L’illusionista della democrazia diretta

grilloGli ultimi fatti che hanno riguardato il M5S (vedi la questione dei migranti clikka) mi hanno “fatto convinto” che i parlamentari del movimento sono molto più avanti rispetto al duo grillo/casaleggio. Peraltro lo spasmodico ricorso ai meccanismi della cd. democrazia diretta invocati dal movimento mi hanno fatto venire in mente l’eccellente pezzo di Ascanio Celestini che trovo essere un’ottima risposta al comico genovese. Come dire comico/contro/comico forse così si può capire meglio! Trovo, infatti, assurdo e politicamente scorretto il continuo ricorso che grillo fa alla cd. democrazia diretta in quanto così facendo in sostanza evita di prendere posizione su temi importanti per la vita del paese dando l’illusione al popolo di poter scegliere. E’ facile constatare, infatti, che il meccanismo della consultazione continuata e costante del popolo è assolutamente un’utopia non realizzabile poiché la partecipazione richiede studio, preparazione ed informazione che nessun cittadino ha nel momento in cui non ricopre un incarico elettivo per il quale deve dare un voto! La chiave di volta è la selezione, preparazione e formazione della classe dirigente solo così si può uscire dalle paludi in cui siamo finiti.

Consiglio la visione di questa perla di saggezza di Ascanio Celestini:

beppe grillo ed il referendum sull’immograzione

Beppe Grillo: la pelle dei migranti per un pugno di voti

grilloComplimenti al beppegrillonazionalista non c’è che dire, anche lui in cerca di un pugno di voti sulla pelle dei migranti! Il comico difatti scarica i parlamentari che si sono permessi di presentare un emendamento che cancella il reato di clandestinità!!! Il testo indegno è scritto a quattro mani da grillo e da casaleggio! Spero che i cittadini capiscano presto che i cd. “portavoce” in parlamento del M5S sono molto, ma molto meglio del comico e dal suo compare capellone!!

Ecco il testo:

“Ieri è passato l’emendamento di due portavoce senatori del MoVimento 5 Stelle sull’abolizione del reato di clandestinità. La loro posizione espressa in Commissione Giustizia è del tutto personale. Non è stata discussa in assemblea con gli altri senatori del M5S, non faceva parte del Programma votato da otto milioni e mezzo di elettori, non è mai stata sottoposta ad alcuna verifica formale all’interno. Non siamo d’accordo sia nel metodo che nel merito. Nel metodo perché un portavoce non può arrogarsi una decisione così importante su un problema molto sentito a livello sociale senza consultarsi con nessuno. Il M5S non è nato per creare dei dottor Stranamore in Parlamento senza controllo. Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico. Sostituirsi all’opinione pubblica, alla volontà popolare è la pratica comune dei partiti che vogliono “educare” i cittadini, ma non è la nostra. Il M5S e i cittadini che ne fanno parte e che lo hanno votato sono un’unica entità. Nel merito questo emendamento è un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l’Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice “La clandestinità non è più un reato”. Lampedusa è al collasso e l’Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?”. F.to Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio

E’ chiaro che questi non sanno manco dove sta di casa né la costituzione né lo spirito di solidarietà né la democrazia ed alla fine sono in cerca di consenso per fare cosa non è ancora chiaro!

ecco il link http://www.beppegrillo.it/2013/10/reato_di_clandestinita.html

Per capire come la penso vedi pure:

il m5s è un partito come tutti gli altri clikka

partiti e movimenti non un passo indietro clikka

il comune ed i migranti clikka

l’europa dei popoli non permetterebbe quest’orrore clikka

Nel segno del Comando a Cinquestelle

grilloHo sempre pensato che i gruppi politici quando entrano in una istituzione debbano fare pochissimo uso del personale esterno cercando, per quanto possibile, di fare scouting nella stessa amministrazione selezionando le risorse interne e, per alcuni incarichi, come quelli di dirigenti assegnati questa estate dall’amministrazione de magistris, fare in ogni caso una procedura di selezione attraverso un interpello interno. Do’ per scontato anche che si debba essere particolarmente attenti a mantenere le promesse elettorali sempre e comunque potendo derogare alle stesse solo in extremis ed in casi eccezionali. Per il M5S ovviamente le promesse elettorali sono state rivoluzionarie nel vero senso della parola e fino ad oggi i gruppi parlamentari stanno facendo, per ciò che leggo dai giornali, un lavoro che non è assolutamente facile dalla posizione che occupano, anche se, in alcuni casi, è mancata un po’ di politica ed un po’ di democrazia.

Venendo al punto oggi leggo il pezzo di Fabrizio Geremicca su l’Espresso, che incollo in calce, e che mi lascia in un certo qual modo perplesso.

