berlusconi e l’europeo pubblico ludibrio

berlusconi-1Il cavaliere è ricorso alla Corte di Giustizia Europea per censurare la legge Severino che lo “espelle”  dal Parlamento senza alcuna considerazione della credibilità dell’Italia. La Corte Europea, infatti, è composta da un Giudice per ogni Stato Membro. Ora mi immagino, e vorrei vedere, la faccia del componete Tedesco o di quello Inglese della Corte, che sono abituati, senza che vi sia alcuna norma nel loro paese che lo preveda, alle dimissioni di parlamentari e ministri sol perché semplicemente accusati e non condannati, di aver fatto togliere qualche multa ad un familiare (caso inglese) o aver copiato una tesi di dottorato (caso tedesco). Mi chiedo quante “risate” questi Giudici, ed i loro popoli, si faranno sulle spalle dell’Italia e del Popolo Italiano che, pur avendo addirittura previsto una norma ad hoc, non riescono a buttare fuori dalle istituzioni una persona che è stata addirittura condannata con sentenza passata in giudicato per una gravissima milionaria frode fiscale ai danni dell’Italia. A ciò aggiungerei che l’altra ipotesi di ineleggibilità, che pure colpisce il cavaliere, è la normativa sul conflitto di interessi che all’inizio di questa legislatura è stata oggetto della cronaca politica e che poi ci siamo dimenticati, nonostante la stessa recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione di condanna del cavaliere abbia definitivamente accertato che berlusconi pur non essendo formalmente più titolare di cariche nel gruppo Fininvest è sempre stato di fatto il dominus delle sue aziende! Cosa dire avrei preferito che, in ossequio ad un ormai perso senso delle istituzioni e rispetto dello Stato, il cavaliere avesse preferito lavare i suoi panni sporchi in famiglia senza esporre l’Italie ed il Popolo Italiano all’europeo pubblico ludibrio!

Da Repubblica del 08.09.2013

LIANA MILELLA

Strasburgo, Consulta e Lussenburgo così il PDL vuole processare la legge

Così il PDL tenta di trasformare la Giunta in Tribunale

DECADE SB (Silvio Berlusconi) o “decade” la legge Severino? Ormai il busillis è questo.Domani parte il “processo” a SB nella giunta per le immunità del Senato, ma il focus si è spostato.

LA “guerra dei ricorsi” (Consulta, Strasburgo, Lussemburgo), abilmente pilotata da Arcore, sta mettendo sotto accusa i pilastri della legge chiesta a gran voce dalla gente per garantire “liste pulite”. Prim’ancora di far decadere SB, il Pdl cercherà di affondare la Severino votata un anno fa da tutto il Parlamento. Protagonista della prima seduta sarà Andrea Augello, un pidiellino che in tutti questi giorni ha ribadito a gran voce la sua indipendenza. Ecco i temi che divideranno Pdl con Lega e Gal in netta minoranza (8 in tutto) da Pd, M5S, Sel e Sc (14). Sempre incerto il socialista Buemi.

Prima questione. Augello darà per scontato che la giunta è a tutti gli effetti un “giudice” e come tale si può comportare. Ma è davvero così?

Il presupposto per la “guerra dei ricorsi” sta tutto qui. In una fisionomia della giunta che la parifica a un vero e proprio giudice. Lo pensa Augello, lo condivide il Pdl, e naturalmente i giuristi che vogliono tagliare le gambe alla legge Severino. Augello citerà un paio di sentenze della Consulta e una di Strasburgo per sostenere che è così. Ma la maggioranza è contraria. Ritiene che la giunta sia solo un soggetto politico.

Seconda questione. Prima di fare il “processo” per la decadenza di Berlusconi, si può mettere “sotto processo” la Severino, oppure bisogna solo applicarla?

Augello ritiene che, dopo gli otto pareri pro veritate di SB contro la legge, non si possa più far finta di nulla. La questione, quindi, va affrontata «in via preliminare». In questa parola — «preliminare» — si gioca il destino della legge, di SB, del governo Letta, della legislatura. Se il Pd non accetta la frenata, è crisi.

Terzo quesito. Della Severino si deve parlare subito, cioè durante la relazione, oppure bisogna fare prima un’altra mossa, aprire la cosiddetta “contestazione” a SB, cioè dare il via formalmente al “processo” per la decadenza?

