Nonostante Repubblica Napoli abbia riportato in più articoli i gravissimi fatti accaduti all’Ospedale Cardarelli e ciò che accade (anzi che non accade) al Policlinico Nuovo di Napli, caldoro insiste con il suo arrogante silenzio.
Ieri (26.07.2014) sempre Repubblica Napoli ha riportato nelle lettere una mia riflessione (clikka) proprio su questo tema che invito a leggere per chi non l’avesse già fatto.
Oggi (27.08.2014) su Il Mattino di Napoli compaiono tre articoli tutti incentrati sulla malasanità Campana. Sarà il caldo, saranno le ferie, ma registro un assoluto silenzio anche dei consiglieri regionali e di tutte le forze politiche.
E’, infatti, imbarazzante che si parli di Fonderia democratica e non si pongono in primo piano i veri problemi che affliggono i cittadini Campani e Napoletani!
Nell’ultimo articolo troverete enunciata l’ideaona del governatore che, dopo aver chiuso ospedali e reparti e costretto i cittadini campani ad andare a curarsi in emergenza a Potenza, si è inventata una accelerazione nell’ultimo anno di amministrazione mettendo sulla carta la istituzione delle cd. Unità Operative Complesse di Cure Primarie. Come dire, prima si chiudono i presidi e poi si creano 300 unità che forse serviranno a dare dei posti e delle indennità aggiuntive ad amici e parenti.
Poiché si avvicinano le elezioni regionali Vi consiglio una attenta lettura almeno per sapere con chi avremo a che fare in campagna elettorale non fosse altro per potere rintuzzare i candidati sui veri temi politici!
Da Il Mattino di Napoli di oggi (26.08.2014)
Gerardo Ausiello
Sanità, il caso dei reparti chiusi = Paziente trasferito a Potenza giallo sui posti letto esauriti
Cardiopatico trasferito a Potenza, giallo sugli otto no: caccia ai documenti sui posti letto non utilizzati Dagli ospedali campani otto no al ricovero, i dubbi della Regione.
Bufera sui servizi negati ad agosto. La Regione: anche i Policlinici nell’emergenza. Ma i docenti fanno resistenza; Sanità, il caso dei reparti chiusi Cardiopatico trasferito a Potenza, giallo sugli otto no: caccia ai documenti sui posti letto non utilizzi Gerardo Ausiello Una rete delle emergenze insufficiente, la mancanza di coordinamento tra gli ospedali, lo scarso personale in servizio (sia a causa delle ferie che del blocco del rum over). C’è tutto questo dietro il clamoroso caso del paziente cardiopatico che il 6 agosto è stato trasferito m elicottero da Napoli a Potenza. Paziente che necessitava di un intervento chirurgico urgente. E invece si è perso tempo prezioso alla disperata ricerca di un nosocomio che potesse accoglierlo. Le cardiochirurgie cittadine, del Monaldi e del Policlinico, erano infatti chiuse e stanno riaprendo i battenti solo in queste ore. La sfida della Regione: anche i Policlinici nell’emergenza. Ma i docenti universitari fanno resistenza. La sanità, il caso Paziente trasferito a Potenza giallo sui posti letto esauriti Dagli ospedali campani otto no al ricovero, i dubbi della Regione. Una rete delle emergenze insufficiente, la mancanza di coordinamento tra gli ospedali, lo scarso personale in servizio (sia a causa delle ferie che del blocco del turn over). C’è tutto questo dietro il clamoroso caso del paziente cardiopatico che il 6 agosto è stato trasferito in elicottero da Napoli fino a Potenza. È rio che emerge dalle prime indagini. Il paziente aveva riportato una grave dissecazione aortica del tratto discendente e necessitava di un intervento chirurgico urgente. E invece si è perso tempo prezioso alla disperata ricerca di un nosocomio che potesse accoglierlo. Le cardiochirurgie cittadine, del Monaldi e del Policlinico, erano infatti chiuse e stanno riaprendo i battenti solo in queste ore, rispettivamente dopo una settimana e un mese di stop. Alla fine L’unico