IL PROTOCOLLO SANITARIO!

Premetto ora sto bene! Ci ho messo un po’ di tempo per metabolizzare, racconto questa storia perché penso che possa essere utile per chi si dovesse trovare nelle mie stesse condizioni, atteso che fino ad oggi ho contato almeno altre due persone che hanno passato la mia stessa disavventura. Il 14 novembre scorso, nel pomeriggio, con un forte dolore al petto, vado al P.S. del Pellegrini, bolgia infernale, mi fanno un elettrocardiogramma che è negativo e, pertanto, vado via perché per fare gli enzimi, essendo in coda a tante altre emergenze, avrei dovuto attendere una infinità di tempo. Il giorno dopo visita cardiologica e, su consiglio del Cardiologo, programmo una scintigrafia coronarica che non arrivo a fare, perché il 16 mattina mi sento di nuovo male: dolore forte al petto, braccia e gambe pesanti e senso di soffocamento. Rossella, mia moglie, non vuole sentire ragioni confortata da Luciano (Cardiologo): devo andare di nuovo al P.S. del Pellegrini, senza perdere tempo! Al pronto soccorso stessa trafila della volta precedente, anche questa volta elettrocardiogramma negativo, insisto, questa volta, per gli enzimi. Dopo ore di attesa vedo il cardiologo del Pellegrini che mi chiede se soffro di stomaco, se sono ansioso e se faccio una vita frenetica; gli rispondo chi non lo è e non la fa ai tempi d’oggi, poi sono avvocato e sono anche consigliere Comunale a Napoli, sfido chiunque a condurre una vita serena e tranquilla al posto mio; il cardiologo, forse pensando che fossi un tipo impressionabile, confortato dall’elettrocardiogramma negativo, non ritiene che la cosa fosse grave; io insisto dicendo che non mi sentivo bene e, pertanto, vista la caparbietà decide di verificare gli enzimi. Attendo una infinità di tempo che non so misurare; sento più volte amici cardiologi (Gianluca, Luciano a cui, insieme a mia moglie ed a Gianni, devo la vita) i quali mi dicono di insistere perché i sintomi sono indicativi ed occorre essere cauti. Il prelievo me lo fanno nel pomeriggio ma, anche gli enzimi (per fortuna o per sfortuna) sono negativi; dovrò attendere il secondo prelievo, dopo altre tre ore, che risulterà poi anch’esso poco significativo. Nonostante tutto insisto dicendo che non mi sentivo bene e, pertanto, il cardiologo, dopo un colloquio con Rossella (santa donna che per fortuna ho sposato), per scrupolo, mi fa anche un ecocardiogramma, anch’esso negativo. Ad un certo punto capisco che il dolore si calma solo se sto disteso. In alcuni momenti di quelle lunghe ore, senza né bere né tanto meno mangiare, tento di convincermi anch’io che forse sto bene, mortificandomi pure, perché forse stavo occupando un posto in barella, mentre altri ne avrebbero avuto più bisogno di me. Mi vedo davanti questo girone dell’inferno del pronto soccorso con medici, infermieri ed OSA che si danno da fare da matti, fanno il possibile e l’impossibile. Arriva gente col mal di gola o con le emorroidi, che non dovrebbe proprio giungere in un P.S.; assisto a vari alterchi tra infermieri addetti all’accoglienza e presunti malati urgenti che pretendono cure urgenti, finendo per ingolfare, il già ingolfato, pronto soccorso. In più momenti mi scorrono le lacrime sul viso perché vedo lavorare sodo medici, infermieri ed OSA, precipitandosi su ogni urgenza cercando di fare il massimo, in condizioni indegne per una città europea; cerco di calmarmi e non so se andare via con i miei piedi, recandomi in un altro Pronto Soccorso, munito di unità coronarica, restare al Pellegrini, in attesa di trasferimento, o farmi ricoverare nello stesso ospedale, attendendo non so cosa, visto che al Pellegrini manca l’emodinamica. Solo dopo più colloqui di mia moglie con i medici e col cardiologo del Pellegrini e dopo dodici lunghe ore, alle nove di sera, chi avrebbe potuto decidere dalla mattina, decide di trasferirmi d’urgenza alla mediterranea dove, per fortuna d’urgenza, mi praticheranno una coronarografia, scoprendo che avevo un’arteria coronarica importante del cuore (l’IVA) chiusa al 99% (numero esatto). Ho scoperto che la mia stessa disavvenuta l’hanno avuta anche altri miei 4 amici sportivi, di cui due, per essere creduti, hanno dovuto subire un infarto, perdendo un pezzo del loro cuore. Io sono stato fortunato, mia moglie, i miei amici mi hanno salvato, io ho insistito, il mio cuore ha resistito, per lo meno tre giorni di sofferenza, cercando di non perdere un solo colpo, sforzandosi di fare il suo dovere, nonostante la situazione. Ho scoperto che quello che ho avuto io ed i miei amici, si chiama “angina instabile”, una sofferenza cardiaca che non si rileva né con l’elettrocardiogramma né con gli enzimi né con l’ecocardiogramma, la più insidiosa, che, purtroppo, il PROTOCOLLO REGIONALE (porcaputtana! mi scuso, ma ci vuole!) non prevede perché, forse, se la prevedesse, allora, si dovrebbero fare tante coronarografie, forse inutili, ma quante persone si salverebbero senza subire un infarto, con conseguente invalidità o decesso. A me hanno spiegato che ho scansato una forte testata nel muro (questa è la frase che ha usato un infermiere della terapia intensiva a cui ero appena giunto dopo l’angioplastica), perché l’arteria chiusa era una arteria importante ed un infarto mi sarebbe potuto essere o letale, o si sarebbe potuto portare via, una grosso pezzo di cuore. Non sono un medico, ma credo che del PROTOCOLLO non si possa avere cieca fiducia; credo che un Medico debba avere la LIBERTA’ di fidarsi del suo intuito e della sua capacità di indagine clinica e non avere quale unico riferimento il dato strumentale, probabilmente imposto per contenere i costi sanitari. In questi casi, essendo in gioco la vita delle persone, è sempre meglio avere uno scrupolo in più che non uno in meno …. Spero che questa mia esperienza, su cui ho meditato molto, possa essere d’aiuto …

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