Premesso che al presidente della giunta, il vendoliano Dario Stefàno, non piace la definizione giornalistica di “processo” («Non l’ho mai detto e per favore non me lo fate dire perché qui non si processa nessuno »), tuttavia il paragone calza a pennello. La giunta, votando, potrebbe decidere che tanto vale aprire subito la fase della “contestazione”, nella quale ogni atto si svolge alla presenza del soggetto “decadente”, cioè SB, e/o anche dei suoi avvocati. La differenza non è da poco, perché la difesa avrebbe voce in capitolo su ogni passaggio e potrebbe fare molte richieste.

Quarto quesito. Il ricorso alla Consulta. Augello la spunta?

Dalle indiscrezioni pare proprio che Augello si appresti a mettere la legge “in strada”. Secondo la sua ricostruzione sarebbero una mezza dozzina i buoni motivi per mandarla alla Corte. Tra questi ci sarebbe soprattutto un eccesso di delega perpetrato dalla commissione rispetto al dettato del Parlamento. Del tipo: c’è solo un tetto di pena (i famosi quattro anni) e non la lista dei reati chiesta dalle Camere.

Quinto quesito, la frontiera dell’Europa. Hanno ragione prima Augello e poi SB a stroncare la Severino dimostrando che essa è in contrasto con le norme e le garanzie europee?

Augello e Ghedini — le voci di corridoio dicono che tra i due non ci sarebbe per niente feeling — si sfidano sulle Corti d’Oltralpe. Augello propone quello che in gergo si chiama “rinvio pregiudiziale” alla Corte di giustizia del Lussemburgo, il giudice delle leggi Ue, possibile perché la Severino riguarda una questione elettorale.Brutta argomentazione questa, in contrasto con quella di Ghedini per Strasburgo, che invece batte il tasto della Severino come norma “penale”. Raffinati giuristi, come Vladimiro Zagrebelsky, bocciano come impossibile il rinvio.

Sesto quesito. La questione Strasburgo. La giunta può sospendere il giudizio sulla decadenza in attesa che la Corte dei diritti dell’uomo decida se il ricorso è ammissibile?

Bisogna arrivare a pagina 26 delle 27 del ricorso di SB per leggere che «in via preliminare» si chiede di «disporre la trattazione prioritaria del ricorso in quanto avente ad oggetto un’importante questione d’interesse generale». Non è l’esplicita richiesta di anticipare il giudizio di ammissibilità alla Corte di Strasburgo, però potrebbe essere utilizzata in giunta per chiedere uno stop in attesa della pronuncia. Va detto però che SB rischia la bocciatura perché alla Corte, come dice Zagrebelsky, si può andare quando si è già «vittime», quando la decadenza è già avvenuta, e non prima. Nel merito: c’è giurisprudenza, come sosterrà il Pd Felice Casson, che dimostra come i singoli Stati hanno diritto di prevedere norme che garantiscono “listepulite”.

Settimo quesito. L’eventuale richiesta di revisione del processo Mediaset può fermare la giunta?

La questione non entrerà nella relazione di Augello, ma poiché la revisione non ferma d’obbligo l’esecuzione della pena, del pari essa non ferma neppure gli effetti né dell’interdizione, né della Severino, cioè di una semplice clausola di candidabilità.

Ottavo quesito. Ma Augello proporrà la decadenza di SB?

Tutto lascia ipotizzare che Augello, spesso in polemica col centrodestra come quando si schierò per mettere fuori dal Senato Di Girolamo, stavolta insista prima per mostrare quelle che lui ritiene vistose crepe della Severino, e poi per aprire subito la procedura di contestazione nella quale SB può difendersi. Questo gli consentirebbe di non essere subito “bocciato” come relatore, ma di gestire la fase vera e propria del processo.

Per la legge berlusconi è politicamente finito!

berlusconi-1Una chiara ricostruzione normativa offerta dall’ex presidente della Consulta Capotosti che dimostra come per berlusconi non ci siano alterative deve lasciare i palazzi del potere e ritirarsi a vita privata.
Da Repubblica del 05.08.2013.
ROMA — Una folle corsa in cui il veicolo rischia di finire contro un muro. Si potrebbe usare questa metafora per descrivere i disperati tentativi del Pdl per salvare comunque Berlusconi dagli effetti della condanna a 4 anni per frode fiscale. Un accavallarsi drammatico tra un’agognata grazia, anche solo con corrispettivo pecuniario, e un’amnistia ad horas. Poi lo svuotamento della legge Severino sulla sopravvenuta non candidabilità e quindi decadenza da senatore. Ma sentenze della Cassazione (la 13.831 del 2008, prima sezione civile) e del Consiglio di Stato (6 febbraio 2013, n.695) mettono l’aspirazione nel nulla. Per chiudere con l’obiettivo, sfruttando cavilli legali, di rallentare la decisione della corte d’appello di Milano sull’interdizione dai pubblici uffici per agganciare ipotetiche elezioni nella primavera 2014.
Le pensano tutte quelli del Pdl, mettendo in imbarazzo il Colle, soprattutto con la vulgata che certe ipotesi sarebbero state, se non concordate, quanto meno discusse con il Quirinale. Come per la grazia e per un’assai ampia amnistia che dovrebbe seguire una riforma della giustizia varataper fornire la pezza “a colore” all’amnistia medesima. Ma sia la grazia che l’amnistia si rivelano subito del tutto non realistiche.
Sulla grazia l’argomento principe del Pdl è il paragone con il caso Sallusti, il direttore delGiornale cui Napolitano il 21 dicembre 2012 ha concesso il beneficio limitandosi però a commutare la pena di 14 mesi in 15.532 euro. Ma i due casi — una diffamazione, pur grave, di Sallusti e l’evasione fiscale di Berlusconi — non sono ovviamente paragonabili. Senza contare che il Cavaliere ha altri processi, e per reati gravi, sulle spalle. Quindi la grazia è un camminoimpossibile. Del pari lo è l’amnistia. Quando si pone il caso ai costituzionalisti reagiscono sorpresi. «Amni-stia?!? Ma non servono i due terzi? » dicono presidenti emeriti della Consulta di opposte tendenze come Piero Alberto Capotosti e Valerio Onida. In effetti l’impiccio è proprio qui. Per fare l’amnistia sarebbe determinante il voto del Pd sia alla Camera che al Senato. Alla Camera servono421 voti, se ne raggiungono 437 se votano assieme Pd, Pdl, Sc. Idem al Senato dove ne servono 212, ne raggiungono 219 gli stessi partiti. Non solo. Nelle tante amnistie fatte in Italia, ma soprattutto le ultime, non è mai stato raggiunto un tetto così alto di reati, che sarebbe necessario per coprire quelli contestati a Berlusconi, la frode fiscale punibile fino a 6 anni (fa testo la pena in astratto nonquella irrogata), la concussione per induzione fino a 8 anni.
Non va meglio il tentativo di bloccare al Senato la decadenza dell’ex premier per effetto della legge Severino. Si scalmanano fan come Giovanardi e Nitto Palma sostenendo che la norma si applica solo ai reati commessi dopo l’entrata in vigore della legge. Insistono sul fatto che l’indulto, riducendo la pena a un anno, farebbe cadere il tetto dei due anni imposto dalla legge. Dice l’ex presidente della Consulta Capotosti: «È assurdo, sono osservazioni del tutto infondate. Il criterio per l’applicabilità della legge è la sentenza sopravvenuta, emessa il primo agosto, in pieno vigore della norma. I fatti potrebbero anche essere di un secolo fa, ma l’importante è che ci sia la sentenza definitiva, in pieno imperio della nuova legge. Non c’è niente da dire, conta la sentenza, non i fatti. Se passasse il loro criterio non si applicherebbe più alcuna legge, soprattutto con i tempi lunghi della giustizia italiana».
Ma ci sono due sentenze che mettono le interpretazioni del Pdl nel cestino. La 13.831 del 2008 della prima sezione civile della Cassazione che, in tema di sopravvenuta ineleggibilità a proposito della precedente legge per gli amministratori locali di cui la Severino è una prosecuzione, dice che l’indulto non incide affatto, ai fini della possibilità di candidarsi conta la condanna e non la pena residua. Ma è dirimente la sentenza del Consiglio di Stato fresca del 6 febbraio 2013, n.695, laddove dice che l’applicazione della legge «non si pone in contrasto con il principio dell’irretroattività delle norme penali e, più ingenerale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive». E ancora: «La condanna penale irrevocabile è presa in considerazione come mero presupposto oggettivo cui è ricollegato un giudizio di “indegnità morale” a ricoprire determinate cariche elettive: la condanna stessa viene configurata alla stregua di “requisito negativo” o “qualifica negativa” ai fini della capacità di partecipare alla competizione elettorale e di mantenere la carica». Alla giunta per le elezioni del Senato non resta che andare avanti in fretta. Berlusconi deve lasciare il Senato e non si può più ricandidare.

Quella piccola evasione di 360 milioni di silvio

berlusconi-1Una delle armi spuntate con la quale si difende berlusconi è quella di dire che li ha versato nell’anno incriminato 500 milioni di tasse allo stato l’evasione di soli 7 milioni è una cosa ridicola. Per capire invece bene cosa ha fatto riporto quanto descritto ne La Repubblica del 03.08.2013) in un articolo di PIERO COLAPRICO che ricostruisce bene la vicenda:
MILANO — «Con quello che pago di tasse, è ridicola l’accusa di aver evaso così poco», andava ripetendo Silvio Berlusconi, poco prima della batosta in Cassazione. È vero, l’ex presidente del consiglio è rimasto impigliato per un «pezzettino » di tasse non pagate: ma la realtà racconta una storia totalmente diversa. La contabilità gonfiata sulla compra-vendita dei diritti tv ha permesso la creazione almeno di 360 milioni di dollari di fondi neri: e se si è potuto procedere solo per i circa 6 milioni di euro sottratti al fisco nel 2002 e 2003, «vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi – questo si legge in sentenza definitiva – abbia direttamente gestito la fase iniziale dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore». Pochi fatti, nudi e crudi, bastano.
I PREZZI GONFIATI
«Picchia giù con i prezzi» si sentiva dire un’impiegata dell’ufficio contratti dal suo superiore. Per comprendere il senso della frase bisogna sapere che c’era un pugno di manager di provata fede berlusconiana. E questi adottavano per la compravendita dei diritti tv undoppio binario. C’era «un contratto originario, definito master», apparentemente a posto, e una serie di «cosiddetti subcontratti», carte fasulle. Il master veniva stilato a Milano, i sub contratti – è tutto documentato – in Svizzera. Era su questi sub contratti, destinati a girare estero su estero, che comparivano cifre irreali. Come? Uno dei fedelissimi ordinava alle impiegate: «“Questo mese, questo trimestre dobbiamo arrivare in termine di costo a cinque milioni di dollari, 20 milioni di dollari, eccetera”. Però il costo dei diritti era di meno, sensibilmente di meno», testimonia una «gonfiatrice dei prezzi».
IL GIOCO DELLE TRE NOCI
Teste incredibile? Affatto, perché trova un riscontro assoluto nella mail di un contabile della casa cinematografica Fox. Scrive -siamo nel dicembre 1994 – una frase lapidaria al suo superiore: «L’impero di Berlusconi funziona come un elaborato “shell game”». E cioè? «È un gioco – dice l’americano – che consiste nel prendere tre gusci di noci vuoti e nascondere sotto uno di essi il nocciolo di una ciliegia. Chi gioca deve indovinare dov’è il nocciolo nascosto con la finalità di evadere le tasse italiane».
LA “DUE DILIGENCE”.
Anche a lasciar perdere le tante società false, senza contabili, senza uffici, che «lavorano» nelle compravendite-truffa con Mediaset, un piccolo ma formidabile dettaglio che risale ai momenti della quotazione in Borsa di Mediaset e dimostra per tabulas la situazione reale. Nel mondo della finanza si usa (termine inglese: «due diligence») fare indagini e analisi sul valore di un’azienda prima di un investimento. E ilpubblico ministero Fabio De Pasquale ha trovato proprio un memorandum «Gruppo Mediaset: due diligence legale». È a cura della Grimaldi & Clifford Chance per «la riunione del 20 marzo 1996» sulla «Library di Mediaset», e cioè sul magazzino di film e telefilm. E qui l’indagine diventa difficilissima: «…né, per il momento, e nonostante le nostre insistenti richieste, Mediaset ha mostrato di voler fornire la documentazione necessaria (…)», si lamenta il detective- finanziario. Anzi, «per quanto riguarda il problema del valore, nei contratti di cessione finale che ci sono stati messi a disposizione (40 su 80 richiesti) puntualizza ancora – abbiamo notato che spesso i prezzi praticati a Reteitalia o a Mediaset dopo i vari passaggi tra le società estere del gruppo Finivest erano talora sensibilmente aumentati rispetto all’originale prezzo di acquisto dei diritti». Più chiaro di così?
IMMENSI CAPITALI NERI
Esiste un altro dato che va recuperato dal processo a carico dell’avvocato inglese David Mills. Dagli anni ’70-80 Mills è stato incaricato da Fininvest – parole sue – di «costituire un gruppo società offshore » utili a far sparire «milioni e milioni che non avrebbero dovuto figurare nel bilancio consolidato del gruppo». Sono quei soldi off shore che Berlusconi ha usato negli anni senza il minimo controllo di legalità. Sono i soldi off shore che ritroviamo nei molti processi con Berlusconi imputato.
Per esempio, quello sulle mazzette pagate da Cesare Previti ai giudici corrotti della sentenza Mondadori. O quello sui soldi che All Iberian – società della galassia off shore di Berlusconi – versa nel conto estero di Bettino Craxi. Vent’anni dopo, in fondo, si torna ancora a All Iberian, ai fantasmi del passato.
vedi anche:

La sacralità dell’interesse pubblico

Ciò che manca alla politica è il senso di sacralità dell’interesse pubblico. Oggi sulle pagine del Corriere è descritto bene il “sistema” di saccheggio dei soldi pubblici. Una politica che giunge a prevedere la possibilità di acquisto di automobili da intestare a gruppi consiliari credo sia poco credibile. Per fare le pulci in casa mia posso dire che nelle amministrazione comunali ci sono altri sistemi che in piccolo sono stati anche denunciati in una puntata di Servizio Pubblico. Nei comuni, infatti c’è il principio del rimborso della retribuzione del dipendente che si assenta per svolgere le sue funzioni. Solo che può accadere che un cittadino disoccupato dopo che è stato eletto improvvisamente viene assunto da qualche impresa o addirittura un’associazione (era un caso al comune di palermo) con uno stipendio da dirigente, che il comune deve poi versare al datore di lavoro per i giorni (praticamente tutti) per il quali il lavoratore è stato assente per impegni istituzionali, per lo più in commissioni. Qualcuno dice che in un comune grande il consigliere in genere è occupato per circa 8 o 9 ore al giorno per tutti i giorni della settimana e quindi è giusto che abbia un’indennità. Io come consigliere posso testimoniare che di tempo ne dedico molto al Comune ma a fronte di un così gravoso impegno mi farebbe piacere escogitare un meccanismo per verificare la produttività. Ad ogni buon conto vi lascio al raccapricciante racconto del Corriere della Sera:

FIORENZA SARZANINI su Corriere della Sera di oggi 21.09.2012

Il «sistema» Lazio secondo l’ex capogruppo pdl, Franco Fiorito. Le accuse ai colleghi di partito, le bordate contro la governatrice Polverini, i sospetti sulle forze politiche, «che si spartivano i fondi».
L’interrogatorio. Il verbale, che dà conto delle 7 ore di interrogatorio, entra nei dettagli delle ruberie, elencando nomi e fatti. «Er Batman» non si salva dall’accusa di peculato, ma trascina tutti con sé.
Le spese. Nel verbale si indicano i «ladri» che si facevano saldare fatture false, le spese folli, i consulenti pagati a peso d’oro, le vacanze trasformate in «missioni politiche».ROMA — Ci sono i «ladri» che si facevano saldare le fatture false e i vertici che avallavano la distribuzione irregolare dei fondi. Ci sono le spese folli di chi avrebbe invece dovuto controllare la regolarità dei finanziamenti. E poi ci sono i parenti assunti come dirigenti, i consulenti pagati a peso d’oro, le vacanze da sogno trasformate in «missioni» politiche. Ma ci sono anche le cifre che lui stesso è accusato di aver rubato. Le prime verifiche dimostrano che è molto più di quanto si credeva: oltre un milione di euro spostato sui propri conti in Italia e all’estero.
Eccolo il «sistema» Lazio raccontato da Franco Fiorito. Ecco le accuse contro i suoi colleghi di partito, le bordate contro la governatrice Renata Polverini e il presidente del Consiglio Mario Abbruzzese. Ma anche i sospetti lanciati contro gli altri partiti. Il verbale che dà conto delle sette ore di interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Alberto Pioletti entra nei dettagli delle ruberie, elencando nomi e circostanze che hanno segnato questi due anni di governo. Non si salva «er Batman» dall’accusa di peculato, ma prima di cadere trascina tutti con sé. In realtà quando cominciano a filtrare le dichiarazioni su quanto ha raccontato ai magistrati nega di aver parlato del governatore. Ma sono i suoi legali Carlo Taormina ed Enrico Pavia a rilanciare: «Ci saranno sviluppi clamorosi».
Polverini e il patto occulto
Scandisce Fiorito di fronte ai pubblici ministeri: «Mi risulta che anche gli altri gruppi siano nelle condizioni del Pdl e quindi chiedo formalmente l’acquisizione della documentazione che riguarda l’intero consiglio». Già ieri gli investigatori del Nucleo valutario sono tornati negli uffici della Regione per acquisire i documenti che riguardano l’erogazione dei fondi a tutte le formazioni. Altre carte sono state prese nella filiale Unicredit interna al palazzo dove sono aperti i conti correnti dei partiti sui quali vengono addebitate le somme elargite mensilmente. Poi interrogano lo stesso Abbruzzese, dopo che ieri era stato ascoltato — sempre come testimone — il segretario Nazzareno Cicinelli.
È una verifica necessaria visto che l’ex capogruppo afferma: «È stato l’ufficio di presidenza del Consiglio a fissare le regole ma le indicazioni su come erogare i finanziamenti sono arrivati dalla Giunte regionale. E dunque Renata Polverini sapeva perfettamente come funzionava, non poteva ignorare che si fosse deciso di assegnare 100 mila euro ad ogni consigliere che però potevano essere aumentati fino a 300 mila. Anche perché lei stessa è sostenuta da una lista che porta il suo nome, godeva di queste elargizioni e provvedeva poi alla spartizione tra i vari consiglieri. C’era un accordo per consentire una simile procedura e, a seconda dell’incarico ricoperto, si riuscivano ad ottenere somme sempre più alte». Usa toni pesanti quando parla della gestione di Abbruzzese. «Perché — spiega — dopo la delibera della Giunta era lui a verificare tutte le voci di bilancio — dai trasporti, alla scuola — e reperire da quegli accantonamenti i soldi necessari a far sì che ogni consigliere avesse garantiti almeno i 100 mila euro».
La lettera di luglio
Proprio per dimostrare come tutti fossero informati delle «irregolarità», Fiorito consegna ai magistrati la copia di una lettera che ha inviato ai consiglieri del Pdl, alla Polverini, ad Abbruzzese e al suo vice De Romanis il 18 luglio scorso e nella quale affermava: «Sollecitato da alcuni zelanti colleghi ho proceduto ad una serie di controlli sui documenti giustificativi delle spese effettuate. Trovando una situazione assolutamente insostenibile con assenze totali di documentazioni in alcuni casi e con giustificazioni diciamo così “da approfondire” eccessivamente generiche e prive di riscontri effettivi. Ovviamente scrivo sperando nella buona fede di ciascuno e nella immediata capacità di ognuno di fornire risposte rapide ed efficaci».
Ed ecco le comunicazioni personali: «Ho già inviato una serie di missive per i casi più evidenti, per le quali attendo risposta immediata comunicando sin da ora che non potranno essere tollerati equivoci di alcun genere e che ove necessario agirò a mia e nostra tutela». In quei giorni la polemica sull’allegra gestione era già cominciata, dunque si sta verificando se la scelta di Fiorito potesse essere legata alla necessità di ottenere una «copertura».
«Ossessionato da otto “ladri”»
Nelle due casse di documenti consegnate agli investigatori ci sono le «schede» dei sedici consiglieri del Pdl. Ma è su otto che si concentrano i sospetti di Fiorito. Elenca i loro nomi e poi racconta in base a quali circostanze si sia convinto della possibilità che una parte della documentazione contabile che gli consegnavano per avere i soldi «fosse falsa». «Si era perso il senso della misura, ormai non si faceva più politica e ormai i consiglieri erano anche in lotta tra di loro per ottenere il denaro. Chiedevano tutti soldi, erano diventati insopportabili, una persecuzione. Mi telefonavano continuamente o mi aspettavano fuori dall’ufficio per chiedermi soldi per cene, book fotografici, manifestazioni. Mi sono stati chiesti anche 10 mila euro per una cena di 300 persone in locali in cui non so se potessero contenere tutte quelle persone».
Poi l’ex capogruppo cita nomi e circostanze. Di Lidia Nobili che chiama «albero di Natale» per il suo look eccentrico dice: «Ormai era diventata una vicenda umana, mi perseguitava per chiedermi soldi, più di quanti gliene spettassero». Elargizioni pesanti anche per Chiara Colosimo «che prese almeno 50 mila euro per le manifestazioni alle quali partecipavano Giorgia Meloni e Fabio Rampelli». Se Carlo De Romanis «otteneva i finanziamenti per i giovani del Ppe», Giancarlo Miele «si concentrava sui buoni benzina, sulle cravatte e sulle cene», mentre Andrea Bernaudo «credo abbia concesso consulenze fittizie». Nell’elenco dei «cattivi» Fiorito inserisce anche Veronica Cappellaro e Romolo Del Balzo che, aveva già raccontato, «ha sistemato alla Regione i suoi parenti». In realtà non è l’unico. Anche il segretario Salvatore Ronghi è riuscito a piazzare la sua fidanzata Gabriella Peluso facendole ottenere un posto da dirigente con un compenso di 100 mila euro annui. Oltre un milione tra Italia e Spagna.
Accusa gli altri Fiorito, ma poi deve difendersi per le sue ruberie. I conti effettuati dalla Guardia di Finanza raccontano che le cifre sottratte al partito sono ben oltre i 730 mila euro, come aveva già denunciato il suo successore Francesco Battistoni in una memoria preparata dai suoi consulenti legali Enrico e Roberto Valentini. Durante l’interrogatorio gli contestano di aver spostato 747 mila euro sui propri conti correnti italiani e ben 314 mila su quelli spagnoli per un totale di un milione e 61 mila euro. Lui ostenta sicurezza: «Era tutto regolare, se ho commesso degli errori ne risponderò, ma non ho mai preso un centesimo oltre quello che mi spettava».
E così risponde alla contestazione di aver effettuato quei 109 bonifici tutti per identiche cifre nel tentativo di sfuggire ai controlli interni: «Si tratta di operazioni tracciabili, se avessi voluto rubare l’avrei fatto in un altro modo. E anche la scelta di tenere le auto acquistate per il partito è avvenuta in maniera regolare, tanto che sono io a pagarle». Una difesa che non convince. Non a caso il suo avvocato Taormina sta valutando la possibilità di fargli restituire quanto risulta aver preso oltre la cifra fissata dalla normativa.

 

E per la fidanzata di Batman:

ROMA — Non c’erano solo i baci e i furgoni di rose, nella favola ciociara tra Franco Fiorito detto «il federale» o «Batman» e Samantha Reali detta «Sissi». Ma c’era, anche un rapporto di lavoro, andato avanti almeno per sei mesi. Nella segreteria del gruppo Pdl al consiglio regionale, infatti, nella seconda metà del 2011 c’era anche lei, l’ex fidanzata del capogruppo finito al centro dello scandalo. In molti, alla Pisana, se la ricordano: una bella ragazza, bionda, con quel soprannome da principessa che le era stato affibbiato fin da bambina. La donna del mistero, quella che era con Fiorito all’hotel Pitrizza, a Porto Cervo, resort superlusso a picco sul mare: vacanza del 2010, la prima settimana trascorsa da Batman da solo, la seconda in compagnia della ragazza. Costo complessivo, 29 mila euro, saldati con due bonifici partiti dal conto Pdl: «Non funzionava la carta di credito, non volevo fare una figuraccia», ha raccontato Francone. Vanno anche al Circeo, a scegliere la villa comprata dall’ex capogruppo. Lui e la Reali si lasciano, ma i rapporti restano buoni, ottimi. Da amici, per lui. Forse da ancora innamorata, per lei. Nella seconda metà del 2011, Samantha viene chiamata al gruppo Pdl. Contratto a tempo determinato, circa duemila euro al mese. Dura sei mesi, non più. È il periodo nel quale, secondo il rendiconto presentato dallo stesso Fiorito, al gruppo c’è bisogno di prendere maggior personale, perché la dotazione di segreteria è inferiore a quello che ci vorrebbe per 17 consiglieri. Samantha è lì, ancora vicino a «Francone». Dei suoi soldi non aveva bisogno, ma pur di stargli accanto prende quelli dati dalla Regione ai gruppi.

Scusi Francesco Carducci Artenisio, capogruppo Udc: ma su 887 mila euro che il suo gruppo ha percepito nel 2011, 145 mila sono sotto la voce «spese varie»; saprebbe dire come i suoi colleghi consiglieri hanno usato quei soldi pubblici? «Non ne ho la minima idea». Scusi ancora, ma lei da capogruppo non sa come è stato utilizzato quel denaro? «Eh, non faccio mica il ragioniere, ho siglato io tutte le ricevute e ad alcune spese ho anche detto di no, ho usato criteri rigidi, messo un tetto alle singole spese, e siccome non c’era un regolamento mi sono autoregolato». Allora sicuramente non c’è da preoccuparsi, né per l’Udc né per gli altri partiti che, tutti assieme, incassano in un anno — ufficialmente per l’attività politica — dodici milioni di euro. Per fare qualche esempio: quelli della Lista Polverini, tredici consiglieri, dal primo gennaio al 31 dicembre 2011 ottengono fondi per un milione e novecentomila euro; ne spendono quasi novecentomila in manifesti, quasi duecentomila tra «alberghi, bar e ristoranti».
Ma nelle relazioni contabili compilate dai singoli gruppi, spesso, ci sono queste voci generiche nelle quali sembra poter entrare un po’ di tutto: l’unico consigliere del Gruppo Misto, Antonio Paris, incassa in un anno 180 mila euro, 96 mila sono classificati come «spese varie». Così ripartite: una Audi da 28 mila euro e 67 mila di «fondi erogati direttamente» a favore di enti e associazioni. Un’auto? «Ma è intestata al mio gruppo — precisa orgoglioso Paris — cioè patrimonio della Regione». Per i contribuenti, saperlo, sarà un sollievo.
Nelle spese del consiglio regionale del Lazio — là dove i pm parlano di «caos contabile» — c’è un refuso nella nota dell’Idv che pare fatto di proposito per raccontare questo flusso gigantesco di denaro destinato ai politici: dalla voce «indennità e rimborsi ai consiglieri» è sparita una «b», diventando così «indennità e rimorsi». Difficile immaginarli a battersi il petto — 1.217.000 di contributo regionale, 251 mila andati direttamente ai cinque consiglieri — e di certo i politici del Lazio non l’hanno fatto prima che venisse a galla questa storia di cene del Pdl a base di ostriche. La nota del partito dell’allora capogruppo Franco Fiorito è precedente allo scandalo, quasi tre milioni di euro totali: 131 mila in «attrezzature per ufficio», 685 mila per «Riunioni, convegni, progetti, incontri», 411 mila in manifesti. Nell’estratto conto del gruppo, ci sono anche 81 euro spesi in un supermercato Gs di Anagni, più altri in vari market (Pam, Auchan, Panorama). Invece nel bilancio c’è un’altra voce, «Collaboratori e consulenze», con accanto la cifra di 665 mila euro. Troppo? Non per Fiorito, che a febbraio 2012 allega una nota: «Per svolgere al meglio il lavoro dei consiglieri è stato necessario aumentare notevolmente il numero del personale a disposizione». Perché il gruppo era cresciuto di numero. Sempre il Pdl destina 114 mila euro alle «spese di rappresentanza, varie». Come queste «spese varie» siano utilizzate dai partiti non è dato sapere: a quella voce i Radicali nel 2011 hanno dedicato 662 euro, il Psi — contributo di 160 mila euro — 31.518. Di certo, nessuno sa spiegare come la cifra totale venga divisa tra i partiti: difficile che il criterio sia il numero dei consiglieri, perché altrimenti La Destra (due persone, 538 mila) avrebbe gli stessi soldi di Sel, Fds (due consiglieri, 322 mila euro) o dei Radicali (422 mila). Storace ne è sorpreso: «Mai saputo, me ne sto accorgendo adesso…». Bisognerebbe chiedere, dicono tutti, all’ufficio di presidenza di Mario Abbruzzese: ma è inutile cercare un contatto, in Consiglio c’è la Finanza.
Non rimane che leggere le cifre: detto dei partiti maggiori (il Pd, 14 consiglieri, incassa poco più di due milioni, l’Idv ne ha cinque e prende 1.217.000), rimangono i monogruppi. Verdi (183 mila euro), Api (181), Mpa (182), Fli (188), Gruppo Misto (180). Poi ci sono i 154 mila euro dei Responsabili di Olimpia Tarzia: nelle sue note, «indennità e rimborsi per i consiglieri» per quasi trentamila euro. C’è ancora la Lista Civica dei cittadini di Giuseppe Celli (180 mila): nei conti, c’è l’acquisto di una macchina, dodicimila euro di rate, ottomila di manutenzione, poi assicurazione e bollo, in totale 22 mila euro. E lui non sembra in imbarazzo: «È una Audi, rimarrà alla Regione».

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