Occorre una Economia di Guerra

Sul web gira un filmato molto convincente di un consulente bancario sugli aiuti di Stato alle piccole e medie imprese. In buona sostanza 400 miliardi stanziati dal Governo che in realtà non sono stanziati, ma solo “garantiti” alle banche. I tanto sbandierati 25.000,00€. da erogare alle imprese, entro il 25% del loro fatturato, che non sono altro che un prestito alle imprese delle banche, alle quali deve essere restituito poiché, in mancanza di restituzione nei termini, vi provvederà lo Stato. Nella mia esperienza di 25 anni forense, non ho mai incontrato alcuna impresa che non abbia avuto una esposizione debitoria, piccola o grande che fosse, verso il sistema bancario. L’intralcio è facile da capire. Se una impresa, avendo fatturato nel 2018, 100.000,00€., ha diritto e chiede tutti e 25.000,00€. di prestito, la Banca, per ammetterlo gli chiederà di estinguere la sua esposizione debitoria, di modo che, se ha per esempio 20.000,00€. di debito con la stessa Banca, il finanziamento verrà concretamente erogato per la sola residua parte di 5.000,00€., di modo che sarà solo la banca ad aver effettivamente beneficiato della trasformazione del suo credito da chirografario in garantito dallo Stato, mentre all’impresa resteranno liquidi in tasca solo 5.000,00€. ma ne dovrà restituire sempre 25.000,00 e, come detto, se non li restituirà subentrerà lo Stato non senza conseguenze però per l’impresa medesima.

Sotto altra prospettiva, quella delle Banche, va detto che queste, per avere i soldi da prestare dovranno farseli prestare a loro volta dalla BCE, ma, quest’ultima, per erogarli chiederà alle Banche stesse di garantire il prestito con titoli soldi, quindi, Bund Tedeschi, che tra l’altro hanno un rendimento negativo. Paradossalmente si assiste, inermi, ad una fuga di liquidità dall’Italia verso la Germania che, anche in questa circostanza, ci guadagna. Senza giri di parole la Germania, quello che non è riuscita a fare nel ’39 con la seconda guerra mondiale, lo sta facendo con l’economia con l’aggiunta che l’Europa si è indebolita, perché ne è uscita l’UK che poteva fare fronte comune con Italiani e Francesi.

Non so cosa bisogna fare, ma queste riflessioni ci devono far capire che in Italia occorre una Economia di Guerra che rilanci innanzitutto il SUD Italia che, rispetto al NORD ha margini di miglioramento di gran lunga superiori. Se parte il SUD parte tutta l’Italia che forse è potrà competere alla pari con la Germania, diversamente, ci dovremo accontentare di diventare una colonia tedesca…

Il governo della disperazione

gasparriL’episodio di stamani lascia sgomenti. L’atto va condannato senza mezzi termini ma non si può tacere il malessere e la disperazione che c’è nel paese e che forse ha armato la mano del “povero” Luigi Preiti l’attentatore che ha esploso sei colpi di pistola contro due carabinieri ed una donna e che dopo ha gridato sparatemi. I Cittadini che hanno ancora qualche speranza si sentono traditi dall’agire politico che vede ancora una volta entrare nei palazzi dell’amministrazione l’antipolitica degli interessi particolari e dell’economia. Quali riforme potrà mai fare un governo come quello che è nato oggi e che finirà per condizionare il lavoro del parlamento, che finirà ancora una volta, gioco forza, privato del suo ruolo centrale. Mi chiedo, infatti, quale riforma elettorale, quale legge sul conflitto di interessi, quale legge sulla corruzione, quale legge sul lavoro potrà mai fare un tale miscuglio di individualismi. Non credo ci voglia molta arguzia per capire che questo è un governo del compromesso, che in Italia è pesantemente condizionato da un partito di pseudodestra  berlusconicentrica. Per questo motivo, come in tanti, non condivido le parole pronunciate qualche giorno fa del presidente della repubblica. Non si può fare un governo di salvataggio destra/sinistra in Italia perché la destra italiana non rappresenta alcuna ideologia ma solo interessi personali si è ormai perso ogni visione ideale della politica. Il governo letta è, infatti, la dimostrazione che le ideologie non c’entrano più nulla con la politica. Ormai da anni nella lotta politica a scontrarsi non sono diverse visioni del mondo ma semplici questioni di interesse dove l’economia la fa da padrona indirizzando le scelte e rendendo insignificanti i politici. I partiti sono morti nel momento in cui hanno abbandonato gli ideali ed hanno iniziato ad arruolare individui senza scrupoli che hanno avuto – ed hanno – come unico obiettivo l’accrescimento della ricchezza e del potere personale. Contrariamente a ciò che pensano in molti occorrerebbe un ritorno delle ideologie portate da uomini onesti che hanno una visione del mondo e della economia globale che, purtroppo, sempre più va verso una finanza astratta sganciata da quella reale che anzi ne risulta compromessa. Occorre che la politica si riappropri del suo ruolo di laboratorio di idee ed abbia una visione del mondo in grado di coinvolgere  il popolo, ovviamente no alla violenza ma questo andrebbe spiegato a gasparri, che qualche giorno fa mostrava il dito medio alla folla di cittadini radunatasi per l’elezione del Presidente della Repubblica, ma anche a quelle persone che non hanno alcuna dignità per sedere su uno scranno parlamentare.

