tornare alla lira sarebbe un errore. La sfiducia per l’Europa è innanzitutto sfiducia verso la sua economia. Gli storici fanno un paragone con quanto accadde dopo la crisi economica del 1929, l’unica confrontabile con quella attuale. Fu allora che nacquero il fascismo e il nazismo. Due appuntamenti cruciali per il destino dell’Ue sono previsti nelle prossime settimane. Il primo è il voto in Olanda, in programma per mercoledì prossimo. La consultazione potrebbe in verità fugare una delle minacce più temute in questi anni nelle capitali continentali: la destra xenofoba e nazionalista ha perso molto del suo smalto e l’ipotesi di vedere il suo leader di Geert Wilders arrivare al governo non viene più presa in considerazione. I sondaggi fino a qualche tempo fa accreditavano un forte aumento di consensi alla sinistra radicale di Roemer, che ha assunto posizioni molto critiche verso le politiche di rigore finanziario richieste da Bruxelles. Nelle ultime settimane tuttavia sta guadagnando sempre più spazio un’altra forza di sinistra, più moderata, il Partito laburista dell’emergente Diederik Samsom. Nel suo programma c’è sì un allentamento dei tagli alle spese previsti dalla maggioranza uscente, ma sempre all’interno dei margini tracciati dall’Europa. L’altro passaggio, ancora più delicato, è fissato per ottobre a Parigi. Il parlamento deciderà se ratificare quello che noi in Italia chiamiamo «fiscal compact» ma che i francesi più semplicemente definiscono trattato di bilancio. La ratifica dovrebbe arrivare senza troppe incertezze, vista la larga maggioranza su cui può contare il socialista François Hollande e il supporto che certamente daranno i deputati di centrodestra. Ma questo non toglie che tra le forze politiche transalpine esiste un diffuso malcontento verso il trattato che impegna la Francia a rispettare l’obbligo al pareggio di bilancio voluto soprattutto dalla Germania. C’è poi il caso ben noto della Grecia, il Paese che più sta pagando le conseguenze della crisi. Il successo sfiorato alle ultime elezioni dalla sinistra radicale di Syriza, l’affermazione dei neonazisti di Alba Dorata, dimostrano come per i greci le parole «povertà» e «euro» sono diventate paradossalmente sinonimi. Le difficoltà di convivenza si riconoscono anche nel dibattito politico dei Paesi nordici. In Finlandia il ministro delle Finanze Juytta Urpilainen, che è anche la segretaria del partito socialdemocratico finlandese, tre mesi fa ha rotto un tabù: per la prima volta nella storia dell’unione monetaria un esponente di governo ha ipotizzato a voce alta l’uscita del suo paese dall’euro. La dichiarazione, pur corretta, segnala la difficoltà di un esecutivo che deve difendere la scelta europea in un Nord sempre più stanco dei suoi spendaccioni vicini di casa meridionali.
Il mantra delle “Liste Pulite”
Credo che l’unico modo per uscire dall’impasse nella quale si trovano i partiti annichiliti dal sentimento di protesta dei cittadini italiani sia un serio rinnovamento. La gente ormai è convita che il nuovo rappresenti un valore intrinseco: meglio votare persone e “movimenti” che non si conoscono che consegnare l’Italia ai vecchi “mariuoli”. E’ questo ciò che sempre più spesso sento in autobus e metropolitane. “Liste pulite” sta diventando un mantra … ma lo comprenderanno i partiti? Come giustificare la candidatura di un D’Alema o di un Cicchitto, di un Weltroni o di un Bossi ed il giochino potrebbe continuare quasi per tutti i restanti 941 parlamentari. Aggiungerei liste pulite anche da mogli, mariti, amanti, compagne/i, fratelli, figli, sorelle etc. Di seguito un interessante articolo di oggi:
Da il mattino del 9 settembre liste pulite
Garantire liste pulite per le prossime elezioni, con candidati presentabili, con qualsiasi legge elettorale si torni alle urne. Le parole di Sergio Romano sul Corriere della sera alimentano il dibattito nella classe politica e tengono banco anche nel mondo cattolico. «Chiediamo un rinnovamento profondo della politica. Tutti gli italiani vogliono liste presentabili, formate da persone oneste», spiega Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli. «Per noi il tema della legalità è prioritario. È necessario un nuovo passaggio, che segni un cambiamento di figure e leadership, perchè il paese possa intraprendere una nuova strategia». Il leader delle Acli traccia anche un profilo del candidato pulito: «Persone di comprovata onestà e rettitudine ma anche gente che in questi anni abbia dato dimostrazione di essere al servizio del Paese. Insomma: persone della società civile, con il volto nuovo e con un impegno concreto per la società. Solo così può tornare la fiducia dei cittadini per la politica». Anche per Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, avere liste pulite è «un’esigenza avvertita dai cittadini. Tutte le nostre indagini degli ultimi dieci anni, indicano l’onestà e la competenza fra le caratteristiche prioritarie che i politici devono avere. I partiti più che rinnovarsi devono rafforzarsi. Da noi i volti nuovi non sono tanti, le liste sì. Bisogna fare in modo che la politica sia ritenuta una cosa seria, rivolta al bene comune». Per Natale Forlani, portavoce del Forum di Todi, «garantire credibilità e onestà è uno degli indicatori che viene chiesto alla politica, insieme alla competenza e possibilmente al ricambio generazionale. Non servono improvvisazioni né operazioni di pura immagine, ma un processo di rinnovamento solido, per creare le future classi dirigenti». Salvatore Martinez, il primo laico alla presidenza nazionale del Rinnovamento nello Spirito, ricorda don Sturzo: «In politica la coscienza deve restare pulita. La nuova generazione di cattolici impegnati in politica deve ristabiire la cifra di un servizio da rendere agli uomini. I politici devono essere umili prima che forti e veri prima che liberi». Il senatore del Pdl Raffaele Lauro spiega che occorrono «tre filtri alle candidature parlamentari, applicati autonomamente dai partiti, ossia codice etico antimafia, limite delle legislature e incompatibilità con altri incarichi. Porterebbero ad un totale rinnovamento della politica italiana».
