Al Consiglio Comunale di Napoli ho sostenuto la battaglia per l’uso democratico degli spazi pubblici anche in regime COVID. Era oggetto di discussione la delibera che proroga i benefici per le attività commerciali, sia quelli statali che quelli previsti in aggiunta dalla precedente Amministrazione. Ho presentato tre emendamenti ed un ordine del giorno volti a ridurre i “danni” che una tale scelta ha dimostrato di portare con se. Purtroppo non sono passati, ma ho attenuto l’impegno del Sindaco Manfredi e dell’Assessore Armato ad esaminare la questione al fine di ripristinare un minimo di ordine alla scadenza della proroga prevista fino al 31.03.2022, sollecitando, altresì, gli uffici ad incrementare i controlli. Confesso è stato un durissimo confronto. Spero di aver ben rappresentato la volontà di coloro che mi hanno scelto quale loro rappresentante. Di seguito i miei interventi per chi ha voglia di vederli e sopratutto di sostenermi in questa battaglia di civilità nonché gli atti che ho avuto modo di studiare e redigere:
Teneri Alcolisti
Dal sito di Repubblica. Questo lavoro è necessario che sia diffuso e letto quanto più è possibile. Le riflessioni e la indagine di Bonini, De Luca, Giannoli, Paolini ed Ammaniti sono un importante approfondimento. A Repubblica ed ai giornalisti va il mio più profondo ringraziamento per aver mostrato questo spaccato di società. Chi può vada a leggere il pezzo sul sito chi non può si abboni al giornale: https://www.repubblica.it/cronaca/2021/12/23/news/teneri_alcolisti_abuso_di_alcol_e_droghe_tra_i_giovani_cause_ed_effetti_delle_dipendenze-331120325/
Lo sballo degli adolescenti si sta mangiando una generazione. L’alcol è diventata la porta al policonsumo di ogni genere di stupefacente
di Carlo Bonini (coordinamento editoriale e testo) , Maria Novella De Luca , Viola Giannoli e Alessandra Paolini. Con un commento di Massimo Ammaniti. Coordinamento multimediale di Laura Pertici. Video e foto di Riccardo De Luca. Produzione Gedi Visual
23 Dicembre 2021 25 minuti di lettura
C’è una generazione, che per consuetudine chiamiamo Z, i nati tra il 1995 e il 2010, i cosiddetti “zoomer” o “post millennial”, che viene divorata ogni notte, nelle nostre grandi aree urbane come nelle provincie e in numeri crescenti, da un consumo di alcol in età sempre più precoce. Grazie a “cartelli” sui prezzi di listino studiati dai locali a misura di paghetta, i cocktail a 3 euro, gli shottini a 1, la “vodka del bangla” a 8, sono diventati la sempre più accessibile porta di ingresso non solo a uno dei riti di iniziazione alla vita adulta, ma hanno profondamente modificato la percezione dello sballo e il modo di viverlo. Non si cerca più il piacere, ma la perdita di controllo. In un’alchimia fai da te che non è mai soltanto alcolica, ma di cosiddetto “poliabuso” di sostanze stupefacenti, in cui l’alcol è la “gateway drug”. Siamo andati ad ascoltare queste ragazze e ragazzi nelle piazze della movida, così come nei pronto soccorso e nelle comunità dove spesso finisce la loro corsa. E abbiamo dato la parola a chi se ne occupa ogni giorno, silenziosamente, provando a rimettere insieme i pezzi delle loro giovanissime vite.
Un milione di giovani attaccati al bicchiere. E aumentano le ragazze
Ad alzare il gomito si comincia a 12 anni, perché con il bicchiere gli italiani sono i più precoci al mondo. E a passare da uno shottino a uno spritz o da un prosecco a un mojito ormai ci sono sempre più ragazze, sedotte da cocktail dolciastri o alla frutta rispetto ai loro coetanei che preferiscono la birra o i mix più ruvidi a base di vodka o tequila. Così, nel 2019, 4.723 ragazzi sotto i 18 anni sono finiti al pronto soccorso per aver bevuto troppo, con un aumento del 18 per cento rispetto all’anno precedente. E, tra loro, 2150 erano ragazzine: il 25,4 per cento in più del 2018.
Sono i dati dell’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità e offrono una fotografia allarmante dell’impennata dei consumi alcolici degli adolescenti. Cui ha contribuito anche il periodo di lockdown imposto dalla prima pandemia di Covid, con la novità degli aperitivi distanziati WhatsApp. E tra happy hour e “indianate” in cameretta, è tornato a fare capolino persino un pericolosissimo gioco che sembrava caduto nel dimenticatoio: il “Nek Nomination”. Quello in cui si nominano tre amici che devono filmarsi mentre si scolano un’intera bottiglia.
Delle 48 mila intossicazioni da alcol registrate nel 2020 nei pronto soccorso, il 17 per cento ha riguardato minori di 14 anni
racconta il professore Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio alcol dell’Iss e del Centro Oms per la promozione della salute e la ricerca sull’alcol. E tutto questo si traduce in numeri che fanno spavento: +446 per cento di alcol consumato nel primo anno di pandemia in Italia, +209 per cento nella fascia d’età dai 18 ai 24 anni.
La giovane movida del sabato italiano
Ansia. stress, depressione, isolamento. Il bere in questi due ultimi anni ha seguito le aperture e le chiusure legate alla pandemia: prima del lockdown, a marzo 2020, c’è stato l’assalto agli scaffali dei supermercati. Poi c’è stato il boom del wine delivery. Secondo dati raccolti da Idealo, il portale internazionale dedicato alla comparazione prezzi, c’è stato un +110 per cento di ordini online, con un consumo raddoppiato per l’Italia soprattutto nella fascia giovanile. E a schizzare in alto è stato anche il numero di telefonate arrivate ai servizi territoriali da parte dei genitori alle prese con i figli intossicati. “Gli adolescenti già qualificabili come alcolizzati e presi in carico dai servizi territoriali sono più di 6.000 – spiega Scafato – e rappresentano l’1 per cento dei 67 mila alcoldipendenti che seguiamo. Ma il fenomeno è molto, molto più vasto. Parliamo di una platea di 600 -700 mila ragazzi sotto i diciotto anni che fanno abuso di alcol. Si arriva a un milione se si aggiunge la fascia di età fino a 24 anni”. “L’alcool è un lubrificante sociale e purtroppo in molti casi è una gateway drug, uno stupefacente cosiddetto cancello che apre ad altre sostanze da sballo, leggere e non: canne, pasticche, metadone, droghe varie. Perché fa cadere le inibizioni e amplifica l’effetto delle sostanze”, continua Scafato. E così, nei fine settimana, ecco il “binge drinking”, che significa bere almeno sei bicchieri di alcolici in una stessa sera per arrivare subito a sentirsi “fuori”. L’intossicazione è dietro l’angolo, come pure la dipendenza. E i danni sono a lungo termine.
“I giovani non hanno capacità di metabolizzare l’alcol come gli adulti – spiega il professore – quindi, a quella età, soprattutto tra i 12 e i 21 anni, quando il cervello matura, fa ancora più danno sia diretto che indiretto. È una sorta di ‘killer dei neuroni’: l’alcool presente nel sangue arriva sulle membrane neuronali portando via i fosfolipidi e causa un danno diretto a livello dell’ippocampo, zona altamente specializzata che regola la memoria e influisce sull’orientamento viso-spaziale. Abbiano visto con la risonanza magnetica che nei ragazzi e nelle ragazze che fanno “binge drinking” per almeno due mesi le aree della memoria si spengono: una persona può perdere tra il 10 e il 20 per cento della propria capacità cognitiva. Un deficit che li accompagnerà anche in età adulta”. Sulle ragazze, poi, i danni sono ancora maggiori: avendo, solitamente, minor massa corporea riescono a metabolizzare ancor meno l’alcol. E hanno molti più rischi di sviluppare tumori al seno. “Bisogna far capire ai ragazzi che bevendo bruciano parte della loro possibilità performante. Che le sbronze adolescenziali influiranno anche quando saranno più grandi”, avverte Scafato. “Ma bisogna prestare più attenzione ai messaggi che diamo. Non è un caso che persino le bottiglie con i drink alcolici, che piacciono di più agli adolescenti, siano sempre colorate e bellissime. Ed è impari lo stanziamento delle risorse: solo un milione per la prevenzione contro i 500 milioni investiti ogni anno per pubblicizzare gli alcolici. Vincere, in questo modo, diventa impossibile”.
Notti senza alba e cocktail a 3 euro. La movida romana
Non c’è bisogno di aspettare l’alba a Largo Osci, piazza del mercato di San Lorenzo, per vedere e sentire gli effetti di una notte di movida romana senza limite. All’una del mattino, il selciato è già una lastra scivolosa di umido e cocci di bottiglie, l’odore che brucia le narici è quello di alcool, urina e vomito. Pietro, 17 anni, maglietta a maniche corte nel gelo di dicembre, cammina in gruppo, avanti e indietro: “I cocktail qui costano poco, 3,50 l’uno, ma dentro non ci mettono un cazzo, quindi tocca farsene almeno tre, più una birra, così li cominci a sentire e la serata gira, incontri gente, alla tre torni a casa. Se ti senti male vai all’angoletto e ti liberi, le serate nostre sono queste, scusa che altro dovremmo fare dopo essere stati due anni dentro casa?”. Nella domanda di Pietro, studente del liceo artistico (“no, dai il cognome no, mia madre poi si preoccupa”) c’è più o meno tutto il senso di una generazione smarrita, mentre si reimmerge e scompare nella folla di giovanissimi stretti quasi senza respiro – e senza mascherine – tra i banconi del mercato di San Lorenzo, ex quartiere popolare simbolo della Resistenza, svenduto agli affitti in nero degli studenti fuori sede e aggredito da uno spaccio impossibile da sradicare. Nella strada dove fu uccisa Desirée Mariottini, 16 anni, lasciata morire da due spacciatori dopo essere stata drogata e violentata, ci sono ancora le baracche dove il suo corpo fu ritrovato, i murales di protesta scoloriti, ma nel mezzo del degrado è sorto un improbabile palazzo moderno, dove si fatica a immaginare chi vorrà andare a vivere.
Largo degli Osci, San Lorenzo – Roma, 18 dicembre 2021 (foto di Riccardo De Luca, Agf)
Bere costa poco, pochissimo, perché nelle piazze delle serate dove il rito è la strada con il bicchiere in mano, i locali fanno cartello, attenti alle tasche dei ragazzini. Trastevere, Campo de’ Fiori, Ponte Milvio. San Lorenzo. Tra via dei Sabelli e via dei Ramni, per confluire nella grande area del mercato, il listino prezzi è a misura di paghetta: un cocktail 3,50 euro, shottini (bicchierini di superalcolici) 1,50 euro, birre da 2,50 a salire. Prezzi stracciati anche per dosi e microdosi di hashish, marijuana, o per delle palline di cocaina, per del Mdma, o per qualche nuova e sconosciuta sostanza psicoattiva, spacciata negli angoli bui di questa piazza, tanto allegra la mattina, quanto cupa e tossica la notte. In ogni caso, tra un mojto e uno spritz nei bicchieri di plastica, la nuvola che percorre la piazza è quella delle canne.
Mariangela ha 16 anni, “cala” a San Lorenzo il venerdì sera con le amiche dai Castelli romani (“veniamo con il treno poi ci vengono a prendere i genitori”) e racconta, candidamente, che a loro under-under diciotto l’alcol lo comprano gli amici più grandi. “Mica ti chiedono i documenti, però i ragazzi del bancone più o meno capiscono quanti anni hai e se sembri troppo piccola ti danno la Coca Cola…Così mandiamo avanti quelle che hanno la faccia da maggiorenni. Sì, ogni tanto ci ubriachiamo, capita, il giorno dopo non c’è scuola, i genitori non si scandalizzano troppo, dicono meglio una sbronza che le pasticche. Sono le nostre serate, che male c’è?”.
La piazza è presidiata e normalmente è verso le quattro o le cinque del mattino, quando tra i banconi del mercato restano i più renitenti a tornare a casa e il tasso alcolico è ormai ubriachezza, che scoppiano le risse. “Ogni fine settimana è così – racconta un agente – sequestriamo di tutto, dalla droga ai coltelli. Io li vedo perdersi sti’ ragazzini. Forse le famiglie non si rendono conto di quanto questo “divertimento” sia pericoloso”. Già, mica è facile però. Dopo due anni di lockdown la strada sembra essere rimasta l’unico luogo d’incontro per una generazione smarrita. Che occupa le scuole per dire “ci avete dimenticati”. Complice un mercato criminale che a prezzi stracciati offre ovunque e dappertutto anestetici dell’anima. Così in un venerdì notte di dicembre, con le luci di Natale un po’ meste, da Roma Est ci spostiamo a Roma Nord, a piazza Ponte Milvio, ex enclave popolare tra i quartieri di Vigna Clara e Fleming diventati ricchi negli anni Settanta.
Sabato sera a San Lorenzo: la voce e i volti dei protagonisti
Gli universitari: “Bevono ragazzini sempre più piccoli, nessuno ci può capire”
Quelli di Ponte Milvio
È nel tratto di via Flaminia Vecchia che approda al cavalcavia accanto al quale morirono Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, 16 anni, travolte dal Suv guidato da Pietro Genovese, 20 anni, che si snodano le notti degli adolescenti (e non solo) di questo quadrante di città. Un locale dietro l’altro, prezzi che salgono a seconda dell’età degli avventori. Qui un Rum&Coca parte dai sette euro, le paghette sono più alte, fino ai 15/20 euro per gli universitari seduti al caldo dei “funghi” nei dehors. “Quanti anni hai?” “Diciassette”. “E questa birra?”. “No problem”. “In che senso?”. “Presa nel frigo del bar e pagata alla cassa”. “Quante a sera?”, “Tre, più o meno, poi stop, altrimenti sale troppo e non riesco a guidare la moto”.
Dicono gli alcolisti anonimi che è così che si inizia. Anzi, che è così che si scivola nella dipendenza, speriamo di no per Francesco, studente del liceo “Farnesina”, che sembra incurante del freddo. Del resto si dice che l’alcol scaldi, anche se il binge drinking nei paesi anglosassoni è il maggior responsabile di principi di assideramento di ragazze teenager che nelle notti gelide del Nord escono vestite di niente e si sbronzano. Patrizia, stessa età, stessa classe, dice: “Noi lo facciamo apposta. Quando sale tutto è più facile. I cocktail li annacquano, ma se ci aggiungi la Vodka del Bangla, una bottiglia basta per tutti, ti diverti un sacco, fa bum bum nella testa, io non ho paura di tornare a casa, vado a piedi, abito qui dietro”. E se ne va, sfuggente, come tutti i ragazzini incontrati in questa notte di dicembre 2021, del resto gli adulti a quest’età sono amici-nemici. Bisogna allora sedersi in un locale “da grandi” per ascoltare una testimonianza vera, dolorosa. Flaminia Cerri e Paolo hanno 22 e 24 anni, quasi ingegnere lei, informatico lui. “Sai, noi ci siamo passati, siamo cresciuti tra questi locali. Ogni sabato sera una sbornia, sembrava normale. Ci stavamo spegnendo e non ce ne accorgevamo”. La voce di Flaminia si fa più grave. “Poi del nostro gruppo in due ci sono rimasti sotto. Marino che aveva iniziato insieme a noi, in piazza, con i drink a 14 anni e alla fine si buttava giù l’alcol puro. Oggi è in comunità e frequenta gli alcolisti anonimi. E Sandra che si è schiantata con il motorino sulla Cassia, mentre tornava all’alba, fatta e sbronza. E’ viva per miracolo. Ma è rimasta zoppa. Era un’atleta, ora non potrà più correre né saltare. È stato quel giorno in ospedale da Sandra che abbiamo detto basta”.
Multe, fermi, sanzioni: i numeri della malamovida romana
Lo scorso anno, i carabinieri hanno accertato 22.073 violazioni per guida sotto gli effetti dell’alcol. Per la metà dei fermati, 10.700, le conseguenze sono state di carattere penale. E dei casi accertati, 5.231, a volergli dare un’etichetta, sono stati ricondotti alla “malamovida”. A quel tour alcolico, da un bar a un altro, da un aperitivo a una birretta che nei primi sei mesi del 2021 ha visto 2.727 adolescenti finire tra gli accertamenti dell’Arma.
“Giovani e alcol, già. È una tendenza in crescita ormai da anni – racconta Alessandro Dominici, tenente colonnello dei carabinieri a capo del Nucleo radio mobile di Roma – che si era un po’ attenuato con il lockdown tra coprifuoco e locali chiusi, ma con il ritorno alla vita quasi normale ha ricominciato a farsi sentire. Specie durante il week end. E già sappiamo, come accade ogni anno, che il periodo di Natale, è uno di quelli a rischio con i giovani in vacanza, lontano dagli impegni scolastici e con la voglia di stare insieme e di divertirsi”. Da Ponte Milvio a Trastevere, da Monti a Campo de’ Fiori, da San Lorenzo a Testaccio. Il tour dell’Arma per controllare le zone della movida si muove dopo il tramonto, tra le strade, le piazze e i vicoli del centro storico della città. Luoghi d’incontro dove è più facile che ragazzi e ragazzini si ubriachino o si calino sostanze. “Io stesso svariate volte ho assistito a ragazzi in strada completamente fuori controllo o privi di sensi – racconta Dominici – e l’immagine è sempre la stessa: lui o lei steso a terra, vomito intorno, e gli amici che cercano come possono di farli riprendere, schiaffeggiandoli, urlando, chiedendo aiuto”.
L’Arma, nel suo sito, ha dedicato un’area in cui dà i consigli ai genitori. Suggerimenti per capire se i propri figli alzano troppo il gomito e se fanno uso di sostanze da sballo: droghe leggere, droghe pesanti, pasticche. “Prestate molta attenzione”, si legge sulla pagina on line, “al rientro dalle serate con amici e soprattutto al ritorno dalla discoteca se sono presenti alcuni indicatori”. E giù con la lista dei campanelli d’allarme: sonnolenza, lentezza del ragionamento, senso di euforia, ridarella, senso del tempo dilatato, linguaggio pasticciato, difficoltà di memoria, pupille strette o molto dilatate. Bisogno di parlare senza avere niente da dire, difficoltà ad addormentarsi, aggressività. “La cosa più importante – spiega il tenente colonnello – è la prevenzione. Per questo da anni andiamo nelle scuole, sia alle medie che alle superiori, per spiegare ai ragazzi le insidie di alcol e droga. Pericoli che diventano esponenziali se vengono assunti nella stessa sera. E che diventano micidiali se in quelle condizioni ci si mette alla guida di un’auto o di un motorino”.
E se un adolescente viene “pizzicato” dalle forze dell’ordine più volte in stato di ubriachezza, quali sono le implicazioni dal punto di vista legale? “Purtroppo, in caso di recidiva dobbiamo rivolgerci al Tribunale dei minori che verificherà se non ci siano anche responsabilità dei genitori. Visto che sono loro a dover vigilare sul ragazzo, se è minorenne. Ma il controllo dei carabinieri si focalizza in maniera ancora più attenta sui commercianti. E su quanti vendono bevande alcoliche a chi non ha ancora compiuto i 18 anni. Perché forse ancora non si è compreso, ma vendere alcol a un minorenne è un reato – continua Dominici -. Il negoziante si assume un grande rischio: dare da bere alcolici a un under 18 è sanzionato penalmente. E il provvedimento amministrativo porta anche alla chiusura del locale. Se poi, mettiamo nell’ipotesi più infausta, il ragazzino dovesse morire, c’è una responsabilità connessa tra l’evento e la condotta dell’esercente che ha fornito l’alcol. In questo caso siamo di fronte alla morte come conseguenza di un altro delitto. E nel caso specifico si passano davvero dei grossi guai. Se chi vende la bottiglia di vodka o di vino a un ragazzino avesse chiaro quanto rischia, sicuramente prima di prendere i soldi chiederebbe la carta d’identità”.
Stella, 26 anni, alcolista, caduta e risorta
Oggi Stella vorrebbe dire a tutti che la vita è bella. Oggi che ha 26 anni e dopo averne passati undici tra alcol e droghe, da 24 mesi cammina nella strada della sobrietà. “La malattia della bottiglia è lenta e insidiosa, inizi perché lo fanno tutti, alcol e canne, cannabis e “birrette”. Tante, da perdere il conto. Non ascoltate chi dice che sono innocue, io sono diventata alcolista a forza di “birrette”. Sembra nulla ed è un veleno che ti entra dentro. Butti giù e stare con gli altri diventa facile.
Avevo 13 anni, vivevo in borgata in una famiglia difficile e non mi sentivo all’altezza dei miei coetanei. Ho toccato il fondo, più nero di una notte buia. Soltanto allora ho cominciato a risalire.
Stella è un nome di fantasia, il resto invece è tanto vero da fare male, una testimonianza che Stella racconta con urgenza, ora che grazie ad Alcolisti Anonimi da due anni è “sobria”, ha un compagno, si è iscritta (di nuovo) all’università, “per diventare assistente sociale e aiutare chi come me è caduto nel fondo di un pozzo”. Cresce a Roma in un contesto difficile Stella, in quei quartieri che sembrano senza sole. “La borgata è dura, ha le sue regole, soprattutto è un market a cielo aperto di sostanze. Però frequentavo il liceo, puoi anche vivere in un bel posto e caderci lo stesso. A chi fa paura un ragazzino con lo “shottino” di gin in mano, o un cocktail bello freddo che va giù dritto e dopo è facile sorridere e farsi vedere con la testa brilla? Le famiglie minimizzano, l’alcol è legale, ma se vuoi sballarti non c’è niente di meglio, lo compri ovunque, credete che a 14 o 15 anni mi chiedessero i documenti?”.
Stella è poco più di una bambina quando scopre la forza “scacciapensieri” delle birrette e dei long drink, quasi subito accompagnati da cannabis. “Lo facevano tutti, sembrava normale. Fuori scuola, il pomeriggio. Ci si vedeva al bar, al parchetto e passavano le ore. Il punto è che se hai un vuoto dentro quel mix è come la medicina di tutti i mali. Mi sbronzavo, mi facevo una canna e dimenticavo il gruppo che non mi accettava, mio padre che faceva uso di sostanze, mia madre che si “beveva” tutte le mie bugie. Poi ho fatto il salto. Farmaci, cocaina, pasticche. E bere, bere, bere. Se non ce l’avevo, l’alcol, uscivo a comprarlo, se non avevo soldi per la droga facevo l’impicci, a Roma si dice così. A vent’anni non avevo più i denti, ero anoressica ed ero stata ricoverata in psichiatria”. Stella è un fiume in piena, racconta la caduta per poter poi “cantare la mia rinascita, la vita al di là della bottiglia, ho scritto una poesia che dice pensavo di essere una pischella condannata invece me so recuperata“. Lo dice chiaro Stella, che oggi è andata a convivere con il suo compagno, studia all’università e continua a frequentare Alcolisti Anonimi: “Io sono una storia estrema, mica tutti i ragazzetti che si sbronzano si riducono come me. Ma quello che voglio gridare è che finire all’inferno con una bottiglia, cominciando a bere da adolescenti, è troppo facile e l’allarme è troppo basso, ci sono pubblicità di alcolici dappertutto, avere il bicchiere in mano, così come una canna a 15 anni ti fa sentire fico, come farsi il tatuaggio, spesso le famiglie preoccupate per la droga, chiudono gli occhi sulle sbronze. Ma l’alcol è subdolo, buono, terribile”.
Fa alcuni tentativi per uscire dal tunnel Stella, ormai è in tutto e per tutto un’alcolista policonsumatrice, contatta per la prima volta i gruppi degli Alcolisti Anonimi. Ossia quella rete, ormai planetaria, di gruppi di auto-aiuto fondata nel 1935 in Usa da Bill William, egli stesso alcolista, e basata sul principio spirituale dei 12 passi, una sorta di progressione e di “elevazione” attraverso la quale si giunge alla sobrietà. Ancora oggi AA è considerato il metodo più efficace per uscire dalla dipendenza dell’alcol. “Non ero pronta però. Andavo, tornavo, scappavo. Ci ricadevo. Anche perché fuori da quel mondo tossico mi ritrovavo sola. E allora cercavo di nuovo i miei falsi amici, i miei compagni di bevute e di viaggi drogati. Poi però mio padre è morto. Di droga. E con lui tanti altri. Li ho persi. Uno dopo l’altro”.
Quando mi chiedono: perché ti drogavi e bevevi, riesco solo a rispondere: perché mi sentivo inferiore, per liberarmi dai complessi, perché dietro le spalle avevo una famiglia a pezzi. O forse perché le sostanze addormentavano il dolore che avevo dentro.
Nel 2019 Stella entra in comunità. E proprio in comunità incontra gli Alcolisti Anonimi. Inizia a essere seguita dai membri già più avanti con il programma di recupero. Ce la fa. Abbandona alcol e droghe. “Sono sobria, sobria, voglio gridarlo a chiunque. Ai ragazzi, perché credano nelle proprie potenzialità, perché si ricordino che valgono per quello che sono e non perché hanno un bicchiere in mano. A quelli che hanno appena iniziato a combattere la dipendenza, che imparerò a prendere per mano, così come altri alcolisti anonimi hanno fatto con me. Al mio uomo, che c’è passato anche lui, al nostro futuro di felicità e sobrietà”.
La guerra perduta
Pasquale è un uomo che ha il dono della pacatezza. Cinquantasei anni, da 17 “sobrio”, è il responsabile di Alcolisti Anonimi per la macroregione del Sud. Come tutti i membri di AA si presenta così semplicemente, “sono Pasquale, alcolista”. Non dicono “ex alcolista”, la sobrietà è una scelta che si rinnova ogni giorno. Di adolescenti che bevono Pasquale nei gruppi ne vede passare (e ne ha visti passare decine e decine). “Ero un adolescente quando ho iniziato e per l’alcol ho sacrificato le cose più belle della mia vita, a cominciare dai miei quattro figli. Non li ho cresciuti, non li ho cullati la notte, perché la notte uscivo per andare a bere. Così quando nei gruppi arrivano i ragazzi di 18, 20 anni, spesso portati dai genitori, devo sempre ricordarmi chi sono stato quando avevo la loro età. E far capire loro quello che si stanno perdendo dalla vita”. Ma la lotta precoce al baby alcolismo che sta ormai diventando un’emergenza nel nostro paese, quel binge drinking delle sbronze del sabato sera che abbiamo mutuato dai paesi anglosassoni, è per adesso una guerra perduta. Non soltanto perché dietro il bere dei giovanissimi c’è un business che cresce ogni giorno, nelle notti alcoliche che fruttano milioni in cocktail a cinque euro l’uno a bar e locali che non chiedono i documenti, e a market etnici che non si fanno scrupoli nello spacciare bottiglie ai ragazzini. Il punto di fondo, dice Pasquale, è che nessuno racconta ai giovani quanto è pericoloso bere.
Da quanto tempo non vengono lanciate campagne dissuasive vere, come fu per il fumo e prima ancora per combattere l’Aids? “E’ quasi impossibile intercettare un ragazzino di 16 o 17 anni. Anche perché l’alcolismo è una malattia lenta nella quale ti ritrovi prigioniero a poco a poco. Una malattia che si è complicata, perché i ragazzi che arrivano da noi oggi mescolano più sostanze. Devo dire che quasi sempre vengono colpiti dal nostro programma dei 12 passi, dal cominciare ad inserire qualcosa di positivo nelle loro vite. Il problema, però, è che vanno via”. Qualche incontro per far piacere ai genitori preoccupati, senza però cambiare definitivamente il proprio stile di vita. La bottiglia insomma. “La pazienza però – scherza Pasquale – è il nostro forte. Anche se abbandonano dopo qualche incontro, o dopo qualche mese, il seme è stato gettato. Sanno che noi siamo qui, sanno che potranno sempre contare su di noi. Perché mica è facile ammettere che si ha un problema. Purtroppo, spesso per arrivare al desiderio di uscirne, tocca andare a fondo. E allora tornano”. Perché il metodo si basa su un percorso di consapevolezza (anche spirituale) chiamato dei “dodici passi”. Il primo dei quali consiste appunto nel riconoscere di avere un problema. “Salve, mi chiamo Franco, sono alcolista”.
Chi sono i ragazzi che bevono così tanto, drink dopo drink, da non poterne più fare a meno? “I ventenni che arrivano sono in gran parte universitari e nella media non provengono da situazioni di disagio o di marginalità. Potrei usare la parola “normali”. Ma forse è questa parola che ci deve fare paura. Perché uscire la sera e stare con il bicchiere in mano fin dagli anni delle scuole superiori, ormai è considerato normale. Poi succede che senza quell’alcol non si riesca più a vivere, a entrare in relazione, a stare bene. Vuol dire che è avvenuto il salto nella dipendenza. Ormai per esperienza so che per aiutare un giovane bisogna aspettare che torni la seconda o la terza volta”. Rivela Pasquale: “Arrivai ai gruppi che ero ubriaco, ogni anno festeggio il mio compleanno di sobrietà. Diciassette compleanni. A volte il desiderio torna, ma è breve, il ricordo di quello che sono stato rispetto alla serenità di oggi è più forte di tutto. È con la testimonianza della mia vita che spingo i giovani a tornare e affrontare il loro alcolismo. Gli racconto di me, dei miei figli che non ho mai preso in braccio, di quello che ho perduto, ma poi riconquistato. A cominciare proprio da loro: i miei meravigliosi quattro figli”.
Nel pronto soccorso di Reggio Emilia
Nel week end, arrivano al pronto soccorso di Santa Maria Nuova di Reggio Emilia sorretti dagli amici. Gli stessi con cui avevano condiviso la seratina, finita in schifo. Ma spesso “quando ce li portano in ambulanza sono purtroppo già in coma etilico”, racconta la dottoressa Anna Maria Ferrari che dirige l’emergenza dell’ospedale emiliano ed è direttore di Faculty Simeu, la società italiana di emergenza urgenza. “Nel fine settimana, naturalmente, il via vai si intensifica, con la movida, le feste private, i locali, le discoteche. E la cosa che mi colpisce di più è vedere madri e padri che quando vengono chiamati nel cuore della notte dall’ospedale, davanti ai medici, cadono dalle nuvole. Quasi nessuno s’immagina di trovare i figli in quelle condizioni. ‘Pensavo neanche bevesse!’ ti dicono. Poi però più dello shock può la preoccupazione per lo stato di salute del ragazzino. E hanno ragione questi genitori, perché il coma etilico non è una passeggiata: può causare anche danni importanti che restano per tutta la vita. L’attesa del risveglio può essere lunga e può lasciare, in caso sia subentrata una condizione di ipo-ossigenazione, dei danni cerebrali o di riduzione delle capacità cognitive. Questo può accadere specialmente se insieme all’alcol si sono mischiate pasticche o droghe varie. Ed in queste occasioni che per noi medici comincia la parte più difficile”.
Spesso, chi entra “sballato” in ospedale non è in grado di raccontare. Perché non è cosciente il più delle volte. E un po’ perché proprio non sa cosa abbia ingerito. “La prima cosa è fare dei test, delle analisi specifiche per capire cosa c’è nel sangue, quali sostanze. Il problema è che la composizione delle droghe, specie quelle sintetiche, è un terno al lotto. Le molecole sono tantissime e l’alchimia cambia di continuo – continua Ferrari – Quindi è tutto più complicato. La raccomandazione che mi sento di dare ai ragazzi è di chiedere sempre cosa c’è nel bicchiere che ti hanno riempito e, nel caso di droghe, che roba è. Capisco che è difficile perché ci troviamo di fronte a volte a dei ragazzi giovanissimi. E sprovveduti. Capisci quanto siano sprovveduti quando stanno meglio e tornano a parlare. ‘Che c’era nella pasticca? Boh! me l’ha dato un amico mio, mi ha detto solo che così mi divertivo di più”. E si stupiscono pure che vengano chiamate le forze dell’ordine. Gli sfugge spesso anche il risvolto penale. Perché un conto è se ci si sbronza in casa, ad una festa privata, un altro se invece a vendere alcol a un minorenne è stato un commerciante”.
Rimedi per evitare di arrivare al pronto soccorso ubriachi fradici? “C’è poco da fare, non bisogna bere. Non bisogna sballarsi – dice – anche la storia che se mandi giù tanta acqua l’ubriacatura non arriva, è una stupidaggine. Ai più giovani mancano gli enzimi necessari che danno al fegato la possibilità di processare l’alcol. Quindi agli adolescenti che escono il sabato sera a caccia di emozioni e di svago dico: “limitatevi”. Se proprio volete bere, fatevi una birretta, evitate i superalcolici che al secondo bicchiere siete già stesi. E la “roba”, la droga, non provatela mai”.
Droghe. Qualche numero
Già, la droga. A sentire gli esperti è la realtà che meglio si è adattata in poco tempo alle restrizioni connesse alla pandemia. “Con il lockdown abbiamo visto il crollo degli acquisti in strada e un numero inferiore di operazioni, eppure nel 2020 sul fronte sequestri c’è stato un aumento del 7,4% di sostanze requisite – spiega Riccardo De Facci, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza – Questo vuol dire che il mercato si è riorganizzato, utilizzando sempre di più i canali del delivery, ossia la consegna a domicilio, e del dark web”. “Il Covid ha di fatto accelerato – scrive anche Flavio Siniscalchi, capo Dipartimento delle politiche antidroga della presidenza del Consiglio – una tendenza registrata negli ultimi anni, di un mercato sempre più digitalizzato”. E a farne uso sono soprattutto coloro che hanno un po’ di confidenza informatica: gli smanettoni e i nativi digitali della Generazione Z. Non è la sola novità. Nell’ultima Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze pubblicata il 30 giugno scorso si legge quello che i medici del pronto soccorso raccontano dal vivo. E cioè che nelle nuove generazioni c’è “la propensione, sempre più accentuata, verso consumi non legati a una sola sostanza o la compresenza in molti casi di dipendenze da sostanze insieme a quelle comportamentali”. Nero su bianco c’è scritto pure che le storie non sono tutte come quella di Stella, ma “colpiscono i casi in cui l’uso problematico non nasce in presenza di condizioni di emarginazione o fragilità sociale”.
Secondo i dati raccolti grazie a “Espad Italia”, la ricerca campionaria sui consumi psicoattivi, il 26% degli studenti italiani, in un’età che va quindi tra i 15 e i 19 anni, ha utilizzato almeno una sostanza illegale (oppiacei, cocaina, stimolanti, allucinogeni o cannabis). Tra questi il 9,3% è un “poliutilizzatore”: ne prende due, tre o anche di più, tutte insieme. I maschi sono più delle femmine. Il denominatore comune è per la maggioranza di loro la cannabis che è stata la sostanza più utilizzata nel 2020. Subito dietro ci sono le Nps, le nuove sostanze psicoattive, i cannabinoidi sintetici (salvia divinorum, ketamina, oppioidi sintetici), gli stimolanti (ghb ovvero la cosiddetta droga dello stupro che porta alla dipendenza da chemsex, Mdma, amfetamine, ecstasy) e gli allucinogeni (lsd, funghetti) che però sono in costante diminuzione dal 2010. I consumi di cocaina e oppiacei ci sono ma sono meno diffusi. Per trovarle si scende in strada, oppure gli adolescenti le consumano a casa di amici che le comprano, nelle discoteche, ora che hanno riaperto, a scuola e, per uno su dieci, anche su internet.
La coca arriva dal mercato colombiano, passa in Cile, Ecuador, Venezuela, Brasile e Repubblica Dominicana. La rotta porta dritta in Spagna o in Olanda e poi da lì, prima di calare nelle piazze di spaccio, finisce soprattutto nei porti di Gioia Tauro, Livorno, La Spezia, Genova o negli aeroporti di Fiumicino e Malpensa. La marijuana viaggia invece dalla Spagna e dall’Albania, e da qui, come dal Marocco e dalla Siria, arriva pure l’hashish. Un hashish potenziato nell’ultimo anno perché dalle analisi è emerso che la percentuale di Thc, il tetraidrocannabinolo, nel fumo è cresciuta: del 25% in più. Le droghe sintetiche invece vengono diffuse nelle piazze italiane dall’Olanda oltre che dalla Siria, dal Brasile, dal Perù e, guardando a Oriente, dalla Cina. Per un grammo di marijuana, con cui si “girano” una, due o tre canne, servono tra i 9 e gli 11 euro, a meno che non sia di qualità più raffinata. L’hashish sale, tra 11 e 14 euro, sempre al grammo. Per una pasticca di ecstasy il tariffario varia da 10 a 20 euro. Le amfetamine hanno un prezzo compreso tra 22 e 25 euro, le meta tra 31 e 39, l’Lsd va da 21 a 28 euro. La cocaina è la più cara, 50-70, anche 90 euro al grammo. Ma ci sono le monodosi e tra i ragazzi si “stecca”, si divide in comitiva. L’eroina varia a seconda che sia brown (36-58 euro al grammo) o bianca (49-59 euro), ma viene venduta anche in monodose, a 5 euro. È il cartello del Dipartimento antidroga a dare conto dei prezzi, ma facendo un giro in strada o in quantità superiori si trova a prezzi ribassati.
Tra i minori che la consumano o la vendono c’è chi si è messo nei guai ed è stato segnalato, 9 su 10 sono maschi, in stragrande maggioranza italiani, quasi uno su dieci ha meno di quindici anni. A livello nazionale, i minorenni segnalati per detenzione di sostanze stupefacenti sono stati 155 ogni 100.000 residenti tra i 15 e i 17 anni. Quelli denunciati per spaccio di stupefacenti in un anno sono stati 915 e uno su tre è stato poi arrestato. Il numero aumenta man mano che ci si avvicina alla maggiore età. E più al Nord che al Sud, o almeno è lì che vengono pizzicati più facilmente: è prima la Lombardia per minorenni coinvolti nel traffico di sostanze, poi il Lazio, il Piemonte, il Veneto, la Sicilia, la Sardegna, la Puglia, la Campania e la Toscana.
Nell’ambulatorio delle dipendenze
Al Policlinico Gemelli di Roma c’è un centro dedicato alle dipendenze. Cannabis, alcol, droghe pesanti, gioco d’azzardo, web, ci si prende cura un po’ di tutto. Ci passano decine di ragazzi e di ragazze, ogni anno. “Le persone comunque più intelligenti con cui ho a che fare”, racconta Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta che da molti anni si occupa di dipendenze patologiche e di abuso di sostanze negli adolescenti. “Di solito funziona quando sono loro a venire da me – sottolinea il professore – Ci prendiamo cura di un ragazzo se è lui a chiedere aiuto. Se un adolescente non è d’accordo, si rifiuta, diventa una missione impossibile aiutarlo. La terapia funziona quando un ragazzo è motivato. Se sono i suoi genitori a venire da noi, aiutiamo loro”. Lo incontriamo in una pausa di lavoro nel suo ambulatorio. E la sua prima risposta, quando gli si chiede di dipendenze tra i giovani, è quella che non ti aspetti: “Starei attento – dice – a parlare di dipendenze patologiche negli adolescenti”. “La mente adolescenziale per sua natura è come la creta fusa: è destinata a diventare un’altra cosa, è in continuo transito, in continuo divenire – spiega Tonioni – Fare diagnosi così nette riduce la complessità dell’adolescenza”.
E allora a cosa siamo spesso davanti? “Io parlerei di ‘fasi di abuso’ che possono poi degenerare certo in una dipendenza patologica oppure risolversi spontaneamente senza il nostro intervento. Non mi stupisco quando incontro un ragazzo di 15 anni che si fa canne dalla mattina alla sera e lo ritrovo a 18-20 anni, cresciuto, maturato, che ne fa un uso saltuario e ludico o addirittura ha smesso con qualsiasi sostanza”. Lo dicono i numeri che abbiamo raccolto, lo conferma l’esperienza di chi è immerso per lavoro tra i giovani: “L’incontro con la cannabis e con le droghe leggere è molto frequente, come lo è quello con l’alcol. Ma tra i 14 e i 18 anni è possibile incontrare anche l’Md, l’ecstasy, e non manca la cocaina, molto meno l’eroina. Esiste anche la ketamina, un anestetico dissociativo, che di solito viene usato in coppia con le amfetamine. Un consumo più frequente, ad esempio, si ha durante i raduni di musica techno”. Se nella miscela ci si aggiunge anche l’Mdma e un colorante, allora ecco che assume una tonalità attraente: è la cosiddetta cocaina rosa. Ad analizzarle, ai rave, nelle feste, in unità mobili su strada, ci pensano spesso gli operatori della riduzione del danno che si occupano di contenere i rischi sulla salute (ma poi anche economici e sociali) di chi fa uso di sostanze. I consumatori vengono invitati a inserire la sostanza che vogliono assumere in una bustina che viene scansionata da uno strumento in grado di riconoscerne il composto. A quel punto l’operatore sociale può fornire una consulenza sui rischi e i danni a cui si va incontro consumando quella specifica droga.
Ma l’elemento nuovo che ha preso piede da un paio di anni è l’uso degli oppioidi sintetici che vengono però assunti per vie anomale, estratti ad esempio dagli sciroppi per la tosse, che in dosi e modi diversi da quelli prescritti o mixati con altri farmaci diventano sostanze psicoattive. Trovarli è talvolta più facile: sono in casa, in famiglia o dagli amici; in farmacia con prescrizione medica; vengono aggiunti su ricette; comprati online nel dark web o al mercato della strada. È sempre Tonioni a parlare: “I ragazzi sanno molte più cose di quelle che sapevamo noi anche sulle sostanze stupefacenti, si nutrono da internet e riescono a fare cocktail tutti loro assumendo oppiacei di sintesi all’interno di farmaci che nella terapia medica sarebbero deputati ad altro”. Le cure del dolore fisico diventano le “cure” di un dolore, di un bisogno, di un desiderio differente.
Il viaggio nella comunità del Ceis di Modena
Droghe: “Noi, ex ragazzi perduti, così abbiamo bruciato la giovinezza”
Novanta nuove droghe
L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità pubblicato a giugno di quest’anno racconta che sono state 90 le nuove droghe rilevate in Italia dal Sistema nazionale di allerta precoce, lo Snap. L’incremento di segnalazioni rispetto all’anno prima è pari al 200%. Sono le cosiddette nuove sostanze psicoattive, Nps in sigla, droghe sintetiche che mimano in laboratorio quelle tradizionali. Si dicono “nuove” fino a quando non vengono inserite nelle tabelle allegate al Testo unico sugli stupefacenti. Sono sostanze che di solito hanno bassi costi di produzione e appartengono per lo più alla classe dei catinoni sintetici (droghe con struttura e effetti simili alle amfetamine), dei cannabinoidi (la spice è la più famosa) e, appunto, degli oppioidi sintetici. A segnalarle sono i servizi per le dipendenze, le strutture di emergenza, le unità mobili, le comunità che osservano, sul campo, i consumatori di sostanze psicoattive o stupefacenti.
Dal piacere alla perdita di controllo
Ma più che di nuove droghe, secondo Tonioni, bisogna parlare di “un nuovo modo di assumere le droghe”. “Ai nostri tempi – ricorda lo psichiatra che è nato nel ’68 e di anni ne ha 52 – alla base dell’assunzione di droghe c’era l’idea della ricerca del piacere, ora quella della perdita di controllo”. Ma una perdita che in qualche modo Tonioni definisce controllata o programmata. Può sembrare un ossimoro e in effetti il risultato è fallimentare. Per capire meglio usiamo ancora le parole dello psichiatra: “Tra chi si drogava 30 anni fa c’era chi assumeva cocaina, chi oppiacei e questo definiva anche un profilo ambientale e sociale di un certo tipo. Oggi il fenomeno centrale – conferma Tonioni – si chiama poliabuso e consiste nell’assunzione concomitante o in sequenza di più sostanze o di droghe e alcol. L’idea alla base, destinata ovviamente a fallire, è quella di programmare gli stati d’animo attraverso fasi alternate di eccitazione e di sedazione”.
Federico Tonioni, esperto di dipendenze: “I ragazzi mischiano sostanze per controllare le emozioni”
Un’illusione, quella di manipolare umore ed emotività, grazie ai mix che mandano su e giù, up and down, che nasconde altro. “Le droghe diventano un surrogato della vera perdita di controllo che è ancora rappresentata dall’innamorarsi. E di innamorarsi i ragazzi hanno paura”, sostiene Tonioni. Per questo, nell’ambulatorio del Gemelli non si risponde all’abuso, alle dipendenze, con un uso disinvolto degli psicofarmaci. “Io non credo che si possa replicare a un problema affettivo con la chimica. Anche perché chi viene da me dopo essersi reso conto che si fa troppe canne o assume troppe pasticche il suo “farmaco”, tra virgolette, già lo ha. Sotto ogni dipendenza – prosegue Tonioni che ha una formazione psicanalitica – c’è sempre una angoscia più profonda e la dipendenza, con effetti ovviamente devastanti e fallimentari, cerca di prendersi cura proprio di quella angoscia. Allora al centro bisogna rimettere l’affettività, la comprensione”. Qualcosa che curi più a fondo ed elimini il bisogno di una “medicina” illegale. Non ci sono solo storie di chi si fa di eroina, di chi pippa cocaina, butta giù l’ecstasy, mixa farmaci e ci beve sopra. All’ambulatorio arriva anche chi fa uso di droghe leggere, hashish e marijuana. “Sono droghe che possono segnare riti di passaggio in età adolescenziale, che non fanno certo bene, ma non sono il segno di vere e proprie patologie”, spiega Tonioni.
Nel Rapporto al Parlamento si spiega che esiste un test che si chiama Cannabis abuse screening test (Cast), uno strumento standard per individuare gli utilizzatori potenzialmente a rischio che si basa sulle indicazioni fornite dall’European monitoring centre for drugs and drug addiction (EMCDDA) ed è composto da 6 item che descrivono il comportamento di uso di cannabis. Dallo studio del 2020, è emerso che il 21% degli studenti consumatori di cannabis ha un consumo definibile “a rischio”, con una percentuale più elevata fra i ragazzi rispetto alle ragazze tra cui però dal 2020 si è osservato un incremento sensibile. Ma chi sono i consumatori a rischio? Secondo il Cast sono “ragazzi che la usano 20 o più volte al mese, la comprano di tasca sua, la fumano sempre, anche in compagnia di amici, bevono tutti i giorni o quasi, si ubriacano, fanno “binge drinking”, sono poli-utilizzatore, hanno comportamenti potenzialmente pericolosi, segnalazioni alle forze dell’ordine e al prefetto, problemi dentro e fuori casa, risse, furti, danneggiamenti”. Il test però non rappresenta l’equivalente di una diagnosi clinica di patologia.
Ora, mentre è in atto un dibattito sulla legalizzazione, più o meno soft, della cannabis in Italia grazie a una proposta di legge e a un referendum popolare da centinaia di migliaia di firme che chiedono, in forme diverse, l’eliminazione del reato di coltivazione e la depenalizzazione dei reati legati al consumo, c’è chi considera ancora la marijuana come una porta verso droghe più pesanti. “La scalata dalla cannabis all’eroina è una favola – ribadisce lo specialista del Gemelli -. Si diventa tossicodipendenti non se si cominciano a fumare le canne ma se c’è lo spazio interno per diventarlo. Il confine tra lo spinello ricreativo, quello che si fuma la sera, in alcune circostanze, e quello “pesante” è molto sottile. Ma sta nel ruolo che il ragazzo o la ragazza attribuisce alla canna stessa. Se si fuma ogni mattina, prima di entrare a scuola, accompagnandola con una birra, non significa che si è per forza tossicodipendenti ma certo si dà alla marijuana una funzione terapeutica fai-da-te, del tutto illusoria. Quella canna e quella birra così reiterate diventano una sostituzione del pensiero. Viene chiesto loro di svolgere un compito impegnativo che in realtà è una necessità. Lì, in quella crepa, in ragazzi magari un po’ depressi, con una bassa stima di sé, con idee che virano in senso persecutorio, con problemi relazionali a casa e fuori, allora potrebbe esserci lo spazio per l’uso di droghe pesanti come cocaina e metamfetamine”. Molto più raro il passaggio agli oppiacei come l’eroina. “La strada attraverso la quale si arriva lì è diversa”, sostiene Tonioni. “Prima il popolo degli eroinomani proveniva dalle borgate, aveva a che fare con un tipo diverso di mentalità, di ideologia. Oggi gli oppiacei servono soprattutto a smorzare, come si dice in gergo, gli “up”. L’eroina sembra lì per lì a chi la prende la panacea di tutti i mali ma il suo uso nasce solo dall’esigenza di lenire la paranoia scaturita dall’abuso degli psicostimolanti. Poi restano solo gli effetti pesanti e la dipendenza”.
San Lorenzo, Roma
Il legame quasi fatale
di MASSIMO AMMANITI
Adolescenti e droga, è un legame quasi fatale perlomeno nella percezione sociale, che si nutre anche di molti pregiudizi e luoghi comuni. Sicuramente l’adolescenza è un periodo a rischio per l’uso e l’abuso di sostanze e di alcol, anche perché le trasformazioni tipiche di questa fase creano una fragilità psicologica che può predisporre a questo uso. E’ presente infatti un divario fra la forte attivazione emotiva del sistema cerebrale limbico e i sistemi regolativi di controllo di sé che invece maturano più tardivamente, legati quest’ultimi alla corteccia cerebrale frontale e prefrontale. È il motivo per il quale gli adolescenti manifestano spesso forti oscillazioni delle emozioni, in cui si alternano momenti di abbattimento e di vuoto a momenti di eccitamento e di tensione. E quando vengono contrariati o rimproverati reagiscono con improvvisi scoppi di rabbia provocati dalla loro suscettibilità e dalla permalosità essendo molto concentrati su loro stessi. E tutto questo è fonte di malessere e di insofferenza, che a volte subiscono i genitori e gli insegnanti che hanno difficoltà a comprenderne le motivazioni.
Questa forte discontinuità di comportamento che si crea col proprio passato suscita incertezze e addirittura confusioni personali, quasi l’adolescente potesse temere di perdere la direzione di se stesso. E dal momento che non ci si può più appoggiare ai genitori, da cui invece si vuole distaccare, i coetanei diventano indispensabili. Con loro si condividono i propri stati d’animo e i propri interessi superando l’opprimente senso di solitudine che si avverte in alcuni momenti. In gruppo il confronto è continuo per farsi valere ed affermarsi, insieme si scoprono territori sconosciuti ed eccitanti, come le prime esperienze sentimentali e sessuali. Si tratta di una grande risorsa, che stimola il senso di appartenenza e il riconoscimento del proprio ruolo, anche se poi non è facile per un ragazzo o una ragazza sottrarsi alle pressioni e alle seduzioni del gruppo, col rischio di essere rifiutato ed emarginato, esperienza che può compromettere il senso di sé. Fra i comportamenti di iniziazione nei gruppi l’uso dell’alcol e delle droghe rappresenta una vera prova del fuoco, che viene a sancire la stessa appartenenza, anche perché viene considerato un’esperienza esaltante, anche perché proibita e disapprovata dai genitori. Le prime esperienze con le canne hanno quasi un carattere rituale, perlopiù durante una festa nel clima di complicità e di eccitazione lo spinello è quasi un oggetto sacrale, che viene passato da uno all’altro per un tiro insieme.
Per molti ragazzi inizia così un percorso clandestino, che prima o poi viene scoperto dai genitori provocando grandi scontri familiari . Non è facile capire quanto la cannabis sia diffusa fra i ragazzi, una ricerca di qualche anno fa stimava che il 20% degli studenti delle scuole superiori ne facesse uso, sia in modo occasionale che in modo continuativo. Dati più recenti del Dipartimento per le Politiche Antidroga mettono in luce che il 30% dei ragazzi e il 21% delle ragazze non solo ricorrono agli spinelli ma creano cocktail micidiali mettendo insieme marijuana, cocaina, psicofarmaci e droghe sintetiche, quest’ultime ben più pericolose dal momento che provocano reazioni mentali e neurologiche gravi. Molti adolescenti sottovalutano il pericolo dell’uso della cannabis avendo l’illusione che possa risolvere con la sensazione piacevole di rilassamento i malessere e le ansie personali vissute dagli adolescenti. Non va dimenticato che la marijuana e l’hashish che si trovano oggi nel mercato nero sono frutto di ibridazioni molto diverse dal passato, avendo concentrazioni di tetraidrocannabinolo (THC) ben più elevate, addirittura 25 volte superiori. E come hanno confermato numerose ricerche i livelli elevati di THC interferiscono gravemente con la maturazione cerebrale che si verifica durante l’adolescenza, provocando scompensi psichici anche molto gravi.
In questo poliuso di sostanze si assomma frequentemente anche il ricorso all’alcol che si sta diffondendo sempre più fra gli adolescenti soprattutto fra i 14 e i 17 anni, in particolare nelle ragazze. Non è l’alcol che veniva utilizzato in passato per superare blocchi ed inibizioni sociali, viene invece mischiato con le droghe per provocare sballi che a volte esitano in stati di coma. Purtroppo la recente pandemia ha provocato nei giovani un isolamento ed un impoverimento della loro vita sociale aggravando la diffusione dell’uso di sostanze. E’ una piaga che rischia di pregiudicare il futuro delle nuove generazioni, ma il problema più che riguardare soltanto i giovani chiama in causa il mondo degli adulti, se -come scrisse il grande psicoanalista Donald Winnicott- sono abbastanza sani da poterli aiutare senza ricorrere a misure repressive.
C’è ancora chi si ostina a chiamarla “movida”
C’è ancora chi si ostina a chiamarla movida, socialità, economia e posti di lavoro ma quello che va in scena a Napoli, non solo nelle notti del fine settimana, non ha nulla a che vedere con questi concetti. Chi vive ed osserva il fenomeno da vicino, come i residenti, sa bene che il tutto si svolge al di fuori di ogni regola civica ed economica. Spritz, cicchetti, birrette, anche variamente assemblati tra loro, a pochi euro, attirano folle ingestibili ed ingovernabili con musica sparata a decibel da discoteca, che va avanti fino alle prime ore del mattino, all’insegna dello spaccio indisturbato di droghe di ogni genere e natura, con l’unico obiettivo dello sballo alcolico/narcotico che purtroppo travolge anche molte volte minorenni. Sono anni che analizziamo il fenomeno e ci siamo fatti un’idea chiara di come esso è articolato anche nella categoria dei commercianti che non sono tutti uguali e che tutto il comparto diverso dalla somministrazione è anch’esso colpito da questa gestione aggressiva di questo settore, che sta cannibalizzando interi quartieri che subiscono una vera e propria desertificazione sia sociale, sia culturale che commerciale. Ci siamo, infatti, dimenticati della Via San Sebastiano degli strumenti musicali e della Via Mezzocannone di librerie universitarie, dove si rilegavano le tesi di laurea, perché ogni “buco” viene adibito ad esercizio per la somministrazione alcolica, fosse anche di pochi metri quadrati, tanto poi c’è l’occupazione del suolo pubblico che è in grado di triplicare la superfice di vendita. La notte, salvo casi rari, è difficile vedere scontrini e contratti di lavoro regolari. In queste condizioni chi vuole essere in regola e non vendere ad 1 €. cicchetti, birrette e quant’altro, proponendo un approccio luidico, sociale, artistico e culturale al divertimento, viene schiacciato e deve chiudere, poiché non riesce a mantenere la concorrenza con gli “irregolari”, cosicché Napoli, in queste condizioni, perde la possibilità di migliorarsi. E’ chiaro, allora, che ci dobbiamo chiedere Cui prodest? Sicuramente tutto questo giova alla camorra, che gestisce le piazze di spaccio di cocaina, hashish, marijuana et similia, sicuramente giova, ancora, alla camorra che ricicla tanti danari, sicuramente giova ancora una volta alla camorra che gestisce il business del parcheggio abusivo di tante, tantissime auto di avventori che vengono a Napoli perché sono attratti da droghe ed alcol a buon mercato. Cosa c’è di economia, di culturale e di socialità in tutto questo? Da quello che vediamo noi, niente! I giovani sono visti solo come consumatori, richiamati a migliaia da bassi prezzi, in folle ingovernabili ed ingestibili per consentire lo spaccio. Nelle normali condizioni della movida napoletana, infatti, ogni intervento di polizia è pressoché impedito per ragioni di ordine pubblico; diventa difficile anche un semplice controllo di polizia. Se questi sono i fatti, in larga misura assolutamente incontrovertibili e documentati dai tanti filmati e foto che ormai da anni pubblichiamo sulla nostra pagina Facebook, allora, ci chiediamo quando inizieremo a cambiare l’approccio tentando di arginare con politiche a breve, a medio ed a lungo termine, che puntino su divertimento, cultura e socialità, in un mix che nutra le menti dei nostri giovani e non le disintegri. L’altra faccia della medaglia sono i diritti umani dei cittadini che tentano di condurre una vita regolare nelle loro case di abitazione, diritti che l’art. 2 della nostra Carta Costituzionale definisce, non a caso, “inviolabili” quali il diritto alla salute, alla casa ed alla privacy, diritti connaturali all’essere umano che non sono, quindi, comprimibili. Anche uno studente al primo anno di giurisprudenza capisce che il nostro ordinamento Costituzionale non tollera neppure la minima lesione di questi diritti fondamentali che sopravanzano quelli cd. economici. Se questo è il quadro normativo costituzionale ci chiediamo, allora, in che termini si pongono gli esperti della mediazione politico/sindacale quando si oppongono ad ogni forma di contenimento del fenomeno suddescritto che difficilmente si può inquadrare nei concetti di movida, socialità o economia. E’ evidente che lo stato in cui siamo giunti è il frutto di un approccio anarcocapitalista che non ha nulla a che vedere con i concetti di solidarietà umana e progresso sociale propri della nostra Costituzione. Se questo è il dato normativo e sociale non c’è dubbio che occorre una stretta limitando gli orari di esercizio delle attività commerciali in modo deciso atteso che fino ad oggi i medesimi gestori delle notti napoletane non sono stati in grado di limitare i danni sociali ed economici che gioco forza registriamo da troppo tempo.
Avv. Gennaro Esposito Consigliere Comunale di Napoli e Presidente del Comitato Vivibilità Cittadina
La Borghesia dello Spritz nella Monnezza
Abbiamo la fortuna di abitare in una delle Città più belle del mondo, con molti problemi, ma senza dubbio bella. Abbiamo tutto: patrimonio artistico/monumentale, mare e bellezze naturali. Avvolti da tanta bellezza, dovremmo avere nel nostro DNA un sentimento di protezione e tutela di ciò che ci è stato donato per diritto di nascita. Purtroppo, il degrado anche nel Centro Antico è palpabile, con rifiuti che non si riescono a smaltire regolarmente, strade dissestate ed orrendi “scarabocchi” su tutti i muri e portoni che offendono i nostri Palazzi Monumentali. Il problema è che ci siamo abituati a questa forma di degrado che affonda le sue radici, non solo nelle classi culturalmente più “disagiate”, ma anche nella “colta” borghesia napoletana, piccola, media o alta che sia. Sento, pertanto, il dovere di fare “outing sociale”, sentendomi, in un certo qual modo, anch’io colpevole: ieri sera, passando per il centro storico, mi sono imbattuto in un gruppo di persone, 40enni e 50enni, davanti ad un baretto, rispettoso delle regole e, pertanto, chiuso a quell’ora, solo che, tutto intorno, c’erano bottiglie e bicchieri che, forse non sapendo dove lasciarli, erano stati abilmente ammonticchiati, a forma di “castello di carte”, sui bidoni della differenziata, usati, non si capisce bene, se come tavolini o come punto di discarica. In particolare, il bidone dell’umido era stracolmo e, pertanto, non utilizzabile, senza provocare il crollo del “castello di carte”. Anche questa volta, purtroppo, non ce l’ho fatta a farmi i cd. fatti miei, quindi, ho manifestato agli astanti, qualcuno ancora intento a sorbire l’ultimo drink, tutta la mia indignazione, cercando di attirare l’attenzione sullo “schifo” nel quale tutti eravamo immersi, ovviamente, senza ottener alcuna risposta dalle persone presenti anzi, cogliendo un atteggiamento quasi di fastidio verso il cd. solito “rompiscatole”. Persone della cd. borghesia napoletana, professionisti, impiegati pubblici e privati, che parlavano un perfetto italiano, nei quali in un certo qual modo mi riconosco, per classe sociale e per età. Non riuscendo ad attirare l’attenzione sul fatto che quella “costruzione” avrebbe impedito l’uso del bidone della differenziata, ho appena alzato, di poco, il coperchio che, in ogni caso, si sarebbe dovuto alzare, essendo la sera dell’umido, cosicché tutto il “castello” di bottiglie, bicchieri e cannucce è chiaramente venuto giù, facendo fracasso ed ottenendo, finalmente, l’attenzione degli astanti che, con mia sorpresa, mi si sono rivolti contro, definendo questo mio poco accorto gesto, una “provocazione” nei loro confronti e facendomi capire che loro, per fortuna per me, erano persone perbene perché altrimenti me la sarei vista brutta. Non un cenno di mortificazione, non un cenno di sofferenza per la “monnezza” che ci attorniava, si sentivano perfettamente a loro agio. Forse, ora che ci penso, avrei dovuto scusarmi per il fracasso e, nel caso lo faccio adesso, ma non ho colto nessun senso di disagio di questi non tanto giovani signori della buona società napoletana. Ebbene, a capo di questa “rivolta”, c’era un signore che ho riconosciuto essere un architetto, addirittura funzionario del Comune di Napoli. Come dire, una doppia aggravante sia per il titolo, che per la funzione pubblica, entrambi requisiti che avrebbero dovuto suscitare nel signore un senso di riprovazione e di indignazione, ben superiore al mio. Con questo, non voglio dire che i citati astanti siano stati loro a costruire i “castelli di carte” sui bidoni della differenziata, lungi da me dal pensare così male, ma, almeno, mi sarei aspettato lo stesso moto di indignazione che ho avuto io o, quantomeno, un senso di condivisione e sconforto. Spero che almeno questo mio gesto, forse inconsulto, sia stato utile per una riflessione. A questo punto, non mi resta che ringraziare Gaetano, il mio giovane cane, che spesso mi accompagna in queste circostanze, assistendo sempre con aria perplessa. Forse ha ragione lui!
Avv. Gennaro Esposito
Facciamo Tesoro della Esperienza della Pandemia
Il nostro grazie e la nostra solidarietà, in questo momento così drammatico, va a coloro che con il loro lavoro stanno reggendo le sorti del Paese, in campo sanitario, economico, della sicurezza pubblica, dei trasporti, della distribuzione alimentare, dell’informazione e, non ultimo, del volontariato. Si spera che si possa tornare presto alla “normalità”. Non possiamo, però, nel cinquantesimo anniversario della giornata della Terra, non iniziare a trarre per tempo qualche considerazione sulla lezione che questa immane tragedia sta dando ai popoli, sia dal punto di vista ambientale che socioeconomico. Poco più di un mese di lockdown sembra sia bastato per far tirare un respiro di sollievo alla Sirena Partenope, che in questi giorni sta mostrando un volto che avevamo dimenticato. Sul web si susseguono immagini del golfo popolato da delfini, capodogli e qualche squalo; molte le foto di specie di uccelli, la cui esistenza avevamo dimenticato. Ad un attento osservatore non sfugge neppure che è cambiato anche l’atteggiamento dei nostri amici a quattro zampe, non più immersi nel frastuono della città. Il cielo è terso, di un azzurro pastello che riposa gli occhi. Spettacolare lo sfondo del Vesuvio che chiude l’arco del golfo. In questa cornice paesaggistica unica al mondo, si apprezza la storia millenaria della nostra città d’arte. Non c’è dubbio che la presenza di queste “creature” nel nostro mare e nella nostra città sia il segno di un ambiente finalmente più salubre e vivibile. Una condizione alla quale, come Comitato, abbiamo sempre aspirato, anche prima del Virus, perché siamo innamorati di Napoli e la rispettiamo, come la maggior parte dei napoletani. Non c’è dubbio che l’attenzione che finora abbiamo rivolto alla cosa più preziosa che abbiamo, il nostro ambiente, nonostante leggi e regolamenti, sia stata assolutamente scarsa perché strumentalmente piegati alla necessità della produzione e del lavoro, sotto la cui egida si è consumato e si consuma il saccheggio quotidiano dei nostri beni comuni e dei diritti umani. Con questa tragedia d’un tratto ci siamo accorti della esistenza dei cosiddetti lavoratori fantasma, quelli al nero, che dall’oggi al domani si sono ritrovati a subire il lockdown senza poter usufruire di alcuna garanzia. Lavoratori che incontravamo tutti i giorni, che ci portavano la pizza o ci servivano ai tavoli del bar, lavoratori dei quali non ci accorgevamo né noi né, soprattutto, le Istituzioni, che ne hanno incentivato a dismisura l’utilizzo, promuovendo un modello di sviluppo economico camuffato da pace sociale. Un meccanismo che si è inceppato per la diffusione del virus; un meccanismo che è finalmente servito a questi lavoratori a capire, sulla propria pelle, cosa significhi questa condizione pseudo lavorativa, che non consente alcun diritto ad un futuro garantito. Si è risvegliato, pur se obbligato, il senso di comunità dei napoletani che hanno compreso la necessità di rispettare le regole per preservare la loro stessa vita, quella dei loro cari e quella dei loro concittadini, con un accresciuto senso civico, che ha obliterato quel senso di anarchismo individualista che spesso prevarica i diritti degli altri e che ha trovato terreno fertile nella politica della liberalizzazione selvaggia e dell’illegalità tollerata dalla nostra amministrazione cittadina. Non dimentichiamo, oggi, i gravi problemi di ieri: la disoccupazione, l’invivibilità, l’illegalità, il degrado ambientale, il liberismo estremo. Siamo convinti che questa lezione e i sacrifici che stiamo facendo e che continueremo a fare (per gli effetti del virus) non debbano essere vani. Occorre ripensare il Paese. Noi tutti potremmo iniziare dalla nostra città, ribaltando gli schemi economici e sociali, costruendo un nuovo modello di sviluppo economico basato sul rispetto del territorio e dei diritti di tutti, tra i quali soprattutto quelli di coloro che contribuiscono a promuoverne la bellezza e le tradizioni. Occorre ripartire comprendendo che ieri vivevamo in una normalità distorta, che domani perseverare nello sfruttamento intensivo dell’ambiente potrà ritorcersi contro la nostra comunità. Noi siamo per una “crescita felice” e sostenibile, per una città dove tutti possano ritrovare quegli spazi e quelle condizioni ottimali indispensabili per lasciare alle future generazioni un mondo migliore. Per tutti questi motivi il nostro Comitato continuerà ad offrire la propria disponibilità a collaborare con le istituzioni alla costruzione del “migliore dei mondi possibili”.
Comitato Vivibilità Cittadina
Il Presidente
Avv. Gennaro Esposito
Pubblicato su Corriere del Mezzogiorno, Mattino di Napoli, Repubblica Napoli e Il Roma del 23.04.2020
Napoli: Il Dopo COVID
Da attenti osservatori del nostro territorio abbiamo sempre svolto un ruolo attivo denunciando agli organi ed istituzioni competenti, di tutti gli ordini e gradi, le tante cose che non andavano in Città. Il protratto lockdown ci ha dimostrato che avevamo pienamente ragione nel segnalare i comportamenti illegali e spesso fonte di responsabilità anche penale; comportamenti che abbiamo prontamente denunciato, perché pensiamo che i cittadini non debbano voltarsi dall’altra parte, ma debbano, invece, prendersi cura della città collaborando con le Istituzioni. Ci siamo accorti, immediatamente, perché lo vedevamo accadere sotto i nostri occhi, che lo sfruttamento intensivo delle nostre risorse non è un modello da perseguire perché espelle i cittadini dalla città e violenta e mortifica il territorio, favorendo il diffondersi di grandi e piccole illegalità travestite da occasioni di lavoro. Quanto, poi, questo modello economico sia stato fallimentare e fragile è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo sempre sostenuto che la Città non è un bene di consumo, facendone il nostro motto e, pertanto, abbiamo denunciato le responsabilità politiche delle maglie larghe nelle quali si sono prontamente inserite iniziative che tendono a trasformare la città in un luna park, ovvero, in un enorme fast food. Non abbiamo scoperto nulla se non che le norme per consentire a tutti i cittadini di vivere la Città nel rispetto dell’ambiente e della salute già esistevano. Ne abbiamo semplicemente richiesto l’applicazione, quasi sempre inascoltati. Sapevamo che il litorale cittadino era inquinato dagli sversamenti illegali, ma non abbiamo mai preteso da chi ne aveva il potere e la responsabilità il doveroso intervento. Oggi, che abbiamo visto cosa è il golfo con i delfini, non possiamo girarci dall’altra parte. Abbiamo apprezzato Napoli nella sua dimensione monumentale, culturale ed artistica senza il roboante rumore di folle di giovani e meno giovani che si accalcano davanti a locali di varia natura, offendendo la storia della città millenaria. Una bulimia orgiastica che tal volta si è tramutata in tragedia, come quella, di qualche anno fa, del giovane Emanuele caduto dall’obelisco di Piazza San Domenico Maggiore, su cui, in piena notte si stava arrampicando sotto gli occhi di migliaia di giovani che facevano il tifo o che si erano, semplicemente, girati dall’altra parte. Il lockdown è per noi una cartina di tornasole da cui apprendiamo che Napoli può essere ancora più bella ed accogliente; occorre però mostrare ai napoletani qual è il percorso da seguire. Ebbene, la fase due richiede attenzione e controllo e può essere l’occasione per impedire le distorsioni del mondo del lavoro e della produzione alle quali istituzioni e cittadini si erano assuefatti. Controlli che, peraltro, sono stati rafforzati dalla ulteriore normativa sopravvenuta relativa all’emergenza covid19 che, finalmente, standardizza nuclei composti da vigili del fuoco, ispettorato del lavoro, comando dei carabinieri per la tutela del lavoro ed aziende sanitarie locali (cfr. circolare ministro dell’interno del 02.05.2020), affinché vi sia una tutela a 360 gradi di cittadini e lavoratori, quelli veri non al nero. Oggi si parla di “regalare” gli spazi pubblici per consentire ad attività commerciali di espandere la loro attività all’esterno e bilanciare, in tal modo, la riduzione degli spazi interni dovuta al cosiddetto “distanziamento sociale”. Ebbene, se da un lato ciò a Napoli è sempre accaduto, non tanto per la mancanza di controlli ma per la assenza della riscossione delle sanzioni, dall’altro dobbiamo dire con forza che gli spazi pubblici sono pubblici e le occupazioni vanno dosate “cum grano salis”, a condizione che si impieghi manodopera regolare ed evitando il saccheggio di spazi e diritti, verificando la compatibilità con strade e piazze di ridotte dimensioni e prevedendo percorsi e postazioni che consentano di evitare gli assembramenti, causa non solo del contagio ma anche di altrettanti gravi disagi che abbiamo sempre segnalato. Occorre amministrare la città con equilibrio e lungimiranza anche per evitare che situazioni precarie si stabilizzino in una colpevole tolleranza. La nostra è una pretesa doverosa e legittima, perché pensiamo che Napoli possa essere il motore dello sviluppo del Sud e del Paese, in una Italia che ormai al Nord ha margini di sviluppo limitati, rispetto a quelli che può avere il Mezzogiorno, al quale vanno riconosciute le risorse necessarie a raggiungere una crescita compatibile con l’ambiente in tutta la sua complessità.
Comitato Vivibilità Cittadina
Il Presidente
Avv. Gennaro Esposito
Pubblicato su Corriere del Mezzogiorno e Repubblica Napoli del 17.05.2020
Il Sindaco Spritz
La sequenza degli accadimenti e le dichiarazioni del Sindaco di Napoli sul primo week and dopo il lock down totale, destano un senso di disagio e disorientamento che credo provino i napoletani, sia per il contrasto istituzionale in atto con la Regione ed il Governo, sia perché si è giunti addirittura a negare l’evidenza con riferimento alla notte trascorsa sul lungomare liberato tra sabato e domenica scorsa. Ebbene, posso dire da “testimone oculare” che via Pertenope, già dalle 18,00 alle 20,00 di sabato 23 maggio, era una distesa di persone con poche mascherine ed agenti della polizia municipale che passavano in mezzo ad una folla che, ovviamente, non avrebbero mai potuto disperdere se non a costo di sollevare una sommossa popolare; mentre, Via Caracciolo, a quell’ora, era già paralizzata dal traffico veicolare. In questa situazione non possiamo che manifestare la nostra solidarietà agli agenti delle forze dell’ordine poiché, quando non si prepara bene il terreno, poi non si può pretendere da sparuti agenti la repressione di comportamenti scorretti così diffusi. Ebbene, mentre i Sindaci di tutta Italia richiamano i Cittadini all’ordine ed al rispetto delle regole di distanziamento, minacciando la adozione di misure restrittive e giungendo finanche a chiudere le piazze, il Sindaco De Magistris sostiene la tesi della necessaria riapertura h. 24 di tutto e di tutte le attività connesse alla cd. movida, quindi, bar, baretti e locali di vario genere e natura, lasciando, quindi, libero il popolo della notte di fare quello che vuole. Orbene, il Sindaco della “libertà” avrebbe dovuto almeno fare i conti con la esperienza “precovid”, documentata, tra l’altro, dalla cronaca quotidiana e da numerosissimi filmati pubblicati dai giornali on line e sulla nostra pagina facebook, per misurare bene le sue parole. Invece, niente di tutto questo, il Sindaco di Napoli, preannuncia ordinanze che, in ragione di una non meglio specificata libertà daranno la possibilità al popolo della notte, di esprimersi per tutte le notti, tutta la notte, senza fare i conti con le esigue risorse del Comune per fare i controlli ed irrogare le eventuali sanzioni, o meglio, una volta irrogate, poi effettivamente riscuoterle per renderle efficacemente deterrenti. Il Sindaco de Magistris, infatti, dimentica gli assembramenti ampiamente documentati delle notti napoletane appellandosi ad una fiducia che non si comprende proprio dove si poggi, tenuto conto che in tutta Napoli le forze di Polizia Municipale sono in numero assolutamente esiguo e che le sanzioni per comportamenti scorretti, da parte di gestori non sono mai state pressocché incassate, tanto da raggiungere la ragguardevole somma di circa 40 milioni di euro come risulta dal bilancio consuntivo 2018. Il Sindaco di Napoli, in buona sostanza, impartisce il “liberi tutti” in modo irresponsabile, in quanto, non fa i conti con le reali forze di cui l’amministrazione dispone, con la tragica conseguenza di mettere a repentaglio sia, la sicurezza e l’incolumità dei suoi agenti di Polizia Municipale e delle altre forze dell’ordine, sia la salute pubblica. Dispiace che la prova di quello che ormai andiamo professando da circa 8 anni, l’abbiamo purtroppo avuta nel mentre il Sindaco di Napoli annunciava le sue “ordinanze liberatorie”, con l’accoltellamento del povero ragazzo di colore in Piazza Bellini, teatro di tanti disastri legati alla cd. movida. Rammarica, altresì, che si professi un “liberi tutti”, senza alcuna base scientifica (o meglio contro le basi scientifiche) ed, inoltre, non si colga l’occasione per correggere comportamenti scorretti adottando misure ad hoc, che, invece, il Sindaco di Napoli sembrerebbe addirittura incoraggiare. Fanno, infatti, un certo effetto le parole pronunciate dal primo cittadino al TG1 ed al TG3regionale, circa il traffico veicolare su via Caracciolo ritornato, secondo lui, alle normali dimensioni precovid, senza neppure aver, per un minuto, considerato che quel traffico è un nemico della salute dei cittadini e che la libertà declinata in questo modo, senza considerare la dimensione collettiva, non è libertà ma sopruso. In conclusione, avvicinandosi la scadenza del secondo mandato, è molto probabile che De Magistris verrà ricordato come il Sindaco dello Spritz.
Avv. Gennaro Esposito
Presidente Comitato Vivibilità Cittadina
lettera pubblicata su Repubblia Napoli del 29.05.2020
L’Allarme Sociale della Movida Alcolica
Oggi (04.04.2018) un’ampia Rassegna Stampa su Alcol e Movida (clikka), dopo la morte di Nico, un ragazzo di 20 anni che a Positano, grazie ad una notte alcolica è morto precipitando giù da una scarpata. Molti commentatori chiriscono quali sono i termini della questione, su cui invano, con il Comitato per la Quiete Pubblica e la Vivibilità Cittadina, stiamo cercando di portare all’attenzione delle Istituzioni. Siamo addirittura giunti a redigere un Questionario (clikka) da somministrare nelle scuole medie secondarie, perché crediamo che il fenomeno debba prima essere studiato nella sua dimensione. Ebbene il Questionario lo abbiamo consegnato, nella occasione in cui abbiamo partecipato al Tavolo per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica in Prefettura, a Sindaco, Prefetto e Questore, chiedendo di essere aiutati a far decollare l’iniziativa, semmai con la collaborazioen del Provveditorato Regionale all’Istruzione e dell’ASL. Secondo voi abbiamo avuto una risposta? E’ ovvio che non ne abbiamo avute! Coloro che occupano le Istituzioni, politici o burocrati che siano, hanno l’obbligo si essere lungimiranti per prevenire i disastri sociali o naturali che siano. Come è possibile che queste persone non vedono ciò che viediamo e tocchiamo con mano noi. Basta osservare le pagine social dei tanti baretti, locali o discoteche per capire quale è l’approccio delle notti di movida acolica ed allucinogena napoletana. Abbiamo selezionato solo alcune delle pubblicità che costituiscono un vero e proprio incitamento allo sballo (clikka), se le guardate vi renderete conto di cosa stiamo parlando. La ricerca è lo sballo e vanno bene sia gli alcolici che le droghe fino a stare male. Il vomito è la meta da raggiungere è la riprova che si è andati oltre il limite. Forse abituati ai rapporti virtuali i giovani quando si incontrano cercano di ricostruire un mondo alterato dei sensi per evitare di incontrarsi veramente.
Il De Magistris Diffidato a Tutelare la Sicurezza pubblica
Atto di Significazione Invito e Diffida
A Tutela dell’Ordine, della Sicurezza Pubblica e della Salute dei Cittadini
per l’attuazione del Decreto Sicurezza e della cd. Circolare Gabrielli
II Sottoscritto Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina, in persona del Suo Presidente p.t., Avv. Gennaro Esposito, con sede in Napoli, alla Piazza Dante,
S I G N I F I C A
al Sig. Sindaco di Napoli On.le Dott. Luigi De Magistris, domiciliato per la Carica presso la Casa Comunale, anche nella Sua qualità di Ufficiale di Governo;
a S.E. Il Prefetto della Città di Napoli Dott.ssa Carmela Pagano, domiciliata per la carica presso l’Ufficio della Prefettura della Provincia di Napoli, anche quale organo addetto al coordinamento per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica;
a S.E. il Questore di Napoli, Dott. Antonio De Iesu, domiciliato per la Carica presso gli Uffici della Questura di Napoli, anche quale responsabile dell’Ordine e la Sicurezza Pubblica e delle forze di Polizia anche Amministrativa;
al Sig. Comandante della Polizia Locale del Comune di Napoli Dott. Ciro Esposito, dom.to in Napoli, Comando Generale in Via Vincenzo De Giaxa, 5, quale responsabile delle forze di Polizia Locale ed Amministrativa;
al Sig. Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli, dom.to in Napoli, al Largo Tarantini, 1 che:
1.- Con precedenti atti di significazione invito e diffida, notificati in data 18.01.2016, 28.12.2016, e del 18.05.2017, i comitati spontanei dei cittadini residenti in Napoli, Significavano la insostenibilità delle condizioni di sicurezza, ordine pubblico ed invivibilità dei quartieri ben noti alle cronache cittadine per episodi di movida molesta ed incontrollata, con annessi fenomeni di spaccio di droga, parcheggiatori abusivi, occupazione abusiva di suolo pubblico, evasione fiscale e contributiva e vendita di alcolici a minori;
2.- a mente dell’art. 50 e 54 del TUEL, così come modificati ed integrati con Decreto Legge n. 14 del 20.02.2017 (cd. Decreto Sicurezza), convertito in legge 18.04.2017, n. 48, in materie di ordinanze non contingibili ed urgenti: “[Comma 5] Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillita’ e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. [7-bis] Il Sindaco, al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillita’ e del riposo dei residenti nonche’ dell’ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle citta’ interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, nel rispetto dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, puo’ disporre, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, con ordinanza non contingibile e urgente, limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. [art. 54 comma 4 bis] I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l’incolumita’ pubblica sono diretti a tutelare l’integrita’ fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti“;
3.- a mente dell’art. 100 del TLPS, così come modificato ed integrato con Decreto Legge n. 14 del 20.02.2017 (cd. Decreto Sicurezza), convertito in legge 18.04.2017, n. 48: “Oltre i casi indicati dalla legge, il Questore può sospendere la licenza di un esercizio, anche di vicinato, nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”;
4.- dopo i gravi fatti accaduti in Piazza San Carlo a Torino il 03.06.2017, il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha adottato una Circolare con la quale si sono disposte misure di sicurezza per i cd. “eventi di piazza” ai quali partecipano un numero considerevole di persone al fine di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica;
5.- a Napoli, così come in altri grandi centri urbani, ci sono spontanei assembramenti di migliaia persone, per la cd. movida molesta ed incontrollata, che costituiscono veri e propri “eventi di piazza” seppure non organizzati, che determinano una uguale condizione di pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica, specialmente nei fine settimana, ed in particolare dal giovedì alla domenica, nei quartieri di Bagnoli/Via Coroglio, Chiaia ai cd. baretti, Centro Storico, Piazza Bellini/Via Bellini, Piazza San Domenico Maggiore/Piazzetta Nilo/Via Paladino/Via Carrozzieri/Piazza del Gesù, Quartiere Vomero, Via Aniello Falcone nella zona dei cd. Baretti, Quartiere Posillipo, Via Ferdinando Russo.
Alla luce dei citati fatti e delle vicende ampiamente documentate da riprese video, audio e fotografiche nonché accertamenti svolti da Pubbliche Autorità e così come più volte rappresentate mediante l’inoltro di segnalazioni ed esposti dai cittadini, il sottoscritto Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina
Invita e Diffida
Il Sindaco di Napoli On.le Dott. Luigi de Magistris,
S.E. Il Prefetto di Napoli Dott.ssa Carmela Pagano,
S.E. Questore di Napoli Dott. Antonio De Iesu,
l’Ill.mo Comandante della Polizia Municipale Dott. Ciro Esposito;
Ill.mo Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli Ing. Emanuele Franculli
1) Ad adottare, ciascuno per quanto di loro competenza, ogni provvedimento necessario ed urgente, volto a tutelare l’Ordine, la Sicurezza Pubblica e la vivibilità dei citati quartieri, per la tutela della Salute, della Vivibilità e del Riposo dei Cittadini, disponendo, ai sensi degli artt. 50 e 54 del TUEL ed ai sensi dell’art. 100 TULPS, in via preventiva, la sospensione e/o la chiusura, degli esercizi commerciali, ed irrogando ove necessario le sanzioni della revoca e/o sospensione dei titoli abilitativi all’esercizio dell’attività, predisponendo, ove necessario, nei citati quartieri, la chiusura anticipata dei locali, ovvero la regolamentazione della somministrazione di bevande alcoliche, onde evitare l’assieparsi di folle incontrollate ed incontrollabili, valutando, anche, la eventuale limitazione della installazione di nuove attività produttive inquinanti nei quartieri già saturi così come imposto nei centri storici delle altre città italiane;
2) a disporre ai sensi dell’art. 9 della legge 447/1995 ogni e necessario provvedimento a tutela dell’inquinamento acustico e della salute dei cittadini attesa la continua violazione dei limiti di inquinamento acustico di cui al vigente Piano di Zonizzazione Acustica.
Il presente atto viene notificato anche a S.E. il Sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Penale di Napoli, affinché provveda ad avviare ogni necessaria ed opportuna indagine, volta ad accertare qualsivoglia ipotesi di reato per il grave pregiudizio all’Ordine ed alla Sicurezza pubblica nonché alla Salute dei Cittadini, dovuta alla grave e colpevole inerzia dei Pubblici Amministratori responsabili, anche ai sensi dell’art. 328 c.p.
Napoli, 15 giugno 2017
La Movida Pericolosa: Dove sono le Istituzioni
Dopo i gravi fatti di Torino, dove si sono ferite oltre 1.500 persone per il panico scatenato da una suggestione collettiva, la recente Circolare del Capo della Polizia, Franco Gabrielli, prevede delle misure di sicurezza da adottare per i cd. eventi che si organizzano nelle città italiane, anche se già le norme di sicurezza vigenti avrebbero dovuto impedire i citati gravi fatti che hanno scatenato il caso piemontese. Fuori dall’ipotesi del cd. evento di piazza, invece, le misure di sicurezza da adottare si lasciano alla valutazione delle istituzioni preposte. Sennonché non v’è chi non veda che a Napoli, così come in altre grandi o piccole città, la situazione del cd. “evento di piazza”, diciamo, costituisce la normalità che resta assolutamente ingovernata. Si pensi a Bagnoli/Via Coroglio, a Chiaia ai cd. baretti, a Piazza Bellini/via Bellini, a Piazza San Domenico Maggiore/Via Nilo/Via Paladino/Via Carrozzieri, ad Aniello Falcone ed altri pochi luoghi dove ogni sera si radunano migliaia di cittadine e cittadini, giovani e meno giovani che, nella loro incosapevolezza, vengono messi a rischio. Difatti, in tutti questi posti si radunano migliaia di persone anche perché i locali ivi collocati o sono vere e proprie discoteche, che non rispettano le norme di sicurezza (è difficile, infatti, vedere Vigili del Fuoco ed Ambulanze per il numero di persone presenti), o sono dei locali autorizzati alla sola somministrazione di bevande, o anche alimenti, che si trasformano in veri e propri locali di pubblico spettacolo canoro, disco o danzanti, senza averne i minimi requisiti di sicurezza, prescritti dalla legge quando si organizzano eventi di tal tipo. Ebbene, la cosa che preoccupa è che il tutto avviene alla luce del giorno, ovvero della notte. Migliaia di persone, infatti, si riversano in locali di pochi metri quadrati, con avventori che occupano strade e marciapiedi, che semmai hanno organizzato la notte “DJ SET”, ovvero in locali seppure di discrete dimensioni che, però, non potrebbero fare eventi di pubblico spettacolo, perché carenti dei requisiti di legge, come ad esempio le uscite di sicurezza su lati contrapposti. Il tutto è condito dal fatto che ciò accade o nelle immediate vicinanze di centri abitati o, addirittura, in locali inseriti in edifici ad esclusiva vocazione residenziale. E’ il caso del cd. Baretto inserito in un condominio, dove tutte le altre unità sono abitazioni di famiglie, lavoratori, bambini ed anziani che restano svegli per notti intere e per la gran parte della settimana. Ebbene, con il cd. Decreto Minniti, n. 14/2017, si sono accresciute le prerogative del Sindaco e del Questore, che hanno più incisivi strumenti amministrativi ed il compito, finora non assolto, di adottare provvedimenti ad hoc, proprio per far fronte a tale ingovernata situazione. Ci chiediamo quando mai adotteranno un provvedimento ovvero, se del caso, dobbiamo prima attendere il disastro confidando nella Provvidenza affinché non accada nulla di grave!
Camorra Prevaricazione e Movida
Questa notte siamo scesi in piazza contro il degrado della città, ancora una volta, abbiamo assistito a comportamenti arroganti e prevaricatori. Arrivati in Via Bellini, in compagnia delle Forze dell’Ordine che ci scortavano, abbiamo assistito ad atti di prevaricazione e mortificazione degli elementari diritti dei cittadini, abbiamo subito aggressioni verbali e minacce. Un comportamento che, non esitiamo a qualificare, a tutti gli effetti CAMORRISTICO. Un Baretto/Discoteca al nostro passaggio, come accaduto con un altro locale durante la manifestazione a Bagnoli il 20 maggio scorso, ha mostrato tutta la sua arroganza alzando il volume degli impianti elettroacustici, nella convinzione di non subire nulla nè alcun controllo.
Abbiamo più volte chiesto alle FF.OO. di intervenire e di andare immediatamente a controllare se avevano la relazione di impatto acustico, prevista per legge, nonchè di verificare se gli impianti elettroacustici indicati nella relazione erano quelli in esercizio. La Funzionaria della Polizia ci ha detto che avevano mandato a fare un controllo, seduta stante. Noi non ci fidiamo più! Stanotte il locale in questione ha una ennesima serata con DJ SET, cosa vietatissima e nociva in un fabbricato residenziale. Il Baretto in questione si trasformerà per l’ennesima volta in una vera e propria discoteca. I cittadini sono stanchi di subire la Camorra della Movida molesta ed incontrollata e di subire soprusi che potrebbero essere repressi facilmente, come accade nelle altre più civili città d’Europa! Abbiamo una classe dirigente Impreparata è Collusa con un sistema sregolato, contro il quale si ha paura di agire. Se i cittadini, anche uno solo, sono abbandonati a loro stessi, allora non ha più senso far parte di una comunità ! Se il Comune e le Forze dell’Ordine non intervengono a tutela di diritti di minima convivenza civile, allora, non ci possiamo neppure chiamare cittadini nè italiani ancor meno napoletani! Siamo un’altra cosa, siamo dei sudditi spremuti dalle tasse che servono per pagare stipendi ed indennità a gente che non ci tutela ma che ci mortifica nel nostro senso di appartenenze! “Io non mi sento Italiano”
La Croncaca della manifestazione su Il Mattino (clikka)
Movida Militare
Oggi leggo l’intervista del Questore su Il Mattino (clikka), riporto la posizione del Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e Vivibilità Cittadina che presiedo: “Come Comitato abbiamo sempre espresso la massima stima per gli agenti delle Forze dell’Ordine e per i Militari. In più occasioni abbiamo dato la nostra solidarietà agli agenti che sono stati mandati a fronteggiare situazioni che non erano in grado di gestire, per l’eccessivo assembramento di persone, provocato dalle notti della movida napoletana. Ricordiamo, infatti, ciò che accadde nella notte del 15.10.2016, quando un agente della Polizia di Stato, venne letteralmente travolto da un motoveicolo in fuga, oltre alle tante risse, accoltellamenti e spari, a cui sono seguiti arresti ed imputazioni per droga o per altri reati. Proprio per l’esperienza maturata sul campo, pensiamo che mandare due agenti di pubblica sicurezza, accompagnati da tre militari, sia un rimedio non molto efficace, anche per la necessità di eseguire un controllo amministrativo sugli esercizi commerciali che di notte da bar e baretti si trasformano in vere e proprie discoteche all’aperto ed al chiuso, attirando centinaia di giovani che tal volta, sotto l’effetto di droghe ed alcol, si trasformano essi stessi in cantanti e musicisti, percuotendo qualunque cosa a mo di tamburo. Ci chiediamo, infatti, cosa farà questa sparuta pattuglia quando si troverà innanzi al muro umano della movida napoletana, che tal volta impedisce anche ai residenti di tornare alle proprie abitazioni ed ai mezzi di soccorso di giungere a destinazione. Ci chiediamo, ancora, cosa faranno i 5 agenti quando passeranno tra le nuvole di fumo di erbe di varia natura e cosa faranno quando si troveranno ad ascoltare cantanti e brani musicali sparati da casse acustiche piazzate all’interno o fuori dagli esercizi commerciali, che svolgono la loro attività rigorosamente a porte aperte. E’ chiaro che, il proliferare incontrollato di questo tipo di attività, ha creato e crea disagio alla cittadinanza ed innegabili problemi di ordine e sicurezza pubblica, poiché il fenomeno è assolutamente ingovernato; bar e baretti e locali di varia natura spuntano come funghi, aprendosi in condomini che hanno natura residenziale, senza alcuna limitazione e nella completa indifferenza dell’Amministrazione Comunale che, anzi, propone un modello di città sveglia h24, mentre in altre città si è aperta per lo meno una riflessione sulla necessità di limitare la proliferazione di queste attività inquinanti. Siamo, allora, convinti che se l’amministrazione comunale non adotterà alcun provvedimento strutturale e di programmazione, si dovrà giungere, gioco forza, a sollecitare l’emissione dei provvedimenti volti a tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica da parte delle Autorità di Pubblica Sicurezza alla quale ci siamo rivolti chiedendo di essere ascoltati, poiché contrariamente a quanto si afferma, i residenti che conosciamo, non sono mai stati ricevuti.
Avv. Gennaro Esposito
Presidente del Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina
La Movida a Spese dei Cittadini Napoletani
Oggi (26.01.2017) su Repubblica Napoli un caso tipico della movida Napoletana (clikka) da cui si comprende che i cd. bar, baretti e locali di varia natura, spesso esercitano la loro attività a spese dei malcapitati cittadini Napoletani. Il Tribunale di Napoli è intervenuto per l’ennesima volta dando ragione ai residenti. E’ emerso, infatti, chiaramente che l’immobile utilizzato per la tipica attività della movida era sprovvisto dei necessari presidi a tutela della salute pubblica e privata, sia per quanto concerne le immissioni sonore, sia per quelle dovute agli schiamazzi. Fenomeno, purtroppo, comune a molti baretti che accolgono migliaia di giovani e meno giovani che si assiepano in locali e strade tal volta non idonee ad accoglierli.
La conseguenza è che il mancato adeguamento strutturale si trasforma in un costo e sofferenza sociale. Ancora una volta il Tribunale ha dovuto supplire ad una mancanza dell’Amministrazione locale. Eppure, in Italia ci sono esempi di buone prassi come quella del Comune di Verona, che ha adottato un vero e proprio regolamento che disciplina le attività rumorose con l’obbligo dei gestori di chiedere, sempre, alla Direzione Ambiente, il nulla osta di impatto acustico seppure l’attività musicale non sia quella principale. A Napoli, invece, nonostante la situazione sia gravissima chiunque può permettersi di aprire un locale e fare quello che vuole senza dover chiedere nulla a nessuno beneficiando di una incontrollata semplificazione amministrativa che in alcuni casi determina più danni che benefici.
Le Istituzioni Diffidate per la Vergogna/Movida
Ciò che le Istituzioni Cittadine e Statali hanno fatto per arginare il fenomeno della cd. Vergogna/Movida a Napoli, lascia molto a desiderare. E’ evidente che non si può pretendere di usare gli stessi mezzi usati finora se il fenomeno del divertimento cittadino è cambiato radicalmente. Il problema deve essere affrontato con nuove misure che richiedono un maggiore impegno finanziario solo che, con buona approssimazione, ad un accresciuto arricchimento degli operatori del settore/movida, non corrisponde un incremento delle risorse pubbliche, sia perché molta economia è sommersa, tra evasione fiscale e contributiva, sia perché le amministrazioni sono indebitate fino al collo ed ogni maggiore risorsa viene impiegata per ripianare il debito.
A fronte di tale chiara condizione non si fa nulla ed il tutto viene lascito alla buona sorte. Per comprender di cosa sto parlando basta vedere il servizio de Il Mattino WEB sulla vigilia di natale scorsa (clikka), o quello, sempre de Il Mattino, del mese scorso (clikka).
Come Presidente del Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina, viste le chiare responsabilità, ieri abbiano notificato un altro atto di Significazione Invito e Diffida (clikka) con il quale abbiamo reiterato quello già notificato il 18.01.2016 (clikka). Le cronache cittadine di oggi parlano di una presunta ordinanza, nata da una altrettanto presunto codice di autoregolamentazione, che sarebbe stata scritta con il contributo di residenti e imprenditori della movida e sul quale, voglio dire con forza dire, noi sia come comitato di coordinamento, sia come comitati di quartiere, non siamo stati affatto interpellati sul testo che è rimasto un mistero. Di seguito la rassegna stampa di oggi: ilmattino29-12-2016 (clikka); mattino 29-12-2016 (clikka) Repubblcia 29-12-2016 (clikka).
Aggiornamento al 30.12.2016: Codice Auto Regolamentazione (clikka) Ilmattino30-12-2016 (clikka) Ilmattino30-12-2016intervistesucodice (clikka) Ilmattino Intervista Prefetto30-12-2016 (clikka) Il Mattino30-12-2016capodanno (clikka) Il Mattino30-12-2016 interviste su codice di autoregolamentazione(clikka) ordinanza sindaco movida capodanno (clikka) Repubblica30-12-2016 (clikka), Il Mattino 31.12.2016 Barbuto Il Mattino 31.12.2016 Del Tufo
Ecco il testo della diffida:
Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina
quietepubblicaevivibilitacittadina@pec.it
Atto di Significazione Invito e Diffida
a Tutela dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica dei Cittadini
II Sottoscritto Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina, in persona del Suo Presidente p.t., Avv. Gennaro Esposito, con sede in Napoli alla Piazza Dante, 22,
S I G N I F I C A
al Sig. Sindaco di Napoli On.le Dott. Luigi De Magistris, domiciliato per la Carica presso la Casa Comunale, anche nella Sua qualità di Ufficiale di Governo;
a S.E. Il Prefetto della Città di Napoli Dott.ssa Gerarda Pantalone, domiciliata per la carica presso l’Ufficio della Prefettura della Provincia di Napoli, anche quale organo addetto al coordinamento per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica;
a S.E. il Questore di Napoli, Dott. Guido Marino, domiciliato per la Carica presso gli Uffici della Questura di Napoli, anche quale responsabile dell’Ordine e la Sicurezza Pubblica e delle forze di Polizia anche Amministrativa;
al Sig. Comandante della Polizia Locale del Comune di Napoli Dott. Ciro Esposito, dom.to in Napoli, Comando Generale in Via Vincenzo De Giaxa, 5, quale responsabile delle forze di Polizia Locale ed Amministrativa;
Per Conoscenza a S.E. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Dott. Giovanni Colangelo,
1) che il sottoscritto comitato svolge un ruolo di coordinamento dei comitati spontanei dei cittadini dei quartieri dove si svolge la cd. Movida Molesta ed Incontrollata;
2) che con atto di significazione invito e diffida notificato in data 18.01.2016 (che si abbia qui per ripetuto e trascritto e che si allega al presente), i comitati spontanei dei cittadini residenti nei quartieri di Napoli Significavano la insostenibilità delle condizioni di sicurezza, ordine pubblico ed invivibilità dei quartieri ben noti alle cronache cittadine per episodi di movida molesta ed incontrollata;
3) che nonostante il richiamato atto di significazione invito e diffida notificato in data 18.01.2016 alcuna attività di prevenzione è stata messa in campo dalle istituzioni preposte affinché si migliorassero le condizioni di Sicurezza ed Ordine Pubblico e di vivibilità dei cittadini afflitti da un costante, continuato ed insostenibile inquinamento acustico, tanto che i disagi dei cittadini residenti dal 18.01.2016 ad oggi sono aumentati così come sono aumentate le denuncie raccolte dai media e formalizzate presso le Pubbliche Autorità;
4) che in data 24.12.2016 come ogni anno, ormai, si è registrata in alcuni quartieri di Napoli una affluenza tale di persone che addirittura per i cittadini residenti è stato impossibile rientrare a casa o uscire fuori dalle proprie abitazioni e per i commercianti è stato addirittura impossibile aprire i negozi;
5) che dalle numerose immagini reperibili dai giornali (si veda tra le tante quelle di Repubblica Napoli del 27.12.2016) e dai social network emerge chiaramente che la condizione di sicurezza ed ordine pubblico nei quartieri ben conosciuti quali quelli di Chiaia (nella zona dei cd. Baretti), Centro Storico (Piazza Bellini e dintorni), Bagnoli (Piazza Bagnoli e dintorni), Vomero (Via Aniello Falcone e dintorni) è assolutamente precaria e che alcun rimedio concreto è stato adottato per assicurare le condizioni minime di sicurezza dei cittadini;
6) che, come riportato dai giornali in data odierna, sembrerebbe che in seguito al tavolo per l’ordine e la sicurezza pubblica presso la Prefettura di Napoli, si sia deciso di adottare solo misure per prevenire il terrorismo ma nulla di concreto per evitare assembramenti di persone e le condizioni di insicurezza e turbamento dell’Ordine Pubblico, affidandosi ad un non meglio specificato “codice di autoregolamentazione” la cui sottoscrizione è stata annunciata da mesi ed il cui contenuto non, stando alle notizie apparse sui media, non sembrerebbe risolvano alcunché in termini di prevenzione, sicurezza ed ordine pubblico;
7) che lo stato di insicurezza non è solo di pregiudizio ai cittadini ma anche alle Forze dell’Ordine che vengono mandate, in numero insufficiente e senza l’adozione di misure di prevenzione volte ad evitare gli assembramenti di migliaia di persone, a curare l’ordine e la sicurezza pubblica in condizioni di assoluta impossibilità col rischio per gli stessi agenti delle Forze dell’Ordine come è accaduta in Piazza Bellini, nella notte tra il 15 ed il 16 ottobre 2016.
Alla luce dei citati fatti e delle vicende ampiamente documentate da riprese video, audio e fotografiche nonché accertamenti svolti da Pubbliche Autorità e così come più volte rappresentate mediante l’inoltro di segnalazioni ed esposti, il sottoscritto Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina
Invita e Diffida
Il Sindaco di Napoli On.le Dott. Luigi de Magistris,
S.E. Il Prefetto di Napoli Dott.ssa Gerarda Pantalone,
S.E. Questore di Napoli Dott. Guido Marino,
l’Ill.mo Comandante della Polizia Municipale Dott. Ciro Esposito:
1) anche in considerazione dell’imminente festeggiamento del Capodanno 2016/2017, per il quale si prevede una imminente affluenza di persone nei quartieri della cd. movida napoletana, come accaduto nella giornata del 24.12.2016, ad adottare, ciascuno per quanto di loro competenza, ogni provvedimento necessario ed urgente, volto a tutelare l’Ordine e Sicurezza Pubblica dei citati quartieri, per la tutela della Salute dei Cittadini, disponendo, anche ai sensi dell’art. 100 TULPS, in via preventiva, la sospensione e/o la chiusura degli esercizi commerciali, ed irrogando ove necessario le sanzioni della revoca e/o sospensione dei titoli abilitativi all’esercizio dell’attività, predisponendo, ove necessario, nei citati quartieri, la chiusura anticipata dei locali onde evitare l’assieparsi di folle incontrollate ed incontrollabili;
2) a disporre ai sensi dell’art. 9 della legge 447/1995 ogni e necessario provvedimento a tutela dell’inquinamento acustico e della salute dei cittadini.
Il tutto con espresso avviso che in mancanza si provvederà ad adire l’Autorità Giudiziaria onde tutelare i diritti dei cittadini residenti.
Il presente atto viene notificato anche a S.E. il Sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Penale di Napoli, affinché provveda ad avviare ogni necessaria ed opportuna indagine, volta ad accertare qualsivoglia ipotesi di reato per il grave pregiudizio all’Ordine ed alla Sicurezza pubblica nonché alla Salute dei Cittadini, dovuta alla grave e colpevole inerzia dei Pubblici Amministratori responsabili, anche ai sensi dell’art. 328 c.p.
Si allega l’atto di Significazione Invito e Diffida notificato in data 18.01.2016.
Napoli, 28 dicembre 2016
RELATA DI NOTIFICA
Io sottoscritto Avv. Gennaro Esposito (SPSGNR68P05G309Z) iscritto all’albo degli Avvocati di Napoli, al n. 13884 ai sensi della L. 53/1994, anche quale Presidente del Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana e la Vivibilità Cittadina
n o t i f i c o
1) Al Sig. Sindaco di Napoli On.le Dott. Luigi De Magistris, domiciliato per la Carica presso la Casa Comunale, anche nella Sua qualità di Ufficiale di Governo a mezzo pec: protocollo@pec.comune.napoli.it;
2) a S.E. Il Prefetto della Città di Napoli Dott.ssa Gerarda Pantalone, domiciliata per la carica presso l’Ufficio della Prefettura della Provincia di Napoli, anche quale organo addetto al coordinamento per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica a mezzo pec: area1bis.prefna@pec.interno.it
3) a S.E. il Questore di Napoli, Dott. Guido Marino, domiciliato per la Carica presso gli Uffici della Questura di Napoli, anche quale responsabile dell’Ordine e la Sicurezza Pubblica e delle forze di Polizia anche Amministrativa a mezzo pec. urp.quest.na@pecps.poliziadistato.it, questore.na@pecpspoliziadistato.it
4) al Sig. Comandante della Polizia Locale del Comune di Napoli Dott. Ciro Esposito, dom.to in Napoli, Comando Generale in Via Vincenzo De Giaxa, 5, quale responsabile delle forze di Polizia Locale ed Amministrativa, a mezzo pec.: polizialocale.ufficioprotocollo@comune.napoli.it
5) Per Conoscenza a S.E. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Dott. Giovanni Colangelo, a mezzo pec. prot.procura.napoli@giustiziacert.it, sezpgprocura.tribunaledinapoli.na@pecps.poliziadistato.it
l’atto di Invito Significazione e Diffida sovra esteso composto di n. 4 pagine compresa questa, attestando che la presente copia fotoriprodotta, firmata digitalmente, è conforme all’originale da cui è stata estratta.
Movida Illegale: Un’altra Vittoria in Tribunale
E’ evidente che l’idea di città dei fratelli De Magistris sulla movida non coincide con la tutela del diritto alla salute ed all’ambiente salubre dei cittadini, difatti oggi Il Mattino di Napoli (clikka) da’ conto di una completa chiusura della lobby della movida a qualsivoglia regolamentazione, assecondata dal silenzio amministrativo del Comune. Ebbene, è dell’altro giorno l’ennesima Ordinanza del Tribunale di Napoli (clikka) con la quale ancora una volta, nella completa latitanza dell’Amministrazione, sono riuscito ad ottenere il giusto riconoscimento del diritto dei residenti alla tutela della propria abitazione, imponendo ad un “locale fracassone”, peraltro vicino all’amministrazione, la chiusura alle 23,30. La tesi degli im-prenditori della lobby della movida è sempre la stessa: I posti di lavoro! E’ un po’ come l’Ilva di Taranto o gli altri esempi di fabbriche inquinanti per le quali in cambio del lavoro si richiede il sacrificio di altri cittadini. Il gioco è sempre lo stesso, un vero e proprio “ricatto sociale” come se non potesse esistere un lavoro che non crei depressione e morte. Eppure la nostra Carta fondamentale è chiara, il diritto alla salute ed all’ambiente salubre anche di una sola persona prevale sul diritto al lavoro, al divertimento ed a fare soldi da parte della lobby della movida. Ebbene, la scusa del lavoro è solo una scusa perché la Movida molesta uccide sane realtà imprenditoriali, basta leggere le recensioni ad un hotel (clikka) immerso nelle strade e nei quartieri della movida, per capire che il turismo, quello non mordi e fuggi, subisce un grave pregiudizio, cosicché gli albergatori sono seriamente danneggiati.
Ancora una Volta il Reportage de Il Mattino di Napoli (clikka)
Quiete Pubblica: Mozzate non è Napoli
Il Consiglio di Stato avalla la scelta del Comune di Mozzate (CO) che limita l’orario di esercizio di un BAR alle 23,30 perché disturbava la quiete pubblica. Scelta fatta, correttamente, senza neppure fare i rilievi fotometrici! Di recente un noto locale sulla spiaggia di Bagnoli, e tanti altri locali della movida di chiaia, sono stati sanzionati a seguito di rilevazioni acustiche. In altri quartieri nonostante denuncia e pronunce del Tribunale Civile l’amministrazione non ha fatto nulla. In tutto questo “casino” che è diventata Napoli mai nessuna ordinanza è stata adottata di questo tipo nonostante migliaia di cittadini che soffrono. Si dovrebbe capire perché l’Ammonostrazione non fa nulla per regolamentare il fenomeno; verrebbe da pensare che appoggia la lobby della movida ritenendola elettoralmente vantaggiosa a scapito delle migliaia di cittadini che finiscono per vedere pregiudicata la loro salute. Come dire, ancora una volta si predilige chi specula per danaro a scapito della salute pubblica. E’ legittimo, allora, chiedersi quanto vale la salute dei Napoletani! Per ora sicuramente meno di quella dei cittadini di Mozzate.
Rideterminazione dell’orario di un bar per rumori notturni
Data di pubblicazione: 16 novembre 2016
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I – parere 15 novembre 2016* (sull’ordinanza sindacale con la quale è stato rideterminato l’orario di chiusura di un bar a seguito delle lamentele dei vicini per rumori notturni).
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I – parere 15 novembre 2016 n. 2381 – Pres. Torsello, Est. Luttazi – Oggetto: Ministero dell’interno. Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dalla Impresa individuale Bormolini Flaviano contro il Comune di Mozzate avverso nuovo orario di chiusura del pubblico esercizio denominato “Bar Aqua” – (esprime il parere che il ricorso debba essere respinto).
Commercio ed industria – Esercizi commerciali – Esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande – Ordinanza del Sindaco – Che ha rideterminato l’orario di chiusura dell’esercizio – Facendo riferimento alle lamentele per rumori notturni – Legittimità – Effettuazione di rilievi fonometrici per verificare l’eventuale superamento delle soglie di rumorosità – Non occorre – Preventivo avviso di inizio del procedimento – In considerazione dell’urgenza di provvedere – Non occorre.
È legittima l’ordinanza con la quale il Sindaco ha fissato il nuovo orario di chiusura di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande (nella specie fissato alle ore le 23:30 di tutti i giorni della settimana), motivata con il richiamo alle ripetutamente lamentele dei residenti in zona per rumori notturni; non trattandosi infatti di rumori continui o con picchi sonori, come quelli derivanti ad esempio da macchinari, in tal caso non occorreva l’effettuazione di rilievi fonometrici per verificare l’eventuale superamento delle soglie di rumorosità previste dalla normativa di settore, tra cui la legge quadro sull’inquinamento acustico (la legge 26 ottobre 1995, n. 447). Inoltre, in considerazione dell’urgenza espressamente indicata nel provvedimento, e specificata con l’indicazione delle ripetute lamentele di residenti (comprendenti anche una denuncia querela alla locale stazione dei Carabinieri, come riferito nella relazione del Comune) non sussisteva la necessità di avviso di inizio del procedimento, potendo il Comune – in presenza delle particolari esigenze di celerità del procedimento di cui all’articolo 7, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 – prescindere da quella comunicazione.
Numero 02381/2016 e data 15/11/2016
REPUBBLICA ITALIANA Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 21 settembre 2016
NUMERO AFFARE 00852/2016 OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dalla Impresa individuale Bormolini Flaviano contro il Comune di Mozzate avverso nuovo orario di chiusura del pubblico esercizio denominato “Bar Aqua”.
LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell’interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi.
Premesso:
con ricorso straordinario, recante cinque ordini di censure ed istanza cautelare, notificato al Comune di Mozzate (CO) il 19 maggio 2008 l’impresa individuale Bormolini Flaviano, esercente in quel Comune, in un immobile in via Kennedy n. 1, attività di somministrazione di alimenti e bevande, ha impugnato l’ordinanza comunale n. 2 del 23 gennaio 2008 con la quale il Sindaco ha disposto, dichiarando urgente il provvedimento che .
L’atto è stato formulato nella considerazione che:
– il bar è posto presso l’impianto natatorio comunale;
– ripetutamente i residenti della zona limitrofa all’impianto sportivo hanno lamentato disturbi alla quiete dovuti alla presenza fino a tarda ora di avventori presso quel pubblico esercizio.
Il Comune ha trasmesso una relazione al Ministero riferente, ivi pervenuta il 29 marzo 2016.
Il Ministero – con nota del 24 aprile 2016 inviata per conoscenza anche al Comune di Mozzate e al difensore della ricorrente – ha espresso l’avviso che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse/cessazione della materia del contendere.
Considerato:
L’eccezione ministeriale, ritenuta assorbente dall’Amministrazione, secondo cui il ricorso dovrebbe essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta di carenza di interesse e/o cessazione della materia del contendere non è fondata.
Il Ministero, sulla scorta della relazione comunale, rileva che il Comune di Mozzate con ordinanza n. 229 del 7 dicembre 2011 ha revocato l’atto per cui è causa (l’ordinanza n. 2 del 23 gennaio 2008 con cui il Comune ha modificato l’orario di chiusura del pubblico esercizio di cui la ricorrente è titolare), e che lo stesso Comune ha anche comunicato che l’impresa, in data 1 ottobre 2012 ha trasferito la propria attività in altro Comune.
La revoca dell’atto ritenuto lesivo dalla ricorrente e il trasferimento di quest’ultima in altro Comune, però, sono intervenuti dopo oltre tre anni dall’atto impugnato, che dunque ha spiegato effetti lesivi per quel triennio; effetti lesivi risarcibili, sicché non può affermarsi che sia sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione (v. articolo 84, comma 4, del codice del processo amministrativo) o che la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta sì da determinare la cessazione della materia del contendere (v. articolo 34, comma 5, del codice del processo amministrativo).
Le censure del ricorso, peraltro, non sono fondate.
Il rilievo di mancata comunicazione di avvio del procedimento non è fondato perché, in considerazione dell’urgenza espressamente indicata nel provvedimento, e specificata con l’indicazione delle ripetute lamentele di residenti (comprendenti anche una denuncia querela alla locale stazione dei carabinieri, come riferito nella relazione del Comune) – e dunque in presenza delle particolari esigenze di celerità del procedimento di cui all’articolo 7, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 – il Comune poteva prescindere da quella comunicazione.
Il provvedimento, altresì, appare sufficientemente motivato con il richiamo alle ripetutamente lamentele dei residenti in zona.
Come precisato nel provvedimento, la natura del disturbo denunciato dai residenti è relativa al permanere di avventori nei pressi dell’esercizio. Non trattandosi dunque di rumori continui o con picchi sonori, come quelli derivanti ad esempio da macchinari, non appare conferente il rilievo del ricorso che denuncia la mancata effettuazione di rilievi fonometrici per verificare l’eventuale superamento delle soglie di rumorosità previste dalla normativa di settore, tra cui, specificamente richiamata in ricorso, la legge quadro sull’inquinamento acustico (la legge 26 ottobre 1995, n. 447).
La presenza nelle vicinanze di un altro locale pubblico (e, come lamentato nell’ultima delle censure del ricorso, di 22 esercizi di somministrazione presenti nel territorio comunale) non è tale da poter dimostrare, di per sé, una disparità di trattamento, non essendo dimostrato che avventori di altri locali recassero, per numero e comportamenti, disturbo ai residenti analogo a quello attribuito agli avventori della ricorrente.
L’atto impugnato non richiama specifiche disposizioni ma, nella loro interezza, la legge regionale 24 dicembre 2003, n. 30 (“Disciplina delle attività di somministrazione di alimenti e bevande”, vigente alla data di riferimento) e il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; e ciò, tenuto conto delle ragioni alla base dell’atto ed esposte nelle sue premesse, consente di comprendere quale sia la base normativa dell’ordinanza impugnata: la disciplina degli orari degli esercizi disciplinata nella citata legge regionale n. 30/2003 (all’articolo 17) e la normativa sulle attribuzioni degli enti locali. È dunque da escludere il vizio di inadeguata indicazione delle fonti pure affermato nel ricorso.
Anche i rilievi di erronea indicazione dei destinatari del provvedimento e di comunicazione di quest’ultimo risultano infondati, come risulta dalla stessa corretta proposizione del ricorso da parte della effettiva destinataria dell’atto impugnato: l’impresa individuale Bormolini Flaviano.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto. L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Luttazi Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli
La Movida Selvaggia Adotta una Strada
Pubblico il mio intervento di oggi in Consiglio Comunale sul tema della Movida Selvaggia trattato dalla stampa cittadina nella occasione del caso imbarazzante scoppiato a chiaia. In particolare la questione riguarda la proposta dei Baretti (clikka) di adozione di Via Bisignano fatta da un’associazione il cui presidente pare, anzi è il “fidanzato ufficiale” della giovane assessora Alessandro Clemente (clikka) che, ovviamente, per conflitto di interessi, ha dovuto astenersi dal partecipare alla Conferenza di Servizi volta ad approvare la proposta stessa.
Il tema ormai credo di conoscerlo con sufficiente approfondimento tanto che qualche giorno fa è intervenuta, in seguito ad un giudizio nel quale ho patrocinato, un’altra ordinanza del Tribunale di Napoli (clikka) che finalmente ha riconosciuto la responsabilità del proprietario del locale e non solo del gestore.
Ecco l’intervento al 35:34
Per altri articoli sulla quiete pubblica (clikka)
Un’altra vittima della movida incontrollata
Dopo l’ennesima minaccia, offesa ed insulto che mi è stato rivolto dai fautori della movida sulla pagina FB della comitato quiete pubblica napoletana (clikka) che, insieme agli altri rappresentanti dei comitati cittadini curo, mi sono deciso a scrivere quest’altro post sul tema che in queste ore è assolutamente caldo, al fine di raccogliere la rassegna stampa di oggi che descrive il degrado in cui i cittadini finiscono per essere costretti a vivere. Purtroppo dopo la manifestazione che avevamo indetto per il 22.01 u.s., che non si è tenuta per spirito di collaborazione con le istituzioni, ottenendo in ogni caso un risultato insperato, nella stessa notte ai baretti di chiaia è stato accoltellato un ragazzo di appena 24 anni.
Ovviamente sono stato accusato da chi specula sulla vita delle persone, guadagnando con la organizzazione di eventi, in luoghi che spesso non possono ospitarli, o con modalità, spesso, assolutamente fuori legge, di fare campagna elettorale, di essere un vecchio barboso, di essere ridicolo e che i miei figli dovrebbero essere “violentati dai preti nelle sagrestie” etc etc.
Ovviamente mai nessuna proposta, mai nessuna ammissione di colpa, mai nessuno che ha chiaramente detto che se un migliaio di persone vogliono ballare non è che lo possono imporre ad un altro migliaio che, invece, vogliono dormire o rientrare a casa in sicurezza o fare altro. Il tema che ricorre in questa città è far comprendere che la libertà di ognuno di noi finisce laddove inizia quella degli altri.
Ovviamente, in consiglio comunale tutte le volte (e non sono poche) che sono intervenuto ho avuto due diversi tipi di reazione, o mi hanno detto che le mie proposte sono “fasciste” (è il caso del Consigliere Carlo Iannello) o mi hanno, in un certo qual modo, deriso (la cd. sinistra radicale) ritenendo che il problema non c’era. Ebbene credo che proprio quelli che si definiscono di sinistra (quindi il sindaco e l’attuale maggioranza) dovrebbero avere a cuore coloro che la mattina si devono svegliare semmai alle 6 del mattino per andare al lavoro dopo una notte insonne…
Ad ogni buon conto, stamane dopo aver letto gli articoli de La Repubblica Napoli (clikka), de il Mattino (clikka) del Corriere (clikka) mi è capitato di leggere anche l’intervista al Roma fatta alla Assessora giovani Alessandra Clemente (clikka) che sinceramente mi ha fatto cadere le braccia tenuto conto che la stessa è la fidanzata di un noto imprenditore dei baretti di chiaia ed ha dimostrato di non aver proprio compreso la portata e la gravità della situazione, dove le piccole illegalità commesse dagli esercenti sono l’humus nel quale poi crescono i gravi fatti violenti di cui si legge nelle cronache cittadine. Se non si rispetta nulla, se si vendono le birre ad 1 €., se si aggregano 5, 6 mila persone in piazze e strade strette è chiaro che l’ordine e la sicurezza pubblica sono pregiudicati. Ebbene, la cosa triste è che la giovane rappresentante, assessora ai giovani del comune di napoli, ha avuto a cuore solo di dichiarare di non speculare sull’accoltellamento di questo giovane perché i baretti non ne hanno colpa. come se questo episodi fosse l’unico e senza considerare affatto l’inferno in cui vivono i residenti.
Giusto per quelli che mi accusano di fare campagna elettorale clikkando qui potrete trovare tutta la mia attività sul tema con proposte ed interventi in consiglio comunale che risalgono a circa due anni fa.
Di seguito l’intervista che ho rilasciato a Radio Italia 1 sulla movida cittadina e sui fatti gravi accaduti nella notte del 22.01.2016
Napoli Illegale: I Comitati Cittadini Uniti Contro la Movida che uccide
Ieri è stato notificato a Sindaco, Prefetto, Questore e Capo della Polizia Locale l’Atto di Significazione Invito e Diffida (clikka) a firma dei Comitati Bellini, Chiaia Viva & Vivibile, Chiatamone, Bagnoli, Aniello Falcone, Benedetto Croce e Comitato per la Quiete Pubblica dei Napoletana. Un atto che vuole mettere davanti alle loro responsabilità coloro che occupano posti chiave nelle istituzioni.
Oggi la notizia è sia su Repubblica Napoli (clikka) che su Il Mattino di Napoli (clikka) che riporta anche una intervista a Gianni Simioli (clikka), speaker Radiofonico, il quale non ha potuto negare la completa illegalità della movida napoletana e chiedendo egli stesso più controllo.
Sul punto ormai non occorre dire altro ci sono numerose pronunce che danno ragione ai residenti e che sanciscono ed evidenziano ancora di più la completa inadeguatezza delle istituzioni napoletane Prefetto e Questore compresi.
Basta leggere, infatti, l’ultima pronuncia della Suprema Corte di ottobre 2015 (clikka) che ripercorre le tappe fondamentali della materia oppure quella della Corte Europea di Giustizia dei Diritti dell’Uomo (clikka), per vergognarci e per capire che le istituzioni preposte a Napoli non hanno fatto nulla fino ad oggi. La prova è che se chiamate il 113 o il 112 e se vi risponde qualcuno, questo qualcuno poi vi dice chiaramente che ci sono cose più importati da seguire!!!
Lascio a voi la lettura.
Sulla Quiete Pubblica Clikka qui per gli altri articoli
Occorrerebbe sapere come la pensano sul punto i presunti candidati al Comune di Napoli e sopratutto se sono credibili!!!
Aggiornamento: La rassegna stampa di oggi (20.01.2016) con l’intervista ai Presidenti dei Comitati (clikka), Intervista all’Assessore Panini (clikka), Intervista ai titolari dei baretti (clikka), intervista al comandante della Polizia Locale (clikka) Movida Carrillo (clikka) MovidaKrog (clikka) MovidaPresidio (clikka)
Una Quiete Pubblica Disturbata
Come era prevedibile la quiete pubblica napoletana è un tema assolutamente caldo e quando se ne parla gli animi non sono affatto quieti anche perché chi ne parla, quasi sempre, non dorme la notte. La dimensione del fenomeno e della esasperazione dei cittadini è stata chiara alla assemblea pubblica che si è tenuta il 29 gennaio scorso nel palazzo del Consiglio Comunale. E’ stato difficile, infatti, portare avanti un discorso con la serenità necessaria a trovare una soluzione al problema. Ciò ovviamente è accaduto ed accade perché i cittadini sono scoraggiati, sconfitti e sopratutto giustamente diffidenti verso le amministrazioni della città che si sono succedute nel tempo e che hanno, in un certo qual modo, risolto il problema, semplicemente ignorandolo o adottando provvedimenti che poi non hanno fatto rispettare. Ciò è, infatti, accaduto con l’amministrazione Iervolino che aveva limitato gli orari di apertura senza farli rispettare e poi con l’attuale amministrazione che ha, invece, eliminato ogni vincolo.
I problemi della cd. movida sono simili in ogni città e sono molte quelle che hanno adottato dei rimedi come a Milano, Parma, Firenze e Ravenna per restare a casa nostra, ma anche a Siviglia e nella città di Strasburgo per andare in europa. Le soluzioni sono varie, si va dalla limitazione degli orari, talvolta accompagnata da un meccanismo di premialità per gli esercenti che rispettano le regole (assenza di contravvenzioni per un periodo di almeno 6 mesi), fino alla adozione di mediatori sociali, nella città di Strasburgo, che, mischiandosi alle folle nelle notti della movida, cercano di sensibilizzare i cittadini notturni a non far rumore ed a rispettare i residenti. A Siviglia si è addirittura assegnato alla polizia il potere di far chiudere i locali rumorosi senza neppure ritenere necessaria la verifica con i fonometri che, effettivamente tal volta, non sono neppure necessari vista l’evidenza del trambusto. A Ravenna, invece, hanno adottato dei fonometri collegati WiFi alla centrale della Polizia Locale con un controllo h24.
All’assemblea del 29 scorso erano presenti cittadini, comitati, consiglieri comunali, dirigenti del servizio ambiente e l’assessore alle attività Produttive Enrico Panini e questa volta credo che si è capito bene la dimensione di un problema che, purtroppo, spesso viene assolutamente sottovalutato anche dalle forze dell’ordine che, chiamate più volte e ripetutamente da cittadini insonni attraverso il 112 ed il 113, nella quasi totalità dei casi non intervengono mai, ritenendo l’insonnia forzata, tutto sommato un problema minore. Cittadini, quindi, lasciati soli e senza tutela, spesso anche minacciati e malmenati da qualche titolare di attività rumorosa, pervasi dalla sfiducia verso le istituzioni e dalla sensazione che le imposte e le tasse sono un furto del Comune e dello Stato che non li proteggono.
A questo punto la soluzione deve essere ricercata ad ogni costo attraverso l’intervento delle istituzioni preposte ed innanzitutto del Sindaco sia con il suo potere di limitare gli orari, sia nella sua duplice funzione di ufficiale di governo ed Autorità Sanitaria!
A margine dell’assemblea, come detto partecipata ed infuocata, l’assessore Panini ha promesso di reincontrare i cittadini e sopratutto di allestire un tavolo di concertazione tra comitati, esercenti commerciali, ufficio ambiente e polizia locale al fine di ricercare soluzioni efficaci che evitino il tormento dei malcapitati residenti.
Ad ogni buon conto al fine di affrontare il problema occorre essere organizzati e, quindi, costituire dei comitati cittadini per i quali metto a disposizione i modelli che Vi saranno sicuramente utili sia per interloquire con l’amministrazione sia per avere una legittimazione maggiore a parlare con le istituzioni: modelloComitatoCittadino (clikka) Modello Denuncia (clikka) Modello comunicazione ufficio ambiente (clikka)
Invito, infine, a compilare il QUESTIONARIO (clikka) ed andare alla pagina Facebook Comitato Quiete Pubblica Napoletana (clikka)
vedi anche:
Quiete pubblica e movida cittadina (clikka)
adotta una strada per la movida cittadina (clikka)
Studio sul problema della movida (clikka)
Ringrazio i cittadini del centro storico, quelli del Vomero, di Via Aniello Falcone, di Bagnoli che sono intervenuti all’assemblea nonché l’Associazione AFIDA, il Comitato Chiaia Viva e Vivibile, Il Comitato Bellini, Il Comitato Quiete Pubblica Napoletana.
Adotta una strada per la Movida Cittadina
Sono due giorni che sui giornali appaiono notizie circa il disturbo alla quiete pubblica dei cittadini Napoletani. Infatti, ieri Repubblica Napoli (clikka) ha dato spazio a cittadini e comitati dei quartieri di Napoli tartassati dal fracasso dei locali notturni ed oggi lo stesso giornale è ritornato sul tema (clikka) facendo parlare i titolari dei cd. baretti di Chiaia.
Io stesso qualche giorno fa, insieme ad altri cittadini, ho fondato la pagina Facebook Comitato per la Quiete Pubblica Napoletana (clikka) che ha avuto in men che non si dica circa 350 “like” segno che il problema è sentito dalla cittadinanza.
Ad ogni buon conto oggi è stata sollevata la preoccupazione circa la volontà del Comune di Napoli di affidare a privati le strade cittadine. La delibera di giunta del 18.09.14 n.671 (clikka), che reca il regolamento “Adotta una Strada”, verrà portata in consiglio il prossimo 27 gennaio. Come sempre Vi sarei grato se mi faceste avere eventuali indicazioni o suggerimenti.
Io l’ho letta ed ho qualche preoccupazione perché il rischio è che dietro una “adozione” si celi una “appropriazione”. Le immagini riportate dai giornali (tra cui quella in questo post) e molte testimonianze, infatti, mostrano di come viene utilizzato lo spazio pubblico da parte di alcuni esercizi commerciali notturni che adattano muretti facendoli diventare sedute e tavolini per i loro avventori. Non vorrei che attraverso questo stratagemma non si aggiri la tassazione della cd. occupazione di suolo, con sostanziale sottrazione di spazio pubblico ai cittadini.
Quiete pubblica e Movida Cittadina
A Napoli c’è un contrasto aperto tra la movida chiassosa e rumorosa, di alcuni locali cittadini, che sparano musica e bassi a tutto spiano, che si infilano nei muri tufacei dei palazzi e la quiete e soprattutto il sonno dei cittadini residenti. In questo l’amministrazione cittadina sembra essere sensibile solo alla “Città/Edenlandia/del divertimento” senza considerare in alcun modo le lamentele che giungono da cittadini che si sono anche costituiti in comitati per levare più forte la loro voce.
I controlli, infatti, non si fanno mai, un po’ per scelte sbagliate dell’amministrazione un po’ per contiguità di una polizia municipale, i cui componenti non cambiano mai quartiere nel quale fanno servizio, un po’ per incompetenza della natura e delle funzioni stesse della attività di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria che pure sono proprie della Polizia Locale. Nella mia esperienza, infatti, non ho mai visto fare un sequestro preventivo di iniziativa ma sempre su input dell’Autorità Giudiziaria, anche in casi assolutamente evidenti di pseudoassociazioni che, di fatto, esercitano una vera e propria attività commerciale di discoteca, senza neppure assolvere ai requisiti minimi di sicurezza dei locali aperti al pubblico. La risposta che mi è stata data da qualche agente è stata quella di evitare di prendersi delle responsabilità …
Tra l’altro lo stesso ufficio ambiente del Comune di Napoli che, tra le tante cose si occupa anche di inquinamento acustico, è stato praticamente depotenziato.
Il giusto contemperamento dovrebbe essere un serrato controllo delle attività e delle piazze della movida e soprattutto l’esecuzione di un’efficace insonorizzazione dei locali che non viene mai fatta perché costa troppo.
In alcuni punti della città registro, inoltre, una quantità di “munnezza” prodotta che è assolutamente sproporzionata rispetto ai metri quadri dei locali che, alla fine vanno a pagare una tassa smaltimento rifiuti assolutamente insignificante rispetto ai costi di prelievo e smaltimento, facendo, quindi, gravare i costi di produzione dell’utile da loro percepito sulla collettività.
La stessa quantità di munnezza prodotta ed in particolare di bottiglie abbandonate, tra l’altro, potrebbe essere un valido strumento per verificare il reddito dichiarato dai titolari dei locali.
Ovviamente a questi già gravi problemi si aggiungono quelli dell’abusivismo diffuso di venditori di qualunque cosa, di parcheggiatori abusivi nonché lo spaccio di sostanze stupefacenti, che rendono la vita impossibile a chi semplicemente vuole tornarsene a casa, senza incappare nel rischio di una rissa o in un accoltellamento, come le recenti cronache cittadine ci hanno narrato.
Un amico ieri mi diceva: “Napoli è anarchica e le regole servono solo a rendere più emozionate la loro violazione da parte dei Napoletani”. A gennaio abbiamo in mente di organizzare una assemblea pubblica nella quale trattare di queste tematiche con i diretti interessati vi aspetto.