ROMA — E adesso che succede? Ma anche: che cosa ha veramente deciso la Consulta? E perché lo ha fatto? Ha terremotato il Parlamento stesso e le basi della sua legittimazione giuridica e politica? Ha imposto il suo potere di primo giudice delle leggi a dispetto di Camera e Senato, in spregio ai partiti, in contrapposizione con palazzo Chigi e con il Colle? La sua è una sentenza giusta o, come dice Berlusconi, una sentenza politica «di sinistra»? Si riempiranno, di qui a venire, pagine e pagine di libri di diritto per interpretare la decisione della Consulta sul Porcellum. Cerchiamo qui, in pillole, di elencare le domande più importanti e le possibili risposte.
Che succede adesso? Cade il Parlamento? Chi ne fa parte decade automaticamente? Non si può più neppure votare?
Bocce ferme. Non succede nulla di tutto questo. Come pure paventa Grillo e più di un disfattista. Alla Consulta l’interrogativo se lo sono anche posto. I giudici ne hanno brevemente discusso. Si sono dati una risposta, dal loro punto di vista, tranquillizzante. Per noi, una risposta autorevole. Dopo i tagli dei premi di maggioranza e l’aggiunta del voto di preferenza si può tranquillamente andare a votare. Certo, non c’è più il Porcellum. C’è un proporzionale puro. Ma non c’è un vuoto né legislativo, né del sistema elettorale.
Ma giuridicamente esiste ancora una legge elettorale?
Prendiamo a prestito l’opinione del costituzionalista Massimo Luciani: «Se il dispositivo fosse esattamente quello indicato nel comunicato della Corte, avremmo un sistema elettorale perfettamente proporzionale. Però è ovvio che avrebbe bisogno di un intervento applicativo per definire le circoscrizioni, senza le quali nessuna legge elettorale può essere applicata».
Se si volesse votare domani con la legge che resta lo si potrebbe fare?
Insisto, dice sempre Luciani, «bisognerà leggere nel dettaglio il dispositivo. Tuttavia è ragionevole immaginare che resterebbe unimpianto di legge perfettamente proporzionale».
E se si votasse che Parlamento salterebbefuori?
Si può rispondere con la preoccupazione del costituzionalista Stefano Ceccanti: «Qui si restaura il sistema della preferenza unica con un sistema proporzionale che risale agli anni ’91 e ’92. Nessuno vince le elezioni. C’è una garanzia di ingovernabilità. Si crea un sistema che tende alla “grande coalizione permanente”».
La Corte ha pesato fino in fondo il suo passo e ne ha valutata l’eventuale portata distruttiva?
A sentire “Radio Corte” pare proprio che gli alti giudici abbiano ragionato soprattutto su questo. Si sono chiesti se il loro intervento era invasivo al punto da lasciare il Paese senza uno strumento per andare a votare, visto soprattutto che forze politiche e Parlamento non si sono dimostrati affatto efficienti. La Corte si è risposta che sì, con il Porcellum che resta si può votare. Certo, non si è data una risposta in termini “politici”, su quale Parlamento salterebbe fuori. Ma questa preoccupazione sì che sarebbe stata anomala.
Non era più semplice azzerare del tutto il Porcellum per far “rivivere” in pieno il Mattarellum?
Per certo il Mattarellum non rivive per deliberata scelta dei giudici. Soprattutto perché per arrivare fin lì, la Corte avrebbe dovuto allargarsi rispetto ai due quesiti posti dalla Cassazione e avrebbe dovuto applicare il principio «dell’illegittima consequenziale». I due quesiti bocciati avrebbero dovuto trascinare nel baratro tutto il Porcellum. La Corte si è fermata sul ciglio del baratro e il Porcellum è rimasto in vita.
Il Porcellum azzoppato che conseguenze comporta? Ha ragione Grillo quando dice che bisogna sciogliere il Parlamento, mandare a casa il governo e Napolitano?
Nient’affatto. Anche qui risponde lucidamente Massimo Luciani: «I parlamentari rimangono al loro posto, né la loro elezione è inficiata». Quanto a governo e capo dello Stato neppure a parlarne, visto che non sono stati neppure“votati” col Porcellum.
E i 200 deputati eletti, ma non ancora convalidati alla Camera dalla giunta per le Elezioni?
Ancora Luciani: «Se il principio fosse questo, allora dovrebbero saltare non solo i 200 deputati non ancora convalidati, ma l’intero Parlamento, il che non è possibile per il principio di continuità degli organi costituzionali».
E come mai la giunta delle Elezioni presieduta dal grillino Giuseppe D’Ambrosio non ha convalidato ancora l’elezione?
Senza fare dietrologia, si segnala un’anomalia e si mettono in fila i fatti. L’esponente di M5S non si scalmana per convalidare i risultati. È noto che alla Consulta è in bilico il Porcellum che invece dovrebbe spingere ad accelerare la convalida. Grillo adesso vuole tutti a casa.
Solo un nuovo Parlamento, dice sempre Grillo, potrà cambiare la legge elettorale? È vero?
No, è falso, le attuali Camere possono tranquillamente cambiare la legge elettorale.
Nel momento in cui salta il premio, si mette in crisi l’attuale Parlamento?
Luciani: «Politicamente sì, giuridicamente no, perché il premio è stato applicato».
E l’imposizione delle preferenze?
Vale lo stesso principio.
Un Parlamento eletto sulla base di una legge incostituzionale che deve fare?
Ancora Luciani: «Giuridicamente non ci sono effetti immediati, ma politicamente deve adottare una nuova legge elettorale perché la sua posizione politica è diventata particolarmente difficile».
Quando dovrà agire il Parlamento?
Quando lo ritiene opportuno, meglio prima delle motivazioni della sentenza.
La Consulta ha “commissariato” il Parlamento per la legge elettorale?
La Consulta ha fatto la sua parte, adesso il Parlamento, nella sua piena autonomia, faccia la sua.