via libera è arrivato da un ospedale che dista 150 chilometri da Frattamaggiore, dove l’uomo era stato ricoverato. Com’è possibile che in Campania non ci fosse neppure una struttura in grado di intervenire? E perché? Per dare una risposta a queste domande la Regione ha avviato nelle scorse ore un’indagine interna. Qualcosa, è evidente, non ha funzionato. Ma cosa è successo davvero quel giorno di inizio agosto? Una volta fatta la diagnosi, i medici del presidio di Frattamaggiore (che non ha la cardiochirurgia) hanno disposto il trasferimento urgente dell’ammalato nell’ospedale più vicino. Si è cosi messa in moto la macchina del 118, che ha incassato una lunga serie di dinieghi. Il primo è arrivato dal Monaldi, dove era in corso un intervento di bonifica (obbligatorio almeno due volte all’anno) che ha determinato la chiusura della cardiochirurgia per adulti, guidata da Gianantonio Nappi. L’assistenza è stata comunque assicurata utilizzando per le urgenze la cardiochirurgia pediatrica ma quel giorno, dicono dall’azienda dei Colli, i quattro posti letto in terapia intensiva pediatrica erano tutti occupati. Stessa risposta dal Policlinico della Federico II, e per motivi simili: nel re- parto, diretto da Carlo Vosa, erano in corso gli interventi di bonifica e i lavori di ristrutturazione del pavimento della terapia intensiva. Entrambe le cardiochirurgie, dunque, hanno chiuso i battenti contemporaneamente e senza coordinarsi. Subito dopo i sanitari hanno incassato l’indisponibilità della cllnica Mediterranea, convenzionata con il servizio sanitario regionale, che dispone della cardiochirurgia ma che non fa parte della rete delle emergenze: «Non abbiamo potuto accogliere quel paziente per mancanza di posti disponibili e ce ne rammarichiamo – spiega l’amministratore delegato Celeste Condorelli – tuttavia se la Regione coinvolgerà anche i privati nella rete delle emergenze, non ci tireremo indietro». A questo punto la centrale operativa del 118 si è rivolta alle altre province campane, che dispongono di cinque cardiochirurgie (presso gli ospedali di Caserta, Salem
o e Avellino, la casa di cura Pineta Grande di Castelvoltumo e la clinica Malzoni nel capoluogo irpino): «Tutte le centrali operative contattate hanno dichiarato la non disponibilità – ribadisce Giuseppe Galano, presidente regionale dell’Aaroi (Associazione anestesisti rianimatori) nonché direttore della centrale operativa regionale del 118 – per questo d siamo rivolti all’ospedale di Potenza». Complessivamente otto no, dunque. È su tale circostanza che si registra un giallo. Già, perché gli esperti della Regione avanzano dubbi sul fatto che tutti i reparti fossero effettivamente saturi, senza personale adeguato o impreparati ad effettuare l’intervento chirurgico. Da qui l’inchiesta, che punta a fare chiarezza sugli aspetti oscuri della vicenda. Sullo sfondo c’è il braccio di ferro giudiziario proprio tra Regione e 118 sulla riorganizzazione del sistema di soccorso: il governatore Stefano Caldoro vorrebbe affidarlo alle Asi, Galano spinge per mantenerlo in capo al Cardarelli e ha ottenuto una prima vittoria al TAR. Il problema, comunque, non è tanto quello dei trasferimenti, che si verificano quasi quotidiana mente. Proprio l’altro ieri un uomo coinvolto in un incidente stradale in Irpinia è stato portato in elicottero a San Giovanni Rotondo perché sia il trauma center del Cardarelli che quello dell’ospedale di Caserta erano pieni. Il punto è piuttosto che la rete delle emergenze a Napoli non riesce più a reggere e mostra preoccupanti falle. In difficoltà sono soprattutto Cardarelli, Loreto Mare e San Giovanni Bosco. Cosa fare, dunque? Molti operatori sanitari non hanno dubbi: la soluzione sarebbe coinvolgere i Policlinici nella rete delle emergenze.
Intervista a Antonio Mignone«Il Policlinico? I medici guadagnano di più ma ad agosto tutti in ferie»
«Il Policlinico? I medici guadagnano di più ma ad agosto tutti in ferie) L’intervista Mignone (Smi): nell’università si lavora quattro volte di meno rispetto agli ospedali Marisa La Penna Carichi di lavoro estremamente sbilanciati tra i medici che prestano servizio in ospedali con pronto soccorso e strutture che non hanno l’emergenza. Antonio Mignone, medico anestesista rianimatore, segretario regionale dello Smi, il sindacato dei medici italiani non usa giri di parole. «Nelle strutture universitarie – dice – si lavora la quarta parte rispetto agli ospedali con pronto soccorso». Due categorie di medici, dunque? «Assolutamente sì. Partiamo da quello di cui si parla tanto in questi giorni: il Cardarelli. Nell’ospedale più grande del Mezzogiorno si lavora in urgenza e si prende tutto. Nessun paziente viene respinto. Anche in sovraffollamento, anche se scoppia di barelle. U policlinico, per fare un esempio, tiene un carico di lavoro solo mattutino e non nel periodo estivo quando molte sale operatorie vengono fermate e molti reparti “accorpati”. Anche il blocco chirurgico viene accorpato. E così la struttura si svuota, il personale può fare ferie. La verità è che, a mio parere, i medici dovrebbero essere pagati in base ai carichi di lavoro e alla qualità di assistenza che offrono. La cosa paradossale è che gli universitari guadagnano addirittura di più». Da un lato posti letto vuoti e dall’altro inferno di barelle. Come mai? «Andiamo per ordine. Partiamo dal decreto 49 sul rapporto posti-letto paziente secondo cui il rapporto deve essere di tré ogni mille abitanti. Napoli ha un milione di persone. Stesso numero, più o meno, di Salemo e provincia. Ebbene, a Napoli al momento ci sono 7500 posti letto e a Salemo 2500. Quelli di Salemo sono tutti con pronto soccorso aperto. Mentre a Napoli i due policlinici e l’ospedale dei Colli che contano arca tremila posti letto e cinque ospedali del centro storico non hanno pronto soccorso. Ecco che finisce tutto al Cardarelli, al Loreto Mare e al San Giovanni Bosco». E allora? «E allora succede che siamo costretti a trasferire i pazienti fuori regione. Capita tutti i santi giorni. Nell’ultima settimana ho dovuto personalmente trasferire a Potenza due pazienti per la Neurochirurgia. C’è insomma una II presidio II Policlinico universitario; a destra Antonio Mignone dello Smi pessima distribuzione dei posti letto sul territorio regionale oltre che su Napoli. Molte strutture, nell’emergenza, non sono accessibili perché senza pronto soccorso. Qualcuna, addirittura, non si è resa disponibile per la rianimazione, pur avendo il posto disponibile. C’è infatti un’inchiesta della magistratura per valutare le responsabilità penali dell’accaduto. La polizia giudiziaria ha sequestrato le cartelle cliniche ed ha accertato che avevano mentito. Rifiutando di aiutare in tal modo un paziente morente. In alcuni policlinici non c’è, per esempio, un tasso di utilizzo dei posti letto secondi i parametri nazionali». L’accusa «Pessima la distribuzione delle degenze Costretti quotidianamente a far viaggiare gli ammalati»
La sfida di Caldoro: i Policlinici nell’emergenza
Strutture universitarie a supporto dei pronto soccorso, ma i prof fanno resistenza.
