L’Assistenza ai Poveri una priorità di cui non ci si vuole occupare

maniLe ferie d’agosto ci hanno purtroppo regalato un acceso dibattito sul taglio della spesa sociale di ben 130 milioni di euro, con uno strascico polemico circa presunte tensioni e discussioni in seno alla maggioranza dell’amministrazione cittadina. La lettera di  Toni Nocchetti (clikka) sulle pagine di Repubblica di ieri (19.08.2016) ci riporta alla drammatica concretezza del significato di tale taglio, parlando della Signora Giulia, che rappresenta un caso esemplare di ciò che significa a Napoli essere poveri ed abbandonati a se stessi. Non credo però che si possano tralasciare stridenti contraddizioni tra il citato drammatico taglio alla spesa sociale e la “caparbietà” dell’amministrazione a contrarre un mutuo di 25 milioni di euro con il credito sportivo per cambiare i seggiolini ed “abbellire” la tribuna VIP dello Stadio San, operazione finanziaria, peraltro, che la condizione di predissesto delle casse comunali sconsiglierebbe, come afferma in un certo qual modo anche il Ragioniere Generale del Comune di Napoli. Ugualmente a leggere il comunicato stampa del sindaco del 19.08.2016 (clikka) si vede come un’altra preoccupazione, senz’altro legittima, dell’amministrazione sia incentivare il turismo per creare sviluppo, decantando lo strabiliante numero di presenze estive.

Effettivamente Napoli sta godendo di una maggiore presenza di turisti che, nonostante una città non pulita come dovrebbe, con una pessima gestione del verde cittadino e le buche per strada, per sfuggire al pericolo terrorismo, si sono riversati nella nostra città sollecitati dalla bellezza delle vedute sul golfo e dall’immenso patrimonio artistico/monumentale che, senza dubbio e per merito dell’amministrazione è stato pubblicizzato dai grandi eventi come l’America’s Cup, il giro d’Italia ed i concerti.

Ma sono queste le priorità di cui ha bisogno Napoli con la dilagante povertà che affligge i suoi figli? Qual è l’idea di città che ha l’amministrazione? Domande che ovviamente richiedono una risposta chiara ed una indicazione univoca degli indirizzi politico/amministrativi perseguiti. Qualche giorno fa Aldo Masullo (clikka) sulle pagine di Repubblica commentando l’attività di “politica internazionale” del Sindaco lo sollecitava ad occuparsi dei problemi dei cittadini. Forse sarebbe il caso di ascoltare il consiglio e capire come mettere in campo una vera e propria azione politico/amministrativa di equità sociale, iniziando, forse, dal patrimonio immobiliare comunale troppe volte saccheggiato da canoni irrisori a tutto vantaggio di piccoli o grandi gruppi di potere a scapito delle tante Signore Giulia che abbiamo l’obbligo morale, civile e politico di assistere.

Masullo e Guarino: Due Saggi Napoletani

aldomasulloDopo il nostro no alla giunta de Magistris (clikka) di ieri sul bilancio consuntivo 2012, mi piace riportare l’opinione di Aldo Masullo ed Antonio Guarino, dei quali ho avuto modo di cogliere l’aurea in alcune occasioni della mia vita. Sembra una coincidenza ma i nostri vecchi saggi napoletani sono apparsi in contemporanea sul Corriere e su la Repubblica. Come non condividere le loro opinioni.

Dal Corriere del Mezzogiorno di oggi 16.05.2013

Masullo e il linguaggio politico «Guitti a destra, tristi a sinistra»

NAPOLI — Guarda pochissimo la tv, s’informa in rete. A Ballarò ha strappato applausi e a fine puntata ringraziamenti dai ragazzi in studio. Ha novant’anni il filosofo Aldo Masullo e una modernità ed efficacia di linguaggio davvero rare. «Sono tornato da Roma alle due di notte, ma non potevo rinunciare ad un bellissimo incontro con gli studenti del Genovesi proprio sull’informazione».

Come è stato l’impatto con uno dei talk show più noti della tv italiana?