Pare che valga ancora questo video preveggente di Guzzanti: il paese non è né di destra né di sinistra è di berlusconi:

Partiti e Movimenti. La Costituzione: Non un passo indietro!

images-1Quando sento parlare di riforme costituzionali mi viene il prurito, quando sento parlare  di nuove forme di democrazia ivi compresa quella di moda cd. partecipativa mi viene l’orticaria non vi dico cosa mi viene se sento parlare di webdemocrazia, che ho sintetizzato in un paradosso: test a risposta multipla da somministrare ad ogni cittadino Italiano prima del caffé, il cui risultato confluisce e viene elaborato da un grade “cervellonefratello” che sforna tante belle leggi volute, a questo punto, da tutti i cittadini che così potranno fare a meno del parlmento e della cd. rappresentanza indiretta! Di ciò si parla ancora di più quando un sistema economico/sociale/morale, come quello nostro, è in crisi. Tutti si sentono legittimati a distruggere l’immoralità ed a fare una azione di pulizia e quelli che alzano una voce fuori dal coro o semplicemente non sono della “stessa parte” sono considerati indistintamente collusi e responsabili dello sfascio. Io, invece, credo che nessuno è depositario né della verità né della moralità assoluta né della integrità morale.  Spero che le donne e gli uomini di buona volontà presenti nei partiti ed ancor di più nel M5S, oggi il primo partito in Italia, abbiano la forza di difendere sempre e comunque la libertà e la democrazia per come è stata voluta dai nostri padri per il semplice fatto che è l’unica che conosciamo. Sarà che sono condizionato dai miei studi di diritto costituzionale ma io non conosco una modalità diversa di democrazia da quella rappresentativa tracciata e voluta dai nostri padri costituenti! Ogni parola della costituzione al riguardo è stata scritta col sangue dei nostri concittadini, padri, madri, nonni e figli italiani. Ogni persona che si permette di criticarla di censurarla, da qualunque parte essa provenga, deve fare i conti con i nostri morti! Non un passo indietro! Il rappresentante del popolo italiano ha facoltà, diritti e doveri e mai nessun computer potrà sostituire l’essere umano che, con la sua coscienza, è chiamato a rappresentare i cittadini ed a loro a renderne conto! Per questo non sopporto quelli che, senza alcuna consapevolezza di quello che dicono, fanno affidamento sulla cd. “webdemocrazia o democrazia diretta” quasi che il parlamentare fosse un semplice strumento di trasmissione. La libertà di coscienza è  ciò che rende consapevole l’uomo delle sue responsabilità. Io non potrei mai votare una legge razziale, seppure proposta dal 100% degli italiani attraverso un canale web o in altro modo, sotto l’influenza di un grosso condizionamento collettivo! La libertà di coscienza dei parlamentari è un bene prezioso e quando sento parlare della modifica dell’art. 67 della Costituzione e, quindi, della abolizione della libertà di mandato del parlamentare, mi viene il vomito allo stesso modo di quando vendo seduti negli scranni delle assemblee elettive tipi come razzi, scilipoti, de gregorio, il trota o la minetti! Questo, però, non mi impedisce di difendere sempre e comunque la libertà di coscienza del rappresentante! Il bene è troppo prezioso e vale più di questi figuri! Allo stesso modo mi viene l’orticaria se sento parlare amici e compagni di un parlamento all’80 o al 100% M5S. Alle persone che si propongono come paladini della moralità ed agli amici e compagni a cui voglio bene, col cuore in mano, consiglio la lettura di Piero Calamandrei “La funzione parlamentare sotto il fascismo (clikka)”, sono 38 pagine di cui di seguito riporto le conclusioni ed alcuni passi, che in ogni caso non devono esimerVi dal leggere l’intero! Anche agli albori del Fascismo l’immoralità era dilagante è così è accaduto per il Nazismo (clikka) e quelli che si opponevano alle cd. riforme fasciste e naziste erano ritenuti dei collusi fautori della immoralità. Lo scritto mi sembra tremendamente attuale basta sostituire le parole fascismo/fascista/duce con altre più moderne come libertà di informazione/legge elettorale/conflitto di interessi /democrazia diretta/webdemocrazia/vincolo di mandato. Non un passo indietro!