Lo scenario. La sfida di Caldoro: i Policlinici nell’emergenza. Strutture universitarie a supporto dei pronto soccorso, ma i prof. fanno resistenza. Da un lato la riorganizzazione della rete delle emergenze con il nodo dei Policlinici, dall’altro il potenziamento delle strutture sanitarie territoriali, quelle cioè che fanno capo ad Asl e distretti. È un piano in due mosse quello studiato dalla Regione per far fronte ai gravi disagi dei pronto soccorso a Napoli, sovraffollati e incapaci di reggere l’assalto quotidiano dei pazienti dopo i tagli determinati dai conti in rosso. In sofferenza sono soprattutto Cardarelli, Loreto Mare e San Giovanni Bosco, che accolgono non solo ammalati dalla città ma anche dai comuni dell’hinterland e spesso dalle altre province. L’altra faccia della medaglia sono invece i Policlinici, della Federico II e della Seconda Università di Napoli, che non devono sopportare lo stress dei pronto soccorso e di conseguenza non hanno un problema quotidiano con le barelle. La soluzione, allora, sarebbe quella di coinvolgerli nella rete delle emergenze, anche perché i costi di mantenimento di tali strutture sono da sempre molto elevati. È un obiettivo, questo, che viene inseguito da tempo dalla Regione (prima con Bassolino e poi con Caldoro) ma finora senza risultato. Basti pensare che nel piano di razionalizzazione della rete ospedaliera e territoriale, approvato nel 2010 al termine di un lungo iter, si parla espressamente proprio di questa improcrastinabile esigenza. Uno dei scogli maggiori da affrontare è rappresentato dalle resistenze dei docenti universitari. La sinergia tra strutture di ricerca medica e cura già nel piano sanitario 2010 che i medici ospedalieri chiamano «baroni» per i loro privilegi. Ora la giunta Caldoro punta ad accelerare su questo versante mentre in parallelo lavora ad una più intensa sinergia tra il Cardarelli e il suo pronto soccorso da un lato, il Monaldi e lo stesso Policlinico federiciano dall’altro. Sul fronte dell’assistenza territoriale, invece, la rivoluzione (che scatterà nelle prossime settimane per poi entrare nel vivo entro fine anno) prevede l’istituzione di presidi oggi esistenti solo sulla carta: le Uccp, ovvero le unità complesse di cure primarie. Di cosa si tratta? Di strutture in grado di fornire primi soccorsi ma che non sono costose e complesse come i pronto soccorso ospedalieri. Saranno in funzione 7 giorni su 7, 24 ore su 24, e potranno disporre di medici di famiglia, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, medici della continuità assistenziale (le guardie mediche) nonché di unità infermieristiche e di operatori che potranno muoversi sul territorio. Un cittadino che dovesse accusare un malore potrà allora rivolgersi a queste unità che effettueranno le prime diagnosi. In molti casi, secondo gli esperti, i problemi di salute sono infatti risolvibili senza particolari interventi o senza ricorrere alla chirurgia. Si pensi ai tantissimi codici bianchi ospedalieri, a fronte dei quali la Regione ha istituito un ticket aggiuntivo a quello statale (il costo totale della prestazione è 50 euro). D’accordo, ma perché un paziente dovrebbe rivolgersi ad un’unità complessa territoriale con il rischio di dover poi essere comunque trasferito in ospedale? L’idea I costi Investimenti nelle università per garantire la formazione ma obblighi assistenziali ridotti della Regione, che con il capo di partimento della Salute Ferdinando Romano sta lavorando senza sosta al progetto, è che sarà più conveniente per il cittadino farlo poiché le Uccp si troveranno in media a pochi chilometri da casa. In tutta la Campania ne dovrebbero sorgere oltre 300, così suddivise: nelle città più grandi ce ne sarà una per non più di 30mila abitanti; per quelle medie ogni 15mila abitanti; per quelle a bassa densità (si pensi al Cilento o alle aree interne, dall’Irpinia al Sannio) l’Uccp servirà un bacino di 5-l0 mila persone. Non solo. Un altro vantaggio sarà rappresentato dal raccordo telematico tra queste strutture e gli ospedali in una rete
della salute che provvederà a prendere in carico il paziente e ad accompagnarlo fino alla risoluzione del problema. L’istituzione di queste unità sarà propedeutica ad un altro obiettivo, altrettanto ambizioso: la telemedicina. Quando sarà realtà, un paziente cardiopatico potrà effettuare comodamente a casa un elettrocardiogramma e trasmetterlo in tempo reale ai medici di turno, che effettueranno la diagnosi e decideranno sul da farsi.
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