Le Stazioni di Monte Sant’angelo di Kapoor

kapoorEd alla fine l’opera d’arte architettonica realizzata in Olanda ed ivi in deposito fa discutere non poco tra la pretesa dell’artista anglo indiano di riaverla e l’immobilismo dell’amministrazione cittadina e regionale. Quest’ultima sostiene che tutto è fermo poiché la passata amministrazione bassolino approvò il progetto e le opere senza prevedere le coperture (?). Sulle pagine di Repubblica Napoli oggi sul tema si scontrano due tesi quella di un architetto e storico della architettura (Giulio Pane) e quella di un filosofo, impegnato nell’arte (Eduardo Cicellyn). In mezzo allo scontro di idee ci sono i cittadini Napoletani, che chiedono conto e ragione dei soldi spesi e lo stesso Kapoor che con una lettera pure pubblicata sui giornali chiede che l’opera o sia terminata ed installata (quasi ad horas) ovvero restituita a lui stesso con conseguente restituzione di quanto ricevuto (circa 11 milioni di euro). Kapoor, infatti, sostiene di ricevere un danno dal fatto che un’opera realizzata ormai da quasi dieci anni non sia ancora installata.  Le stazioni realizzate da Kapoor sono due una di Monte Santangelo e l’altra nel Rione Traiano e sulle quali ho già scritto più volte (lo scandalo della metropolitana di Kapoor clikka).  Che dire la metropolitana di Napoli: è l’ennesima telenovela….

Ecco lo scambio tra Pane e Cicellyn, nel quale quest’ultimo diciamo non gliela manda a dire, mi aspetto una replica del Prof. Pane

Da Repubblica Napoli di ieri (28.03.2014)

La Stazione di Kapoor

GIULIO PANE

L’ARTISTA anglo-indiano Anish Kapoor, che tanto piacque all’amministrazione Bassolino, lamenta il mancato impiego — non il mancato compenso — della sua opera, che avrebbe dovuto essere posta quale ingresso vulvare alla stazione della metropolitana di Monte Sant’Angelo. Egli lamenta cioè l’offesa portata alla sua arte, perché l’opera non viene ultimata, e che ciò lo danneggia professionalmente.

Apriti cielo, piovono le geremiadi di chi ne accusa la Regione, colpevole di avere bloccato i relativi finanziamenti, quelle di chi accusa la stessa di cecità e imprevidenza, per non avere accolto la testimonianza di un artista contemporaneo che si può firmare addirittura “Sir”. Manca, per la verità, la protesta di chi intanto si accorge che l’opera sarebbe costata addirittura tre milioni di euro, si fa un po’ di conti e scopre anche che la nostra metropolitana dell’arte è forse la più cara del mondo (costo medio per abitante, a tutt’oggi, di 260,1 milioni di euro a km, fonte: http://www.cityrailways.it), proprio per gl’interventi “accessori” richiesti ad alcuni progettisti e per l’investimento “territoriale” delle relative stazioni (vedi l’ultima, di Dominique Perrault, in piazza Garibaldi, con l’inutile e invasiva selva d’acciaio).

Si legge poi che la stazione suddetta non si farà; sembra di capire che ciò avvenga proprio perché non possiamo avere o non vogliamo più l’opera di Kapoor. Siamo così al capovolgimento di ogni logica: se il rinnovamento del sistema trasportistico locale si lascia subordinare all’esecuzione di questa o quella opera d’arte, qualcuno dovrà pur rendere conto di questa stolta impostazione, che priva i cittadini di un concreto vantaggio, in nome della mancata realizzazione di un progetto faraonico.

Al contrario, se vi sono ancora le ragioni tecniche, funzionali e urbanistiche perché la stazione si faccia, non si vede perché non vi si debba provvedere nel modo più semplice, con un progetto di elementare funzionalità, anche facendo a meno della esibizione di una ennesima copia gestuale del prolifico artista angloindiano (a proposito, non è vero che si tratterebbe di una novità pensata per Napoli: il suo precedente è già al Millennium Park di Chicago, come il precedente della scultura Tarantatara, in piazza Plebiscito nel Natale del 2003, era al Baltic Centre di Gateshead, England).

Il mondo è pieno di metropolitane perfettamente funzionanti, puntuali, frequenti, usatissime dalla gente che se ne serve per andare al lavoro o al cinema. Potremmo anche spendere meglio i tre milioni previsti. Ma sembra che Kapoor non voglia rinunciarvi, e con ragione. Ecco ancora una volta un tema da Corte dei conti. Infine, perché non consentire a Kapoor di riprendersi la scultura urbana, restituendoci l’importo del suo compenso e quello della costruzione dell’opera, per consentirci di risparmiare qualcosa e finire la stazione, con vantaggio per gli studenti e tutti i pendolari?

Da Repubblica Napoli di oggi (29.03.2014)

Kapoor è il progettista non il decoratore

Eduardo Cicelyn

L’ARCHITETTO e storico dell’architettura Giulio Pane sostiene sulla Repubblicadi ieri che la stazione di Kapoor a Monte Sant’Angelo è parte di un progetto faraonico (stranamente celebrato in tutto il mondo); e, nella fattispecie, includerebbe opere non originali dell’artista e particolarmente costose.

Al di là della questione economica che appare pretestuosa e non documentata, colpisce il mix di ignoranza (dei fatti) e di approssimazione (culturale) che conduce il professor Pane nel vicolo cieco dell’arroganza.

Prima di tutto, Kapoor è il progettista e non il decoratore di Monte Sant’Angelo. Vale a dire che le sue sculture plasmano tutto lo spazio architettonico e lo determinano completamente per quel che sarà la sua funzione. Per dirla meglio, la stazione in questo caso è un’unica scultura. Infatti, ciò che sfugge al professor Pane è il senso innovativo del progetto: l’aver fatto di un’opera d’arte un oggetto d’uso comune, transitabile, abitabile, democraticamente disponibile e non elitariamente esposto al semplice giudizio estetico. Facoltà che peraltro il professor Pane sembra esercitare in modo un po’ troppo personale, visto che addirittura confonde la Cloud Gate del Millennium Park di Chicago con una delle forme disegnate per Napoli da lui solo intraviste sui giornali. La coppia di opere di Kapoor a cui si riferisce il professore sono le porte d’ingresso della stazione (una nel campus universitario, l’altra nel Rione Traiano) e sono due distinti oggetti, diversissimi tra loro, che non è dato capire come possano essere considerati in modo così spregiativo «l’ennesima copia gestuale del prolifico artista anglo-indiano». Le immagini sono reperibili su Internet. Chiunque può farsi un’idea dell’arbitrarietà malevola del paragone.

Ma non è questo il problema. Sconcerta dover spiegare a un architetto che è anche storico della disciplina ciò che è già chiaro a un suo studente del primo anno. Un progetto artistico-architettonico su scala urbana, come quello di cui si discute, ha una valenza monumentale che insiste sul paesaggio, lo legge, lo inquadra e lo modifica. Se ne può fare a meno, certamente. Nel caso, però, quella stazione e il sito dove si colloca andrebbero totalmente ridisegnati. Ripeto, non si tratterebbe di togliere opere d’arte da un’architettura come suggerisce Pane. Senza l’artista non ci sarebbe più neanche l’architettura: è chiaro o non è chiaro? Qualcuno perciò dovrebbe ridisegnare tutto ciò che Kapoor (insieme con Future Systems) ha progettato, modellato e consegnato ai suoi committenti ormai 9 anni fa e che in larga parte è stato già realizzato dalle imprese edili. Tutto questo solo perché un professore di architettura napoletano non conosce e non apprezza Anish Kapoor?

2 risposte a "Le Stazioni di Monte Sant’angelo di Kapoor"

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  1. La disputa intorno alla stazione di Hanish kapoor è sintomatica di un disagio che deriva dal sistema delle stazioni affidate a singoli progettisti sena alcun confronto, senza un concorso come avrebbe richiesto l’impiego di fondi europei. Ci siamo trovarti di fronte a scelte, si fa per dire, da parte non si sa bene chi, o almeno si sa che il deus ex machina delle stazioni dell’arte è Achille Bonito Oliva e suoi collaboratori, È evidente la scelta di parte, nel voler cogliere l’occasione della metropolitana di Napoli per l’affermazione della Transavanguardia, di cui è mentore Bonito Oliva e seguaci, insieme al Museo Madre. kapoor che ha beneficiato dell’esclusiva, senza alcuna competizione, ora batte i pugni sul tavolo, ma deve fare i conti con i rischi che un simile incarico comporta, quando è stato accettato in solitudine!

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  2. Fa veramente impressione notare come intorno ad alcune delle poche cose veramente belle realizzate in questo disastro di città si riescano a fare delle discussioni così deprimenti.
    Forse più che mettere sotto accusa la realizzazione bellissima e importante delle stazioni della metro bisognerebbe ragionare un po’ più seriamente sulla cultura “aglio e uoglio” che contraddistingue Napoli e i napoletani e che fa diventare un’opera titanica tanto la realizzazione di una stazione della metropolitana, quanto il semplice atto di salire e scendere da un autobus.

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