Bagnoli Futura e Servizi al Caro Estinto al vaglio del prossimo Consiglio
Di seguito due delibere di giunta che sono al vaglio del Consiglio Comunale del 18 settembre p.v. Non le ho ancora studiate bene e ve le sottopongo per eventuali suggerimenti. Una riguarda i servizi mortuari (lo so già immagino gli scongiuri ma anche questo ci “tocca”), l’altra modifiche alla Bagnoli Futura, società già più volte assorta agli onori delle cronache cittadine. Le problematiche sono di diversa specie: per quella sul caro estinto è prevista la esternalizzazione del servizio che, se da un lato, pare che non ci siano comunali disposti ad assumere l’incarico, dall’altro i servizi mortuari sono forse gli unici ad essere un attivo per il Comune. Per quanto concerne, invece, Bagnoli Futura da una prima lettura si prevede un potenziamento della società con allargamento delle attività da svolgere e con una patrimonializzazione consistente nella non trasferimento dei beni al Comune di Napoli ….
Come al solito dico che la partecipazione richiede tempo e fatica ed i cittadini che vogliono collaborare alla gestione della Città, per me, sono sempre ben venuti … buona lettura
Per il Parlamento almeno liste pulite
Prendo spunto da quello che ho letto oggi sul Corriere della Sera per dire che anche io mi aspetto che i partiti abbiano almeno un po’ di buongusto evitando di mettere delinquenti nelle liste. Io aggiungerei che l’impedimento dovrebbe valere anche per i “nani e ballerine” che si sono già esibiti nel corso delle legislature e poi visto che sono tentato aggiungerei anche l’esclusione dalla competizione elettorale per quelle persone che pensano che il Parlamento sia una mucca da cui “suggere il latte” e mi riferisco al disgustoso episodio che ha visto protagonista il parlamentare Antonio Razzi, “un uomo responsabile” (http://www.youtube.com/watch?v=0aiNbGFmoR8) che non credo sia l’unico a pensarla così. Ecco posso dire che questo tipo di parlamentare mi fa schifo nel vero senso della parola!! Ma poi lo so mi faccio prendere la mano e direi ai “vecchi” che hanno fatto qualche decennio in parlamento, ebbene … ma …. ma andatevene a casa e basta avete dimostrato già quello che valete ! Per dirla tutta ma non proprio qualche giorno fa ho visto in TV su la 7 anche la “mummia”, non il film, ma paolo cirino pomicio, ma quanti anni ha? e quante legislature si è fatto? Condannato della vecchia repubblica è attuale presidente della tangenziale di Napoli S.p.a. immagino come premio e sarà anche pagato … ma questa gente non si stanca ? gli italiani non si stancano ? … a dire il vero mi sono indignato poiché le televisioni ed i giornali dovrebbero farli scomparire ed invece questi ce li ritroviamo a discutere della crisi e delle soluzioni alla crisi, proprio loro che hanno nuotato nel mare di corruzione di tangentopoli … a pensarci e peradossalmente come cittadino mi sento anche responsabile di questa condizione politica …. Comunque di seguito l’articolo di cui ho accennato e che mi ha scatenato queste riflessioni di Sergio Romano sul Corriere della Sera di oggi 06.09.2012:
“Quando è stato scritto, qualche mese fa, che la riduzione del numero dei parlamentari avrebbe dato soddisfazione a una domanda del Paese, non abbiamo registrato, nel mondo politico, obiezioni e riserve. Quando è stato ricordato che gli italiani non volevano più andare alle urne per votare liste confezionate nelle segreterie dei partiti, ci è sembrato che tutte le maggiori forze politiche ne fossero consapevoli. Quando molti hanno ricordato che la legge contro la corruzione non è necessaria perché richiesta dall’Europa, ma anche e soprattutto perché serve a contrastare il virus della sfiducia nelle istituzioni che circola ormai come il sangue nelle vene del Paese, nessuno li ha pubblicamente contraddetti. E quando abbiamo creduto che queste fossero le misure su cui i partiti avrebbero concentrato ogni loro sforzo nei mesi seguenti, abbiamo pensato che la politica italiana avesse finalmente imboccato, per concludere decorosamente una difficile legislatura, la strada giusta. Mentre il governo dei tecnici faceva del suo meglio per risanare i conti dello Stato e smentire il pessimismo dei mercati, i maggiori partiti avrebbero usato del tempo di cui disponevano per dimostrare che avevano capito lo stato d’animo del Paese, che non potevano affrontare gli elettori senza avere risolto alcuni dei problemi più lungamente e inutilmente dibattuti nella storia politica italiana.
