Ad oggi non si capisce ancora quale è la posizione ufficiale di Bersani sulla “salita in campo” di Monti. Tutti fanno a gara a contenderselo nel centrodestra mentre nella sinistra non si capisce, ovvero, si capisce benissimo che c’è un accordo post elettorale che in questi ultimi giorni si sta facendo sempre più concreto. Il tema vero che mi piacerebbe affrontassero entrambi i soggetti sono ancora una volta le privatizzazioni. I big della sinistra mostrano interesse per il programma monti mentre mi piacerebbe sapere cosa ne pensano delle privatizzazioni e della svendita dei beni pubblici della riduzione degli spazi vitali dello Stato Sociale di Diritto così come lo conosciamo. La chiarezza è fondamentale ed io vorrei sapere se anche Bersani intende ridurre gli enti locali ad uffici che si occupino dei soli certificati di residenza! Il tema è questo! Le visioni che si dovrebbero scontrare in questa campagna elettorale, che si sta consumando a colpi di discese in campo di magistrati, è quella liberista dell’europa monetaria o quella sociale dell’europa dei popoli, terzium non datur! Monti credo che con buona approssimazioni rappresenta ancora una volta il mondo del potere economico che si è rifatto il look. Eppure non riesco a capire: se la crisi è stata generata dai mercati e dal loro mancato controllo, come possiamo noi, ancora una volta, pensare che i mercati siano in grado di far fronte a ciò che hanno provocato? Bersani cosa dice al riguardo? Nulla! Cerca solo di rassicurare l’europa ed evita di attaccare il “protetto” il “messia” del potere economico, appoggiato anche dal vaticano, che ha deciso di salire in campo! Ed i cittadini italiani che fine fanno in tutto questo? Hanno il diritto di sapere quale è l’opposta visione che ci dovrebbe essere tra i due schieramenti, ovvero, di sapere che entrambi sono d’accordo a vendere tutto ciò che è pubblico ed a restringere l’azione di governo al minimo indispensabile che giustifichi l’esistenza di un parlamento. La larga maggioranza che si sta profilando è la restaurazione della vecchia, cara democrazia cristiana nella quale i cittadini italiani per quarant’anni hanno riposto la loro fiducia. Se andassimo indietro nel tempo infatti monti potrebbe stare benissimo al fianco di Andreotti, Forlani, Martinazzoli, De Mita …. fisici rassicuranti che hanno fatto dell’Italia ciò che volevano. Spero di sbagliarmi e di averne la prova.
da Il Mattino del 28.12.2012
Se dovesse esserci necessità di governare con un alleato – presupponendo dunque la vittoria del Pd e Bersani premier – non potremmo rivolgerci nè a Berlusconi nè a Grillo: il ragionamento andrà fatto con coloro con cui condividiamo la scelta europeista e dunque con Monti e le forze di centro». Così il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, in un’intervista al Mattino. «Siamo convinti che il nostro è l’unico grande progetto popolare che oggi si presenti alle elezioni».Teresa Bartoli
Il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, rifiuta come «fuori luogo» ogni parallelo tra la candidatura di Piero Grasso e la vicenda di Antonio Ingroia: Ingroia, dice, ha fatto un «uso strumentale insopportabile» di una inchiesta per sfruttarne la popolarità in chiave elettorale, Grasso «ha lavorato sino all’ultimo giorno senza cercare visibilità» ed oggi «è del tutto naturale che il suo impegno venga traslato nell’impegno parlamentare». La candidatura del procuratore nazionale antimafia è «solo il primo segnale» dell’impegno contro l’illegalità. Una delle bandiere della campagna elettorale nella quale il Pd avrà in Monti «un concorrente» mentre «l’avversario è Berlusconi».
Monti non sarà super partes ma parte contro il Pd. Siete delusi, preoccupati?
«Siamo sereni e molto determinati perché convinti della nostra forza. Siamo convinti – a maggior ragione dopo i primi passi della lista, delle liste che ruoteranno attorno a Monti – che il nostro è l’unico grande progetto popolare che oggi si presenti alle elezioni. Popolare perché radicato su un partito che fa dell’interclassismo, della partecipazione, del radicamento sociale e territoriale la sua forza. Ciò sarà ancor più chiaro domani – quando si voterà, tra l’altro, anche in Campania – e domenica con le primarie, il cui primo grande successo sarà portare in Parlamento un numero grandissimo di donne. Siamo l’unico partito che mette i cittadini in grado di contare».
Secondo il Pdl Monti ha «tradito la parola data» ai partiti quando accettò un impegno di governo super partes. Condivide?
«Monti ha fatto la sua scelta dopo le dimissioni e lo scioglimento delle Camere. L’avesse fatto prima sarebbe stato sicuramente discutibile. Vedremo le prossime settimane cosa accadrà. Ma noi saremo concorrenti di Monti, questo è chiaro: concorrenti di Monti mentre il nostro avversario è Berlusconi».
Lei dice che il Pd è l’unica forza popolare ed interclassista. Secondo Pietro Ichino, invece, l’agenda Monti su diversi punti è «più a sinistra di quella di Bersani». Non è così?
«Guardi, ho stima di Ichino e delle sue idee ma francamente ho perso il filo del suo ragionamento: quando leggo che lascia il Pd per andare con Monti e che lo fa perché è Monti che ha sposato le sue tesi, mi vengono in mente Galilei e Tolomeo».
All’opposto, Vendola chiede discontinuità rispetto alle politiche di Monti. Cosa sarà per voi l’agenda del professore? Una spina nel fianco, uno stimolo?
«Si tratta di contenuti che in parte condividiamo ed in parte divergono dalle nostre tesi. Ma il punto chiave è che il nostro progetto è stato timbrato da tre milioni e centomila italiani, scritto con le loro gambe e le loro mani, il mix giusto tra idee, comportamenti, passioni. Quando parlo di politica popolare intendo questo, un fatto concreto, più importante di qualunque agenda. Ed ecco perché non ho, non abbiamo nessun timore che la o le liste Monti possano toglierci voti o spazio politico. Oltretutto, ripeto, su alcuni punti ci sono chiare convergenze».
Un esempio?
«Monti nella sua conferenza stampa ha fatto riferimento alle politiche contro l’illegalità proponendo tre temi: aumento dei tempi di prescrizione, reintroduzione del falso in bilancio ed autoriciclaggio. Sono esattamente i tre capisaldi del progetto anticorruzione che il Pd ha presentato in Parlamento e che è stato bloccato dal Pdl. La lotta contro l’illegalità sarà la nostra prima grande bandiera soprattutto in quelle regioni dove l’illegalità è causa di arretratezza economica e civile. Una bandiera in nome della quale Bersani ha dato un primo grande segnale annunciando la candidatura del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Solo un primo segnale perché altri ne arriveranno nei prossimi giorni sia sui contenuti sia nelle candidature».
Programmi e candidature, vista la legge elettorale che può determinare due maggioranze diverse tra Camera e Senato, potrebbero non bastare a governare. Il centrosinistra chiederebbe il sostegno di Monti?
«Aveva ragione Napolitano ad invocare a gran forza, nell’interesse del Paese, l’eliminazione del porcellum. Il primo difetto di questo sistema, le liste bloccate, lo abbiamo aggirato indicendo le primarie. Quanto al rischio di maggioranze diverse tra Camera e Senato, aspettiamo i risultati. Certo Lazio, Sicilia e Lombardia saranno determinanti. È evidente che, se dovesse esserci necessità di governare con un alleato – presupponendo dunque la vittoria del Pd e Bersani premier – non potremmo rivolgerci nè a Berlusconi nè a Grillo: il ragionamento andrà fatto con coloro con cui condividiamo la scelta europeista e dunque con Monti e le forze di centro».
Monti potrebbe chiedere la testa di Vendola: per governare sacrifichereste l’alleanza con Sel?
«Le primarie ci hanno in qualche modo fuso nella proposta elettorale. Non è questo il tema e non è immaginabile sacrificare Sel. Il progetto è unico e unitario».
La Chiesa si sta schierando in modo trasparente a sostegno di Monti. È una invasione di campo? Vi preoccupa? E perché il Pd non riesce a convincere quel mondo?
«Mi verrebbe da dire meglio Monti che Berlusconi, come purtroppo è stato per molti anni. Ma lo dico con amarezza perché so invece che il mondo cattolico è pieno di persone e di mondi che guardano con grande interesse al forte impegno sociale che sta alla base del nostro radicamento e al progetto di centrosinistra. E proprio per questo non voglio dare eccessivo peso a queste prese di posizione. È importante, da parte nostra, evitare polemiche e prestare se possibile ancor maggiore attenzione e presenza alle realtà e dimensioni territoriali».
La candidatura di Grasso, un magistrato in attività, non avvalora la tesi della politicizzazione della magistratura? Tante polemiche su Ingroia e poi cadete nello stesso errore?
«In questo caso credo sia la sua stessa funzione a smentire queste tesi. Trovo assolutamente naturale che il tema dell’antimafia venga traslato in un impegno parlamentare. I paralleli con la vicenda di Ingroia sono del tutto fuori luogo. È palese che Ingroia ha usato un’inchiesta e la vicenda di Nicola Mancino, che sono sicuro dimostrerà di poter uscire senza macchie da questa storia, per diventare un personaggio ed avere una visibilità che oggi sfrutta candidandosi alle elezioni. Un uso strumentale insopportabile. Grasso, al contrario, ha lavorato sino all’ultimo giorno senza alcuna ricerca di visibilità. E gli viene offerta, per la sua funzione antimafia, la possibilità di portare il suo impegno, in modo non divisivo, in Parlamento».