«Una novità per me. Mi è parso condotto con grande serietà anche se nell’insieme secondo me è risultato molto noioso. Gli interlocutori si sono arrotolati nel dibattito su Berlusconi da una parte, sulla Boccassini dall’altra. Tant’è che ho detto subito: a me non importa nulla, ci interessa capire come impostare una politica di risposta ai problemi gravissimi. La cosa è stata apprezzata perché alla fine s’è radunata intorno a me una folla di giovani. Oggi l’unica forza di cui disponiamo è quella delle ultimissime generazioni, hanno preso consapevolezza delle difficoltà, si sono risvegliati dal sonno consumistico. Sentono il morso delle difficoltà sulla propria carne, sul proprio destino».

Pensa che queste generazioni siano le più vicine a quella del dopoguerra?

«Nel dopoguerra eravamo in condizioni disastrate come oggi ma per ragioni diverse. Uscivamo dalla guerra con grande speranza. Ricordo la sete di libri per rifarci del tempo perduto. Avevamo uno stato d’animo allegro, quindi. Oggi siamo sotto il peso non di una sconfitta subita e lasciata alle nostre spalle, ma che incombe su di noi. Il nostro stato d’animo è quello di cui parlava uno scrittore del ‘600, Burton, in Anatomia della malinconia, cioé uno stato di depressione collettiva».

Quanto è importante in questo contesto il linguaggio?

«È fondamentale, è come la pelle per l’organismo vivente. Quella di un essere umano rivela con le sue imperfezioni lo stato di salute malandato. E così è la lingua per una società».

E come è cambiato allora?

«Dilaga il vaffa di Grillo e di tanti altri che dimostrano impotenza e mancanza di pazienza. Ad aggravare la situazione ci sono i nuovi strumenti, i social network. Tutti vogliono comunicare, poi si sentono impotenti e dicono vaffa e dirlo esime dallo spiegare il perché. Con un tweet affermi mi hai scocciato, ma poi escludi qualsiasi ragionamento».

Ma lei utilizza la rete?

«Certo per informarmi e il pc per scrivere. E non utilizzo a caso la parola informarmi. Napoli è la patria di Vico che distingueva il certo, cioé ciò che si dà, dal vero. Comunicare è quando passo dall’accettazione del dato allo sforzo di capire cosa c’è dietro quel dato e questa è politica, quella dei cittadini non di Montecitorio. Informarsi vuol dire sapere cosa è accaduto o cosa mi si vuol far credere sia accaduto. In questo quadro confuso quella che un tempo era l’opinione pubblica s’è trasformata in una massa di improperi, ingiurie e insoddisfazioni. Un gallinaio. Giordano Bruno parlava del suo secolo come confusissimo. Bene, la confusione del nostro secolo è l’opposto dell’opinione pubblica».

Tra destra e sinistra come cambia il linguaggio?

«Abbiamo una destra ridotta allo strepito del guitto e una sinistra che è una congrega di trappisti ossessionati dalla propria tristezza. Da una parte i buffoni, dall’altra i tristi, è la negazione della nostra società».

Il sindaco de Magistris fa parte dei tristi?

«De Magistris è una persona seria, fa un’impressione, se mi si consente e se mi si comprende, patetica. Perché crede in quello che immagina di fare, ma s’innamora di questo suo stesso credere e non avverte la distanza tra il sogno e la realtà. Tende in fondo alla supremazia sui suoi stessi collaboratori, è un uomo solo. Un sindaco, e vale per tutti, dovrebbe stare sulla strada, parlare, aprirsi, lasciarsi contestare. Solo così riuscirebbe ad avere il polso della situazione e la fiducia dei cittadini».

E Vendola?

«Il linguaggio di Vendola è immaginifico, molto declamato ma ancora una volta secondo me è il sintomo di una solitudine, un’incapacità di superare la separatezza di sè dalla realtà. Anche lui ha sentito fortemente il dolore di quelli che stando a sinistra dovrebbero essere portatori del cambiamento e non lo sono».

E Caldoro?

«Non sono in grado di dirlo. I miei non sono mai giudizi, è un rispetto dato da una responsabilità intellettuale che avverto sempre. Noi non abbiamo più la pazienza di andare al fondo delle cose. I partiti una volta rappresentavano luoghi dove un gruppo di persone cercavano una verità. La coesione sociale nasce dal costruirsi una verità. Ciò che manca oggi».