Dal Comune di Napoli, infatti, è “atterrata” alla Camera dei Deputati una dipendente dell’amministrazione cittadina con qualifica di istruttore amministrativo su richiesta della Camera stessa e grazie ad un provvedimento di comando (clikka) del Comune. Ora non comprendo molto ciò che è accaduto poiché se la “comandata” è molto vicina al M5S di Napoli (pare addirittura cofondatrice), mi sarei aspettato un’assunzione nello staff mentre, invece,  è stata chiamata per essere inserita nel servizio per le competenze dei parlamentari (clikka), quindi, non un ufficio di staff (che sarebbe stato più trasparente e del pari legittimo, anche se non in linea con le promesse) ma semplicemente amministrativo.

Credo che in questo momento storico, per chi si dichiara essere l’alternativa, le furberie non sono ammesse,  e la coerenza politico/amministrativa è un valore prezioso assoluto irrinunciabile, quindi,  sono certo che l’inserimento della comandata dal Comune di Napoli nell’ufficio della Camera, deputato tra l’altro a fare gli stipendi dei parlamentari, sia dovuto all’esigenza di trasparenza sulle cd. indennità dei parlamentari (che mi sembra ancora al palo), per le quali indennità il M5S ha fatto una battaglia ideologica in campagna elettorale promettendo che i parlamentari pentastellati avrebbero preso solo 2.500,00 €. al mese, restituendo tutto quello che non sarebbe stato speso. Ad oggi nonostante le mie ricerche non sono ancora riuscito a capire quanto viene restituito dai parlamentari cinquestellini, fermo restando che il criterio mi sembrerebbe avere una falla, poiché se un parlamentare si mette d’impegno può arrivare a spendere anche tutti i 10/15 mila €. al mese.

Per chiarire la mia posizione sul punto non credo che la politica non debba avere costi e che per un razzi o uno scilipoti forse anche mille euro siano troppi!

Per quanto mi riguarda ecco i nostri costi della politica (clikka). Al di la’ di ogni polemica e per amore di chiarezza aspetto quelli dei parlamentari cinquestelle che, sicuramente, il buon lavoro della “comandata” ci fornirà.

Da L’Espresso del 29.08.2013. Fabrizio Geremicca: “Da Napoli a Montecitorio. Una grillina in prestito. C’è un volto nuovo tra gli impiegati della Camera. Proviene dal Comune di Napoli e sbarca a Montecitorio grazie al meccanismo del “comando”, che consente ad un’amministrazione di richiedere, per motivi di necessità, la presenza temporanea presso i propri uffici del dipendente di un altro ente. Così il Parlamento ha chiesto “in prestito” per un anno Laura De Vita, istruttrice amministrativa, che dal primo agosto ha preso servizio a Roma. Alla Camera non si sentirà spaesata. Rivedrà, infatti, Roberto Fico, con il quale ha costituito nel 2011 il Movimento 5 Stelle Napoli, e Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera grillino doc”.

Il M5S è un partito come tutti gli altri?

grilloIL M5S è un partito come tutti gli altri? Dagli atti mi sembrerebbe di si! Con questo, preciso, non voglio esprimere un giudizio negativo, perché io credo nel ruolo e nella funzione dei cd. “corpi intermedi”. Come tanti altri milioni di Italiani ogni tanto clikko il blog di beppe grillo che ormai è divenuto il più consultato d’Italia facendo concorrenza ad altri siti stranieri. Sicuramente anche voi avrete notato la quantità di pubblicità offerta che ovviamente produce un reddito che il giornale Panorama qualche tempo fa (nel numero del 14.03.2013) quantificava in diversi milioni di euro che vanno nelle tasche, almeno così credo ma potrei sbagliarmi, del leader. In rete ho anche trovato l’atto costitutivo dell’associazione/partito M5S (clikka) ed il relativo Statuto M5S (clikka), stipulati il 14.12.2012 poco prima delle elezioni nazionali e, credo, per potervi partecipare. Ora il grillo fa una bandiera del suggestivo  messaggio “unovaleuno” però mi piacerebbe sapere se i parlamentari eletti, per lo meno loro, o gli attivisti sono soci di questa associazione che, come si legge è stata fondata da beppe grillo, Enrico Grillo ed Enrico Maria Nadasi che, da quello che si legge in rete, sono il primo nipote ed il secondo commercialista di beppe. Se si leggono gli atti si evince chiaramente che sono normalissimi atti posti a fondamento dei partiti e movimenti politici. In essi, infatti, sono previste cariche per il consiglio direttivo, per il presidente nonché l’assemblea dei soci, che vengono distinti in fondatori e sostenitori e che “gli eletti eserciteranno le loro funzioni senza vincolo di mandatononché che il patrimonio dell’associazione è costituito “da sovvenzioni dello Stato, della Regione o di Enti Pubblici e privati“. Orbene, si potrebbe dire tutto il contrario di quello che ispira il cd. NON STATUTO (clikka). Sicuramente mi si dirà che mi sono messo a fare le pulci e che sono il solito malpensante e che la costituzione dell’associazione è servita solo per presentarsi alle elezioni. Ma a dire il vero a me è venuta in mente un’altra storia già vissuta, che mi ha spinto a scrivere questo post: quella dell’IDV. Vi ricorderete, infatti che i soci dell’associazione cassaforte dell’IDV erano solo di pietro, la moglie silvana mazzoleni e silvana mura. Sappiamo tutti come è andata a finire! Non vorrei che il NONSTATUTO valesse per i “cittadini” quelli che ci credono, e lo statuto, quello vero, solo per la famiglia grillo! Ciò lo dico perché credo che beppe grillo, avendo avviato una macchina che si è rivelata di dimensioni superiori alle aspettative, non faccia gli stessi errori di altri, ed in ossequio del principio unovaleuno ceda ai soci, quelli veri che si fanno il mazzo a raccogliere firme e fare propaganda, la proprietà del marchio del movimento, del sito beppegrillo e dei proventi provenienti dalla pubblicità …. ci riuscirà ? io lo spero altrimenti sarà una delusione come tante altre….