Piero Calamandrei:

E qui, a cento anni di distanza dalla nascita del Parlamento piemontese, che diventò poi il primo Parlamento d’Italia, potrebbe venir voglia di chiedere se questo ventennio di progressivo oscuramento e poi di totale eclissi delle libertà politiche che si ebbe sotto il fascismo, si debba considerare come una interruzione e come un’aberrazione meramente negativa nella storia delle istituzioni parlamentari, quasi un periodo di smemoratezza e di follia alla fine del quale si riprende senza mutamenti il filo del ragionamento rimasto interrotto, o se viceversa esso possa esser considerato come una espressione, morbosa quanto si vuole e repugnante, ma tuttavia sintomatica ed ammonitrice, di cause profonde preesistenti, al fascismo; si potrebbe domandare, cioè, se il cedimento improvviso dello Stato liberale, che sul cammino della civiltà europea dà l’immagine di un abisso imprevedibile aperto dal crollo di un ponte tra due età, sia stato soltanto l’effetto fatale di una dittatura personale transitoria come una meteora, o non sia stato preparato a lunga scadenza e in un certo senso storicamente giustificato da interne debolezze del sistema parlamentare decaduto a parlamentarismo, dalla cronica instabilità dei governi, dalla invadenza dei partiti, dal vaniloquio delle assemblee e dalla loro inettitudine al lavoro legislativo minuzioso e preciso, dalla mancanza di una maggioranza omogenea e riso- luta e di una opposizione competente e costruttiva; e forse anche da ragioni più remote e più generali, di carattere sociale ed economico, e sopra tutto morale. Qualcuno potrebbe anche sentirsi spinto a guardare più vicino a sé, a queste nostre istituzioni parlamentari, come sono state restaurate e rinvigorite (quasi per celebrare coi fatti più che colle parole il loro centenario) nella Repubblica: ed a fare una specie di esame di coscienza, per trarre dalla dolorosa esperienza ventennale qualche prezioso ammonimento che serva a difenderle e a farle sempre più grandi e rispettate nell’avvenire. Se il ventennio fascista potesse servire a evitare di ricader negli stessi errori che lo prepararono, anche questa catastrofe (come qualcuno dice che sempre accada nella storia) potrebbe essere stata, alla fine, fonte di bene.

PIERO CALAMANDREI

Estratto:

Il sistema del «partito politico unico» è inconciliabile col sistema parlamentare, la cui molla è l’opposizione basata sulla pluralità dei partiti: ciò fu riconosciuto anche dai più seri costituzionalisti del tempo, uno dei quali osservò (2) che sotto il regime del partito unico « è costituzionalmente impossibile parlare di un controllo politico delle Camere «sul governo e di una responsabilità politica del governo verso le Camere. Queste, nell’esercizio delle loro attribuzioni, possono « ormai fare opera solo di collaborazione». (E forse anche parlar di «collaborazione» era troppo audace: sarebbe stato più esatto parlar di sottomissione e di acclamazione).