Simona Brandolini

guarino

Repubblica Napoli di oggi 16.05.2013

Da Berlusconi a de Magistris, l’ironia del professore 99enne

DARIO DEL PORTO

Antonio Guarino 99 anni portati con ironia

Sulla scrivania del professore non ci sono solo testi giuridici. Anche una pila di quotidiani e un racconto di Roberto Saviano, intitolato “Super Santos”, come il pallone più amato da intere generazioni di giovanissimi.

Perché non le piace come continua il racconto di Saviano?

«Perché quella comitiva di ragazzini si trasforma in un gruppo di malviventi. Saviano scrive diverse cose esatte, ma vede il brutto dovunque. Ma è anche vero che è la vita, troppo spesso, a essere così. Mi sembra scritto in maniera deliziosa, soprattutto la descrizione di un gruppo di ragazzini che giocava in piazza del Plebiscito e uno di loro era specializzato nel colpire il dito della statua di Carlo V. Peccato solo per la seconda parte», commenta l’insigne giurista Antonio Guarino, seduto nello studio affacciato sul mare. Oggi il professore compie 99 anni. E con l’ironia che affascinava i suoi studenti, stempera il disincanto per il momento della città e del Paese. «Devo riconoscerlo, non sono per niente fiducioso. Oggi siamo come ai tempi di Nerone».

Ha conosciuto il sindaco de Magistris, professore?

«No. E a dire il vero non desidero conoscerlo. Ma trovo che stia commettendo molti errori. Non si è accorto che quella gara di catamarani che chiamano Coppa America era come il club di Buffalo Bill, che andava in giro con i cavalieri a fare spettacoli».

Non sarà un giudizio troppo severo?

«Di questi tempi ho la fortuna di uscire poco. Ma tutti quelli che mi vengono a trovare hanno l’aspetto smunto. Uno arriva dalla Riviera di Chiaia, l’altro dalla Villa Comunale. Hanno rovinato anche via Caracciolo. Non ho mai incontrato il nostro sindaco, però l’ho sentito parlare tante volte: ha ancora il tono insofferente del pubblico ministero».

Qual è la sua opinione del governatore Caldoro?

«Mi sembra un tipo deboluccio. Ma anche una persona abbastanza perbene. Non ha la fronte bassa come Cosentino, ma insomma, può capitare».

Perché tanto pessimismo, professore?

«Ho l’impressione che questo governo non potrà reggere troppo a lungo. Il Pdl ha perso la testa appresso a Berlusconi. Ecco, Nerone era come lui. Non era cattivo, attenzione. Era una brava persona, amava la musica, gli piacevano le donne, non faceva uccidere gli schiavi. Era più cattivo Tigellino, che mi ricorda Alfano».

Da giurista, come valuta le polemiche sulla requisitoria del pm di Milano Ilda Boccassini al processo Ruby?

«Berlusconi può essermi antipatico, ma si è comportato come nove uomini su dieci, anche tra i più illibati. Si indigna e pensa di non dover essere imputato. Poi si convince o rassegna e si rivolge al Ghedini di turno. Anche Sant’Agostino ne fece di cotte e di crude in gioventù, poi è invecchiato. Berlusconi, questo è il punto, non è ancora abbastanza invecchiato. Ma diamogli tempo, e niente viagra, invecchierà anche lui».

Molti hanno criticato il pm Boccassini.

«È una luminosa figura di magistrato, ha fatto solo il suo dovere. L’interdizione dai pubblici uffici non è “l’ergastolo per Silvio”, come ha sostenuto la Santanchè, ma una sanzione accessoria che poteva essere legittimamente invocata. Detto questo, effettivamente i magistrati se la sono presa un po’ con Berlusconi».

Che cosa pensa della rielezione di Napolitano?

«È come l’ultima tavola cui ci si aggrappa mentre il Titanic affonda. Invece mi ha deluso Supermario Monti, l’ha presa in maniera troppo semplicistica».

e di Aldo Masullo consiglio di vedere il breve intervento a Ballarò

Aldo Masullo sulle Parlamentarie del PD

aldomasulloInteressante intervista sul corsera di oggi (28.12.2012) a Aldo Masullo che condivido in particolare sulla necessità che i partiti riprendano il loro ruolo di luoghi di formazione della classe dirigente. Quanto ai candidati non è difficile neppure condividere il pensiero di Masullo sul “riciclo” dei volti noti al partito, che ancora una volta manca l’obiettivo di riformarsi.  Non riesco a capire come si possa essere così miopi e credere che con le primarie si siano già vinte le elezioni ……

NAPOLI — «Un partito dovrebbe costruire naturalmente un processo di selezione della propria classe dirigente, altrimenti non si capisce a cosa serva».
Aldo Masullo, filosofo ed ex parlamentare del Pci e dei Ds, esprime, come è suo solito, con garbo riflessivo le sue dure critiche ai partiti. In particolare, tiene a precisare, a quegli aggregati politici che «dalle nostre parti assumono connotati ancora più deleteri».

