Quanto costano i consiglieri

spreco-di-soldi-pubbliciSi discute del finanziamento pubblico ai partiti ed è facile da un lato scivolare nella demagogia e dall’altro di far rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta. Sul tema dei costi della politica sono molto sensibile, però questa volta voglio andare contro corrente per dire che la rigorosa e scrupolosa osservanza dell’art. 83 del TUEL determina una ingiustificata ed assoluta sproporzione tra quanto viene riconosciuto al Consigliere Comunale, quanto lavora (per quelli che effettivamente lavorano per il bene comune) e quanto rischia, tenuto conto che l’errore è dietro l’angolo e le cifre per un Comune come quello di Napoli, sono sempre di diversi milioni di euro. Basti pensare che il Bilancio di un comune con un milione di abitanti è intorno ai 4 miliardi di euro. Ebbene, osservo con scrupolo l’art. 82 del TUEL nella determinazione delle presenze per come vengono considerate, recandomi, però, in Comune con una cadenza giornaliera, compio atti amministrativi e di controllo è l’effetto per la vigente legge è che viene riconosciuta al Consigliere “scrupoloso” l’indennità mensile che si aggira tra i 79,00 €.  ed i 250,00 €. (ecco gli statini di marzo aprile e maggio 2013 clikka) con punte a seconda delle presenze di €. 500,00. Potrei dire che esiste una categoria di sottopagati della politica. E’ indubbio che l’applicazione rigorosa della legge determina un vero e proprio lavoro malretribuito, poi, ovviamente, occorrerebbe guardare alla produttività per capire se questi pochi soldi sono stati spesi bene dalla collettività. Effettivamente, non capisco come si possa, per una campagna elettorale al comune di Napoli, arrivare a spendere decine ed anche centinaia di migliaia di euro, cosa c’è dietro? Ovviamente ognuno si comporta come detta la sua coscienza e quelli coscienzosi se non fossero animati da passione e da senso del dovere civico potrebbero anche chiedersi: Ma chi ce lo fa fare?  Chiaramente discorso a parte va fatto per i consiglieri regionali, provinciali e per i parlamentari, dove probabilmente si rischia di meno e si incassa di più … molto di più! ma questa è la solita contraddizione del sistema. Se, poi, penso ai grillini che si lambiccano il cervello sulle note spese … mi vien quasi da ridere … o no? …

 Art. 83 TUEL

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali, ad eccezione dei consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane per i quali l’ammontare del gettone di presenza non può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente. In nessun caso gli oneri a carico dei predetti enti per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici possono mensilmente superare, per ciascun consigliere circoscrizionale, l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente. (2)

11. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità. (7)

vedi anche:

https://gennaroespositoblog.com/2013/05/31/i-nostri-costi-della-politica/

Da La Repubblica nazionale di oggi 01.06.2013

Niente soldi ai partiti dal 2017 donazioni volontarie e 2×1000 Letta: “Legge da approvare subito”

I dubbi di Pd e Pdl. Grillo: “È solo una truffa”

ROMA — Il Consiglio dei ministri ha deciso di cancellare il finanziamento pubblico ai partiti e ha approvato un disegno di legge che propone nuovi metodi per fare arrivare soldi alla politica: contributi volontari dei privati, 2 per mille, servizi e agevolazioni tipo spot gratis sulla Rai. Una riforma che comunque avrà una fase transitoria e sarà pienamente operante solo nel 2017. Sparirà così il meccanismo dei rimborsi elettorali che “occulta” un finanziamento che gli italiani avevano cancellato nel 1993 dicendo sì in massa ad un referendum radicale. Un colpo di spugna, quindi, su quello che il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello ha definito «un’insopportabile ipocrisia». Il via libera del Cdm però non piace per niente a Beppe Grillo che sul blog dà il via alla rivolta della base attaccando: «È una legge truffa, una presa in giro per i cittadini che continueranno a pagare per far campare i partiti». Con i deputati grillini che annunciano «proteste clamorose».

Il governo, comunque, canta vittoria. Nonostante sul testo gravi un “salvo intese” avallato da alcuni ministri. Uno stato di “sospensione” che il premier Enrico Letta si è affrettato a spiegare con «un controllo che deve fare la Ragioneria generale dello Stato». Perché non ci sono nodi politici. Perché «la coesione politica della maggioranza su questo punto è stata molto importante ». E adesso ha aggiunto Letta, «confido nel fatto che il Parlamento approvi rapidamente il ddl perché ne va della credibilità del sistema politico italiano».

L’ottimismo corre comunque. Soprattutto su Twitter. A cominciare dallo stesso Letta che annuncia il «passaggio a incentivazione fiscale contributi cittadini ». Cinguetta soddisfatto anche Silvio Berlusconi: «Promessa mantenuta!». Tocca a Quagliariello spiegare i contenuti della riforma. A partire da quel legame fra democrazia interna e trasparenza dei bilanci e diritto dei partiti ad avere il finanziamento.

Il ministro delle Riforme insiste sul fatto che il meccanismo del 2 per mille non è simile a quello del contestato 8 per mille alle chiese. Anche in questo caso i soldi potranno essere dati ai partiti o allo Stato. Ma il denaro di chi non farà scelte sarà divisofra Stato e partiti rispecchiando questa prima scelta. Quelli destinati alla politica saranno poi distribuiti ai partiti in maniera proporzionale alle scelte fatte in loro favore dei contribuenti. Comunque i partiti, dal gettito del due per mille non potranno avere più di 61 milioni. E i soldi risparmiati rispetto ad oggi andranno in un fondo per risanare il debito pubblico.

Critiche al testo arrivano da avversari storici del finanziamento pubblico come il segretario di Radicali italiani Mario Staderini, convinto che «non è unaabolizione bensì una modalità diversa». E per questo ricorda che oggi i radicali iniziano unacampagna referendaria su 10 quesiti che prevede anche l’abolizione del finanziamento. Ma il ddl è bocciato anche da paladinistorici del finanziamento. Come, per esempio, il tesoriere storico dei Ds Ugo Sposetti che boccia il 2 per mille perché «non funziona così la democrazia». Pollice verso anche da tesoriere del Pdl Maurizio Bianconi. La riforma di Letta, spiega, «è un po’ di carosello per avere una fiducia popolare che teme di non avere». Scettico anche Fabrizio Cicchitto che di fronte al testo solleva il dubbio: «Quale sarà l’autorità che valuterà se lo statuto di un partito risponde a criteri di trasparenza e di democraticità?».

Monti ed il taglio della politica negli enti locali

Leggo il comunicato stampa del Governo senza aver letto il provvedimento ma capisco che la spada di Monti è affilata e lascerà delle ferite difficili da guarire. Sul taglio ai costi della politica nel comunicato si legge: “La partecipazione alle commissioni permanenti è invece resa a titolo gratuito. Per gli altri organi collegiali il gettone di presenza non potrà essere superiore ai 30 euro”. Questa disposizione mi incuriosisce molto e voglio proprio vedere se il Governo riuscirà a mantenere il punto visto che questo principio qualche mese fa lo stesso Monti tentò di inserirlo nelle commissioni delle municipalità e fu spazzato via dalle spinte dei partiti in parlamento. Oggi addirittura Monti, rafforzato dal caso lazio, lo vuole applicare a tutti gli enti locali, quindi, regioni, province e comuni. Dico subito che la cosa non mi disturba molto. Allo stato a Napoli, le commissioni permanenti del Consiglio Comunale, sono strutturate su due turni 9,00-12,00 e 12,00-15,00, ciò al fine di coprire un turno di otto ore di lavoro per cinque giorni a settimana, di modo che i Consiglieri Comunali, dipendenti sia pubblici che privati, dovendo partecipare a tutte le commissioni di cui fanno parte per l’intera giornata, possano ottenere la giustifica dal lavoro e, quindi, il pagamento della giornata a carico dell’ente così come prevede la legge vigente (art. 80 del T.U.E.L.). Io in un certo qual modo posso forse ritenermi fortunato perché svolgendo una libera professione (corro come un pazzo, in bici, tra tribunale e comune) non ho un datore di lavoro né uno stipendio e per una mia organizzazione preferisco essere presente solo in alcune sedute delle commissioni scegliendomi gli argomenti più interessanti. Penso, infatti, che i consiglieri che sono sempre presenti cinque giorni su cinque alla settimana dovranno avere delle doti assolutamente particolari ed avranno sicuramente una produttività superiore. E’ chiaro che l’intervento di Monti sul punto avrà effetti devastanti sulla organizzazione della vita di alcuni consiglieri perché andrà a toccare equilibri che si poggiano sulla dichiarata necessità degli stessi consiglieri comunali di una grade città come Napoli di fare politica per 24 h. al giorno al fine di affrontarne bene tutti i gravi problemi che la affliggono. In sostanza sui piatti della bilancia ci sono due principi, da un lato quello di consentire a tutti l’accesso alla politica e dall’altro quello di assicurare il buon andamento della Pubblica Amministrazione ed il principio di economicità nell’azione amministrativa. Secondo voi quale peserà di più? E sopratutto riuscirà Monti a segare anche i superstipendi dei Parlamentari specialmente di quelli che hanno una scarsa o nulla produttività? Alla luce della versione definitiva del DL di Monti ho potuto constatare che la partecipazione alle commissioni permanenti è gratuita solo per la Regione resta invariata la normativa nei comuni.

Di seguito il testo integrale del comunicato stampa che mi riservo di commentare per le altre importantissime parti che riguardano lo strangolamento degli enti locali.

Il governo ha approvato un decreto legge che detta nuove regole finalizzate a riequilibrare la situazione finanziaria di enti locali in difficoltà nonché a favorire la trasparenza e la riduzione dei costi degli apparati politici regionali, nell’obiettivo di assicurare negli enti territoriali una gestione amministrativa e contabile efficiente, trasparente e rispettosa della legalità.

Si tratta di un articolato provvedimento che mira a porre un freno immediato a sprechi ed usi impropri delle finanze pubbliche a livello locale. Seguiranno presto altri provvedimenti che comporteranno una proposta di revisione della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni al fine di assicurare un assetto razionale ed efficiente, con l’eliminazione di sovrapposizioni e duplicazioni burocratiche e chiameranno regioni ed enti locali a concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, al consolidamento dei conti e al rispetto del pareggio di bilancio.

La riforma del Titolo V° della Costituzione del 2001 ha ridisegnato l’assetto istituzionale del Paese attribuendo alle amministrazioni territoriali nuove competenze e responsabilità con conseguente incremento dei trasferimenti erariali, in particolare per la sanità e il trasporto locale. Secondo i dati diffusi da CGIA Mestre a settembre 2012, nell’ultimo decennio la crescita della spesa delle Regioni è stata del 74,6%, pari a 89 miliardi di Euro. Nel 2010 (anno a cui risale l’ultimo dato disponibile riferito ai bilanci di previsione) le uscite complessive delle Regioni hanno superato i 208,4 miliardi di Euro.

L’aumento del deficit di bilancio di molte amministrazioni è il risultato, oltre che del ricorso all’indebitamento, anche dell’utilizzo opaco dei fondi da parte di alcune regioni e di un sistema farraginoso di controllo e valutazione delle performances. I dati diffusi dal Ministero dell’Economia (Siope) e dal commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa confermano che questi elementi, insieme, hanno creato un sistema inefficiente ed economicamente insostenibile.

I CONTROLLI SULLA GESTIONE FINANZIARIA

Il provvedimento adottato oggi introduce nuove regole in materia di finanza e funzionamento degli enti locali. Le novità principali riguardano il rafforzamento:

1. dell’azione di controllo della Corte dei Conti, che avrà poteri di controllo e sanzionatori più ampi rispetto al passato. In particolare la Corte eserciterà un controllo di legittimità preventivo sugli atti delle regioni che incidono sulla finanza pubblica, compresi gli atti amministrativi generali e quelli che adempiono agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Potrà inoltre valutare, con controlli mirati sulle gestioni e, nel momento finale, della parifica sul rendiconto consuntivo delle regioni la legittimità e la regolarità amministrativo-contabile delle gestioni stesse.

A tal fine la Corte potrà avvalersi dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato e della Guardia di Finanza. Alla Corte spetterà anche il potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari e, ogni sei mesi, l’elaborazione di linee guida sulla copertura finanziaria adottata dalle leggi regionali.

2. del sistema dei controlli interni che certifica l’efficacia, efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, la verifica di regolarità amministrativa e contabile, la valutazione dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi e il rispetto degli equilibri finanziari.

Per gli enti con più di 5mila abitanti viene introdotto un “controllo strategico” per verificare lo stato di attuazione dei programmi. Per tutti gli enti locali si introduce invece un “controllo sugli equilibri finanziari” che valuta lo stato di salute delle finanze dell’ente.

Ogni ente locale dovrà altresì introdurre un sistema di controlli sulle proprie società partecipate.

I TAGLI AI COSTI DELLA POLITICA

Il decreto interviene sul contenimento della spesa degli organi politici degli enti territoriali e sulla riduzione dell’apparato politico e introduce altresì nuovi obblighi di trasparenza.

Per quanto riguarda gli obblighi di trasparenza il provvedimento obbliga:

– i gruppi consiliari a rendicontare e pubblicare tutti i dati relativi alle agevolazioni e ai contributi ricevuti;

– gli amministratori pubblici (Presidenti delle Regioni, presidenti del consiglio regionale, assessori e consiglieri regionali) ad adeguarsi al rispetto degli stessi standard di trasparenza introdotti dal Governo per i propri membri: pubblicare sul sito internet dell’amministrazione di appartenenza i redditi e il patrimonio.

