Don Andrea Gallo: Lettera ai Giovani

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Come dimenticare una persona come Don Gallo, ci mancheranno le sue riflessioni.

Tratto dal libro di Don Gallo “Se non ora adesso”, la “Lettera ai giovani:

Comprendo profondamente quello che i giovani vivono, e sono costernato, addolorato per l’assenza di futuro cui sembrano condannati. Come faccio ad avere la pretesa di sradicare questa assenza di futuro? I responsabili delle grandi agenzie, dei grandi poteri, delle istituzioni sembrano interessati solo a giovani che “servono”, che rinunciano alla loro coscienza critica, alla loro autonomia, alla loro autogestione: il potere vuole solo giovani ubbidienti. Ricordo che ero ancora al Carmine, ero amico di un taxista che con molti sacrifici faceva studiare il figlio. Siamo negli anni Settanta, il figlio si laurea brillantemente e partecipa a un concorso all’Eni arrivando primo assoluto. Assunto immediatamente, rinuncia. Suo padre viene da me disperato, aveva lavorato una vita, era riuscito a comprare una licenza da taxista, per il figlio aveva fatto tutto quello che poteva. Niente, tutto in fumo. Perché? Volevo capire. Così ho incontrato quel ragazzo, abbiamo parlato, gli ho chiesto come mai aveva rifiutato. Il concorso era basato solo su test, bastava una crocetta, un sì o un no. Nessun margine. Nessuna libertà, nessun confronto. Il ragazzo si è sentito uno strumento in mano di un ingranaggio molto più grande di lui. Mi disse che dove aveva risposto sì ed era risultato giusto, lui in realtà avrebbe messo un no, e via così. Ci ha ripensato e ha rifiutato il posto. Come dargli torto. Adesso fa il ricercatore. Con i giovani bisogna partire da questo assunto: condividiamo con voi l’assenza di futuro. Mario Monicelli lo aveva capito, e secondo me si è suicidato perché non aveva visto segni di rivolta. Ora i segni cominciano a vedersi, sono minoranze anche se consistenti, ma quante volte i giovani sono stati schiacciati. È un omicidio lento, troppi giovani studiano e poi non hanno sbocchi. Marco Revelli chiama i giovani “scoraggiati inattivi“: molti, dopo essere passati attraverso la delusione, la disperazione, l’alienazione, sono scoraggiati. Inattivi: in Italia i giovani che non lavorano superano di tre volte quelli dell’Europa, e il lavoro neanche lo cercano. Allora ci vuole una rottura e può essere necessario anche uscire dalla legalità, quella del potere, per entrare nell’illegalità non violenta. È certo che chi fa una scelta così deve essere pronto ad accettarne le conseguenze. Socrate venne accusato di istigare i giovani alla illegalità. Anche io l’ho fatto e per questo sono stato denunciato: avevo partecipato all’occupazione di una vecchia scuola, un posto bellissimo. Che male c’era? Non abbiamo abbattuto niente, abbiamo valorizzato un luogo abbandonato e lo abbiamo utilizzato. Naturalmente con i giovani devi essere trasparente, devi proporre esempi, non bastano le parole. C’è un teologo che continua a dire che la fede viene prima dell’etica, ma è nel comportamento coerente con gli insegnamenti di Gesù che si può sperimentare la fede. Ricordo che ero già in noviziato e una delle parabole del mio insegnante diceva: “Timeo Jesum transeuntem”, temo il passaggio di Gesù. Poi ci faceva guardare un quadro dove c’era una porta e ci diceva: guardate bene la porta, cosa ne dite? Non aveva serratura, quindi uno dal di fuori non poteva entrare, neanche se aveva le chiavi. “Significa che Gesù passa, ma se tu non apri, è inutile!”. Ecco perché quel vescovo del Brasile aveva scritto sulla facciata della sua chiesa: caro cristiano, tu che stai per entrare, sappi che il mondo si divide in oppressori e oppressi. Tu da che parte stai?