Professore Masullo, pure le primarie per selezionare i candidati non la convincono?
«Occorrerebbe chiedersi perché si arriva alle primarie per scegliere i candidati al parlamento».

Ce lo chiediamo?
«Sì, il fatto è che oggi i partiti, tra cui il Pd, non sono stati in grado di avviare processi di rinnovamento interno. Non ci hanno neanche provato. E questo non è che sia accaduto ora. Ma sono anni che si proclama un rinnovamento al quale non si pone mai un avvio. Insomma, le primarie sono l’effetto di queste inadempienze gravissime: del mancato processo di riorganizzazione dei partiti. La selezione dei candidati dovrebbe rappresentare il punto di arrivo di questo processo di maturazione interna. Invece, si parte dai candidati».

Un processo di rinnovamento al contrario?
«Sì, anche se nella vita vera non si possono fare i conti con ciò che sarebbe dovuto accadere, ma con quanto è avvenuto. E allora, prendiamo pure atto che tra i tanti mali, quello delle primarie è il male minore».

Si rassegna?
«Beh, sa: la messinscena delle primarie per selezionare candidati al parlamento ha una funzione simbolica, vorrebbe fornire un indirizzo di ciò che si sarebbe dovuto fare e non si è fatto. Si tratta di una indicazione di pura teoria politica. In realtà, del tutto insufficiente ad assicurare passi avanti verso la modernità e il rinnovamento della classe dirigente e della proposta politica».

Nel merito, cosa non le piace di queste primarie per selezionare i candidati al parlamento?
«Un vizio, in particolare, che è connaturato sia alla prima che alla seconda Repubblica: l’inerzia, mantenere la situazione così com’è invece che imprimere una spinta in direzione del cambiamento. Vede, lo stesso meccanismo di raccogliere centinaia di firme per sostenere la propria candidatura alle primarie risponde ad una esigenza vera di partecipazione democratica, ma in una realtà così miserabile come la nostra diventa occasione per una serie di interferenze, di speculazioni improprie e di inquinamento. Non mi ha fatto una buona impressione leggere nomi di candidati che sono, per lo più, sempre gli stessi e per i quali non si capisce chi si sia speso per sostenerli, quale procedura democratica sia stata messa in atto per proporli. Mi rendo conto pure delle difficoltà che si sono incontrate a causa dell’accelerazione impressa dai tempi piuttosto stretti, ma si sarebbe potuto offrire un maggiore contributo di trasparenza e di apertura».

Torniamo al solito problema della democrazia interna?
«E sì. La democrazia interna ai partiti è un altro male duro da estirpare. Non so cosa accada altrove, ma qui credo sia inconfutabile l’arretratezza delle nostre forze politiche, compresa quella del Pd. Non è per caso che ho scritto il libro ‘‘Napoli, siccome immobile”».

Cosa pensa dell’invito che il Pd napoletano ha rivolto al segretario Bersani di candidarsi capolista in Campania?
«Un gesto che dimostra l’assenza di un nome di rilievo in grado di ottenere la massima attenzione da parte del popolo degli elettori, al di là degli iscritti al Pd. Un altro segno di debolezza».

Lei è andato a votare per le primarie nazionali del centrosinistra?
«No, non sono iscritto».

Quindi, domani, se pure volesse, non potrà recarsi alle urne.
«Purtroppo no».

Perché dice purtroppo?
«Perché stavolta sarei andato: tra i nomi che ho letto c’è qualcuno più giovane, meno legato alle consorterie di gruppi organizzati, che avrei voluto sostenere. Ma non mi è consentito. Pazienza, speriamo che il prossimo anno porti cose migliori e più nuove».

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