Il Gran Consiglio, costituito fino dall’ottobre del 1922 come organo supremo del partito fascista, entrò colla legge del 1928 a far parte dell’ordinamento costituzionale italiano, come «organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto «dalla rivoluzione dell’ottobre 1922 » (art. 1). Così, da organo di partito diventò organo di Stato; ma in realtà, anche dopo questo suo riconoscimento costituzionale, mantenne fisionomia bifronte e funzione ambigua (1)….. Fu, si potrebbe dire, l’organo attraverso il quale il turbolento illegalismo del partito continuava ufficialmente a ricattare la legalità (1): e le sue sessioni ostentarono sempre, anche quando discuteva di affari d’ordinaria amministrazione, un certo cupo tono giacobino da comitato di salute pubblica. …. Il numero dei deputati fu ridotto a quattrocento per tutto il Regno, formante il «collegio unico nazionale », con una sola lista (art. 44, t. u.). Agli elettori fu tolta ogni facoltà di scegliere i candidati, che fu trasferita agli organi sindacali e al Gran Consiglio. La scelta doveva avvenire in due tempi: in un primo tempo erano chiamate le grandi associazioni sindacali giuridicamente riconosciute a proporre candidati in numero doppio a quello dei deputati da eleggere (art. 47-57, t. u.); in un secondo tempo il Gran Consiglio doveva formare la lista dei quattrocento «deputati designati», scegliendoli liberamente nell’elenco dei candidati ed anche fuori di esso, qualora lo ritenesse necessario (art. 52, t. u.). La lista dei deputati designati dal Gran Consiglio, «munita del segno del Fascio littorio », era pubblicata ed affissa in tutti i Comuni. Là votazione doveva avvenire con un sì o con un no, su questa sola lista ammessa (art. 53); e il voto si doveva esprimere collo scegliere nel segreto della cabina tra due schede che il seggio elettorale consegnava ad ogni votante: la scheda tricolore per il sì e la scheda bianca per il no (art. 72).

Non c’è bisogno di lungo commento per spiegare a quale ridicola formalità fossero ridotte con questo sistema le cosiddette elezioni. La scelta dei candidati era rimessa in seconda istanza al Gran Consiglio, ossia, in sostanza, al partito ed al beneplacito del suo capo: il candidato incluso nella lista poteva senz’altro, per questo, considerarsi eletto (tant’è vero che la legge, per gli inclusi nella lista, non parlava più di « candidati, ma di « deputati designati»). Gli elettori erano soltanto chiamati ad approvare in blocco la lista dei deputati scelti dal governo, senza facoltà di apportarvi alcuna variante.

Si trattava dunque di un plebiscito, non di una votazione elettorale (1): il popolo non era chiamato a scegliere i propri rappresentanti, ma ad esprimere in massa non tanto la propria ratifica alla scelta fatta d’autorità, quanto il proprio devoto attaccamento al duce del fascismo ed alla sua politica. Queste cosiddette elezioni dovevano riprodurre in scala nazionale il rito di quei «colloqui colla folla », che in quegli anni ogni tanto risuonavano sulle fortunate piazze d’Italia: nei quali alle concitate domande che l’arringatore rivolgeva alla moltitudine acclamante, non accadeva mai che questa rispondesse di no. Difatti, alla vigilia delle elezioni del 1929, nessuno mai dubitò che l’esito delle medesime sarebbe stato trionfale e che l’unica lista in lizza avrebbe sicuramente sbaragliato quelle avversarie, che non esistevano.

… il capo del governo, nel suo discorso del 9 dicembre 1928 con cui chiuse, alla Camera, la X X V I I legislatura: «Se la Camera, che sta per chiudere oggi i suoi lavori, è stata, «dal punto di, vista numerico, dell’85 per cento fascista, la Camera « che si riunirà qui la prima volta il 20 aprile, sabato, dell’anno VII, « sarà una Camera fascista al cento per cento. E saranno quattrocento fascisti regolarmente iscritti al Partito».

Furono pochissime, specialmente nelle campagne, le sezioni elettorali in cui agli elettori fu consentito di entrare in cabina per fare in segreto la scelta della scheda; in molti luoghi gli stessi elettori, a scanso di guai peggiori, preferirono rifiutarsi di entrare in cabina, per sventolare di fronte al seggio composto di vigili camicie nere, prima di metterla nell’urna, la scheda tricolore documento della loro fedeltà. E poi le schede di Stato erano state opportunamente truccate in modo che, anche quando erano chiuse, si poteva vedere dal di fuori per trasparenza se dentro c’era il bianco o il tricolore: e quegli elettori, che, ignari del trucco, avevan creduto di poter senza pericolo scegliere nel segreto della cabina e poi consegnare ben chiusa al seggio la scheda bianca, avevano poi la brutta sorpresa di trovare sulla porta della sezione gli squadristi addetti a infliggere agli indisciplinati la regolare bastonatura.

Anche nelle grandi città, dove le forme furono più rispettate, avvennero episodi del genere: a Firenze, per esempio, quando, la sera delle elezioni, il segretario federale del tempo annunciò da un balcone la grande vittoria elettorale della giornata, non ebbe scrupolo di denunciare ufficialmente al disprezzo della folla un elenco di «intellettuali antifascisti» che avevano votato scheda bianca. E quegli ingenui, che avevano avuto la dabbenaggine di credere alla legge in cui era scritto che il voto era segreto, dovettero mettersi in salvo per non esser massacrati.

… i deputati, quantunque nominati dalle gerarchie del partito, avevano bisogno per entrare in funzione di una sia pur soltanto simbolica « approvazione » degli elettori, in virtù della quale qualcuno poteva continuare a credere che fossero ancora i loro rappresentanti; e c’era da temere che le garanzie parlamentari di cui continuavano a godere potessero risvegliare in testa a qualcuno di essi velleità di indipendenza; lo stesso nome di «deputati » era sospetto, perché pareva un richiamo alla superata idea del mandato parlamentare. Il ciclo fu concluso colla legge del 19 gennaio 1939, n. 129, il cui articolo 1 così testualmente dispose: «La Camera dei deputati «è soppressa con la fine della X X I X legislatura. È istituita, in sua «vece, la Camera dei fasci e delle corporazioni ». I componenti di questa nuova Camera, che si chiamarono non più deputati, ma «consiglieri nazionali», non ebbero più bisogno di essere scelti: non solo fu abolita per la loro nomina qualsiasi forma, anche puramente simbolica, di consultazione popolare, ma fu escogitato un sistema che rendeva superflua una apposita designazione individuale, in quanto furono chiamati a far parte di quella Camera, ope legis e ratione muneris, tutti coloro che già rivestivano nelle gerarchie del partito e delle corporazioni determinate cariche (1): il solo fatto di ricoprir quegli unici (di componenti del Consiglio nazionale del partito fascista, o di componenti del Consiglio nazionale delle corporazioni: art. 3) produceva automaticamente, di diritto, l’appartenenza alla Camera dei fasci e delle corporazioni. La qualità di consigliere nazionale era in questo modo attaccata, come i doni dell’Epifania, alla poltrona di determinati uffici politici e corporativi; si acquistava con essi e con essi si perdeva (art. 8: «I consiglieri nazionali decadono dalla carica col decadere «dalla funzione esercitata nei Consigli che concorrono a formare «la Camera dei fasci e delle corporazioni»). Con questo sistema il capo del governo, non solo era sicuro di avere ai suoi ordini un consesso di persone disciplinate e ligie (erano gente che egli aveva già scelto in precedenza per metterle ai posti gerarchici del partito e delle corporazioni), ma aveva altresì in mano il mezzo legale per espellere immediatamente dalla Camera qualsiasi sconsigliato che venisse meno al suo dovere di assoluta obbedienza: perché, col revocarlo dalla carica politica o amministrativa che ricopriva nel partito o nelle corporazioni, veniva insieme a togliergli di sotto il seggio di consigliere nazionale (così non c’era pericolo che quei consiglieri facessero movimenti bruschi: rattenevano il fiato, per la paura che quel seggio vacillasse).

