Il caso BROS e la Politica del Posto di Lavoro

BROSGli articoli di Sannino, Del Porto e Zagaria di ieri (15.02.2014) e la risposta di oggi di Tommaso Sodano, apparsi su Repubblica Napoli, sulla vicenda dei BROS e sulla presunta contiguità di alcuni politici agli ambienti più violenti di questa categoria di inoccupati, mi sollecitano una riflessione. Per quanto posso dire mi sembra sempre la stessa storia. La politica è ancora legata alla filosofia del posto di lavoro, come mezzo per l’acquisizione del consenso elettorale. Politici imbonitori che non riuscendo ad entrare nei problemi sociali, legislativi ed economici del paese si limitano a galleggiare in superficie trovando facile spendere promesse di assunzioni che, poi, si trasformano in veri e propri boomerang perché sollecitano aspettative inattuabili anche, per i vincoli legislativi relativi alla necessità del concorso pubblico. Eppure, basterebbe poco per capire che ogni posto di lavoro “inventato” finisce per gravare sulle spalle della collettività ed, in misura ancora più pensante, su quelle fasce di cittadini che vivono in povertà, ovvero ai suoi margini. I posti di lavoro “inventati” per creare consensi, infatti, sottraggono risorse alle vere politiche sociali di inclusione, di recupero e di sviluppo ed hanno generato l’avvitamento strutturale della pubblica amministrazione intesa in senso lato e che ha provocato i disastri che sono sotto gli occhi di tutti con società partecipate, consorzi pubblici, enti ed istituzioni tal volta inutili, tal volta elefantiaci. Qualche giorno fa un dipendente dell’azienda trasporti napoletana mi ricordava di quando i lavoratori dell’ATAN erano 8.000, mentre oggi quelli dell’ANM sono poco più di 2000, sostenendo che si dovrebbe tornare ai “vecchi fasti”. Al medesimo dipendente ho chiesto: Scusa ma quanti passeggeri porta oggi un treno della metropolitana e quanti, invece, un autobus, entrambi guidati da una sola persona? Il dipendente ha capito subito mentre è facile intuire cosa avrebbe risposto un “politico di esperienza” alla sollecitazione del lavoratore. Mi chiedo abbiamo bisogno di questa politica? Il lavoro vero è quello che produce ricchezza sociale ed economica, e compito del politico, non è quello di dare i posti di lavoro, ma quello di creare le condizioni affinché si crei sviluppo economico e veri posti di lavoro. Si potrebbe dire che il compito del politico oggi è quello di giocare da sponda alle forze economiche e sociali in campo. Un indirizzo lo si potrebbe già attuare partendo con lo sfoltimento degli assurdi passaggi burocratici che imbrigliano l’economia e che sicuramente creerebbero più posti di lavoro di quelli che si chiedono ai politici nel pubblico!

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