Bisogna ricordare cosa scrisse Antonio Gramsci nel ’19, il suo richiamo contro l’indifferenza e l’urgenza di scegliere da che parte stare. I giovani ci provano, stanno lavorando, elaborando proposte concrete, coerenti e costruttive, stanno arrivando alla scelta epocale della non violenza. E questo sta accadendo in tutto il mondo. È “un fiume che avanza” e che ha cominciato il suo lento cammino già dieci anni fa al G8 di Genova, quando i giovani hanno posto una domanda importante: “Signori del G8 – hanno gridato – non vi sembra che sia una cinica pretesa venirci a dire che l’unico mondo possibile è il vostro?”. Oggi c’è una crisi che non è politica, ma di sistema. I giovani sanno che è di lunga durata e che bisogna costruire un tessuto nuovo. È faticoso, ma anche entusiasmante, e noi non possiamo deluderli. La mia bussola è la Costituzione, l’articolo 3 in cui si parla della differenza tra previdenza e assistenza, della tutela della parità della donna lavoratrice, del lavoro minorile, della sicurezza sul lavoro: questa è la legalità da difendere. Qualche mese fa ero a Piombino per un incontro sul drammatico tema dei morti sul lavoro, e in quell’occasione abbiamo riletto l’articolo: “Tutti i cittadini – recita – hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Be’, allora, chi è che non ha rispetto della legalità? Chi disattende la Costituzione o chi protesta perché la Costituzione viene disattesa? È ora che i partiti capiscano quale ruolo dà loro la Costituzione e non mettano il cappello ai movimenti. La nostra è una Res publica, è di tutti. A partire dai giovani che devono essere coinvolti in prima persona nel processo di rinnovamento di questa democrazia e di difesa della Costituzione. La Costituzione è stata fatta per i giovani, per tutti i giovani che verranno.

Addio a Franca Rame

francarame

All’età di 84 anni, è morta a Milano Franca Rame, di Lei ricordo la sua forza e determinazione e ricordo la sua lettera di dimissioni dal Parlamento per ragioni che dovrebbero farci pensare per la loro drammatica attualità. Sono queste persone che ci fanno sentire meno soli e ci danno la forza affinché si possa insieme provare a fare in modo che non accada più che le migliori forze del paese escano dai luoghi di decisione collettiva per lasciare spazio all’ignavia, all’ignoranza ed all’interesse personale o di parte. Grazie Franca per quello che sei stata!

Ecco il testo della lettera di dimissioni:

In verità basterebbero poche parole, prendendole a prestito da Leonardo Sciascia: «Non ho, lo riconosco, il dono dell’opportunità e della prudenza, ma si è come si è».

                    Il grande scrittore siciliano è, in effetti, persona che sento molto vicina, (eravamo cari amici) sia per il suo impegno culturale e sociale di tutta la vita, sia perché a sua volta, nel 1983, a fine legislatura decise di lasciare la Camera dei Deputati per tornare al suo lavoro di scrittore.

                Le mie motivazioni, forse, non sono dissimili dalle sue. Del resto, io mi sono sentita “prestata” temporaneamente alla politica istituzionale, mentre l’intera mia vita ho inteso spenderla nella battaglia culturale e in quella sociale, nella politica fatta dai movimenti, da cittadina e da donna impegnata. E questo era ed è il mandato di cui mi sono sentita investita dagli elettori: portare un contributo, una voce, un’esperienza, che provenendo dalla società venisse ascoltata e magari a tratti recepita dalle istituzioni parlamentari.

Dopo 19 mesi debbo constatare, con rispetto, ma anche con qualche amarezza, che quelle istituzioni mi sono sembrate impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, cioè non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato.

                 Nel marzo del 2006, l’Italia dei Valori mi propose di candidarmi come senatrice alle elezioni. Ho riflettuto per un mese prima di sciogliere la mia riserva, mossa da opposti sentimenti, ma alla fine ho maturato la convinzione che per contribuire a ridurre i danni prodotti al Paese dal governo retto da Silvio Berlusconi e dall’accentramento di poteri da lui rappresentato, ogni democratico dovesse impegnarsi in prima persona nell’attività politica.

            Ho infine accettato, ringraziando l’On. Di Pietro per l’opportunità che mi aveva offerto, pensando, senza presunzione, che forse avrei potuto ricondurre alle urne, qualcuna o qualcuno dei molti sfiduciati dalla politica.

            Ecco così che il 12 aprile 2006 mi sono ritrovata a far parte, alla mia giovane età (!!), del Senato della Repubblica carica d’entusiasmo, decisa a impegnarmi in un programma di rinnovamento e progresso civile, seguendo le proposte portate avanti durante la campagna elettorale dell’Unione, soprattutto quella di riuscire a porre fine all’enorme e assurdo spreco di denaro pubblico.

            Ho così impegnato la mia indennità parlamentare per lavorare in questa direzione, anche organizzando (giugno 2006) un convegno con un gruppo di professionisti tra i più valenti, al fine di tracciare le linee di un progetto in grado di tagliare miliardi di euro di spese dello Stato nel settore dei consumi energetici, delle disfunzioni della macchina giudiziaria e dell’organizzazione dei servizi.

            A questo convegno ho invitato Senatori della commissione ambiente e altri che ritenevo sensibili ai temi in discussione.

Non ne è venuto uno.

            Ho inoltre presentato un disegno di legge (4 luglio 2006) con cui chiedevo che i funzionari pubblici, condannati penalmente, venissero immediatamente licenziati, trovando su questo terreno l’adesione di parlamentari impegnati nella stessa direzione, quali i Senatori Formisano, Giambrone, Caforio, D’Ambrosio, Casson, Bulgarelli, Villecco Calipari, Russo Spena e molti altri, compresi numerosi deputati.

E’ nato così il progetto delle “10 leggi per cambiare l’Italia”.

            Ho anche acquistato spazi su alcuni quotidiani e sul web, per comunicare i punti essenziali di questo progetto. Ma anche questa iniziativa non ha suscitato interesse nei dirigenti dei partiti del centro sinistra.

            Nei quasi due anni trascorsi in Senato, ho presentato diverse interrogazioni.

            Tutte rimaste senza risposta.

            Ho presentato numerosi emendamenti, ma non sono stati quasi mai accolti.

            Questa, per la verità, è la sorte che capita a quasi tutti i Senatori.

            In seguito a una inchiesta da me condotta sul precariato in Parlamento, sei mesi fa mi sono impegnata nella stesura di un disegno di legge (presentato 18 luglio) in difesa dei diritti dei collaboratori dei parlamentari: illegalità, evasione contributiva e sfruttamento proprio all’interno della istituzione parlamentare!

            Mi sono contemporaneamente impegnata su questioni drammatiche e impellenti, quali la necessità che il ministero della Difesa riconoscesse lo status di “vittime di guerra” ai reduci dei conflitti nei Balcani, Iraq e Afghanistan, avvelenati dai residui dell’esplosione dei proiettili all’uranio impoverito.

            Quanti sono i militari deceduti? Mistero.

            Quanti gli ammalati ignorati senza assistenza medica né sostegno economico? Mistero. Le cifre che si conoscono sono molto contraddittorie .

            Quello che si sa con certezza è che ci sono famiglie che per curare il figlio si sono dissanguate e alla morte del congiunto non avevano nemmeno i mezzi per pagare la tomba.

            Anche per questa tragica campagna d’informazione ho acquistato spazi su quotidiani e web. Grazie ad alcuni media e a “Striscia la notizia” di Antonio Ricci, il problema è stato portato per quattro volte al grande pubblico: giovani reduci dei Balcani gravemente colpiti, raccontavano la tragedia che stavano vivendo. Dopo tanto insistere, finalmente il Ministro Parisi, se ne sta occupando: speriamo con qualche risultato concreto.

          Posso dire serenamente di essermi, dall’inizio del mio mandato ad oggi, impegnata con serietà e certamente senza risparmiarmi.

            Ma non posso fare a meno di dichiarare che questi 19 mesi passati in Senato sono stati i più duri e faticosi della mia vita.

            A volte mi capita di pensare che una vena di follia serpeggi in quest’ambiente ovattato e impregnato di potere, di scontri e trame di dominio.

            L’agenda dei leader politici è dettata dalla sete spasmodica di visibilità, conquistata gareggiando in polemiche esasperate e strumentali, risse furibonde, sia in Parlamento che in televisione e su i media. E spesso lo spettacolo a cui si assiste non “onora” gli “Onorevoli”.

            In Senato, che ho soprannominato “il frigorifero dei sentimenti” non ho trovato senso d’amicizia. Si parla… sì, è vero… ma in superficie. Se non sei all’interno di un partito è assai difficile guadagnarsi la “confidenza”. A volte ho la sensazione che nessuno sappia niente di nessuno… O meglio, diciamo che io so pochissimo di tutti.

            In Aula, quotidianamente, in entrambi gli schieramenti (meno a sinistra per via dei numeri risicati), vedi seggi vuoti con il duplicato della tessera da Senatore inserita nell’apposita fessura, con l’intestatario non presente: così risulti sul posto, anche se non voti e non ti vengono trattenuti 258 euro e 35 centesimi per la tua assenza, dando inoltre la possibilità ai “pianisti” di votare anche per te, falsando i risultati.

            Questo comportamento in un Paese civile, dove le leggi vengono applicate e rispettate, si chiama “truffa”.

            La vita del Senatore non è per niente comoda e facile per chi voglia partecipare seriamente ed attivamente ai lavori d’Aula.

            Oltre l’Aula ci sono le commissioni. Ne ho seguite quattro: Infanzia, Uranio impoverito, Lavori pubblici e comunicazione, Vigilanza Rai.

            A volte te ne capitano tre contemporaneamente e devi essere presente ad ognuna o perché è necessario il numero legale o perché si deve votare.

E’ la pazzia organizzata!

            Se queste riunioni si facessero via web si ridurrebbero i tempi e si potrebbe arrivare velocemente alle conclusioni, ma l’era del computer non ha ancora toccato i vertici dello Stato!

            E tutto questo attivismo produce un effetto paradossale: la lentezza.

Si va lenti… “lenti” in tutti i sensi.

            Nel nostro Parlamento l’idea del tempo è quella che probabilmente hanno gli immortali: si ragiona in termini di ere geologiche, non certo sulla base della durata della vita umana e degli impellenti bisogni della gente.

             Oltretutto mi sento complice di una indegnità democratica. Stiamo aspettando da 19 mesi, che vengano mantenute le promesse fatte in campagna elettorale. Non è stata ancora varata, ad esempio, la legge sul conflitto d’interessi, e ritengo questo ritardo gravissimo. Non è stata liberata la Rai dai partiti, non è stato fissato un antitrust sulle televisioni, mentre in compenso tutte le leggi del governo Berlusconi, assai criticate anche all’estero, sono in vigore, il falso in bilancio continua a essere depenalizzato, la ex Cirielli continua a falcidiare migliaia di processi. Contemporaneamente il governo ha bloccato il processo sul sequestro di Abu Omar sollevando due conflitti d’attribuzione davanti alla Corte costituzionale. E ha creato i presupposti perché al Pubblico Ministero Luigi De Magistris vengano tolte le indagini su politici di destra e di sinistra e il Giudice Clementina Forleo venga fatta passare per esaltata e bizzarra.

            Nonostante gli impegni programmatici sulla legge Bossi-Fini e sui Centri di permanenza temporanea, che sarebbe più appropriato definire centri di detenzione, dove sono negati i diritti più elementari, non ci sono novità.

            Ora stiamo aspettando anche in Senato il disegno di legge che vieta ai giornali di pubblicare le intercettazioni e gli atti d‘indagini giudiziarie, già votato alla Camera da 447 deputati, con soli 7 astenuti e nessun contrario.

            Come andrà in Senato?

            In tante occasioni ho fatto prevalere, sui miei orientamenti personali la lealtà al governo e allo schieramento in cui sono stata eletta, ma questa volta non potrei che votare contro.

          Il Paese si trova in gran difficoltà economica: disoccupazione, precarietà, caro vita, caro affitti, caro tutto… pane compreso.

            Che dire della lontananza sconvolgente che c’è tra il governo e i reali problemi della popolazione?

            E che dire dei 1030 morti sul lavoro nel solo 2007 (cifra peraltro destinata a crescere con la stabilizzazione dei dati Inail) Ben venga il disegno di legge del ministro Damiano e il nuovo Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro.

Non è mai troppo tardi.

Solo un po’…

            Che dire dell’indulto di “tre anni” approvato con una maggioranza di 2/3 del Senato, con l’appoggio di UDC, Forza Italia e AN?

            Era certamente indispensabile alleggerire il disumano e incivile affollamento delle carceri, ma con un criterio che rispondesse davvero al problema nella sua essenza, con un progetto di riforma strutturale del sistema penitenziario, con il coinvolgimento delle innumerevoli associazioni del volontariato privato-sociale, che storicamente operano sul territorio nazionale e locale.

            A migliaia si sono trovati per strada e molti senza un soldo né una casa, né tanto meno un lavoro. Dodici donne italiane e straniere furono dimesse dal carcere di Vigevano a notte fonda in piena e desolata campagna!

            La notte stessa e nei mesi a seguire, circa il 20% degli scarcerati è ritornata in cella. Sono anni che le carceri scoppiano… nessuno ha mai mosso un dito. Di colpo arriva l’indulto!

            E’ difficile non sospettare che il vero obiettivo di questa legge proposta dal governo, fosse soprattutto quello di salvare, in fretta e furia, dalla galera importanti e noti personaggi incriminati, industriali e grandi finanzieri, e soprattutto politici di destra e qualcuno anche di sinistra…

            Che dire dei deputati e senatori condannati e inquisiti che ogni giorno legiferano e votano come niente fosse?

            Che dire di una finanziaria insoddisfacente alla quale siamo stati obbligati a dare la fiducia, altrimenti non avrebbe avuto i voti per passare?

            Che dire del consenso dato dal governo Prodi nel 2006 e riconfermato, “di persona” dal Presidente Napolitano a Bush nel 2007, per la costruzione della più grande base americana d’Europa a Vicenza?

            Gli impegni presi da Berlusconi sono stati mantenuti.

            I vicentini hanno diritto di manifestare in centinaia di migliaia, con la solidarietà di molti italiani, ma non di ottenere attenzione e rispetto delle proprie ragioni.

            Che dire del costante ricatto, realizzato da questo o quel onorevole, di far cadere il governo per cercare di ottenere privilegi o cariche?

            Quante volte, per non farlo cadere, ‘sto benedetto governo, ho dovuto subire il ricatto e votare contro la mia coscienza?

            Troppe. Tanto da chiedermi spesso: “Cosa sono diventata? La vota rosso-vota verde?”

            La prima volta che ho sentito forte la necessità di allontanarmi da questa politica svuotata di socialità, è stato proprio con il rifinanziamento delle missioni italiane “di pace” all’estero. Ero decisa a votare contro, ma per senso di responsabilità, e non mi è stato facile, mi sono dovuta ancora una volta piegare.

            E non mi è piaciuto proprio. Credo che il mio malessere verso queste scelte sia ampiamente condiviso dai molti cittadini che hanno voluto questo governo, e giorno dopo giorno hanno sentito la delusione crescere, a seguito di decisioni sempre più distanti da loro, decisioniche li hanno alla fine, allontanati dalla politica.

          In queste condizioni non mi sento di continuare a restare in Senato dando, con la mia presenza un sostegno a un governo che non ha soddisfatto le speranze mie e soprattutto quelle di tutti coloro che mi hanno voluta in Parlamento e votata.

            La prego quindi signor Presidente di mettere all’ordine del giorno dell’Assemblea le mie irrevocabili dimissioni.

         Non intendo abbandonare la politica, voglio tornare a farla per dire ciò che penso, senza ingessature e vincoli, senza dovermi preoccupare di maggioranze, governo e alchimie di potere in cui non mi riconosco.

            Non ho mai pensato al mio contributo come fondamentale, pure ritengo che stare in Parlamento debba corrispondere non solo a un onore e a un privilegio ma soprattutto a un dovere di servizio, in base al quale ha senso esserci, se si contribuisce davvero a legiferare, a incidere e trasformare in meglio la realtà. Ciò, nel mio caso, non è successo, e non per mia volontà, né credo per mia insufficienza.

            E’ stato un grande onore, per il rispetto che porto alle Istituzioni fondanti della nostra Repubblica, l’elezione a Senatrice, fatto per il quale ringrazio prima di tutto le donne e gli uomini che mi hanno votata, ma, proprio per non deludere le loro aspettative e tradire il mandato ricevuto, vorrei tornare a dire ciò che penso, essere irriverente col potere come lo sono sempre stata, senza dovermi mordere in continuazione la lingua, come mi è capitato troppo spesso in Senato.

     Mi scuso per la lunga lettera, signor Presidente, ma sono stata “in silenzio” per ben 19 mesi! Roba da ammalarmi!

   Prima di accomiatarmi non posso non ricordare quelle colleghe e colleghi di gran valore intellettuale e politico che ho avuto l’onore di conoscere. Tra questi una particolare gratitudine va ad Antonio Boccia, che fin dall’inizio mi ha tenuta sotto la sua ala protettrice con amichevole affetto, consigliandomi e rincuorandomi nei momenti difficili.

            Un pensiero particolare al Ministro Di Pietro e i Senatori di Italia dei Valori e a chi ha dimostrato simpatia nei miei riguardi.

            Rimane il rammarico di non aver potuto frequentare, se non rarissime volte, i colleghi oltre le mura del Senato.

           Infine un ringraziamento sentito alla Senatrice Binetti e al Senatore Tomassini che con grande umanità hanno superato le ideologie che ci dividono, per soccorrere uniti, un bimbo di 6 anni in grande difficoltà.

            Augurandomi che Lei possa comprendere le mie motivazioni, desidero ringraziarLa per la gentilezza e disponibile accoglienza che mi ha accordato.

          La saluto con stima sincera

                                                                                                                      Franca Rame

Gentile Presidente Marini,

                                            con questa lettera Le presento le mie dimissioni irrevocabili dal Senato della Repubblica, che Lei autorevolmente rappresenta e presiede.

            Una scelta sofferta, ma convinta, che mi ha provocato molta ansia e anche malessere fisico, rispetto la quale mi pare doveroso da parte mia riepilogare qui le ragioni.

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