Oggi (24.02.2014) leggo su Repubblica Napoli del pressing sul governo della classe dirigente campana per avere una rappresentanza. Una semplice constatazione quanti dei nomi che si leggono hanno avuto un ruolo nel Comune di Napoli e non hanno mai sollevato alcuna delle questioni che vengono drammaticamente indicate dalla Corte dei Conti nel provvedimento (clikka) con il quale è stato bocciato il piano di riequilibrio e da cui traspare che i bilanci 2008/09/10/11 erano falsati dall’incredibile sopravvalutazione dei residui attivi non esigibili. Un’analisi profonda che parte dal 2008 ed anche più indietro. Mi chiedo cosa hanno fatto e detto coloro che siedevano sulle poltrone e poltroncine dell’Amministrazione Comunale anche con ruoli di gestione, per adempiere al loro dovere di verità e di rappresentanza. Renzi sceglierà secondo il principio del merito: la vedo difficile. In due anni e mezzo ecco cosa abbiamo fatto noi di Ricostruzione Democratica (clikka).
Da Repubblica Napoli di oggi (24.02.2014) Governo, Campania pressing: No alle quote
Nicodemo: Renzi sceglie per competenze e meriti
DARIO DEL PORTO
LA PRATICA è sul tavolo di Luca Lotti, il braccio destro del premier Matteo Renzi che sta lavorando al completamento della squadra con la scelta di vice ministri e sottosegretari. Con una cinquantina di caselle da riempire (il tetto sarà quasi certamente 47) si fa più intenso il pressing diretto a colmare una delle lacune più evidenti della compagine governativa: l’assenza di esponenti provenienti dalla Campania e da altre regioni meridionali come la Puglia. «C’è un lavoro collettivo da parte di molti di noi per far sì che alla Campania venga riconosciuta la rappresentanza che merita un territorio così importante», spiega il segretario regionale del Pd Assunta Tartaglione. I contatti con Roma proseguiranno nella giornata di oggi, muovendo con discrezione le pedine ritenute più in linea con il profilo che il premier ha voluto dare al suo esecutivo: dunque si guarda fra personalità giovani ma possibilmente già temprate da qualche positiva esperienza amministrativa o di partito oppure impegnate nella società civile, con una quota di donne omogenea a quella degli uomini. Difficile fare previsioni sui nomi anche perché la discussione entrerà nel vivo solo fra oggi e domani, a margine del dibattito sul voto di fiducia in Parlamento.
Potrebbero rispondere all’identikit la deputata Valeria Valente, già assessore comunale con la giunta Iervolino, Pina Picierno, parlamentare e responsabile Legalità della segreteria del Pd, oppure Francesco Nicodemo, scelto da Renzi come responsabile perla Comunicazione della segreteria del Pd, che però avverte: »Mi auguro che non ci sia alcun pressing, anche perché con Renzi non funziona. Il premier sa, conosce e decide secondo la sua costruzione mentale, senza lasciarsi influenzare dalle pressioni come è già accaduto altre volte. Non ragiona per quote». Ricorda Nicodemo che il neo presidente del Consiglio «sta facendo le sue valutazioni in base alle competenze e ai meriti di ciascuno. In questo modo ha formato la squadra dei ministri e allo stesso modo selezionerà i sottosegretari». Ma in questo scenario, sottolinea il responsabile Comunicazione della segreteria democratica, «la componente territoriale non è prevalente. Contano il merito e le competenze. Se Renzi ha nominato due ministri liguri, lo ha fatto perché ritiene Roberta Pinotti e Andrea Orlando le persona giuste per occuparsi rispettivamente di Difesa e Giustizia. Allo stesso modo, non ha chiamato me e Pina Picierno a far parte della segreteria perché siamo nati in Campania. D’altra parte, i ministri che nel pas-sato si sono occupati in maniera efficace di questioni territoriale non necessariamente erano meridionali. Penso a Barca, che ha svolto un lavoro straordinario». Nicodemo sottolinea che «in Campania ci sono un sacco di competenze e di meriti, bisogna vedere adesso cosa succederà in un quadro di incastri ancora da definire. E peraltro Matteo Renzi mi ha sempre sorpreso nelle sue scelte. Ma al di là dei nomi – ragiona Nicodemo – è arrivato il momento di rovesciare il paradigma che sino ad oggi ha ispirato le politiche peril Mezzogiorno: prima l’unico filo conduttore era rappresentato dalle rivendicazioni delle classi dirigenti meridionaliche andavano a Roma, sbattevano i pugni sul tavolo e tornavano per far realizzare una strada, una piazza oppure perfar aprire un’azienda sul territorio. Così abbiamo avuto cinquant’anni di assistenzialismo che non hanno permesso al Mezzogiorno di emanciparsi ed esprimere appieno le proprie potenzialità. Ora bisogna ripartire dal gap che ci divide dal resto del Paese: la mancanza di asili nido, la povertà, la dispersione scolastica, la qualità della vita, puntando sulla questione sociale e il capitale umano, oltre che con investimenti materiali che permettano ad esempio di rivalutare la vocazione turistica del territorio».
Mi piace:
Mi piace Caricamento...