I compensi dei consiglieri e degli assessori vengono regolati in modo che non eccedano complessivamente il livello di retribuzione riconosciuto dalla Regione più virtuosa (individuata dalla Conferenza Stato-Regioni entro il termine perentorio del 30 ottobre 2012). È vietato il cumulo di indennità o emolumenti, comprese le indennità di funzione o di presidenza, in commissioni o organi collegiali derivanti dalle cariche di presidente della Regione, presidente del consiglio regionale, di assessore o di consigliere regionale.

La partecipazione alle commissioni permanenti è invece resa a titolo gratuito. Per gli altri organi collegiali il gettone di presenza non potrà essere superiore ai 30 euro.

Viene confermata l’eliminazione dei vitalizi e l’obbligatoria applicazione del metodo contributivo per il calcolo della pensione. Nelle more, potranno essere corrisposti trattamenti pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della Regione, di consigliere regionale o di assessore regionale solo se i beneficiari abbiano compiuto 66 anni d’età e ricoperto la carica, anche se non continuativamente, per almeno 1o anni.

I finanziamenti e le agevolazioni in favore dei gruppi consiliari, dei partiti e dei movimenti politici vengono decurtati del 50% e adeguati al livello della Regione più virtuosa (identificata dalla Conferenza Stato-Regioni entro il 30 ottobre 2012). I finanziamenti per i gruppi composti da un solo consigliere sono invece aboliti.

Il decreto interviene anche sulla riduzione dell’apparato politico applicando il decreto “anti-crisi” 138 del 2011. Il “taglio” del numero di consiglieri e assessori regionali dovrà essere realizzato entro 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, ad esclusione delle Regioni in cui è prevista una tornata elettorale (per le quali il limite verrà applicato dopo le elezioni). Il decreto obbliga anche le Regioni ad attenersi alle regole statali in materia di riduzione di consulenze e convegni, auto blu, sponsorizzazioni, compensi degli amministratori delle società partecipate, ecc.

LE SANZIONI

Per garantire il rispetto delle norme il decreto introduce un sistema di sanzioni dirette e indirette a carico delle regioni. Le sanzioni, che entreranno in vigore dal 2013, si applicano alle regioni inadempienti al 30 novembre 2012 (oppure entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto se occorre procedere a modifiche statutarie) e prevedono, in un primo tempo, l’accantonamento dell’80% dei trasferimenti erariali dello Stato (ad eccezione di sanità e trasporto pubblico locale) e il 5% dei trasferimenti per la sanità. Nel caso in cui l’inadempienza persista è prevista una diffida da parte del Governo e la successiva procedura per lo scioglimento del Consiglio.

LE PROCEDURE PER IL RIEQUILIBRIO FINANZIARIO DEGLI ENTI LOCALI

Altre disposizioni, come anticipato, riguardano la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale: le province e i comuni che abbiano squilibri di bilancio tali da provocare il dissesto finanziario approvano un “piano di rientro” della durata massima di 5 anni per riequilibrare le finanze locali. Il piano di rientro dell’ente locale deve contenere una quantificazione precisa dei fattori di squilibrio e individuare tutte le misure necessarie per la riduzione della spesa e il ripianamento del deficit (tra cui il blocco dell’indebitamento e la riduzione delle spese del personale e delle prestazioni di servizi). L’ente locale ha a disposizione diversi strumenti per il risanamento: ad esempio può aumentare le aliquote e le tariffe dei tributi locali, assumere mutui per la copertura dei debiti fuori bilancio.

Per agevolare gli enti locali che hanno avviato un piano di rientro lo Stato istituisce un Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali. Attraverso il fondo lo Stato anticipa le risorse finanziarie all’ente che, oltre alla restituzione, si impegna al blocco dell’indebitamento e alla riduzione delle spese del personale e delle prestazioni di servizi.

La sanzione a carico degli amministratori che hanno contribuito con dolo o colpa grave al verificarsi del dissesto finanziario, oltre al pagamento di una multa pari a un minimo di 5 e un massimo di 20 volte la retribuzione, è l’incandidabilità per dieci anni al ruolo di assessore, revisore dei conti degli enti locali e rappresentante dell’ente locale presso altri enti e istituzioni. Per i Sindaci e Presidenti l’incandidabilità è estesa alle cariche di Sindaco, presidente di provincia, presidente di Giunta regionali, membro di consigli comunali o provinciali, del Parlamento italiano ed europeo.

RISCOSSIONE DELLE ENTRATE DEGLI ENTI LOCALI

Infine, il provvedimento approvato dal Governo, intervenendo sul tema dell’attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali, ne annuncia una prossima riforma. Per favorirla viene sostanzialmente stabilito il mantenimento dell’attuale assetto, ma non oltre il 30 giugno 2013.

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