Cara INPS. La burocrazia che uccide!

burocraziaBurocrazia infantile, becera, inadeguata, stupida, ingolfata, compromessa, corrotta, incivile, che mortifica, che spegne le speranze, irrazionale, punitiva, da incendiare, a fottere, piena di carte inutili, della giustificazione, sprecona, prepotente, arrogante …

Questi sono gli aggettivi che mi vengo, per ora in mente, leggendo la lettera di un caro amico che voglio condividere con voi. Il racconto riguarda l’INPS ma, purtroppo facilmente, si replica in ogni amministrazione dove c’è gente ignobile che interpreta le circolari come se fossero superiori alle leggi e fatte non per andare incontro ai cittadini ma per punirli, una burocrazia esercitata da piccoli uomini che esercitano così un potere per autocelebrazione  … che schifo!

Alla Direzione I N P S – Sede di Napoli, Via G. Ferraris 4 – 80142 Napoli

Caro INPS, ti riassumerò brevemente ciò che ho sentito stamattina ad uno dei tuoi sportelli della Città di Napoli – in Via Cervantes per essere precisi.

Sono il papà di un ragazzino autistico di dodici anni, il quale, non avendo uso della parola, dipende in tutto e per tutto dagli altri. È incapace di provvedere a se stesso, per intendersi. Da circa otto-nove anni il ragazzo percepisce una ‘pensione di accompagnamento’ corrisposta dall’INPS. Dal momento che entrambi i genitori lavorano – è questa è una fortuna per il mio ragazzo, dato che in Italia il carico principale della disabilità pesa sulle famiglie – e dunque non possono disporre del proprio tempo in modo autonomo, fu deciso che la pensione sarebbe stata versata sul conto corrente bancario del papà, e cioè il conto corrente del sottoscritto.

Ora è accaduto – i casi della vita sono sempre in movimento – che si è reso necessario un cambiamento in questo stato delle cose. Si è deciso cioè di chiedere che la pensione del ragazzo venga versata sul conto corrente intestato alla madre, invece che su quello intestato padre. Il funzionario della banca cui avevo chiesto informazioni sulla procedura, mi aveva detto che l’INPS avrebbe rilasciato un modulo, da riempire con le nuove coordinate bancarie e il timbro della banca, e da ripresentare agli sportelli INPS. Questo, come tu dovresti sapere, anche se è meglio ricordarlo, significa perdere almeno due mattinate intere di lavoro, tenuto conto dell’estensione della città, dei tempi di spostamento, ecc.

Sacrificando la mattinata di oggi, sono passato ai tuoi sportelli di Via Cervantes. Dopo la mia brava oretta d’attesa, mi son sentito dire dal funzionario allo sportello che è impossibile che una pensione d’accompagnamento venga versata in un conto corrente a nome di un genitore. Voleva avvertirmi che per l’accredito occorre un conto corrente co-intestato. Queste sono le ‘nuove disposizioni’ che tu, INPS, hai emanate forse già da un po’, ma che a me erano ignote. Ecco dunque la nuova situazione: la madre di mio figlio dovrà aprire un nuovo conto corrente, un conto co-intestato a lei e ad una persona che è un disabile mentale completo incapace di parlare, e dunque di leggere e scrivere.

Il funzionario, con gentilezza ed aria di sincera commiserazione, mi ha fatto l’elenco degli atti che il sottoscritto e la povera madre del ragazzo dovranno compiere e che comporteranno: (1) la perdita di almeno altre quattro mattinate lavorative; (2) il dilatarsi del tempo necessario per portare a compimento l’operazione; (3) l’accensione di un nuovo conto corrente, che comporterà nuove spese ed un ulteriore complicazione nella già drammatica esistenza quotidiana, comune a tutti i genitori di disabili. Cose da poco, si dirà.

Caro INPS, lasciati però dire quel che mi è passato per la mente, nella parte rimanente di questa mattinata inutile e irritante. Lasciati dire che ho ricordato al funzionario allo sportello le condizioni in cui vivono i genitori di un minore disabile: tra mille difficoltà burocratiche, con la spesa che sale oltre ogni limite di decenza. Credo, caro INPS, che tu sappia che la pensione del mio sfortunato ragazzo non copre neanche la metà delle spese che dobbiamo sostenere per fargli avere una vita decente. E per vita decente non intendo certo auto blu o vacanze ai Caraibi – quelle forse sono i tuoi alti dirigenti a potersele permettere, assieme a tanti esponenti della classe politica di questo paese, non certo il mio ragazzo. Vita decente è semplicemente, per lui, poter usufruire di terapie opportune, avere un tetto sopra la testa, frequentare la scuola per stare tra i suoi coetanei, svolgere qualche attività ricreativa – poche purtroppo, vista la sua condizione…

Questo però è un lusso, non ce lo possiamo permettere. Sono quindi giustificate le leggi sulla tassazione delle pensioni di accompagnamento, è giustificata la compartecipazione (il pagamento di una parte della spesa per la presa in carico del disabile da parte delle strutture competenti), sono più che comprensibili gli aumenti generalizzati dei costi della vita, i quali come si sa non hanno alcun riguardo per le famiglie con un problema serio di disabilità. Ed ultima, anche se mi è difficile immaginarne la necessità, ecco la nuova disposizione sui conti co-intestati.

Caro INPS, lasciamelo dire – l’ho già fatto oggi col tuo funzionario di Via Cervantes – forse è meglio che tu cambi politica, nei confronti della disabilità. Forse è tempo che anche tu recepisca le implicazioni della evoluzione generale della società – non solo la nostra, quella italiana. Oggi ci si chiede di essere efficienti, flessibili e competitivi. Di esser pronti a fare a meno di quei privilegi da dormiglioni che vanno sotto il nome comune di welfare: l’assistenza sanitaria, la presa in carico della disabilità, l’istruzione (scolastica ed universitaria), la giustizia… Insomma, di tutti i capitoli in cui si suddivide l’intervento nel sociale della nostra cara ma ormai superata Repubblica Fondata sul Lavoro.

Anche tu, caro INPS, come interprete di una concezione mutata della società, più adeguata al tempo, e meno incline all’assistenzialismo, potresti fornire un nuovo servizio alla collettività, in relazione alla disabilità. Ti propongo a tal proposito di riabilitare il vecchio progetto nazista di soppressione dei disabili ‘fisici e mentali’: il vecchio e terribilmente famoso T-Project, anche chiamato progetto eutanasia.

Quanto costerebbe, alle finanze italiane, metter su la rete di istituti di soppressione della disabilità che Hitler costruì nel III Reich (e che, per chi ricorda un po’ di storia, fu la struttura entro la quale fu addestrata la classe dirigente dei campi di sterminio dell’Olocausto)? Forse non poco, ma la spesa verrebbe ammortata in breve dall’immenso risparmio in termini di strutture di assistenza e riabilitazione, ed in termini di pagamenti di pensioni.

Perché non ci pensi, caro INPS? Forse i tempi sono davvero cambiati, e tutti noi dovremo essere incoraggiati a migliorare le nostre prestazioni. Per favorire questo processo di modernizzazione (non abbiamo il coraggio di chiamarlo, come facevano i nazisti, purificazione della razza), potremo iniziare con la disabilità, non più nascondendola dietro un falso buonismo, costoso e destinato all’inefficienza, ma al contrario, facendola sparire dalla società.

Con cordialità.

E. C.

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