Regione Lazio un atto Politico contro l’Antipolitica: Polverino Dimettiti!

Ho usato la carta di credito della Regione Lazio (e speso soldi pubblici) per pagare un resort in Sardegna perché avevo smarrito la carta di credito. Questa la risposta che mi ha colpito di più dell’ex Capogruppo alla Regione Lazio Franco Fiorito soprannominato, per ironia della sorte, Batman. (http://www.youtube.com/watch?v=BAGAYm5BbDE&feature=player_embedded). Insisto su questo punto perché è l’ultimo scandalo che la politica, dopo lusi, penati, fino ad arrivare a poggiolino, di lorenzo, paolo cirino pomicino (giusto per non dimenticare) etc etc… non si può permettere. Oggi (20.09.2012) su la Repubblica di Napoli è uscita una mia dichiarazione su una questione che riguarda l’assessore D’Angelo, le cooperative ed il suo ruolo di presidente della GESCO prima di assumere la carica amministrativa. Il concetto che voglio esprimere e che ho cercato di sintetizzare nelle poche parole riferite al giornalista, è che i partiti, le liste civiche ed i movimenti che si candidano o che hanno una aspirazione elettorale/amministrativa non si possono permettere neppure la minima macchia o sospetto. L’intransigenza di cui a volte mi si accusa nelle scelte politiche ed amministrative oggi credo rappresenti un valore irrinunciabile. Non ci deve essere alcun dubbio sull’assoluta imparzialità dell’azione amministrativa. Nel caso di specie dell’Assessore D’Angelo spero che siano state adottate tutte le procedure di evidenza pubblica che per la particolarità del trascorso imprenditoriale dell’assessore sono sempre consigliabili anche quando non previste come obbligatorie. Per ritornare alla Regione Lazio, ebbene, occorrono solo due parole: Polverini Dimettiti!

Di seguito l’articolo di Valentina Errante da Il Mattino del 20.09.2012

Roma. «Non ho rubato un centesimo. Pensavo fosse tutto regolare. Anzi, mi sono opposto a un sistema, ho stoppato l’abitudine ai rimborsi facili». Quando entra nel bunker del nucleo valutario della Guardia di Finanza, Franco Fiorito, indagato per peculato, ostenta tranquillità. Forse perché con sé ha un memoriale e soprattutto voluminosi e pesanti scatoloni pieni di fatture che raccontano, con cifre a sei zeri, di festini, servizi, fotografici, champagne e cene indimenticabili dei consiglieri del Pdl alla Regione.
Ce n’è per tutti. Al presidente, Renata Polverini, Fiorito contesta la gestione politica. Ma poi presenta carte su otto consiglieri del suo gruppo. Accusa da Franco Battistoni a Giancarlo Miele, da Carlo De Romanis a Veronica Cappellaro, da Andrea Bernaudo a Chiara Colosimo e Lidia Nobili. Tira tutti dentro. Ha così tanto da raccontare che non vede l’ora. C’è ancora luce quando, con l’avvocato Carlo Taormina, si siede di fronte all’aggiunto Alberto Caperna e al pm Alberto Pioletti. Sono le 16: Fiorito ne avrà per sei ore e mezza.
L’ex consigliere in premessa spiega che la regola, stabilita dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale, è quella dei contributi senza controlli reali. Fino a 211mila euro. Accusa diretta per Mario Abbruzzese. Punta il dito contro Letizia Cecinelli, coordinatrice della segreteria. «Se ho fatto degli errori – dice – sono pronto ad assumermi le responsabilità. Ma voglio sottolineare che a metà luglio ho inviato a tutti i consiglieri una lettera per interrompere i rimborsi e stoppare il sistema. Mi sono opposto a un’abitudine, quella dei rimborsi facili. Per questo mi hanno fatto fuori. Ognuno faceva quello che voleva. Il gruppo pagava spese di ogni tipo. Se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede».
Ma i pm vogliono parlare del caso Fiorito. Si parte dai bonifici, 109 dal conto del Pdl ai suoi. Per 419mila euro è sempre la stessa cifra, quella che servirebbe per segretari e portaborse moltiplicata troppe volte. Fiorito sostiene che tanto gli spettasse. Ribadisce: erano soldi previsti dal regolamento per le cariche che svolgevo: capogruppo, presidente di commissione, tesoriere. Indennità alte, lo so. Non l’ho deciso io». Quando è buio si parla ancora di conti, sette italiani e cinque spagnoli. L’ex capogruppo del Pdl spiega che è stato costretto ad aprire i depositi in Spagna dopo avere ereditato la casa a Tenerife dal padre. E che i conti all’estero li aveva insieme al fratello Andrea. I pm gli chiedono di quella pioggia di assegni, delle carte di credito ricaricabili distribuite in giro, costate 180mila euro, dei soldi girati a consulenti, veri o presunti, che hanno incassato. E poi dei 235mila euro di prelievi, 32mila euro di pagamenti bancomat. Lui parla e a ogni risposta punta il dito, va all’attacco per difendersi. Perché quei 32 consulenti non li aveva scelti lui. Non basta. Sul conto di Fiorito ci sono le vacanze in Sardegna, 28 mila euro nel resort a cinque stelle. Conto saldato dal gruppo del Pdl. «Avevo smarrito la carta di credito», ripete.
Dopo i conti si passa alle case: la casa in via Margutta dell’Ipab. Fiorito risponde che ha vinto un’asta e l’ha ottenuta in affitto, ma paga 4mila euro al mese. Poi c’è la villa al Circeo. «Ho fatto un mutuo da 500 mila euro a trent’anni», spiega l’ex capogruppo. E ancora, gli immobili e i terreni ad Anagni «ereditati». Quindi il punto cruciale. Perché le case nella sua disponibilità nella capitale non risultano intestate a lui? E si apre il capitolo dei prestanome. Dopo cinque ore di domande, Fiorito tira fuori l’archivio segreto. La contabilità che gli uomini del nucleo di polizia valutaria della Finanza avevano cercato dappertutto. Forse ci sono stati degli errori, ma il problema era il regolamento», commenta alla fine Taormina.

Scandalo alla Regione Lazio una buona occasione per fare pulizia!

L’ennesimo scandalo della politica nonostante la crisi ed il clima di austerità. Cosa dovrebbero fare i partiti? Non avere paura e buttare fuori i responsabili senza preoccuparsi né di aspettare la sentenza di condanna né dei voti che questi consiglieri portano al partito. E’ solo questa l’unica strada ammissibile se i partiti vogliono strappare lo scettro dalle mani di quella che chiamano antipolitica ma che rappresenta ormai una istanza pressante dei cittadini. Questo fatto credo sia una vera e propria occasione per i partiti che possono così dimostrare di voler cambiare. Lo faranno? E’ molto probabile che non lo faranno! Il vero problema è che in Italia manca il ricambio, i leader ed in vario modo i “politici di professione” non si sono mai preoccupati di preparare i “sostituti” per paura di essere scalzati. In Germania il ministro che copia la tesi di laurea viene fatto fuori perché nel partito c’è chi scalpita ed è pronto ad assumere la carica. In Italia ad arte i governanti hanno creato dietro di loro il vuoto pneumatico per assicurarsi il controllo del potere e questo sarà la loro fine … “il vecchio muore ed il nuovo non può nascere”

da il Corriere della Sera del 16.09.2012 Ernesto Manicucci

ROMA — Appuntamento vicino a piazza San Silvestro, nel cuore di Roma. Renata Polverini è lontana dalla Regione Lazio e lì, nello studio della sua fondazione «Città Nuove», si consuma un sabato di fuoco. La governatrice, furibonda per la vicenda dei fondi del Pdl transitati sui conti di Franco Fiorito e per le «spese pazze» del centrodestra prima e del Pd poi, convoca la maggioranza e annuncia: «Lunedì (domani, ndr), in consiglio, darò le mie dimissioni». I presenti impallidiscono, nessuno parla. Di fronte a lei, il presidente dell’assemblea Mario Abbruzzese, il capogruppo dell’Udc Francesco Carducci, quello de La Destra Francesco Storace e della Lista Polverini Mario Brozzi, ex medico della Roma calcio.
Alla riunione manca Francesco Battistoni, il rivale di Fiorito, che da fine luglio ne ha preso il posto e che ha scoperchiato il vaso di Pandora sui bonifici transitati dai conti del gruppo a quelli del «Batman» di Anagni: la Polverini non «riconosce» Battistoni e ne vuole la rimozione. Mentre i consiglieri a lui fedeli (sono nove) ribadiscono «la completa autonomia nelle scelte interne».
Il vertice
La presidente usa parole dure: «Non ce la faccio più a stare sulla graticola. Ho deciso di convocare il consiglio per lunedì (domani, ndr), devo fare comunicazioni urgenti. E le voglio fare in aula, nel luogo più solenne». Fa una pausa: «Dirò che mi dimetto. La questione è seria, grave. E riguarda tutti, maggioranza e opposizione. Non posso perdere la faccia». Quindi? «Serve un atto di responsabilità, misure drastiche per uscire da questo schifo». Ce l’ha col Pdl, la Polverini: «Da luglio ho chiesto un incontro ai vertici: non ho avuto risposte. Ora mi sono stancata». Mentre la riunione è in corso arriva la nota di Angelino Alfano: «Fiorito, per me, è fuori dal partito. Poco importa che emerga che “così facevan tutti”. I fatti del consiglio regionale sono inaccettabili».
La richiesta di epurazioni
L’autosospensione, o anche l’espulsione, di Fiorito, alla Polverini non basta più. Vuole che il Pdl faccia piazza pulita: via il neo capogruppo, dimissioni del presidente dell’assemblea Mario Abbruzzese. Al posto di Battistoni, in pole position c’è il reatino Antonio Cicchetti: «Se si pone la questione la valuterò», dice.
Ma per ritirare la minaccia di dimissioni, la presidente vuole anche si voti l’abolizione di tutti i privilegi: basta coi fondi erogati ai gruppi, con le ricevute che nessuno (ufficio di presidenza, segretariato del consiglio) controlla. Basta con le cene, lo champagne e le cravatte di Giancarlo Miele, le ostriche di Andrea Bernaudo, i fotoservizi di Veronica Cappellaro.
I veleni di Fiorito
Veleni che l’ex capogruppo ha sparso ad arte, trascinando con sé i suoi colleghi. Le ultime accuse sono verso Abbruzzese («che ha due auto blu», verso De Romanis («che organizzava i festini con gnocche»), contro Giorgia Meloni e Fabio Rampelli («i loro parenti lavorano al gruppo Pdl»). Fioccano le reazioni. Abbruzzese smentisce le due auto blu («il presidente ne ha una sola», dicono in Regione), Meloni e Rampelli reagiscono con rabbia. «Mia sorella è precaria da anni. Fiorito, come tutti i disonesti, vuole gettare fango su chi non ha scheletri nell’armadio», dice una. «Mia cognata è dipendente pubblica, in comando alla Regione. Sono deliranti confessioni di una menta malata», aggiunge l’altro. Anche De Romanis risponde: «Ma quali festini! Era un evento su Roma Antica, che non si è più tenuto».
Le possibili misure
e la tentazione politica
La Polverini vede due strade: applicare subito i tagli oppure acquisire le fatture dei gruppi e portarle alla Guardia di Finanza. C’è anche la terza strada: che la Polverini, provata dalla vicenda dei due tumori alla tiroide, nauseata dal livello delle dispute tra ciociari e viterbesi, molli tutto. In quel caso, si parla di un suo impegno in politica nazionale con l’Udc. Gianni Alemanno le esprime «solidarietà». Lorenzo Cesa (Udc) invita « i partiti ad una riflessione». Il centrosinistra incalza: «Basta bluff, Polverini si dimetta», dice il dipietrista Vincenzo Maruccio.
L’inchiesta
La Procura, intanto, va avanti. E non esclude che l’inchiesta si possa allargare anche ad altri partiti. A Fiorito è stata perquisita anche la casa di Anagni, sono state controllate cassaforti, computer, conti correnti. I magistrati sono insoddisfatti: pensavano di trovare più materiale.

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