Caro Gennaro,
credo invece che la situazione sia abbastanza chiara: l’attuale legge elettorale non consente alla coalizione vincitrice di governare perché mentre alla Camera è previsto un premio di maggioranza su base nazionale e quindi una maggioranza larga, al Senato è previsto un premio di maggioranza su base regionale (ovviamente proporzionato alle regioni) che in base ai flussi elettorali degli ultimi anni, ha di fatto sancito un sostanziale pareggio in termini di seggi, tra maggioranza ed opposizione.
Questa fattispecie risultava evidente durante il secondo governo Prodi (2006-2008) quando ogni singolo senatore (senatori a vita compresi) era fondamentale per la sopravvivenza del governo, l’estrema eterogeneità della maggioranza parlamentare, infatti accelerò solamente il collasso del centro-sinistra.
Ricorderai che subito dopo le elezioni del 2006, Berlusconi propose a Prodi un governo di unità nazionale ma il Professore rifiutò orgogliosamente e a mio avviso giustamente seppure bisogna ammettere a posteriori che quella scelta e quella esperienza governativa risultarono poi drammatiche perché consegnarono nuovamente e massicciamente il paese nelle scellerate mani della destra.
Veniamo ai giorni nostri.
Secondo un sondaggio pubblicato dal Corriere, con le attuali forze in campo potrebbe verificarsi nuovamente un pareggio al Senato. Risulterà determinante il voto in Lombardia. La partita tra le due coalizioni è aperta se Lega e PdL dovessero presentarsi agli elettori insieme, in caso contrario PD e SEL vincerebbero agevolmente.
La vittoria in Lombardia e quindi quel sostanzioso premio di maggioranza regionale, consentirebbe alla coalizione “Italia bene comune” di avere una maggioranza larga anche in Senato. In questo caso, sempre se PD e SEL vincessero, non ci sarebbe nessun problema di governabilità.
In caso contrario bisognerà giocoforza provare ad allargare la maggioranza in parlamento altrimenti si correrebbe il serio rischio di tornare alle urne lasciando il paese privo di una guida politica in un periodo di crisi estremamente pericoloso.
A questo punto chi potrebbero essere gli interlocutori del premier in pectoris Bersani? Sarebbero da escludere la lega, il PdL ed il movimento 5 stelle.
Resterebbero in campo due possibili soggetti: Monti (con UDC, FLI e Montezemolo) o il movimento di Ingroia (con Rifondazione, IdV e movimento arancione).
In questo secondo caso però gli interrogativi sono molteplici, l’eterogeneità dei protagonisti, ad esempio, sarà gestibile? Ma il dubbio maggiore è: il movimento di Ingroia riuscirà a superare la soglia di sbarramento e ad entrare in parlamento?
Secondo i sondaggi, probabilmente no (non si deve sottovalutare il cosiddetto “voto utile” che peserà come una spada di Damocle) e comunque è certo che il movimento non sarà rappresentato da senatori ma eventualmente solo da deputati.
La soglia di sbarramento prevista dal porcellum infatti è del 4% su base nazionale alla Camera e dell’8% su base regionale al Senato per cui se l’impianto del mio ragionamento è corretto, l’eventuale allargamento della maggioranza ad Ingroia non sarebbe determinante perché riguarderebbe solo la Camera e quindi non andrebbe comunque in soccorso di PD-SEL al Senato.
Resterebbe Monti, in pratica una scelta non privilegiata ma a quel punto obbligata. E’ in questa chiave che vanno interpretate le parole del vice-segretario del PD, Enrico Letta: “se dovesse esserci necessità di governare con un alleato – presupponendo dunque la vittoria del Pd e Bersani premier – non potremmo rivolgerci nè a Berlusconi nè a Grillo: il ragionamento andrà fatto con coloro con cui condividiamo la scelta europeista e dunque con Monti e le forze di centro».
Solo a quel punto emergerebbero una serie di contraddizioni di difficile gestione, quella che mi interessa più da vicino è come si concilierebbe “il profumo di sinistra” evocato da Vendola al Teatro Politeama di Napoli con la collocazione di SEL in una coalizione di unità nazionale chiaramente sbilanciata a destra su temi fondamentali quali l’indirizzo economico, le politiche fiscali e del lavoro, le tematiche ambientali, i diritti civili, le privatizzazioni (scuola, trasporti, sanità, acqua, università) ecc.
Intanto, caro Gennaro, rafforziamo la sinistra all’interno di “Italia bene comune” e poi vediamo cosa succede.
Approfitto per augurarti buon anno. Un abbraccio forte, Francesco Esposito (prima municipalità)
"Mi piace""Mi piace"