Debiti fuori bilancio chi ci da’ una mano

dissestoPubblico due delibere di peso (in tutti i sensi) che offro ai cittadini lettori di buona volontà. Stiamo parlando infatti di una debitoria complessiva imprevista in bilancio di  €. 82.758.297,61. La prima è la  delibera di proposta al consiglio n. 966 del 19.12.2013, (clikka e scarica),  che prevede il riconoscimento di un debito fuori bilancio pari ad €. 18.504.863,01 da pagarsi alla UBIFACTOR Elektrica, per una questione di smaltimento di rifiuti solidi urbani in virtù di una sentenza di condanna del Consiglio di Stato del 2011. I fatti risalgono ad un contratto del 1987, sono 325 pagine con gli allegati.

La seconda è la  delibera di proposta al consiglio n. 967 del 19.12.2013 (clikka e scarica), di appena 5442 pagine con la quale si riconoscono €. 35.079.738,60 per debiti fuori bilancio derivanti da sentenze di condanna dell’amministrazione già esecutive (art. 194 lett. a. 267/2000); ed €. 29.173.695,88 per beni e servizio acquisiti dall’ente e non previsti in bilancio preventivo (art. 194 lett. e. 267/2000). Queste ultime maturate nel periodo che va dal 01.01.2013 al 31.10.2013. Come sempre se ci date una mano ne saremmo molto contenti e come al solito faccio sempre la stessa riflessione: il consigliere comunale di una città come Napoli, forse, dovrebbe fare una sorta di selezione per titoli ed esami, prima di caricarsi addosso il peso amministrativo di un milione di abitanti. Mi chiedo cosa e come abbiano fatto gli altri consiglieri delle passate consiliature e se mai abbiano riflettuto a fondo su ciò che stavano facendo. Poi con tutti questi debiti mi chiedo come si può consentire, ancora oggi, a chi possiede beni pubblici preziosi e che producono reddito privato di non pagare quanto dovuto.  Forse una mano, tenuto conto di ciò che è emerso anche dalla Corte dei Conti, ce la può dare solo il governo, sperando che non ci tenga per i piedi. BUONA LETTURA.

P.S. Le delibere può darsi che non si visualizzino ma si possono scaricare al link attraverso il relativo comando.

Classe dirigente e principio di responsabilità e merito

ricostruzioneOggi (24.02.2014) leggo su Repubblica Napoli del pressing sul governo della classe dirigente campana per avere una rappresentanza. Una semplice constatazione quanti dei nomi che si leggono hanno avuto un ruolo nel Comune di Napoli e non hanno mai sollevato alcuna delle questioni che vengono drammaticamente indicate dalla Corte dei Conti nel provvedimento (clikka) con il quale è stato bocciato il piano di riequilibrio e da cui traspare che i bilanci 2008/09/10/11 erano falsati dall’incredibile sopravvalutazione dei residui attivi non esigibili. Un’analisi profonda che parte dal 2008 ed anche più indietro. Mi chiedo cosa hanno fatto e detto coloro che siedevano sulle poltrone e poltroncine dell’Amministrazione Comunale anche con ruoli di gestione, per adempiere al loro dovere di verità e di rappresentanza. Renzi sceglierà secondo il principio del merito: la vedo difficile.  In due anni e mezzo ecco cosa abbiamo fatto noi di Ricostruzione Democratica (clikka).

Da Repubblica Napoli di oggi (24.02.2014) Governo, Campania pressing: No alle quote

Nicodemo: Renzi sceglie per competenze e meriti

DARIO DEL PORTO

LA PRATICA è sul tavolo di Luca Lotti, il braccio destro del premier Matteo Renzi che sta lavorando al completamento della squadra con la scelta di vice ministri e sottosegretari. Con una cinquantina di caselle da riempire (il tetto sarà quasi certamente 47) si fa più intenso il pressing diretto a colmare una delle lacune più evidenti della compagine governativa: l’assenza di esponenti provenienti dalla Campania e da altre regioni meridionali come la Puglia. «C’è un lavoro collettivo da parte di molti di noi per far sì che alla Campania venga riconosciuta la rappresentanza che merita un territorio così importante», spiega il segretario regionale del Pd Assunta Tartaglione. I contatti con Roma proseguiranno nella giornata di oggi, muovendo con discrezione le pedine ritenute più in linea con il profilo che il premier ha voluto dare al suo esecutivo: dunque si guarda fra personalità giovani ma possibilmente già temprate da qualche positiva esperienza amministrativa o di partito oppure impegnate nella società civile, con una quota di donne omogenea a quella degli uomini. Difficile fare previsioni sui nomi anche perché la discussione entrerà nel vivo solo fra oggi e domani, a margine del dibattito sul voto di fiducia in Parlamento.

Potrebbero rispondere all’identikit la deputata Valeria Valente, già assessore comunale con la giunta Iervolino, Pina Picierno, parlamentare e responsabile Legalità della segreteria del Pd, oppure Francesco Nicodemo, scelto da Renzi come responsabile perla Comunicazione della segreteria del Pd, che però avverte: »Mi auguro che non ci sia alcun pressing, anche perché con Renzi non funziona. Il premier sa, conosce e decide secondo la sua costruzione mentale, senza lasciarsi influenzare dalle pressioni come è già accaduto altre volte. Non ragiona per quote». Ricorda Nicodemo che il neo presidente del Consiglio «sta facendo le sue valutazioni in base alle competenze e ai meriti di ciascuno. In questo modo ha formato la squadra dei ministri e allo stesso modo selezionerà i sottosegretari». Ma in questo scenario, sottolinea il responsabile Comunicazione della segreteria democratica, «la componente territoriale non è prevalente. Contano il merito e le competenze. Se Renzi ha nominato due ministri liguri, lo ha fatto perché ritiene Roberta Pinotti e Andrea Orlando le persona giuste per occuparsi rispettivamente di Difesa e Giustizia. Allo stesso modo, non ha chiamato me e Pina Picierno a far parte della segreteria perché siamo nati in Campania. D’altra parte, i ministri che nel pas-sato si sono occupati in maniera efficace di questioni territoriale non necessariamente erano meridionali. Penso a Barca, che ha svolto un lavoro straordinario». Nicodemo sottolinea che «in Campania ci sono un sacco di competenze e di meriti, bisogna vedere adesso cosa succederà in un quadro di incastri ancora da definire. E peraltro Matteo Renzi mi ha sempre sorpreso nelle sue scelte. Ma al di là dei nomi – ragiona Nicodemo – è arrivato il momento di rovesciare il paradigma che sino ad oggi ha ispirato le politiche peril Mezzogiorno: prima l’unico filo conduttore era rappresentato dalle rivendicazioni delle classi dirigenti meridionaliche andavano a Roma, sbattevano i pugni sul tavolo e tornavano per far realizzare una strada, una piazza oppure perfar aprire un’azienda sul territorio. Così abbiamo avuto cinquant’anni di assistenzialismo che non hanno permesso al Mezzogiorno di emanciparsi ed esprimere appieno le proprie potenzialità. Ora bisogna ripartire dal gap che ci divide dal resto del Paese: la mancanza di asili nido, la povertà, la dispersione scolastica, la qualità della vita, puntando sulla questione sociale e il capitale umano, oltre che con investimenti materiali che permettano ad esempio di rivalutare la vocazione turistica del territorio».

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