Donne ed Uomini della Politica

politiciIn un primo momento pensavo di fare un’altra pagina con le foto del politici di questa campagna elettorale per metterli a confronto, poi mi sono fermato non ce l’ho fatta! Provateci Voi, a me è sembrato che facessi quasi un atto blasfemo. La fisiognomica  me l’ha impedito! Eppure dovremmo fare in modo che gli atti dei politici che ci hanno portato fuori dal ventennio fascista ed hanno contribuito a fare dell’Italia la sesta potenza mondiale siano raccontati ai nostri ragazzi, ai nostri giovani che pensano, invece, che la politica è quella dei fiorito, delle mazzette, della svendita del bene pubblico, delle tangenti, della imprenditoria di quattro soldi che va a braccetto con la politica corrotta che ammazza il mercato! La politica, invece, dovremmo spiegare ai nostri ragazzi, è qualcosa di diverso: E’ altruismo, è sacrificio, è passione, è speranza, è studio, è competenza, è solidarietà. Nulla può essere inventato all’improvviso ed occorre che le scuole pubbliche, ancora una volta, facciano uno sforzo. Occorre che i professori e gli insegnanti, di ogni ordine e grado, trasmettano ai loro studenti questi valori, questi pensieri. E’ l’unica strada che oggi vedo percorribile, le famiglie sono state distrutte dalle cd. armi di distrazione di massa e non possono farlo. Occorre che si ricostruisca il collante che tiene insieme la società. Non ci sono ricette precostituite, che valgono in ogni occasione, è il senso di solidarietà che tiene insieme un paese, dove il riconoscimento dei diritti passa attraverso la consapevolezza di essere cittadini è quindi destinatari di doveri. Diversamente non vedo prospettive…

Agenda Monti

montiHo appena finito di leggere il programma di Monti che potrete scaricarVi clikkando in calce. I buoni propositi ci sono ma occorrerebbe capire come Monti poi intenderebbe declinare in concreto le azioni che si propone. La parte iniziale è sull’europa che si potrebbe riassumere come maggior peso ai popoli che la compongono mediante una reciproca cessione delle sovranità alle istituzioni europee. Il passaggio sulla scuola mi preoccupa per le modalità di attuazioni dell’azione di governo proposta, fondata su INVALSI ed INDIRE, che personalmente non condivido pienamente. Quello sul lavoro è incentrato sul modello nord europeo con un sistema di contrattazione più vicino ai luoghi di lavoro. Credo che occorra leggersi quest’agenda piuttosto che leggersi i commenti. La mia sensazione è che c’è il tentativo di una restaurazione di un grande centro, la vecchia balena bianca della democrazia cristiana … Monti non dichiara di essere né di destra né di sinistra dice che tra questi due schieramenti c’è la società civile che deve contare ed a cui vuole rivolgersi. Tutti puntano sui liberi cittadini che si sono rotti le scatole! A questo punto potrebbe anche essere che il PD faccia (se non l’ha già fatto) un patto post elettorale con Monti, che a questo punto si pone come il vero avversario da battere per Bersani, contrariamente a quanto affermato da Da Lema ieri a che tempo che fa. Peraltro, credo, che oltre Ichino, dal PD si potranno staccare altri pezzi, e chissà perché penso ai Renziani. Questo Natale sarà sicuramente politicamente tumultuoso.

Agenda Monti clikka

L’Europa dei popoli non permetterebbe quest’orrore!

lampedusa

Mentre la politica si interessa dei passaggi televisivi di berlusconi  e dei candidati al parlamento, riporto la lettera del Sindaco di Lampedusa alla quale non mi sento di aggiungere nulla se non la mia indignazione e rabbia verso l’europa ottusa della banche:

“Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa,

Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?

Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.

Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra.

Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa  motivo di vergogna e disonore.

In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.

Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umane a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene  consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza”.

Giusi Nicolini

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: