LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell’interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi.
Premesso:
con ricorso straordinario, recante cinque ordini di censure ed istanza cautelare, notificato al Comune di Mozzate (CO) il 19 maggio 2008 l’impresa individuale Bormolini Flaviano, esercente in quel Comune, in un immobile in via Kennedy n. 1, attività di somministrazione di alimenti e bevande, ha impugnato l’ordinanza comunale n. 2 del 23 gennaio 2008 con la quale il Sindaco ha disposto, dichiarando urgente il provvedimento che .
L’atto è stato formulato nella considerazione che:
– il bar è posto presso l’impianto natatorio comunale;
– ripetutamente i residenti della zona limitrofa all’impianto sportivo hanno lamentato disturbi alla quiete dovuti alla presenza fino a tarda ora di avventori presso quel pubblico esercizio.
Il Comune ha trasmesso una relazione al Ministero riferente, ivi pervenuta il 29 marzo 2016.
Il Ministero – con nota del 24 aprile 2016 inviata per conoscenza anche al Comune di Mozzate e al difensore della ricorrente – ha espresso l’avviso che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse/cessazione della materia del contendere.
Considerato:
L’eccezione ministeriale, ritenuta assorbente dall’Amministrazione, secondo cui il ricorso dovrebbe essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta di carenza di interesse e/o cessazione della materia del contendere non è fondata.
Il Ministero, sulla scorta della relazione comunale, rileva che il Comune di Mozzate con ordinanza n. 229 del 7 dicembre 2011 ha revocato l’atto per cui è causa (l’ordinanza n. 2 del 23 gennaio 2008 con cui il Comune ha modificato l’orario di chiusura del pubblico esercizio di cui la ricorrente è titolare), e che lo stesso Comune ha anche comunicato che l’impresa, in data 1 ottobre 2012 ha trasferito la propria attività in altro Comune.
La revoca dell’atto ritenuto lesivo dalla ricorrente e il trasferimento di quest’ultima in altro Comune, però, sono intervenuti dopo oltre tre anni dall’atto impugnato, che dunque ha spiegato effetti lesivi per quel triennio; effetti lesivi risarcibili, sicché non può affermarsi che sia sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione (v. articolo 84, comma 4, del codice del processo amministrativo) o che la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta sì da determinare la cessazione della materia del contendere (v. articolo 34, comma 5, del codice del processo amministrativo).
Le censure del ricorso, peraltro, non sono fondate.
Il rilievo di mancata comunicazione di avvio del procedimento non è fondato perché, in considerazione dell’urgenza espressamente indicata nel provvedimento, e specificata con l’indicazione delle ripetute lamentele di residenti (comprendenti anche una denuncia querela alla locale stazione dei carabinieri, come riferito nella relazione del Comune) – e dunque in presenza delle particolari esigenze di celerità del procedimento di cui all’articolo 7, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 – il Comune poteva prescindere da quella comunicazione.
Il provvedimento, altresì, appare sufficientemente motivato con il richiamo alle ripetutamente lamentele dei residenti in zona.