Ci sembrò, oltretutto, che i partiti ne avessero la convenienza. Avrebbero evitato di provare al Paese che non vogliono diminuire il numero dei parlamentari, che non sono capaci di accordarsi sui concetti di corruzione e concussione, e che l’attuale legge elettorale, anche quando affermano il contrario, è quella che maggiormente corrisponde ai bisogni di una nomenklatura preoccupata soprattutto dalla propria sopravvivenza e dalla gelosa conservazione delle sue prerogative. Naturalmente non lo ammetteranno mai, e gli italiani corrono così il rischio di assistere, nei prossimi mesi, alla commedia delle accuse reciproche. Ma spero che non si illudano. Anche se qualcuno, soprattutto in materia di corruzione, può essere più responsabile degli altri, il risultato sarà quello di aumentare il disgusto per la politica dei politici e soprattutto per un Parlamento che verrà considerato incapace di rivendicare ed esercitare il proprio ruolo. Ciò che maggiormente colpisce in questa vicenda è la cecità dei maggiori partiti. Credono di lavorare per i propri interessi e stanno invece lavorando per quelli dei loro nemici, vale a dire per quella velenosa combinazione di demagogia e populismo che si sta diffondendo nella società nazionale.
In questo quadro sconsolatamente negativo rimane una sola speranza. Se ci toccherà ancora una volta di votare con il Porcellum, non vorremmo trovare nelle liste persone impresentabili. Siamo garantisti e sappiamo che una indagine non equivale a una condanna. Ma le segreterie, dal momento che non vogliono privarsi del diritto di scegliere i candidati, dovrebbero almeno impegnarsi pubblicamente a rispettare questo elementare principio di moralità politica: non servirsi del Parlamento per mettere qualche loro compagno al riparo dalla giustizia”.
Per non dimenticare!!
Oggi ancora di più dobbiamo ricordarci di chi sono le responsabilità della condizione attuale della politica. Riporto quanto scriveva Paolo Sylos Labini sulla posizione assunta dai DS nel 1994 e nel 1996 sul conflitto di interessi di berlusconi per il possesso delle reti televisive che in virtù della legge vigente ne avrebbe dovuto far dichiarare la ineleggibilità sia nel 1994 che nel 1996: “Così, negli atti della Giunta per le elezioni della Camera di mercoledì 20 luglio 1994 a pagina 3 risulta che l’unico oppositore fu il deputato ds Luigi Saraceni, che, come dichiarò ad un mio amico del gruppo di pressione e come mi ha confermato oggi per telefono, prese la decisione autonomamente: i suoi colleghi ds votarono a favore. Tutto questo avveniva nel 1994, quando la maggioranza era del cosiddetto centrodestra. Anche più grave è ciò che accadde dopo le elezioni del 1996: allora la maggioranza era del centrosinistra ma non ci fu nessuna opposizione; anche in questo caso ho gli atti della Giunta – martedì 17 ottobre, pagine 10-12. Del 1996 il presidente D’Alema non parla. Di tutto questo scrissi diffusamente in un lungo articolo apparso nel fascicolo 5 del 2000 della rivista MicroMega; debbo ritenere che sia sfuggito alla sua attenzione”.
Piano Particolareggiato del Traffico
Stamane (05.09.2012) in Commissione mobilità con l’Assessore Anna Donati abbiamo discusso il piano particolareggiato del traffico che allego e che contiene tutti i provvedimenti di ZTL e di Pedonalizzazione della Città di Napoli. Tale piano non è ovviamente ancora esecutivo poiché sono in corso “aggiustamenti” all’esito dei quali sarà adottato con una delibera di giunta. Sono graditi eventuali suggerimenti. Buona lettura: