Il disastro del Cardarelli e l’inefficienza del Policlinico: Perché caldoro non risponde?

caldoroLe mie riflessioni pubblicate su Repubblica Napoli del 26.08.2014. Caldoro non Taccia sui mali della sanità: Gli articoli di Concita Sannino e le lettere pubblicate su Repubblica in questa estate agostana, su ciò che accade nei due complessi ospedalieri di primaria importanza per Napoli e la Campania, il Cardarelli ed il Nuovo Policlinico, ci hanno dato la possibilità di guardare da un angolo diverso un mondo con il quale ogni cittadino gioco forza deve fare i conti.

A parlare questa volta sono stati addetti al lavori, la Dott.ssa Rossana Spatola (clikka), anestesista del Cardarelli, il Manager dello stesso Ospedale Cardarelli, Giuseppe Del Bello, nonché i rappresentanti sindacali dell’Anaao, Verde, Orsini e Gragnano, tutti d’accordo sulla ricostruzione dei fatti. La questione è stata poi ripresa, con lo sfogo del manager del Cardarelli, sulla insufficienza di personale, nella occasione dei recenti gravissimi fatti legati al vero e proprio assalto di camorra che ha subito il Cardarelli.

A fronte di queste gravi, precise e circostanziate accuse ciò che colpisce è il silenzio assordante del Presidente Caldoro, titolare della delega alla Sanità e quella dei responsabili del Nuovo Policlinico la cui organizzazione (definita un potere baronale)  è stata, sostanzialmente messa sotto accusa, sia per la scarsa produttività, efficacia ed efficienza, almeno per quello che serve alla nostra città, sia per il singolare stratagemma di avere come pronto soccorso la sola ostetricia e ginecologia, con evidente allusione al fatto che così facendo i medici hanno la possibilità di assistere in Ospedale le loro “clienti”. Fatti, ad oggi, non smentiti dai diretti interessati, spero perché distratti dalle vacanze, ma su cui ogni cittadino ha diritto di avere conto e ragione.

Chi ha avuto la sfortuna di essere ricoverato o di avere ricoverato un prossimo congiunto nell’Ospedale Cardarelli di Napoli ha, infatti, toccato con mano la vera e propria indecenza e mortificazione di vedere il proprio anziano genitore, figlio, fratello o sorella sistemato su una barella in un corridoio della medicina di urgenza o in altro reparto con medici ed infermieri che, fortunatamente, mostrano essi stessi un senso di mortificazione ed indignazione per lo stato nel quale sono costretti ad operare.

Indignazione e mortificazione che si accrescono se gli stessi medici impegnati quotidianamente al Cardarelli, a ferragosto, denunciano che al vicino Nuovo Policlinico, pur essendoci strutture e posti letto i medici attendono le ferie girandosi i pollici!

Possibile che il nostro Governatore ed i responsabili del Policlinico non abbiano avuto il tempo di mettere penna in carta e dare spiegazioni ai cittadini napoletani che sfortunatamente si sono trovati e si trovano, in pieno agosto, ad avere a che fare con una sanità della quale ci si vanta solo di aver ridotto i costi, con tagli lineari, da ritenere, a questo punto, sulla carne viva dei campani e senza neppure aver tentato di razionalizzare ed efficiente la spesa sanitaria?  Spero che qualcuno ci dia una risposta degna dello status di cittadini e non di sudditi ….

Da Repubblica Napoli del 15.08.2014

Scandalo del Nuovo Policlinico Roccaforte dei Poteri Baronali

GIUSEPPE DEL BELLO

LADENUNCIA di ieri dell’anestesista Rossana Spatola sullo scandalo del Policlinico è destinata a rimanere anche stavolta senza conseguenze. Ennesimo appello inascoltato di uno dei tanti camici bianchi che lavorano in uno dei pronti soccorso più affollati d’Italia e a due passi dalla megastruttura accademica dove, invece, uno sparuto gruppo di colleghi è in attesa di ferie. Spesso occupando il tempo in turni di guardia in reparti semivuoti. In nessuna parte del mondo una contraddizione così offensiva resterebbe tale. A Napoli sì.

PUNTUALE, onesta e chiarissima, l’analisi della professionista mette il dito in una piaga antica, nella melmosa palude che caratterizza la nostrana politica sanitaria, una politica fatta (come in questo caso) di convenienze lobbystiche universitarie e, in generale, di calcoli elettorali dei singoli partiti. E alla fine, a farne le spese sono i pazienti, privati di un’assistenza dignitosa, e gli studenti considerati alla stregua di merce indispensabile per far andare avanti la baracca universitaria. Fanno amaramente sorridere le numerose proposte sullo spostamento di sede (l’ultima, in ordine di tempo, Scampia) del Nuovo Policlinico. La Cittadella universitaria di Cappella Cangiani nacque nei primi anni Settanta per soddisfare la sacrosanta necessità di avere un policlinico davvero idoneo all’assistenza e alla didattica. Gli obiettivi sono rimasti sulla carta: il Nuovo Policlinico, soprattutto dopo il terremoto dell’80, è diventato la roccaforte dei poteri baronali. Aprire un pronto soccorso sarebbe stato il doveroso e imprescindibile impegno della Federico II, in cambio dei cospicui finanziamenti ricevuti ogni anno dalla Regione. I vari protocolli d’intesa prevedevano l’erogazione di un’assistenza sul territorio che avrebbe dovuto integrarsi con quella delle Asl. E invece, no. I soldi da Santa Lucia sono stati distribuiti a entrambi i policlinici, mentre di assistenza se ne è sempre vista poca. O comunque in minima parte rispetto ai fondi ricevuti. Ma tant’è, in Campania e a Napoli, la strana commistione tra potere politico e autorevolezza accademica ha reso possibile lo scempio. Ora, discutere sulla futura localizzazione del Nuovo Policlinico appare un paradosso, ma il rischio che questo accada, che cioè tra vent’anni ci si trovi con un’altra struttura universitaria (non importa dove) c’è. E non bisogna essere profeti per intuire che avremo un’altra facoltà di medicina, mentre quella di Cappella Cangiani resterà così com’è. In questo modo saranno tutti contenti: i baroni che potranno sistemare tanti allievi (?) nelle nuove cattedre, i politici che avranno di che fertilizzare il terreno elettorale, gli imprenditori (e gli immancabili camorristi) impegnati nella realizzazione dell’opera. Il copione si ripete. Il Vecchio Policlinico aspetta da anni di essere chiuso e trasferito a Caserta. Lo promise Bassolino che voleva far emergere l’Acropoli partenopea nel centro storico. Ma è ancora lì, mentre a Caserta c’è ancora il cantiere. E per finire, un accenno all’Ospedale del Mare. Da un po’ di tempo se ne riparla. Siamo vicini all’apertura della struttura che disporrà di 500 posti letto. Doveva esser completata cinque anni fa, poi improvvisamente lo strano fallimento del project financing ha provocato il cambio delle carte in tavola: l’impresa costruttrice che avrebbe dovuto occuparsi della gestione dei servizi in cambio dell’appalto ricevuto si è defilata e ha passato la mano alla Asl Napoli 1. E, adesso, per far funzionare l’ospedale per il quale si sono già sfrenati gli appetiti di medici e amministratori (sarà ben più importante del Cardarelli), si potrà contare solo sull’azienda sanitaria metropolitana. Non sarà facile, viste le condizioni economiche in cui versa. Nel frattempo, il Nuovo Policlinico resta la torretta di osservazione. Di lì, in silenzio si vedono benissimo le barelle e le corsie del Cardarelli.

Da Repubblica Napoli Lettere del 17.08.2014

Assurdo che il Policlinico non abbia il pronto soccorso

Gabriele Mazzacca

mazzacca@unina.it

La considerevole sottoutilizzazione del Policlinico di Cappella dei Cangiani, denunciata su queste colonne dalla dottoressa Spatola qualche giorno fa e, poi, stigmatizzata duramente nel commento di Giuseppe Del Bello pubblicato sempre su queste pagine, viene da lontano. Non esiste al mondo un ospedale della ricettività di quel Policlinico che sia privo di pronto soccorso. Al Policlinico di Cappella dei Cangiani il pronto soccorso è limitato alla specialità ostetrico-ginecologica. Specialità per la quale, guarda caso, la mancanza di un pronto soccorso ricadrebbe negativamente sulla gestione da parte dei relativi docenti della loro “utenza” privata. La storia delle due “scuole” di medicina napoletane e dei loro insediamenti ospedalieri testimonia la latitanza del senso del dovere istituzionale in buona parte dei rispettivi corpi docenti. Nella completa, pluridecennale, indifferenza della Regione. A nulla è servito che più volte nel corso degli anni passati alcune voci responsabili del mondo accademico abbiano cercato di sensibilizzare al gravissimo problema la Regione. E anche questo non sorprende. Il personale medico e non medico dei Policlinici è in vario modo inquadrato in ruoli universitari. In altre parole essi Policlinici sfuggono alla competenza diretta dell’assessorato regionale alla Sanità quanto ad arruolamento di medici e non medici. Cioè non sono stati e non sono ambiti di inserimento delle clientele del ceto politico regionale. Sono ambiti, piuttosto, di attuazione del “familismo” accademico. Anche ora che sono formalmente “aziendalizzati”. Il formalmente va rimarcato. L’attuale direttore dell’Azienda Policlinico della Federico II è stato preside delle rispettiva facoltà medica, in profondo contrasto con il principio stesso della “aziendalizzazione” dei policlinici universitari, che mirava e mira a separare la gestione dell’ospedale dal corpo docente, nel pieno rispetto dei suoi doveri didattici, scientifici, ai quali l’attività clinico- assistenziale strettamente deve correlarsi.

È necessario che le competenze pregevoli e istituzionalmente responsabili presenti nelle due scuole di medicina facciano sentire la loro voce e chiedano che l’aziendalizzazione del Policlinico sia ciò che ha da essere. Vale la pena di ricordare che quando, negli anni ‘90, a una effettiva aziendalizzazione si riuscì ad approdare dopo asperrimi contrasti con settori della facoltà che ad essa si opponevano perché riducente notevolmente il loro strapotere, la spesa farmaceutica si ridusse del 20 per cento. Ancora: si solleciti una convenzione Università – Cardarelli, in virtù della quale per le afferenze cliniche al dipartimento di emergenza del Cardarelli ritenute bisognevoli di ospedalizzazione siano tenute in conto tanto la disponibilità di posti-letto nel Cardarelli quanto quella dei reparti del Policlinico. Si porrebbe, così, finalmente rimedio alla assenza di pronto soccorso del Policlinico. Una assenza tra l’altro gravemente incidente sulla effettiva formazione clinica degli studenti che a quel Policlinico afferiscono.

Da Repubblica Napoli del 20.08.2014

Troppo lavoro per il cardrelli

Franco Verde, Luigi Orsini, Eugenio Gragnano

segreteria Anaao – Napoli

La segreteria Anaao aziendale- medici dirigenti dell’ospedale Cardarelli è in piena sintonia con il contenuto della lettera della dottoressa Spatola e condivide il suo “grido di dolore” per un ospedale e i suoi operatori giunti ormai al limite. La sua precisa e puntuale denuncia, seguita dall’apprezzabile commento su “Repubblica” di Giuseppe Del Bello che faceva una minuziosa disamina delle non-scelte della politica sulla sanità campana, apre uno squarcio sulla realtà: alcuni ospedali sono in prima linea, altri come i Policlinici, non inseriti nella rete assistenziale di emergenza, in estate possono chiudere per ferie! La lettera della dottoressa Spatola, intrisa di passione, amarezza, senso di responsabilità verso i pazienti e la struttura ospedaliera dovrebbe pesare come un macigno sulla coscienza del presidente Caldoro per due motivi: 1) L’insostenibile carico di lavoro gravante sul Cardarelli per assenza di filtro territoriale e chiusura di T.S. ospedalieri insieme al mantenimento di sacche di privilegio non ha mai avuto un sostegno tangibile da parte della Regione innanzitutto sul versante delle risorse umane, per cui al Cardarelli oggi lavora un personale stremato e di numero insufficiente anche a causa del perdurante blocco del turnover.

2) La situazione dei Policlinici, descritta così puntualmente dalla dottoressa Spatola e che l’Anaao denuncia da tempo immemorabile, non è più difendibile.

Sarebbe bello se il presidente Caldoro trascorresse tre ore del suo tempo in questi giorni per visitare sia il Cardarelli che il Policlinico, ma egli si guarderà dal farlo.

 

Da Repubblica Napoli del 22.08.2014

Allarme del manager sembrava una strategia accerterò se c’erano dei complici interni

L’irruzione nel più grande presidio ospedaliero del Mezzogiorno ha destato impressione nell’opinione pubblica e preoccupa i dirigenti. Rocco Granata, manager dell’azienda, affida il suo sfogo a “Repubblica”: “Qui subiamo violenza quotidianamente. L’azione portata a segno nella notte tra lunedì e martedì è il frutto di questa condizione”. Granata descrive il raid: “Un gruppo di almeno 150 individui si è spinto fin nella Neurologia. Ovviamente, approfittando dell’assenza della guardia giurata accorsa in aiuto in corsia. E pensare che c’era anche il drappello di polizia, mentre è intervenuta una volante chiamata dal piantone”. Poi denuncia le carenze di personale: “Abbiamo perso ben 1200 dipendenti in tre anni. Oggi ne sono rimasti 2800. Nel dettaglio: all’appello mancano quindici primari di ruolo e centomedici. E per la vigilanza spendiamo tantissimo”

LA DENUNCIA

GIUSEPPE DEL BELLO

ILCADAVERE “rubato” nel reparto riaccende i riflettori sul Cardarelli. Stavolta più che mai il gigante della sanità metropolitana si è dimostrato fragile. E ha dovuto sventolare bandiera bianca di fronte alla folla di criminali che, tre giorni fa, ha messo sotto scacco l’intera struttura per riappropriarsi del “caro estinto” imparentato con un boss. Rocco Granata, da anni manager dell’azienda ospedaliera e in regime di proroga fino al 29 agosto, si sfoga. E denuncia la situazione di un presidio che ormai «si vede sotto assedio continuo».

Direttore, lei è al timone del più grande ospedale del sud, dovrebbe essere anche il più “sicuro” e

sorvegliato. Come è potuta accadere una cosa del genere?

«Qui, subiamo violenza quotidianamente. L’azione portata a segno nella notte tra lunedì e martedì è il frutto di questa condizione. Da quanto siamo riusciti a ricostruire è stato compiuto un intervento su due fronti, dall’esterno e dall’interno dell’ospedale. Un gruppo di persone, una trentina, si è intrufolato nel pronto soccorso, un altro foltissimo, almeno 150 individui, si è spinto fin nella Neurologia. Ovviamente, approfittando dell’assenza della guardia giurata accorsa in aiuto in corsia. E pensare che c’era anche il drappello di polizia, mentre è intervenuta una volante chiamata dal piantone. Insomma, è sembrata una vera e propria strategia. Ho avviato un’indagine interna per accertare l’eventuale responsabilità di qualche operatore del Cardarelli».

Stiamo parlando di eventuali connivenze di qualche operatore interno con gli autori dell’assedio?

«Non posso dirlo. Ma certo è mio dovere eliminare ogni dubbio su eventuali, dico eventuali, ipotesi di collegamenti con persone che lavorano all’interno».

Sarà difficile ricomporre il puzzle?

«Non credo. Ho fiducia negli inquirenti. Ora tutto il materiale è all’esame di polizia e magistrati».

Ma se possono verificarsi blitz come questo, significa che la vigilanza al Cardarelli è insufficiente?

«In senso generale devo dire no: perché questa non è una caserma. Abbiamo uno sbarramento di guardie giurate in pronto soccorso, fuori c’è un’altra unità, e per ogni piano, di notte, c’è almeno una guardia in servizio. Spendiamo tantissimo per la vigilanza, ma poi c’è un problema di cultura. È vero che ci sono operatori che lavorano in condizioni precarie, ma la violenza è un’altra cosa. Se poi ci riferiamo alle carenze di personale, allora ce n’è da dire».

In che senso?

«Un dato. Sa quante persone se ne sono andate senza essere sostituite? Ben 1200 dipendenti in 3 anni. Oggi ne sono rimasti 2800. Nel dettaglio: all’appello mancano 15 primari di ruolo e 100 medici. Andiamo avanti con personale sanitario precario che presta servizio con incarichi rinnovati di volta in volta, per ora, fino al 2016. Ma sono professionisti senza certezza di stabilità. Di infermieri siamo sotto di qualche centinaio di unità, mentre la grossa piaga è rappresentata dagli ausiliari».

Anche questi sono pochi?

«Ce ne vorrebbero 250, ma il problema annoso non è mai stato risolto dalla Regione, né prima, né ora con Caldoro. A suo tempo era stato finanziato con fondi europei un corso di formazione destinato a 13mila sociosanitari: persone formate sulla carta che poi avrebbero dovuto essere assunte. A noi è stato detto di fare i corsi, ma come li avremmo dovuti selezionare? Il meccanismo è perverso: trascorsi i sei mesi di incarico, non avrei come sostituirli ».

Nel frattempo, come ha risolto?

«Nel dubbio, non ho assunto nessuno, e il lavoro che sarebbe degli ausiliari viene svolto dagli infermieri, in straordinario».

Anche lei deve fare i conti col blocco del turn-over: non sente di ribellarsi a una situazione capestro?

«Certo, e infatti mi sono fatto sentire. Ho spedito lettere al ministro della Salute, prefetto e governatore. Ho fatto presente che Caldoro dovrebbe avere poteri straordinari e invece è in difficoltà perché tutto deve passare al vaglio del tavolo tecnico dei ministeri di Economia e Sanità».

Un’anestesista del suo ospedale, Spatola, ha denunciato a Repubblica lo scandalo del Policlinico che non fa emergenza…

«Ho letto e apprezzato. La verità è che quando si vuole organizzare un’attività di pronto soccorso non si chiede, si organizza assicurando il personale necessario. Si doveva completare il procedimento con l’integrazione della legge 517: nelle altre regioni è stato fatto. Mi devono spiegare perché i posti letto del Cardarelli non possono essere utilizzati per fare formazione. Gli specializzandi universitari li integrerei con i dipendenti in accompagnamento al medico strutturato. Così, invece di avere in turno 3 unità, ne lascerei 2, con un terzo, lo specializzando, che imparerebbe sul campo. E poi, mi spiegassero come mai i pronto soccorso ostetrici funzionano alla perfezione».

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