Sport e diversa abilità il caso Pistorius

Il caso Pistorius crea non pochi interrogativi ed apre uno scenario nuovo dove la tecnologia potrebbe essere addirittura di un ausilio tale per l’uomo da fargli superare addirittura le normali capacità. In mancanza di conoscenze specifiche a me non dispiace la partecipazione di Pistorius alle olimpiadi dei cd. normodotati.

Da il Mattino del 05.08.2012

LONDRA. «Hats off to him»: giù il cappello davanti a lui, ha detto Kirani James, che non ha ancora vent’anni ed è campione del mondo dei 400 metri: l’atleta di Grenada è chiamato The Jaguar, ma ha dedicato ieri mattina tutto il suo rispetto a Oscar Pistorius, il quale, per via delle sue gambe che sono delle protesi in fibra di carbonio, viene chiamato Blade Runner. 
Pistorius, sudafricano e campione paralimpico, è stato ammesso ai Giochi dei normodotati, si dice così, ma più semplicemente ai Giochi degli uomini. Ed è riuscito a qualificarsi per la semifinale individuale che si correrà oggi. Così quei 400 metri che una lontana atleta alla quale appartiene ancora il record del mondo datato 1985, la tedesca dell’est Marita Koch, chiamava il giro della morte sono diventati il giro della vita.
Perché Oscar Pistorius non porta soltanto se stesso su quelle gambe di carbonio che messe sui blocchi sembrano più un proseguimento degli stessi che non due gambe: porta la speranza, la certezza, che la quotidianità può appartenere a chiunque, qualsiasi cosa capiti. Un po’ troppo mediatizzato, Pistorius, un po’ troppo «mettiamoci a posto la coscienza con lui», ma il messaggio vero è quello giusto. 
Lo ha sentito fin da bambino, quando la diagnosi è stata tremenda e i dottori hanno dovuto dire che per la malformazione congenita quelle due gambe, che tali non erano, andavano amputate. E fin da bambino Oscar ha sentito l’amore di una famiglia e non solo. Sua nonna, che ha 89 anni, sventolava ieri allo stadio la bandiera del Sudafrica: «Che emozione quando ho visto lei, tutta la famiglia, gli amici e la bandiera» ha detto Pistorius, che, dal punto di vista sportivo ha raggiunto l’obiettivo prefisso: la semifinale individuale e aspetta una medaglia magari dalla staffetta. Una medaglia meno agra di quella che il Sudafrica, e dunque pure lui, vinse ai mondiali di Daegu, quando dopo aver partecipato alla prima frazione della qualificazione venne sostituito nella finale. 
«Quando mi sono svegliato prima della gara non sapevo che fare: volevo piangere – ha detto Pistorius che con il record personale di 45”44 è poi arrivato secondo in batteria – io avvantaggiato dalle protesi? Non rispondo più: mi hanno fatto sedici test in tre settimane, tutte le analisi possibili. Le mie protesi sono le stesse da un sacco di tempo: gli strumenti da corsa di tutti gli altri, magari le scarpe, magari le tute, sono in evoluzione continua, eppure va bene». E non fa la domanda della provocazione: perché nessuno si taglia le gambe per correre più forte? 
È che nella vita sempre bisognerebbe avere «coraggio e fiducia in se stessi come ha Oscar» ha detto Kirani James, che ora è favorito per l’oro dopo che il campione uscente, LaShawn Merritt s’è fermato per un dolore muscolare in batteria (in precedenza lo avevano fermato per doping e aveva detto: «era solo viagra, avevo delle notti impegnative»). Dovrà comunque vedersela con i gemelli del Belgio, Jonathan e Kevin Borlee, classe 1988, andati ad allenarsi in cima a un ghiacciaio, dove l’aria è pura e l’ossigeno a buon mercato. E così gli Stati Uniti rischiano di perdere un oro che è loro da Los Angeles ’84.

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