Leggete lo statuto e l’atto costitutivo ve lo consiglio.

Estratto dal sito del giornale Panorama:

Www.beppegrillo.it, sede unica del Movimento 5 stelle, è un sito commerciale con una media mensile di 5 milioni di visitatori. Che ogni giorno vengono profilati e sottoposti a un martellamento pubblicitario. Il settimanale Panorama, nel numero edicola da domani, giovedì 14 marzo, analizza a fondo il funzionamento del blog del Movimento più corteggiato della politica italiana. Negli ultimi tre mesi il sito del comico genovese ha registrato un aumento di traffico esponenziale: +72% i visitatori unici e +96% il numero di pagine viste. Numeri che si traducono in soldi per Beppe Grillo, titolare del simbolo e del blog come si legge nell’atto costitutivo del Movimento 5 stelle, firmato il 18 dicembre scorso nello studio del notaio Filippo D’Amore a Cogoleto (Genova) dallo stesso Beppe Grillo, da suo nipote Enrico Grillo e dal commercialista Enrico Maria Nadasi. Per capire quanto costa fare pubblicità sul sito di Beppe Grillo, Panorama ha fatto una prova sul campo, ha contattato Google AdWords, il dipartimento della concessionaria che gestisce le richieste degli inserzionisti e ha scoperto che il cost per clic per un annuncio su una pagina del sito è il massimo praticato in rete: 2 euro e 43 centesimi.

Consiglio inoltre la lettura di quest’articolo “La pastorale americana” di MASSIMO RECALCATI da La Repubblica del 3 aprile 2013

In un vecchio film di Woody Allen, “Il dittatore dello stato libero di Bananas”, si raccontano le vicende rocambolesche di un rivoluzionario animato da un ideale di purezza che combatte l’ingiustizia della dittatura in nome della libertà e che finisce per indossare i panni di un tiranno identico a quello che aveva combattuto.
Ogni rivoluzione, ripeteva Lacan agli studenti del ’68, tende a ritornare al punto di partenza e la storia ce ne ha dato continue e drammatiche conferme.
Anche Grillo si caratterizza per essere animato da quel fantasma di purezza che accompagna tutti i rivoluzionari più fondamentalisti. Egli proclama a gran voce la sua diversità assoluta dagli impuri: si colloca con forza fuori dal sistema, fuori dalle istituzioni, fuori dai circuiti mediatici, fuori da ogni gestione partitocratica del potere.
È il fantasma che troviamo al centro della vita psicologica degli adolescenti. Si riguardi la recente consultazione di Bersani con i rappresentanti del M5S. È il dialogo tra un padre in chiara difficoltà e due figli in piena rivendicazione protestataria. Mi è subito venuto alla mente ‘Pastorale americana’
di Philip Roth dove si racconta la storia tormentata del rapporto tra un padre – il mitico “svedese” – e una figlia ribelle, balbuziente, prima aderente ad una banda di terroristi e poi di una setta religiosa che obbliga a portare una mascherina sul viso per non uccidere i microrganismi che popolano l’aria. Da una parte gli sforzi di conciliazione di un padre che non nasconde la sua insufficienza, dall’altra l’arroganza irresponsabile di chi rivendica il possesso di una ragione assoluta. Il dialogo tra loro è impossibile. Il padre cerca di capire dove ha sbagliato e cosa può fare per cambiare la situazione, la figlia risponde dall’alto della sua innocenza: sei tu che mi hai messa al mondo non io; sei tu che hai creato questa situazione non io; sei tu che devi porvi rimedio non io. Così agisce infatti la critica sterile dell’adolescente rivoltoso nei confronti dei propri genitori. Il mondo degli adulti è falso e impuro e merita solo di essere cancellato. Ma quale mondo è possibile in alternativa? E, soprattutto, come costruirlo? Qui il fondamentalismo adolescenziale si ritira. La sua critica è impotente perché non è in grado di generare davvero un mondo diverso. Può solo chiamarsi fuori dalle responsabilità che scarica integralmente sull’Altro ribadendo la sua innocenza incontaminata.
Questo fantasma di purezza che ha origini in una fissazione adolescenziale della vita si trova anche a fondamento di tutte le leadership totalitarie (non di quella berlusconiana che gioca invece sul potere di attrazione della trasgressione perversa della Legge). E sappiamo bene dove esso conduce, o può condurre.
Lo stato mentale di un movimento o di un partito si misura sempre dal modo in cui sa accogliere la dissidenza interna. Sa tenerne conto, valorizzarla, integrarla o agisce solo tramite meccanismi espulsivi? Sa garantire il diritto di parola, di obiezione, di opinione personale oppure procede eliminando l’anomalia, estromettendola con forza? Grillo non ha esitazioni da questo punto di vista. Egli applica il regolamento escludendo l’“eccezione” secondo il più puro spirito collettivistico. Salvo però ribadire la propria posizione personale di “eccezione”. Le sue enunciazioni sono singolari, non vengono discusse prima, mentre quelle dei suoi adepti devono essere vagliate prima dalla democrazia assoluta della Rete. Si proibisce che ciascuno parli e pensi con la propria testa, si esige una sorveglianza su ogni rappresentante eletto perché non si stacchi dalle decisioni
condivise, ma l’aggressione al Manifesto con il quale alcuni intellettuali si rivolgevano con speranza al M5S chiedendo che dialogasse con il centro sinistra o la minaccia di revocare l’articolo 67 della Costituzione sulla libertà di pensiero dei nostri nuovi rappresentanti parlamentari sono state prese di posizione discusse democraticamente? Come può essere credibile in fatto di democrazia un movimento che attribuisce al suo leader il ruolo di incarnare una eccezione assoluta? Il culto demagogico della trasparenza nasconde questa presenza antidemocratica di un potere incondizionato. Se l’azione politica è la pazienza della traduzione, se non ammette tempi brevi, non contempla l’agire di Uno solo, il nuovo leader inneggia all’antipolitica come possibilità di avere una sola lingua – la sua – che non è necessario tradurre, ma solo applicare. Come non vedere che c’è un paradosso evidente tra l’esigenza che nessuno parli a partire dalla sua testa e l’esistenza di un leader anarcoide che resta esterno al movimento che ha fondato e che esercita il suo diritto di parola in modo arbitrario? Egli è nella posizione del padre dell’orda di cui parla Freud in Totem e tabù.
Una strana mescolanza di anarchia e tirannide sulla quale Pasolini avrebbe speso parole di fuoco.
Un leader degno di questo nome lavora alla sua successione dal momento del suo insediamento mantenendo il movimento che rappresenta il più autonomo possibile dalla sua figura. Prepara cioè le condizioni di una eredità. Tutto ciò diventa di difficile soluzione quando un movimento non ha storia, non ha padri, ma un genitore vivo e vegeto che rivendica il diritto di proprietà sulla sua creatura. “Io ti ho fatta e io ti disfo”; così una madre psicotica ammoniva una mia paziente terrorizzata. Una leadership democratica deve sempre rispondere al criterio paterno di una responsabilità senza diritto di proprietà. Si pensi invece alla reazione di Casaleggio all’indomani delle elezioni quando disse che se il movimento non avesse adottato certe sue indicazioni di comportamento, non avrebbe preteso nulla e se ne sarebbe andato. Ecco la minaccia più narcisistica che un fondatore può fare: io starò con te finché tu mi assomiglierai, finché mi riprodurrai; se tu assumerai un tuo volto, una tua originalità io non ne vorrò più sapere di te e me ne andrò.
Il pluralismo è temuto da Grillo come da tutti i leader autoritari. Il sogno di un consenso al 100 per 100 è un sintomo eloquente. Era il sogno degli uomini di Babele mentre sferravano il loro attacco delirante al cielo, la loro sfida a Dio: un solo popolo, una sola lingua. No, le cose umane non vanno così. Dio sparpaglia sulla faccia della terra quella moltitudine esaltata obbligandola alla differenza, al pluralismo delle lingue, esigendo la pazienza della traduzione. Esistono in democrazia più lingue e ciascuna ha diritto di manifestarsi e di essere ascoltata. Guai se il fantasma di purezza si realizzasse al cento per cento. Lo ricorda giustamente Roberto Esposito: una democrazia che si realizzasse compiutamente sarebbe morta, annullerebbe tutte le differenze nel corpo compatto della “volontà generale”, darebbe luogo ad una tirannide.

L’Italia di Riccardo Muti

mutiL’Italia è ad un giro di boa navigando in acque impantanate dalla insipienza dei partiti  e da nuove forme di pseudodemocrazia creativa. Si è innescata la rincorsa a chi è più trasparente, partecipativi e democratici, concetti che, ovviamente, per me sono sacri ma che devono essere interpretati secondo il dettato costituzionale, unica àncora a cui dobbiamo essere aggrappati. Sono d’accordo con chi sostiene che forse l’unica via “costituzionale” era quella delle dimissioni del Presidente della Repubblica. Oggi (1.04.2013) Carlo Iannello ne espone i motivi in un suo scritto (le dimissioni di Napolitano clikka). Dal blog di beppe grillo arrivano i diktat pieni di rancore (anche condivisibili sotto un certo punto di vista) e la campagna per poter eleggere il nuovo Presidente della Repubblica attraverso una consultazione limitata ai soli iscritti fino ad una certa data e non so quanti altri prerequisiti. Spero che questo “artificio pseudodemocratico” non  sia d’intralcio ad una condivisione che va ricercata in parlamento attraverso una discussione scevra da “turpiloqui mediatici da cabaret” ed unicamente volta alla ricerca di una personalità che ci possa tirare fuori dal guado. Leggo l’intervista a Riccardo Muti, apparsa ieri su Corsera che condivido pienamente. Un invito al ritorno alle pratiche del passato … quello sano! L’unica via perseguibile è la ricostruzione della democrazia così come l’hanno concepita i nostri Costituenti al di la della quale non vedo nulla di buono.

Aldo Cazzullo dal Corriere della Sera del 31 Marzo, 2013

Intervista a Riccardo Muti

«Io sono profondamente grato al mio Paese. All’Italia devo tutto. Per questo mi fa male vederla così. E avverto la necessità di alzare la voce, per segnalare qualche pericolo e qualche opportunità». Riccardo Muti, dopo il successo del concerto verdiano di Roma e prima di partire per Chicago, sta passando qualche giorno in montagna. A chiedergli se abbia sciato, sorride. «Io non so sciare. I miei figli si divertono molto, il mio nipotino di 5 anni sta imparando. Ma io appartengo a una generazione di italiani per cui sciare non entrava nel novero delle cose possibili. Se ripenso alla mia giovinezza, nella Puglia degli anni 50, mi sembra di essere vissuto secoli addietro. Non c’era la tv; anche quando nacque la Rai, nessuno a Molfetta aveva il televisore, per vedere Lascia e raddoppia si andava al cinema. Ma era un Paese laborioso, in senso latino: “labor”. Vigoroso, forte, disponibile alla fatica, al sacrificio, pieno di speranza». «La mia era una famiglia numerosa. Non eravamo poveri, papà era medico, ma dovette lavorare molto per farci studiare. Alle elementari il maestro era mio nonno, direttore della scuola Alessandro Manzoni: inflessibile, rigoroso, severo; un esempio di decoro, dignità, lealtà. Davanti alla villa comunale, dove portavamo le ragazze a passeggiare, c’era l’orologio con la scritta: “Mortales vos esse docet quae labitur hora”; in sostanza, ricordati che devi crepare. La scritta è sempre lì, ma nessuno ci fa più caso. Per noi era davvero un richiamo etico, ci ricordava il dovere di comportarci in modo civile, anche con le donne. Al liceo, dove aveva studiato Salvemini, le nostre serate erano il seguito delle lezioni: le passavamo a conversare con gli insegnanti di letteratura, latino, filosofia. Mio fratello maggiore è diventato neuropsichiatra, il secondo ha fatto l’università navale di Napoli, i gemelli nati dopo di me sono ingegneri elettronici. Mio padre volle che ognuno avesse una cultura musicale, a ingentilire una formazione così rigida; anche se il massimo che ci si poteva attendere, nella provincia del Sud, era diventare direttore della banda del paese. A 7 anni mi misero in mano un violino, che ovviamente ho detestato con tutte le mie forze; anche perché avrei voluto un fucile di legno con il tappo, all’epoca il più bel regalo possibile. Papà si era già arreso: “Riccardo non è portato per la musica”. Fu mia madre a dire: “Diamogli ancora un mese”. Un mese proficuo. Decisivo è stato poi l’incontro con Nino Rota, il mio padre musicale, cui sono rimasto vicino sino alla morte. Però la cosa più importante è stata crescere in un’Italia piccola ma seria. Un Paese dalle radici poderose. Per questo oggi non ho difficoltà a stare accanto all’uomo più semplice della terra come alla regina Elisabetta. Parte del mio percorso si è svolta all’estero, ma io mi sento profondamente italiano, ho dato ai figli i nomi dei nostri grandi santi — Francesco, Chiara, Domenico —, e mi ribello nel vedere il mio Paese ridotto così». «L’Italia di oggi non sa più soffrire e non sa più sorridere. Ha smarrito non solo il senso degli enormi sacrifici dei padri, ma anche la loro gioia di vivere. La Spagna è messa peggio di noi, però ha ancora vitalità, joie de vivre, quell’attitudine che un tempo ci rendeva simpatici al mondo e ora abbiamo perduto. A Chicago vedo tanti ragazzi italiani, gente in gamba, che è dovuta fuggire. Non voglio fare il “laudator temporis acti”, ho sempre detestato chi diceva: “Ai miei tempi”. Ma questo è un Paese malato, molto diverso da quello che sognavamo da ragazzi. Persino i profumi sembrano spariti: i profumi che uscivano dalle finestre d’estate, quando nelle case ancora si cucinava, e si rideva. Ora viviamo in una società grigia. L’Italia sembra aver tirato i remi in barca. Non crede più nel futuro e in se stessa. Non si fida più di nessuno; e con qualche motivo». «Non voglio dare giudizi sui politici; ma il livello di questi anni è sconfortante. Per mestiere mi capita di seguire dieci linee musicali, che si intersecano e si contrappuntano, ma tendono all’armonia. Invece se metti anche solo tre politici in tv subito si gridano addosso, e non si capisce più nulla. Io credo nella dialettica, nel confronto, nel rispetto. È evidente che per non precipitare verso il voto anticipato occorre fare un governo di larghe intese, anche se, più dell’aggettivo, mi interessa il sostantivo: intese. Una soluzione non populista, in cui i migliori esponenti delle diverse culture politiche si applicano ai problemi del Paese, si occupano delle famiglie che già alla seconda settimana del mese sono in difficoltà. Ricordo Berlinguer e Almirante: ideologie sbagliate; ma personaggi strepitosi. I tagli alla cultura, al cinema, ai teatri, alle orchestre, sono vergognosi, ma non mi stupiscono: ai concerti, i politici non vengono mai. Quelli davvero interessati li conti sulle dita di una mano: come Ciampi e Napolitano, che vedevo a Salisburgo anche prima che diventasse capo dello Stato. A quasi tutti gli altri, della musica e della cultura non importa nulla». E Grillo? «Mi ricorda Iago, che nell’Otello dice: “Io non sono che un critico…”. Criticare senza dare soluzioni credibili possono farlo tutti. Se dirigessi un’orchestra dicendo solo quello che non va, non risolverei nulla. Gli italiani si sono stancati della vecchia politica, ma ora hanno bisogno di vedere una luce in fondo al tunnel, e di qualcuno che li guidi verso la luce. Invece sento invocare dittature, “il 100% dei voti”: un’avventura che abbiamo già conosciuto, finita malissimo. E poi questo turpiloquio mi fa orrore. Un segno di abbrutimento». E gli artisti saliti sul carro di Grillo? «Ognuno è libero di seguire quel che ritiene giusto. Faccio notare però che noi abbiamo una idea un po’ distorta, per cui si “fa” l’artista, mentre nella realtà si “è” artista. Essere artista non significa fare lo scapigliato, un po’ folle, con la barba e i baffi lunghi e le parole in libertà, sempre ad agitare le mani con violenza e a insultare gli interlocutori. Non pretendo che tutti debbano essere come Bach, solennemente seduto al suo organo a comporre opere da consegnare a Dio e all’umanità, concependo nelle pause un sacco di figli. Un modello di artista per me è Toscanini, uomo di grande semplicità, eleganza, coscienza civile. O come Verdi. Uomini per cui la forma è contenuto». A Verdi, Muti ha dedicato un libro e parte della stagione dell’Opera di Roma, con lavori considerati minori che però esprimono l’identità italiana, da Genova — con il Simon Boccanegra — a Venezia, con I due Foscari. «Il ritorno del sentimento nazionale può essere la premessa per la rinascita. Negli anni 70 l’inno, il tricolore, la patria erano parole sospette. Io ci credevo già allora, ho sempre fatto l’inno, e soffrii quando si tentò di creare una polemica con Ciampi: dirigevo alla Scala il Fidelio, che considero una sorta di inno del mondo, per questo rinunciai a Mameli; la cosa non fu spiegata al presidente che ci rimase male, i media avevano già allestito il rogo, per fortuna ci chiarimmo subito». Alla guida della Scala, Muti ha passato 19 anni. E quella di oggi? «Il punto non è privilegiare Wagner rispetto a Verdi: due geni che hanno avuto il solo torto di nascere nello stesso anno. Il punto è che la Scala rappresenta storicamente la nostra nazione. È la voce dell’Italia all’estero. La nostra anima. Se a un teatro togli l’anima, gli hai tolto tutto. Sarebbe un tradimento. È ovvio che la Scala può mettere in scena i grandi musicisti austriaci e tedeschi. Ma dev’essere consapevole che a Vienna, a Berlino, a Bayreuth sono attrezzati — per tradizione, lingua, cultura — a farlo meglio di noi. Mentre se perdiamo la capacità di mettere in scena meglio degli altri Verdi, Puccini, Bellini, Donizetti, Rossini, allora il danno sarebbe gravissimo, perché quella è la nostra cultura, siamo noi. In Cina ogni anno aprono teatri, conservatori, orchestre che la studiano, e se non teniamo il loro passo ne saremo sommersi. Questa era la linea che prima di me aveva seguito il mio predecessore Abbado». Ma con Abbado non siete rivali? «Queste sono cretinate messe in giro da chi ha sempre bisogno di rappresentare gli italiani divisi, come Coppi e Bartali. Ma Coppi e Bartali facevano la stessa corsa. Abbado e io no, e per fortuna, altrimenti ci renderemmo ridicoli, visto che non abbiamo più vent’anni. Apparteniamo a generazioni diverse, ma abbiamo sempre avuto rapporti cordiali e ci stimiamo, perché condividiamo lo stesso amore per il nostro Paese e per quel linguaggio universale che la musica italiana parla a tutti gli uomini».

Facciamolo questo governo: Nuovo appello a Grillo

grilloRoberto Saviano, Michele Serra, Jovanotti, Roberto Benigni, don Luigi Ciotti, don Andrea Gallo, Oscar Farinetti, Carlo Petrini, Salvatore Settis e Barbara Spinelli hanno sottoscritto affinchè le forze politiche che nelle dalle ultime elezioni politiche hanno raccolto più voti si impegnino per dare al nostro Paese un “Governo di alto profilo“.

Ecco il testo:

Mai, dal dopoguerra a oggi, il Parlamento italiano è stato così profondamente rinnovato dal voto popolare. Per la prima volta i giovani e le donne sono parte cospicua delle due Camere. Per la prima volta ci sono i numeri per dare corpo a un cambiamento sempre invocato, mai realizzato. Sarebbe grave e triste che questa occasione venisse tradita, soprattutto in presenza di una crisi economica e sociale gravissima.
Noi chiediamo, nel nome della volontà popolare sortita dal voto del 24-25 Febbraio, che questa speranza di cambiamento non venga travolta da interessi di partito, calcoli di vertice, chiusure settarie, diffidenze, personalismi. Lo chiediamo gentilmente, ma ad alta voce, senza avere alcun titolo istituzionale o politico per farlo, ma nella coscienza di interpretare il pensiero e le aspettative di una maggioranza vera, reale di italiani. Questa maggioranza, fatta di cittadine e cittadini elettori che vogliono voltare pagina dopo vent’anni di scandali, di malapolitica, di sperperi, di prepotenze, di illegalità, di discredito dell’Italia nel mondo, chiede ai suoi rappresentanti eletti in Parlamento, ai loro leader e ai loro portavoce, di impegnarsi fino allo stremo per riuscire a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento.

Ecco cosa aggiunge Jovanotti sul suo profilo FB: “Capisco che in molti non ne possano più di firmare appelli che poi finiscono nel vuoto di una politica lontana dalla realtà. Lo capisco bene e sono il primo ad avvertire quella sensazione di nausea ma quella sensazione va combattuta, perchè fa solo male.
Io non mi riconosco in nessuna definizione che mi voglia stringere in un angolo. Sono un uomo libero, non faccio parte di nessuna “corporazione” o chiamatela come vi pare, vorrei che il mio paese ritrovasse energia e slancio e i segnali perchè questo possa accadere sono nel fermento che c’è a tutti i livelli. La differenza delle idee e delle proposte è una ricchezza, non un problema. Ho firmato questa lettera perchè mi piacerebbe vedere che questo ribollire di idee, di parole, di proposte, di rabbia, di passioni, fosse la base per qualcosa di veramente nuovo e serio. E’ un tentativo da fare. E’ una strada lunga, immagino, ma bisogna partire, e questa lettera è un modo per dire “ok, facciamo qualcosa, decidete qualcosa, voi che siete stati eletti, voi tutti che siete stati eletti a rappresentarci”.
Almeno provarci. 

http://temi.repubblica.it/repubblica-appelli/?action=vediappello&idappello=391294&ref=HRER1-1

La libertà di espressione e la democrazia

partigiani-torino

Secondo grillo solo i capigruppo possono parlare per il movimento. Una curiosità: Se uno vale uno allora perché possono parlare per il M5S solo i capigruppo e Grillo? Chi dovesse dissentire potrà esprimere liberamente il proprio pensiero? Siamo al centralismo democratico o alla dittatura? Sulla democrazia, dico subito, non intendo cedere di un passo il bene è troppo prezioso e chi è stato eletto (anche più di chi non è stato eletto) ha la piena legittimazione politica, etica e morale di esprimere il suo pensiero, anzi ha il dovere di far conoscere il proprio pensiero ai suoi elettori “datoridilavoro”.  Questo è il post che mi è venuto di scrivere immediatamente dopo aver sentito e verificato la notizia sul blog di grillo. La novità del fenomeno parlamentare del M5S porta con se molti quesiti e l’Italia è troppo giovane per aver già dimenticato. La nostra Costituzione, infatti, è il frutto della riprovazione dei costituenti verso il fenomeno dittatoriale che avevano vissuto. Oggi, probabilmente sull’onda della paura, Grillo ammonisce i suoi eccedendo, credo, nel suo ruolo. Penso, infatti, che tutti i parlamentari del M5S, proprio perché eletti, hanno il diritto e sopratutto il dovere di dichiarare i loro pensieri a tutti gli Italiani ed in particolare ai loro elettori e gli Italiani non posso assolutamente consentire che sia messo loro un bavaglio, fosse anche per la ragione di evitare gaffe. Questo è un principio che è a fondamento della nostra Costituzione e neppure Grillo può violare. Spero con tutte le mie forze che i parlamentari del M5S abbiano contezza dei principi che sono in gioco espressamente dichiarati nell’art. 68 dove si legge proprio a tutela della libertà di espressione del parlamentare: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. E’ così anche il precedente art. 67 in virtù del quale i Parlamentari esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato. Per carità anche a me fa schifo ciò che è accaduto per i casi scilipoti, razzi e de gregorio e chissà quanti altri, ma non si può, per una patologia  del parlamentare, abolire un principio di libertà e di responsabilità! Sento in particolare quest’argomento in quanto io stesso l’ho vissuto sulla mia pelle non votando in consiglio comunale il bilancio (clikka) e subendo anche un attacco feroce in consiglio comunale (clikka) che mi ha portato poi ad uscire dal gruppo Napoli è Tua per fondare il gruppo di Ricostruzione Democratica (clikka). Porsi contro la maggioranza del proprio gruppo, movimento o partito è una decisione sempre molto sofferta se assunta con coscienza, libertà e buona fede. Credo che ciò sia sacrosanto! Ancora non credo nella truffa della cd. democrazia diretta e chi la propone sa di essere un truffatore. Essa non è percorribile! Il rappresentante spesso è solo con la sua coscienza nella decisione del voto, perché il voto stesso presuppone quasi sempre una intensa attività di studio che non tutti possono fare (tal volta, purtroppo, neppure il rappresentante). Forse per realizzare la democrazia diretta potremmo abolire il parlamento e tutti gli organi elettivi e collegare tutti gli italiani tramite rete ad un enorme “cervellone” che propina test a risposte multiple da cui poi trae il testo di legge da applicare. Spero non sia questo il progetto di Casaleggio! Ad ogni buon conto credo sia una fortuna che in ogni famiglia ci sia ancora almeno una persona che ha vissuto lottando contro l’oppressione delle libertà.

E’ strano che per questo post sono stato stigmatizzato da attivisti del M5S che sono addirittura giunti ad abbandonare un gruppo Facebook perché si sono ritenuti offesi. Non capisco eppure credo che non abbia fatto altro che difendere il principio di libertà di espressione in particolar modo dei parlamentari del M5S!

Dal Blog di Beppe Grillo: “Lunedì sono stati eletti dai gruppi parlamentari del M5S per i prossimi tre mesi due capigruppo/portavoce, Roberta Lombardi per la Camera, e Vito Crimi per il Senato. Loro sono stati titolati a parlare dopo aver discusso e condiviso i contenuti con i componenti del gruppo. Attenti ai lupi!”

Blog su WordPress.com.

Su ↑