Quiete Pubblica: Mozzate non è Napoli

mozzateIl Consiglio di Stato avalla la scelta del Comune di Mozzate (CO) che limita l’orario di esercizio di un BAR alle 23,30 perché disturbava la quiete pubblica. Scelta fatta, correttamente, senza neppure fare i rilievi fotometrici! Di recente un noto locale sulla spiaggia di Bagnoli, e tanti altri locali della movida di chiaia, sono stati sanzionati a seguito di rilevazioni acustiche. In altri quartieri nonostante denuncia e pronunce del Tribunale Civile l’amministrazione non ha fatto nulla. In tutto questo “casino” che è diventata Napoli mai nessuna ordinanza è stata adottata di questo tipo nonostante migliaia di cittadini che soffrono. Si dovrebbe capire perché l’Ammonostrazione non fa nulla per regolamentare il fenomeno; verrebbe da pensare che appoggia la lobby della movida ritenendola elettoralmente vantaggiosa a scapito delle migliaia di cittadini che finiscono per vedere pregiudicata la loro salute. Come dire, ancora una volta si predilige chi specula per danaro a scapito della salute pubblica. E’ legittimo, allora, chiedersi quanto vale la salute dei Napoletani! Per ora sicuramente meno di quella dei cittadini di Mozzate.

Rideterminazione dell’orario di un bar per rumori notturni

Data di pubblicazione: 16 novembre 2016

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I – parere 15 novembre 2016* (sull’ordinanza sindacale con la quale è stato rideterminato l’orario di chiusura di un bar a seguito delle lamentele dei vicini per rumori notturni).

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I – parere 15 novembre 2016 n. 2381 – Pres. Torsello, Est. Luttazi – Oggetto: Ministero dell’interno. Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dalla Impresa individuale Bormolini Flaviano contro il Comune di Mozzate avverso nuovo orario di chiusura del pubblico esercizio denominato “Bar Aqua” – (esprime il parere che il ricorso debba essere respinto).

Commercio ed industria – Esercizi commerciali – Esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande – Ordinanza del Sindaco – Che ha rideterminato l’orario di chiusura dell’esercizio – Facendo riferimento alle lamentele per rumori notturni – Legittimità – Effettuazione di rilievi fonometrici per verificare l’eventuale superamento delle soglie di rumorosità – Non occorre – Preventivo avviso di inizio del procedimento – In considerazione dell’urgenza di provvedere – Non occorre.

È legittima l’ordinanza con la quale il Sindaco ha fissato il nuovo orario di chiusura di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande (nella specie fissato alle ore le 23:30 di tutti i giorni della settimana), motivata con il richiamo alle ripetutamente lamentele dei residenti in zona per rumori notturni; non trattandosi infatti di rumori continui o con picchi sonori, come quelli derivanti ad esempio da macchinari, in tal caso non occorreva l’effettuazione di rilievi fonometrici per verificare l’eventuale superamento delle soglie di rumorosità previste dalla normativa di settore, tra cui la legge quadro sull’inquinamento acustico (la legge 26 ottobre 1995, n. 447). Inoltre, in considerazione dell’urgenza espressamente indicata nel provvedimento, e specificata con l’indicazione delle ripetute lamentele di residenti (comprendenti anche una denuncia querela alla locale stazione dei Carabinieri, come riferito nella relazione del Comune) non sussisteva la necessità di avviso di inizio del procedimento, potendo il Comune – in presenza delle particolari esigenze di celerità del procedimento di cui all’articolo 7, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 – prescindere da quella comunicazione.

Numero 02381/2016 e data 15/11/2016

REPUBBLICA ITALIANA Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 21 settembre 2016

NUMERO AFFARE 00852/2016 OGGETTO:
Ministero dell’interno.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dalla Impresa individuale Bormolini Flaviano contro il Comune di Mozzate avverso nuovo orario di chiusura del pubblico esercizio denominato “Bar Aqua”.

LA SEZIONE

Vista la relazione con la quale il Ministero dell’interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi.

Premesso:

con ricorso straordinario, recante cinque ordini di censure ed istanza cautelare, notificato al Comune di Mozzate (CO) il 19 maggio 2008 l’impresa individuale Bormolini Flaviano, esercente in quel Comune, in un immobile in via Kennedy n. 1, attività di somministrazione di alimenti e bevande, ha impugnato l’ordinanza comunale n. 2 del 23 gennaio 2008 con la quale il Sindaco ha disposto, dichiarando urgente il provvedimento che .

L’atto è stato formulato nella considerazione che:
– il bar è posto presso l’impianto natatorio comunale;

– ripetutamente i residenti della zona limitrofa all’impianto sportivo hanno lamentato disturbi alla quiete dovuti alla presenza fino a tarda ora di avventori presso quel pubblico esercizio.

Il Comune ha trasmesso una relazione al Ministero riferente, ivi pervenuta il 29 marzo 2016.

Il Ministero – con nota del 24 aprile 2016 inviata per conoscenza anche al Comune di Mozzate e al difensore della ricorrente – ha espresso l’avviso che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse/cessazione della materia del contendere.

Considerato:

L’eccezione ministeriale, ritenuta assorbente dall’Amministrazione, secondo cui il ricorso dovrebbe essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta di carenza di interesse e/o cessazione della materia del contendere non è fondata.

Il Ministero, sulla scorta della relazione comunale, rileva che il Comune di Mozzate con ordinanza n. 229 del 7 dicembre 2011 ha revocato l’atto per cui è causa (l’ordinanza n. 2 del 23 gennaio 2008 con cui il Comune ha modificato l’orario di chiusura del pubblico esercizio di cui la ricorrente è titolare), e che lo stesso Comune ha anche comunicato che l’impresa, in data 1 ottobre 2012 ha trasferito la propria attività in altro Comune.

La revoca dell’atto ritenuto lesivo dalla ricorrente e il trasferimento di quest’ultima in altro Comune, però, sono intervenuti dopo oltre tre anni dall’atto impugnato, che dunque ha spiegato effetti lesivi per quel triennio; effetti lesivi risarcibili, sicché non può affermarsi che sia sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione (v. articolo 84, comma 4, del codice del processo amministrativo) o che la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta sì da determinare la cessazione della materia del contendere (v. articolo 34, comma 5, del codice del processo amministrativo).

Le censure del ricorso, peraltro, non sono fondate.

Il rilievo di mancata comunicazione di avvio del procedimento non è fondato perché, in considerazione dell’urgenza espressamente indicata nel provvedimento, e specificata con l’indicazione delle ripetute lamentele di residenti (comprendenti anche una denuncia querela alla locale stazione dei carabinieri, come riferito nella relazione del Comune) – e dunque in presenza delle particolari esigenze di celerità del procedimento di cui all’articolo 7, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 – il Comune poteva prescindere da quella comunicazione.

Il provvedimento, altresì, appare sufficientemente motivato con il richiamo alle ripetutamente lamentele dei residenti in zona.

Come precisato nel provvedimento, la natura del disturbo denunciato dai residenti è relativa al permanere di avventori nei pressi dell’esercizio. Non trattandosi dunque di rumori continui o con picchi sonori, come quelli derivanti ad esempio da macchinari, non appare conferente il rilievo del ricorso che denuncia la mancata effettuazione di rilievi fonometrici per verificare l’eventuale superamento delle soglie di rumorosità previste dalla normativa di settore, tra cui, specificamente richiamata in ricorso, la legge quadro sull’inquinamento acustico (la legge 26 ottobre 1995, n. 447).

La presenza nelle vicinanze di un altro locale pubblico (e, come lamentato nell’ultima delle censure del ricorso, di 22 esercizi di somministrazione presenti nel territorio comunale) non è tale da poter dimostrare, di per sé, una disparità di trattamento, non essendo dimostrato che avventori di altri locali recassero, per numero e comportamenti, disturbo ai residenti analogo a quello attribuito agli avventori della ricorrente.

L’atto impugnato non richiama specifiche disposizioni ma, nella loro interezza, la legge regionale 24 dicembre 2003, n. 30 (“Disciplina delle attività di somministrazione di alimenti e bevande”, vigente alla data di riferimento) e il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; e ciò, tenuto conto delle ragioni alla base dell’atto ed esposte nelle sue premesse, consente di comprendere quale sia la base normativa dell’ordinanza impugnata: la disciplina degli orari degli esercizi disciplinata nella citata legge regionale n. 30/2003 (all’articolo 17) e la normativa sulle attribuzioni degli enti locali. È dunque da escludere il vizio di inadeguata indicazione delle fonti pure affermato nel ricorso.

Anche i rilievi di erronea indicazione dei destinatari del provvedimento e di comunicazione di quest’ultimo risultano infondati, come risulta dalla stessa corretta proposizione del ricorso da parte della effettiva destinataria dell’atto impugnato: l’impresa individuale Bormolini Flaviano.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto. L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Luttazi Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO

Maria Cristina Manuppelli

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